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Immigrazione

Ecco il «lockdown maranza»: Nîmes impone il coprifuoco ai giovani mentre la violenza delle ghenghe di immigrati

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La città di Nîmes è diventata la prima grande città francese a introdurre un coprifuoco notturno per i minori di 16 anni, mentre le autorità si affannano per rispondere a un’intensificarsi dell’ondata di violenza delle gang, in gran parte legata al traffico di droga nei quartieri più poveri della città. Lo riporta Remix News.

 

Il coprifuoco entrerà in vigore la sera di lunedì 21 luglio e durerà dalle 21:00 alle 6:00 del mattino per un periodo iniziale di due settimane, con la possibilità di rinnovarlo per altri 15 giorni.

 

Si tratta di qualcosa che possiamo definire un vero e proprio «lockdown maranza»: l’intera comunità costretta all’arresto domiciliare a causa di un’infezione esterna, che non è stavolta un virus, ma un la violenza anarco-tirannica delle bande di giovani immigrati.

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L’iniziativa segue una tendenza crescente in Francia, dove almeno dieci comuni, tra cui Béziers, Triel-sur-Seine e Saint-Ouen, hanno implementato misure simili nelle ultime settimane. A Nîmes, il coprifuoco colpisce specificamente i sei quartieri più colpiti dalla violenza legata alla droga: Pissevin, Valdegour, Mas de Mingue, Vistre, Clos d’Orville e Chemin Bas.

 

Nell’annunciare il coprifuoco venerdì, la città ha citato «una serie di sparatorie, regolamenti di conti e tensioni tra bande» come giustificazione per la misura draconiana. Un episodio del genere si è verificato pochi giorni prima in Place Léonard de Vinci, dove un’altra sparatoria ha lasciato i residenti scossi.

 

Il centro comunitario Les Mille Couleurs ha chiuso i battenti per preoccupazione per il personale e i bambini. «Anche dopo la morte del piccolo Fayed, non avevo avvertito così tanta tensione», ha detto il direttore Raouf Azzouz, riferendosi al bambino di 10 anni ucciso nell’agosto 2023 da un proiettile vagante in una sparatoria tra bande.

 

La paura tra la gente del posto è aumentata ulteriormente dalle minacce dei gangster diffuse sui social media, che ammoniscono: «Uccideremo anche i bambini di 5 anni» e promettono di sparare a chiunque incrocino per strada. Video pubblicati online mostrano uomini armati che corrono attraverso Pissevin con fucili kalashnikov in pieno giorno.

 

 

Il vicesindaco per la sicurezza Richard Schieven ha difeso il coprifuoco come misura necessaria: «Mira a proteggere i minori che non hanno nulla a che fare con la tratta di esseri umani, ma anche quelli, a volte anche di soli 12 o 13 anni, che vengono sfruttati dai narcotrafficanti». Il prefetto del Gard ha promesso circa 60 agenti di polizia in più per rafforzare gli sforzi di sicurezza locale.

 

La crisi di fondo, tuttavia, è tutt’altro che superata. Negli ultimi mesi, la violenza tipicamente associata a Marsiglia si è estesa a città più piccole come Nîmes e Avignone, scrive Remix News. Martedì scorso, un diciannovenne di Seine-Saint-Denis, vicino a Parigi, è stato trovato parzialmente ustionato e assassinato in un villaggio fuori città – un omicidio collegato alla guerra alla droga a Nîmes, secondo la procura. Nel 2023, un adolescente e un bambino di 10 anni sono stati uccisi in contesti simili.

 

Secondo il sindacato di polizia Unité, sebbene il coprifuoco possa essere «utile», non è una soluzione. «I giovani delinquenti sparano impunemente, in pieno giorno», ha dichiarato il rappresentante sindacale Wissem Guesmi. «Un coprifuoco non li fermerà di certo».

 

«Ciò che è cambiato è la portata del narcotraffico. È un fenomeno che coinvolge tutto il Paese, e non solo i progetti delle grandi città», ha aggiunto Nicolas Prisse, responsabile di MILDECA, la missione antidroga dello Stato francese.

 

Secondo la stima del ministero degli Interni francese, France 24 avrebbe oltre 10.000 minorenni francesi coinvolti nel traffico di droga.

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Come riportato da Renovatio 21, di recente è emerso che le narcobande immigrate francesi agiscono con spudoratezza anche nell’ordinare omicidi via app di messaggistica, con il servizio chiamato «UberKills».

