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Nucleare

È partita l’escalation verso la distruzione nucleare, ma pochi ne stanno parlando

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Le notizie arrivate questa settimana sono semplicemente spaventose, ma pochissime voci, nella politica e sui giornali, in Italia o nel resto dell’Occidente, sembrano essersi accorto di cosa sta succedendo: un’escalation verso la guerra atomica pare essere partita concretamente.

 

Di fatto la campagna contro il sistema di allerta precoce nucleare della Russia, che aveva colpito la settimana precedente la stazione «Lupi dello Zar» di Armavir con droni ucraini, sembra continuare. Lo riporta EIRN in una serie di articoli che dettagliano la situazione e le reazioni a livello internazionale.

 

A inizio settimana sono emerse notizie di un tentativo di attacco di droni contro un’altra stazione radar russa, questa nella regione di Orenburg, al confine con il Kazakistan, a circa 1.500 km a Est e a Nord della stazione di Armavir, che era stata danneggiata da un attacco di droni nella notte del 22 maggio.

 

Secondo topwar.ru, un sito di notizie militare filo-russo, un drone sarebbe caduto sul villaggio di Gorkovskoje, a circa 6 km a est della stazione radar.

 

Secondo Southfront.org, le immagini satellitari confermano l’assenza di danni all’installazione radar. L’Intelligence militare ucraina, la GUR, si sarebbe presa il merito di questo attacco a lungo raggio, che ha percorso una distanza record di 1.800 km, dicendo ai media ucraini attraverso una fonte anonima che era responsabile dell’attacco di Orenburg e dell’attacco di Armavir.

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Una fonte dell’Intelligence militare ha detto al Kyiv Independent che le conseguenze dell’attacco del 26 maggio devono ancora essere chiarite.

 

Secondo un articolo apparso sul Sunday Telegraph di Londra, lo sciopero di Armavir sta causando «allarme» in Occidente. Il Telegraph cita Mauro Gilli, ricercatore senior presso il Centro per gli studi sulla sicurezza dell’ETH di Zurigo, che ha affermato che l’attacco dei droni è stato un successo tattico perché costringerà la Russia a ridistribuire i sistemi di difesa aerea e ha anche messo a segno che nessun esercito russo il sito era intoccabile.

 

«Possiamo discutere sull’efficacia e sul merito, ma dal punto di vista strategico c’è una logica», ha affermato lo studioso.

 

Altri analisti occidentali, tuttavia, sono stati più titubanti e hanno affermato che l’Ucraina dovrebbe evitare di colpire le infrastrutture nucleari della Russia, continua il Telegraph. «Non è stata una decisione saggia da parte dell’Ucraina», ha dichiarato Hans Kristensen, direttore del Nuclear Information Project presso la Federation of American Scientists. «I bombardieri e i siti militari in generale sono diversi perché vengono utilizzati per attaccare l’Ucraina».

 

Thord Are Iversen, un analista militare norvegese, ha affermato che colpire una parte del sistema di allarme nucleare russo «non è stata una buona idea… soprattutto in tempi di tensione», perché «è nell’interesse di tutti che il sistema di allarme missilistico russo funzioni bene».

 

Tuttavia gli attacchi a questa componente dell’«ombrello nucleare» russo non si sono limitati al nuovo episodio di Orenburg.

 

Mercoledì mattina 29 maggio, c’è stato un secondo attacco di droni al sistema radar di allarme rapido di Armavir, nel territorio di Krasnodar in Russia. Lo ha dichiarato il governatore del territorio di Krasnodar, Veniamin Kondratyev, riportata oggi su Smotrim.ru, che è il sito della tv di stato russa.

 

Secondo quanto riferito, l’attacco non ha avuto successo, ma è seguito una settimana dopo l’attacco del 22 maggio ad Armavir che apparentemente ha prodotto alcuni danni al suo sistema radar critico.

