Geopolitica
Esplosione distrugge una fabbrica di armi polacca che rifornisce l’Ucraina
Una persona è morta e altre due sono rimaste ferite dopo un’esplosione e un incendio in una fabbrica di armi in Polonia che produce munizioni per l’Ucraina, ha riferito lunedì il quotidiano RMF24.
L’esplosione nello stabilimento di Mesko, nella città polacca sud-orientale di Skarzysko Kamienna, è avvenuta nel suo centro di rifornimento di carburante per missili, ha detto l’emittente sul suo sito web, citando un funzionario della compagnia.
Secondo l’articolo del giornale polacco, un lavoratore di 59 anni è morto nell’esplosione avvenuta in un magazzino del centro. Altri due dipendenti sono sopravvissuti, uno dei quali è stato ricoverato in ospedale con ferite non mortali dopo aver inalato fumo, hanno detto le autorità locali.
«Abbiamo avuto un’esplosione nel centro del carburante per missili, che è stato messo in funzione alcuni anni fa», ha detto a RMF24 la presidente dell’impianto, Elzbieta Sreniawska.
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L’incendio è stato domato e le cause dell’incidente sono attualmente oggetto di indagine, ha aggiunto la società.
Mesko, di proprietà della statale Polska Grupa Zbrojeniowa SA, produce vari prodotti per la difesa, tra cui i sistemi di difesa aerea portatili Grom e Piorun (MANPADS), missili anticarro Spike-LR e munizioni per armi leggere.
L’appaltatore centenario della difesa produce munizioni per le forze armate polacche e la NATO. Nel 2022, Mesko ha firmato un contratto per la fornitura di munizioni di vari calibri all’Ucraina.
La Polonia è stata uno dei principali sostenitori dell’Ucraina nel conflitto con Mosca, iniziato nel febbraio 2022. Varsavia ha fornito ingenti aiuti militari all’Ucraina, portando le fabbriche di armi locali ad aumentare significativamente la produzione, scrive RT. Il Paese è stato anche un hub chiave per le armi fornite da altri paesi occidentali inviate in Ucraina.
Come riportato da Renovatio 21, l’Intelligence britannica ha dichiarato che Mosca sta pianificando «attacchi fisici» contro l’Occidente, con la stampa NATO ad incolpare il Cremlino per incendi in siti in Gran Bretagna ed Europa.
Cosa non spesso menzionata dai giornali occidentali – ma negli anni sempre registrata da Renovatio 21 – durante la guerra in Ucraina, la Russia ha visto anche dozzine di misteriosi incendi scoppiare in siti e fabbriche industriali e legati alla difesa. In alcune casi il Cremlino ha incolpato i sabotatori ucraini sostenuti dall’Occidente.
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È il caso, purtroppo dimenticato, anche della diga di Khakovka, fatta saltare da qualcuno in un immane crimine civile ed ambientale. La Russia aveva dichiarato all’epoca di ritenere l’Occidente responsabile.
È il caso, anche quello con ramificazioni ambientali devastanti per l’intero continente, dei continui attacchi alle centrali atomiche russe nella regione del Kursk.
Un anno fa fu la volta di un gasdotto russo nella Repubblica russa della Ciuvascia, che esplose facendo schizzare il prezzo del gas sempre più verso le stelle. Incendi hanno colpito strutture militari russe così come infrastrutture energetiche di vario, nel Donbass e perfino a Sakhalin, nell’Estremo Oriente russo.
Come riportato da Renovatio 21, Mosca ha più volte accusato le forze speciali britanniche di addestrare i sabotatori ucraini.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Senatore americano: «il Sudafrica è nostro nemico»
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Geopolitica
Putin sostiene Maduro nella situazione di stallo con gli Stati Uniti
Il presidente russo Vladimir Putin ha rinnovato il suo pieno appoggio al presidente venezuelano Nicolás Maduro, nonostante l’intensificazione della presenza militare statunitense nei Caraibi.