 

I colori dell’anarco-tirannia ingenerata dalle banlieue francesi erano divenuti pienamente visibile con le rivolte etniche di due estati fa, estese in varie città francesi e non solo, dove pure, oltre che a violenze e razzie, si videro kalashnikov e immancabili grida «Allahu Akbar».

 

A quale distanza seguirà l’Italia, con il problema già pienamente visibile a Milano in zona Corvetto e San Siro?

 

Questo è, del resto, il programma calergista di sostituzione etnica che oramai può essere persino ammesso dalle autorità «democratiche» europee.

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Mohammed e Ahmad sono i nomi più popolari tra i beneficiari dell’assistenza sociale tedesca

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Secondo i dati recentemente rivisti e pubblicati dal governo federale, Mohammed e Ahmad sono tra i nomi più comuni tra i beneficiari dell’assistenza sociale in Germania. Olena, variante ucraina di Helen, è l’unico nome femminile tra i primi dieci.   Il tasso di disoccupazione in Germania ha raggiunto il 6,4% ad agosto, con il numero totale di disoccupati che ha superato i tre milioni per la prima volta in un decennio. Secondo i dati dell’Agenzia Federale per l’Impiego, alla fine del 2024 percepivano sussidi sociali 5,42 milioni di persone, di cui il 48% stranieri, rispetto al 19,6% del 2010.   Il partito di destra Alternativa per la Germania (AfD) aveva chiesto informazioni sui nomi più comuni dei destinatari per sostenere la sua tesi sul fallimento dell’integrazione.   A giugno, il ministero del Lavoro ha risposto che i nomi principali erano Michael, Andreas e Thomas, seguiti da Daniel, Olena e Alexander, scatenando la ridicolizzazione mediatica dell’AfD. Tuttavia, l’elenco iniziale non combinava le diverse grafie dei nomi, come Thomas e Tomas o Mohammed e Mohamed, elencandoli separatamente.   I dati rivisti hanno posizionato Mohammed – distribuito su 19 varianti – al primo posto con quasi 40.000 voci, seguito da Michael con circa 24.600 e Ahmad con oltre 20.600. Olena è rimasto l’unico nome femminile tra i primi dieci, con circa 14.200 voci.

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Secondo i dati delle Nazioni Unite, la Germania è la principale destinazione migratoria dell’Unione Europea e il terzo Paese al mondo per numero di rifugiati. Grazie alle politiche di apertura delle frontiere dell’ex cancelliera Angela Merkel, nel 2015 sono arrivate oltre un milione di persone da Siria, Afghanistan e Iraq. Negli ultimi anni, il Paese ha concesso protezione temporanea a 1,2 milioni di ucraini e ha ricevuto 334.000 domande di asilo nel 2023, quasi un terzo del totale dell’UE.   La crisi dei migranti ha messo a dura prova il settore immobiliare, i servizi pubblici e le finanze, contribuendo all’ascesa dell’AfD, che di recente è in testa ai sondaggi nazionali come partito politico più popolare in Germania.   Non vi è solo la questione assistenzialista a riguardare il nome Muhammad, parola che un tempo in Italia si traduceva in «Maometto» (così si chiamavano i sultani turchi come Maometto II, Maometto III, etc., mentre per qualche ragione ci si riferisce al re del Marocco come a Muhammad IV). Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso era emerso che in Inghilterra il nome più gettonato era, di fatto, «Muhammad».   Ciò ci porta a delineare un disegno semplice-semplice su quanto sta accadendo in Europa: il contribuente sta mantenendo intere popolazioni che sono qui per sostituirlo. Un paradosso osceno e insopportabile, epperò realizzato da ancora troppe poche persone. Noi tutti stiamo di fatto lavorando per il piano Kalergi, stiamo versando le nostre tasse all’anarco-tirannia che sconvolge le nostre città e le nostre vite.   Lo Stato moderno detesta il suo popolo, vuole ridurlo e sostituirlo, forsanche, ad un certo punto, annientarlo. Perché nessun partito politico, nessun movimento pubblico, lo vuole capire?

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Gli Stati Uniti deportano i migranti in Ruanda ed Uganda. L’Italia cosa fa?

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Il Ruanda ha accolto sette migranti espulsi dagli Stati Uniti in base a un nuovo accordo bilaterale che potrebbe consentire alla nazione dell’Africa orientale di ospitare centinaia di persone che Washington ha dichiarato non idonee a rimanere sul suo territorio.