 

Si tratta quindi della quarta provocazione di questo tipo contro la Russia segnalata da aprile: un sito radar avanzato a Kovylkino, nella Repubblica di Mordovia, è stato attaccato ad aprile; il 22 maggio è stato colpito il sistema Armavir; il 26 maggio è stato attaccato un altro sito radar a Orsk; e ora il sito di Armavir è stato nuovamente preso di mira il 29 maggio.

 

«I nostri militari questa mattina hanno fermato ancora una volta un tentativo del regime di Kiev di commettere un atto terroristico nel territorio di Krasnodar», ha scritto il governatore Kondratyev sul suo canale Telegram, spiegando che «le forze di difesa aerea hanno distrutto un UAV sopra Armavir».

 

Secondo le prime informazioni non ci sono state vittime né danni e gli specialisti stanno cercando il luogo in cui è caduto il drone.

 

Il sito locale di Krasnodar 93.ru riporta inoltre che l’attacco più recente nel territorio di Krasnodar avrebbe avuto luogo nella notte tra il 26 e il 27 maggio. «C’è stato un tentativo di attacco con droni alle strutture di Gelendzhik. Tutti i droni sono stati fermati dalla difesa aerea». Gelendzhik si trova a Krasnodar, ma dista circa 300 km da Armavir e non ospita un impianto radar. 93.ru ha anche sottolineato il successo dell’attacco ad Armavir del 22 maggio, citando i precedenti commenti del senatore russo Dmitrij Rogozin che si è domandato se l’Ucraina stesse diventando una canaglia.

 

La Russia non ha confermato o smentito ufficialmente i quattro recenti attacchi di droni ai suoi sistemi radar di allarme rapido, che sono vitali per rilevare attacchi di missili balistici intercontinentali in arrivo, né tanto meno ha attribuito la responsabilità di tali attacchi.

 

Nel frattempo è in atto un vivace sforzo da parte dei media occidentali per rafforzare la «narrativa» secondo cui è stata solo l’Ucraina a prendere le decisioni e a eseguire gli attacchi – e non un comando centrale della NATO.

 

Tuttavia, il presidente russo Vladimir Putin ha chiarito, nelle sue risposte durante una conferenza stampa all’aeroporto di Tashkent il 28 maggio, quale sia il punto di vista della Russia sulla responsabilità complessiva della NATO per i diversi tipi di attacchi contro la Russia, indicando, con qualche dettaglio tecnico, che «le armi di precisione a lungo raggio non possono essere usate senza la ricognizione spaziale».

 

I droni utilizzati contro i siti radar non sono missili a lungo raggio, tuttavia Putin ha affrontato anche la questione degli obiettivi: «la selezione finale del bersaglio e quella che è nota come missione di lancio possono essere effettuate solo da specialisti altamente qualificati che si affidano a questi dati di ricognizione, dati di ricognizione tecnica (…) Anche il lancio di altri sistemi, come ATACMS, ad esempio, si basa su dati di ricognizione spaziale».

 

L’allusione è, quindi, piuttosto diretta.

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A Putin è stata anche posta una domanda sulle notizie del «dispiegamento di istruttori mercenari francesi, che possono essere definiti militari, sul territorio dell’Ucraina. Cosa ne pensa e fino a che punto può arrivare?»

 

«Per quanto riguarda il fatto che possano esserci mercenari in Ucraina, lo sappiamo bene, non c’è nulla di nuovo in questo» ha risposto il presidente della Federazione Russa. «Il fatto che i militari in Ucraina ora dicano che loro [i francesi] potrebbero venire è perché sono lì da molto tempo (…) Ci sono degli specialisti lì sotto le spoglie di mercenari. C’era una domanda sulle armi di precisione a lungo raggio. E chi controlla e mantiene queste armi? Naturalmente gli stessi istruttori travestiti da mercenari».

 

Anche qualche sparuta voce americana si sta rivoltando verso l’abisso atomico che può aprirsi con questa scellerata decisione.

 

In un’intervista con Sputnik pubblicata il 31 maggio, l’ex analista del Pentagono e tenente colonnello dell’aeronautica americana in pensione Karen Kwiatkowski ha avvertito che la Russia potrebbe vedere gli attacchi a lungo raggio dell’Ucraina all’interno della Russia come un precursore di un attacco nucleare della NATO.