I due leader hanno evidenziato l’eccezionale solidità dei rapporti tra Mosca e Caracas nel corso di una telefonata avvenuta giovedì. Secondo quanto riferito dal Cremlino, Putin «ha espresso solidarietà al popolo venezuelano e ha ribadito il proprio sostegno alla ferma determinazione del governo guidato da Maduro nel difendere la sovranità nazionale e gli interessi del Paese dalle ingerenze esterne».
I presidenti hanno confermato l’impegno a dare piena attuazione al trattato di partenariato strategico firmato lo scorso maggio.
Dal canto suo, il governo venezuelano ha fatto sapere che Putin e Maduro hanno sottolineato «la natura strategica, solida e in costante crescita delle relazioni bilaterali» e che il leader russo ha manifestato il proprio sostegno agli sforzi di Maduro volti a «rafforzare la pace, la stabilità politica e lo sviluppo economico».
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La telefonata è arrivata pochi giorni dopo il sequestro, da parte degli Stati Uniti, di una petroliera salpata da un porto venezuelano all’inizio del mese. La procuratrice generale statunitense Pam Bondi ha dichiarato che la nave era già stata sanzionata in passato per aver presumibilmente trasportato petrolio iraniano.
Caracas ha definito l’operazione «un atto di pirateria» e ha accusato Washington di voler «saccheggiare» le risorse naturali venezuelane.
Da settembre gli Stati Uniti hanno dispiegato una flotta navale nei Caraibi e hanno fermato oltre venti imbarcazioni sospettate di traffico di droga in acque internazionali. Secondo quanto riportato da Reuters, l’amministrazione americana si starebbe preparando a intercettare ulteriori navi che trasportano greggio venezuelano nell’ambito della campagna di massima pressione contro Maduro, accusato dal presidente Donald Trump di collusione con i cartelli della droga.
Maduro ha respinto categoricamente ogni legame del suo governo con il narcotraffico, ha promesso di difendere il Paese da una eventuale invasione e ha bollato le azioni di Washington come «colonialiste», avvertendo che potrebbero scatenare «una guerra folle» nella regione.
Come riportato da Renovatio 21, due settimane fa si era parlato di una telefonata segreta tra Trump e Maduro.
Gli Stati Uniti hanno offerto una taglia di 50 milioni di dollari per informazioni che conducano all’arresto o alla condanna di Maduro, ritenuto dagli americani a capo di una ghenga narcoterrorista.
Diverse notizie della scorsa settimana indicano che Washington stia pianificando operazioni in Venezuela e abbia identificato potenziali bersagli legati al presunto narcotraffico. Gli USA avrebbero schierato nella zona circa 16.000 soldati e otto navi da guerra della Marina.
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Il Venezuela ha stigmatizzato il rinforzo militare come violazione della sovranità e tentativo di golpe. Il governo venezuelano starebbe cercando appoggio da Russia, Cina e Iran. Mosca ha di recente riaffermato la sua alleanza con Caracas, esprimendo pieno sostegno alla leadership del Paese nella difesa della propria integrità. Mosca ha accusato il mese scorso Washington di preparare il golpe in Venezuela.
Come riportato da Renovatio 21, Maduro, che avrebbe offerto ampie concessioni economiche agli USA per restare al potere, sarebbe stato oggetto di un tentativo di rapimento tramite il suo pilota personale.
Trump nelle scorse settimane ha ammesso di aver autorizzato le operazioni CIA in Venezuela. Di piani CIA per uccidere il presidente venezuelano il ministro degli Interni del Paese aveva parlato lo scorso anno.
Come riportato da Renovatio 21, Maduro aveva denunciato l’anno scorso la presenza di mercenari americani e ucraini in Venezuela. «Gli UA finanziano Sodoma e Gomorra» aveva detto.
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Geopolitica
L’Ungheria dice che il capo della NATO «pugnala alle spalle» e «alimenta la guerra»
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