Politica
È stato Trudeau ad invitare il nazista al Parlamento canadese

Il primo ministro canadese Justin Trudeau ha confermato il 6 febbraio di aver effettivamente invitato all’evento dello scorso anno al Parlamento canadese, alla presenza del presidente ucraino Zelens’kyj, il nonagenario veterano della Seconda Guerra Mondiale Yaroslav Hunka.
L’Hunka ha combattuto come giovane volontario nella 14ª divisione granatieri Waffen delle SS ucraine della Germania nazista, un’unità che notoriamente effettuò la pulizia etnica di ebrei e polacchi; la sua presenza ha costituito il piatto forte del ricevimento alla House of Commons canadese per lo Zelens’kyj in visita.
Qui Hunka fu celebrato in Parlamento con una lunga standing ovation; l’incredibile vicenda scatenò immediatamente reazioni internazionali e conseguente imbarazzo e vergogna nello Stato canadese.
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Il portavoce di Trudeau, Mohammad Hussain, aveva spiegato che Hunka, sebbene invitato, non è mai arrivato al ricevimento di Trudeau. Anche se Trudeau si era scusato lo scorso settembre per il «terribile errore» di aver «inconsapevolmente» onorato Hunka in Parlamento, non aveva mai divulgato di aver invitato Hunka, separatamente, al ricevimento. All’epoca aveva scaricato il badile sul presidente della Camera dei Comuni Anthony Rota, che si era dimesso nell’ignominia.
Ora il capo del Partito Conservatore canadese, Pierre Poilievre, ha interrogato Trudeau durante il question period della Camera dei Comuni del 6 febbraio, spiegando che Trudeau aveva detto all’epoca che l’ex presidente del Parlamento Anthony Rota «doveva dimettersi per aver fatto esattamente la stessa cosa» che ora è dimostrato Trudeau ha fatto.
«Quindi si atterrà allo stesso standard e ammetterà di non essere idoneo per la carica?» ha chiesto il politico canadese.
La risposta di Trudeau a Poilievre è stata quella di ignorare la domanda e attaccare il Partito Conservatore per aver «abbandonato l’Ucraina» e non stare dalla parte degli ucraini canadesi.
L’ufficio di Poilievre ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che il primo ministro «è stato sorpreso a mentire. Invece di ammettere che lui e il suo ufficio hanno invitato personalmente un nazista a un ricevimento ufficiale del primo ministro con il presidente ucraino, ha mentito per mesi al popolo canadese e ha incolpato tutti tranne se stesso».
Anche l’ufficio di Trudeau ha rilasciato una dichiarazione, ribadendo che il primo ministro «non era a conoscenza» del trascorso nazista di Hunka.
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Tuttavia, anche il nonno della sua vicepremier Chrystia Freeland, peraltro alta dirigente del World Economic Forum, ha un passato nell’Ucraina che collaborò sanguinariamente con Hitler.
Come riportato da Renovatio 21, l’imbarazzo per gli applausi al nazista travolse anche l’ambasciatore tedesco che aveva partecipato alla celebrazione al Parlamento canadese.
Nel frattempo, si registra la reazione dello Stato di Israele, che disse che il Canada deve affrontare il «peccato storico» di aver ospitato i nazisti fuggiti dall’Ucraina. Tuttavia, per l’Ucraina moderna, lo Stato Ebraico non dice nulla.
Secondo un articolo del Washington Post, circa la metà dei 300.000 ebrei ucraini sarebbero fuggiti dal Paese dall’inizio del conflitto con la Russia.
Immagine screenshot da YouTube
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Politica
Il passo indietro di Ishiba: nuovo capitolo nella lunga crisi del centro-destra giapponese

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il primo ministro giapponese ha annunciato ieri le dimissioni dopo settimane di tensioni con i membri del Partito Liberaldemocratico, in difficoltà di fronte alla perdita di consenso tra gli elettori conservatori. Diversi candidati si sono già fatti avanti segnalando la volontà di succedere a Ishiba nella presidenza del partito, ma resta il nodo della guida del governo senza la maggioranza in parlamento.
A meno di un anno dal suo insediamento, il primo ministro giapponese Shigeru Ishiba ha annunciato ieri le dimissioni, aprendo una nuova fase di incertezza politica. La decisione è una conseguenza delle crescenti pressioni all’interno del suo stesso partito, il Partito Liberaldemocratico (LDP), che alle ultime elezioni ha subito significative sconfitte, arrivando a perdere la maggioranza in entrambe le Camere.