 

Il primo gruppo è arrivato a Kigali a metà agosto, ha dichiarato giovedì Yolande Makolo, portavoce del governo ruandese. I migranti stanno ricevendo alloggio, assistenza sanitaria e supporto formativo, con l’assistenza dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e dei servizi locali, ha aggiunto.

 

«Tre di loro hanno espresso il desiderio di tornare nei loro Paesi d’origine, mentre quattro desiderano rimanere e costruirsi una vita in Ruanda», ha detto la Makolo, senza rivelare la loro nazionalità.

 

Nonostante le critiche e le proteste, l’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump ha cercato di raggiungere accordi di reinsediamento con paesi terzi per espellere i richiedenti asilo nell’ambito di una più ampia repressione dell’immigrazione illegale.

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A giugno, Washington avrebbe raggiunto un accordo con Kigali, consentendo al Paese senza sbocco sul mare di accogliere fino a 250 espulsi i cui stati d’origine si fossero rifiutati di accoglierli. Makolo ha osservato che la decisione del Ruanda è stata influenzata dalla sua stessa storia di «difficoltà legate allo sfollamento», aggiungendo che ogni individuo proposto per il trasferimento sarebbe stato esaminato e approvato dal governo.

 

Questo sviluppo rende il Ruanda l’ultimo paese africano ad accogliere espulsi nell’ambito degli accordi di espulsione dell’amministrazione Trump, in seguito a una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti che ha autorizzato i trasferimenti. Il Dipartimento per la Sicurezza Interna ha già espulso cinque persone, descritte come «criminali barbari», in Eswatini e altre otto in Sud Sudan. Anche l’Uganda avrebbe concordato un accordo con Washington per ospitare migranti, a condizione che non abbiano precedenti penali.

 

Kigali aveva già raggiunto un controverso patto con la Gran Bretagna nel 2022 per accogliere migliaia di migranti irregolari dal Regno Unito, un progetto che è stato poi abbandonato l’anno scorso dal nuovo governo britannico. Il Regno Unito aveva versato al Ruanda 240 milioni di sterline (circa 305 milioni di dollari) e costruito strutture per ospitare i richiedenti asilo.

 

Sebbene non sia ancora chiaro se l’ultimo accordo con Washington includa una componente finanziaria, un funzionario ruandese ha affermato all’inizio di questo mese che Kigali riceverà in cambio una sovvenzione dagli Stati Uniti, senza rivelarne l’importo.

 

Le politiche di remigrazione sono perseguite dall’amministrazione Trump con determinazione internazionale e pure fantasia. Perché in Italia un governo formato da partiti anti-immigrazione non fa altrettanto?

 

Perché invece che inflessibili piani di deportazione, abbiamo il pasticcio del centro immigrato albanese? (Come se bastasse… come se non avessimo la sensazione che si tratta dell’ennesima trovata cosmetica)

 

Perché da quando la Meloni – quella del blocco navale: lo ricordate? –è al potere gli sbarchi sono aumentati?

 

Cosa ci vuole, davvero, per avere un Trump nel nostro Paese? Dobbiamo chiedere, à la Salvatore Giuliano, l’improbabile annessione a Washingtone? Si potrebbe, ma per l’anschluss trumpista c’è la coda: prima c’è la Groenlandia, e magari subito dopo il Canada, il Messico… Italia fanalino di coda, anche qui.

 

Si scherza, mentre le nostre città sono degradate, le nostre donne stuprate, la droga venduta ai nostri figli, la violenza anarco-tirannica kalergista sparsa ovunque, fuori e dentro le no-go zone afroislamiche.

 

Stiamo venendo violentati, feriti, uccisi, sostituiti. Quo usque tandem?

 

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Immagine di Manuel Werner via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.5 Generic

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Rivolte in Svizzera dopo la morte di un adolescente congolese inseguito dalla polizia: stesso schema di Parigi e Milano