 

«Il grosso problema è che i droni di Kiev hanno attaccato i sistemi di allarme rapido russi progettati come parte della loro difesa nucleare» ha detto il militare statunitense. «Non credo che li abbiano danneggiati, ma questo è stato fatto. Se contro questi obiettivi vengono usate armi americane, armi più pesanti, ciò non può fare a meno di essere visto dalla Russia come un precursore di un primo attacco: un primo attacco nucleare. Quando colpisci i radar di difesa nucleare di qualcuno, i suoi “occhi”, i suoi sistemi di difesa, nella normale strategia di guerra, stai preparando un campo di battaglia. Quindi non so se i consiglieri di Biden a Washington ne abbiano davvero la consapevolezza, perché non ci sono militari lassù che ne parlano con Biden, ma è una situazione molto pericolosa».

 

Biden, nel consentire all’Ucraina di usare le armi statunitensi negli attacchi contro la Russia, «sta rispondendo e seguendo un programma neoconservatore, che è un programma che vuole la guerra», ha affermato Kwiatkowski. Se la Russia percepisce gli attacchi a lungo raggio all’interno del suo territorio come un precursore di un primo attacco nucleare, «tutte le scommesse sono fuori dal tavolo» per quanto riguarda il presunto tentativo di mantenere il controllo sulla situazione in Ucraina.

 

«Questa è una guerra nucleare» ha sottolineato il militare USA. Se [i consiglieri di Biden] cercano di ingannare il sistema e dicono “oh, no, possiamo farlo e non avvierà l’uso della dottrina di difesa nucleare strategica da parte della Russia”, non so come spiegarlo. È scioccante e spaventoso», ha sottolineato Kwiatkowski.

 

«Penso che sia già chiaro che gli Stati Uniti stanno combattendo la Russia attraverso l’Ucraina. Se diventa nucleare, il mondo intero diventa un obiettivo legittimo».

 

Nel tardo pomeriggio del 29 maggio, Robert F. Kennedy, Jr. ha pubblicato il seguente commento su X: «L’escalation in Ucraina sta andando fuori controllo. L’Ucraina cerca di eliminare i sistemi di allerta precoce della Russia, aumentando il rischio di errori catastrofici».

 


«Mio zio [John Fitzgerald Kennedy, ndr] installò delle hotline alla Casa Bianca e nel complesso Kennedy a Hyannisport in modo da poter prendere il telefono e parlare direttamente con Krusciov per evitare guerre accidentali. Biden sta facendo il contrario. Non c’è modo di parlare con Putin e di distruggere il sistema di allarme rapido. Qual è il motivo, qual è la scusa per non parlare con Putin? È peggio di Breznev? Krusciov? [sic] Stalin?»

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Nei media occidentali sta lentamente crescendo la copertura degli attacchi dei droni ucraini sui radar oltre l’orizzonte della Russia, ma gran parte di essi mantiene la linea secondo cui l’Ucraina probabilmente lo ha fatto da sola. Ad esempio, Newsweek ha pubblicato un articolo del 28 maggio del suo corrispondente diplomatico David Brennan con il titolo «La mappa mostra i successi record dell’Ucraina sui siti di allarme nucleare russi». Nel pezzo si afferma che «la rete radar di allarme rapido dei missili balistici nucleari della Russia è emersa come un obiettivo chiave degli attacchi ucraini a lungo raggio, con tre strutture che sono state attaccate dai droni di Kiev negli ultimi due mesi». L’articolo, va notato, era stato scritto prima del quarto attacco avvenuto il 29 maggio.

 

La pubblicazione dell’articolo sul sito Newsweek è punteggiata da un video di un minuto, completo di musica drammatica e ad alta tensione, intitolato: «l’Ucraina potrebbe aver appena attraversato La linea rossa nucleare di Putin».