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Ishiba si è assunto la responsabilità per i pessimi risultati dell’LDP alle elezioni della Camera dei Consiglieri a luglio e ha sottolineato che le sue dimissioni servono a prevenire un’ulteriore spaccatura all’interno del partito. Già a luglio, il quotidiano giapponese Mainichi aveva per primo riportato che Ishiba si sarebbe dimesso, basandosi su informazioni raccolte tra il premier e i suoi più stretti collaboratori.
Le prime indiscrezioni indicavano che i preparativi per la corsa alla presidenza dell’LDP sarebbero iniziati entro agosto. Ishiba, tuttavia, aveva pubblicamente smentito queste notizie e nelle sue affermazioni aveva sottolineato l’importanza di portare a termine le trattative sui dazi con il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che aveva imposto il primo agosto come scadenza ultima.
Nel suo discorso di ieri, Ishiba ha spiegato che l’annuncio delle dimissioni a luglio avrebbe indebolito la posizione del Giappone: «chi negozierebbe seriamente con un governo che dice “ci dimettiamo”?», ha detto.
Ishiba ha poi cercato di placare le pressioni interne all’LDP minacciando di sciogliere la Camera dei Rappresentanti e indire elezioni anticipate, una mossa che ha esacerbato le divisioni e spinto il principale partner di coalizione, il partito Komeito, a ritenere inaccettabile la decisione. Secondo l’agenzia di stampa Kyodo, l’ex primo ministro Yoshihide Suga e il ministro dell’Agricoltura Shinjiro Koizumi entrambi tenuto colloqui con il premier sabato, evitando una scissione all’interno del partito e aprendo la strada all’annuncio delle dimissioni di ieri.
Ora l’attenzione si sposta sulla scelta del prossimo leader dell’LDP, che potrebbe assumere anche la carica di primo ministro se ci fosse una qualche forma di sostegno o di accordo anche con le opposizioni. Tra i principali contendenti ci sono membri del partito che avevano già sfidato Ishiba in passato, tra cui Sanae Takaichi, ex ministra per la sicurezza economica, che ha ricevuto il 23% dei consensi in un recente sondaggio di Nikkei. Takaichi fa parte dell’ala conservatrice e ha una forte base di sostegno tra i fedelissimi dell’ex primo ministro Shinzo Abe, di cui è considerata l’erede, soprattutto per quanto riguarda le politiche economiche, che potrebbero favorire una ripresa dei mercati azionari. Takaichi ha inoltre la reputazione di andare d’accordo con il presidente Donald Trump.
Anche Shinjiro Koizumi, attuale ministro dell’Agricoltura e figlio dell’ex leader Junichiro Koizumi, è un altro papabile candidato, dopo essere riuscito ad abbassare i prezzi del riso appena entrato in carica. Il sondaggio di Nikkei ha registrato un 22% dei consensi nei suoi confronti.
Altri membri del partito hanno segnalato la volontà di candidarsi, tra cui Yoshimasa Hayashi, attuale segretario capo del Gabinetto e portavoce principale del governo Ishiba, che si è classificato quarto nella corsa per la leadership del partito del 2024. Tra gli altri contendenti figurano Takayuki Kobayashi, un altro ex ministro per la sicurezza economica che gode di un maggiore sostegno all’interno dell’ala centrista, e Toshimitsu Motegi, ex segretario generale dell’LDP e il più anziano tra i candidati con i suoi 69 anni.
L’LDP oggi si trova in una posizione di forte debolezza. Molti elettori conservatori alle ultime elezioni hanno preferito il partito di estrema destra Sanseito anche a causa dell’allontanamento di Ishiba dall’ala conservatrice.
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Secondo un sondaggio di Kyodo, condotto prima che fossero riportate le dimissioni di Ishiba, l’83% degli intervistati ha dichiarato che un chiarimento pubblico del partito sulle ultime sconfitte non avrebbe comunque aumentato la fiducia degli elettori. È chiaro, quindi, che il compito del prossimo presidente di partito sarà quello di ripristinare la credibilità del centrodestra.
Chiunque verrà scelto si troverà davanti a un’importante decisione: se indire elezioni anticipate per cercare di riconquistare la maggioranza alla Camera bassa o rischiare di perdere il potere del tutto. Quest’ultima scelta rischierebbe di aprire una nuova fase di instabilità politica senza precedenti, che richiederebbe la ricerca di sostegno anche tra i partiti dell’opposizione per approvare le leggi e i bilanci.
Secondo diversi commentatori, il prossimo leader dovrà prima di tutto godere di una genuina popolarità sia all’interno che all’esterno del partito per affrontare sfide come l’invecchiamento della società, la forza lavoro in calo, l’inflazione e i timori che gli Stati Uniti possano abbandonare il loro ruolo di garanti della sicurezza nella regione asiatica.
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