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Le rivolte etniche degli immigrati arrivano anche in Svizzera. Lo riporta Remix News.   Nella città svizzera di Losanna, sono scoppiate rivolte per la seconda notte dopo la morte di un giovane congolese di 17 anni durante un inseguimento della polizia. Durante la prima notte di disordini, un politico di destra è stato preso di mira da un folto gruppo di giovani, che lo hanno quasi linciato.   Tre sere fa, alle 22:00, circa 150-200 persone hanno allestito posti di blocco e hanno iniziato a bruciare cassonetti e bidoni della spazzatura. Hanno anche danneggiato gravemente un autobus.   Secondo la polizia, gli agenti sono stati colpiti con molotov, pietre per pavimentazione e recinzioni da cantiere, insieme ad altri oggetti. Le forze dell’ordine hanno reagito con gas lacrimogeni e proiettili di gomma ai rivoltosi per sedare i disordini. Non si sono registrati feriti.     I disordini sono seguiti ad attacchi simili avvenuti la notte precedente, durante i quali una folla più piccola di circa 100 giovani prese parte alla rivolta. Quella notte, un politico dell’Unione Democratica di Centro (UDC), Thibault Schaller, è stato preso di mira in un linciaggio, ripreso in un video.   Lo Schaller ha scritto su X di essersi avvicinato ai disordini perché era curioso di sapere cosa stesse succedendo. Avvicinandosi, alcuni individui, che ha detto di credere fossero Antifa, lo hanno riconosciuto e affrontato.     «Mi hanno ordinato di andarmene. Mi sono rifiutato e ho chiesto cosa stesse succedendo. Uno mi ha spinto, io l’ho spinto indietro e poi ho fatto un passo indietro. Qualcuno ha urlato qualcosa e 10, 15 persone mi sono corse incontro da ogni dove. Sono scappato, ho preso botte. Mi hanno bloccato la strada, sono caduto, mi sono protetto. Mi sono rialzato, sono corso, sono stato circondato di nuovo contro un muro, poi ho preso botte. Poi sono riuscito a scappare correndo. Sto bene, ma dobbiamo davvero riprenderci questa città», ha scritto lo Schaller.     Nel video, lo Schaller viene inseguito da un folto gruppo di individui, che lo prendono a calci a terra. Schaller si rialza ripetutamente e riesce a eludere il gruppo, riuscendo infine a fuggire. Durante l’attacco, uno degli individui lo ha apostrofato con l’inevitabile «fascista».   Lo Schaller ha scritto su X che la polizia non era responsabile della morte dell’adolescente e che «questa tragedia si sarebbe potuta evitare. Doveva solo ascoltare la polizia». La città era «tenuta in ostaggio da una manciata di teppisti», ha scritto ulteriormente ha aggiunto il politico UDC.   L’apparente motivo scatenante dei disordini degli stranieri pare ricalcare fedelmente uno schema visto a Parigi (durante la rivolta delle banlieue di due anni fa) e a Milano, con gli scontri a Corvetto di nove mesi fa: ragazzino morto dopo un inseguimento della polizia.   Le rivolte degli immigrati elvetici sono di fatto iniziate dopo la morte del diciassettenne Marvin M., cittadino svizzero di origini congolesi. La polizia afferma di averlo inseguito domenica sera mentre era alla guida di uno scooter rubato. È morto schiantandosi contro la porta di un garage.   Come visto anche nel caso parigino, è arrivato il commento della genitrice: la madre di Marvin M. ha affermato in un’intervista a 24Heures che suo figlio «non è un ladro di scooter» e «non è un bandito», assicurando che il ragazzo congolese un rapper appassionato e che il suo gruppo ha dichiarato di non tollerare la violenza che si sta verificando in città dopo la sua morte.   Come riportato da Renovatio 21, la Svizzera era stata teatro di rivolte di immigrati afroislamici ancora due anni fa, quando i disordini scoppiarono per contagio dalla Francia agli altri Paesi francofoni limitrofi.   È evidente che persino nella precisa, marziale Confederazione Elvetica è in caricamento, che sulle pagine di Renovatio 21, definiamo «anarco-tirannia». Il concetto fu al volgere del millennio dall’americano Samuel Todd Francis (1947-2005), che descrisse la crescente condizione dello Stato moderno che regola tirannicamente o oppressivamente la vita dei cittadini – tasse, multe, burocrazia – tuttavia non può, o meglio non vuole, proteggere gli stessi rispettando le leggi fondamentali.   Episodi dell’ascesa dell’anarco-tirannia in Europa (e non solo) per via migratoria sono purtroppo sotto i nostri occhi, davvero ovunque, tutti i giorni. In questi giorni, con il lancio transnazionale dei «lockdown maranza», è possibile capire meglio quale sia la vera dinamica di distruzione e controllo in atto.  

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  Immagine dall’account Twitter di Thibault Schaller  
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