 

Un articolo dell’Asia Times del 29 maggio è stato più sobrio riguardo al pericolo di una guerra nucleare, riferendo che gli attacchi rappresentano «una significativa escalation che potrebbe innescare ritorsioni russe sui fornitori della NATO o addirittura una risposta nucleare da parte della Russia. Il nocciolo dell’angoscia russa nei confronti dell’Ucraina è che il Paese diventerebbe una base NATO per missili nucleari (…) Non è chiaro se l’attacco sia stato interamente su iniziativa dell’Ucraina o se siano stati coinvolti i partner NATO dell’Ucraina». L’articolo ammette che la distanza dal sito di Armavir «è ben oltre le capacità di sorveglianza dell’Ucraina».

 

Perfino qualche quotidiano mainstream è arrivato a sollevare qualche dubbio sull’opportunità di colpire il nervo atomico della superpotenza russa.

 

Sotto il titolo pubblicato il 29 maggio, «Gli USA preoccupati per gli attacchi dell’Ucraina alle stazioni radar nucleari russe», il Washington Post ha raccontato almeno in parte la storia delle implicazioni del fatto che l’Ucraina abbia preso di mira il sistema di allarme rapido della Russia. Il WaPo riporta che «Washington ha comunicato a Kiev che gli attacchi ai sistemi di allarme rapido russi potrebbero essere destabilizzanti». Ciò può essere visto alla stessa luce degli «avvertimenti» degli Stati Uniti a Israele affinché porti a termine il suo genocidio in modo più umano.

 

«Gli Stati Uniti temono che i recenti attacchi di droni ucraini contro i sistemi di allarme nucleare russo potrebbero pericolosamente turbare Mosca in un momento in cui l’amministrazione Biden sta valutando se eliminare le restrizioni per l’Ucraina nell’utilizzare armi fornite dagli Stati Uniti in attacchi transfrontalieri» scrive Ellen Nakashima, una delle principali reporter del Post su questioni strategiche.

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L’articolo cita un anonimo «ufficiale USA» che afferma che questi siti non sono stati coinvolti nel sostegno alla guerra della Russia contro l’Ucraina. Ma sono luoghi sensibili, perché la Russia potrebbe percepire che le sue capacità deterrenti strategiche vengono prese di mira, il che potrebbe minare la capacità della Russia di mantenere la deterrenza nucleare contro gli Stati Uniti».

 

Il pezzo nomina inoltre Dmitri Alperovitch, fondatore di CrowdStrike, secondo cui «gli attacchi di Kiev alle infrastrutture di deterrenza nucleare russa hanno il potenziale per innescare una pericolosa escalation con l’Occidente. Alla fine dei conti, i siti di comando e controllo nucleare e di allarme rapido dovrebbero essere off-limits».

 

Il Washington Post riferisce che Blinken e altri funzionari, compresi funzionari della NATO, hanno consigliato a Biden di consentire all’Ucraina di utilizzare armi statunitensi per colpire obiettivi nel profondo della Russia, cosa che Biden sta “considerando”.

 

Il noto esperto di armi nucleari, il dottor Theodore Postol, valuta il grande pericolo del primo, e ora del secondo attacco ai radar di allerta precoce della Russia, prima ad Armavir e ora a Orsk.

 

Il suo messaggio, citato su Twitter da Mats Nilsson, include due grafici («Tempi di allarme rapido del radar russo» e «Tempo stimato necessario per effettuare operazioni di lancio di armi nucleari di base») riguardo al tempo potenzialmente ridotto a disposizione della Russia per decidere se reagire a una minaccia nucleare.

 


«Gli ucraini hanno ora attaccato un secondo radar strategico di allarme rapido nucleare russo critico a Orsk» avverte Postol. «Questo radar guarda verso l’Oceano Indiano e ha qualche sovrapposizione con i radar del radar già danneggiato di Armavir. I primi indicatori indicano che l’entità dei danni subiti dall’Orsk è probabilmente limitata, ma non si può escludere che il radar non funzioni per il momento a causa dell’attacco».

 

«Questa è una situazione molto seria. A differenza degli Stati Uniti, i russi non dispongono di sistemi di allarme satellitare spaziali in grado di rilevare attacchi di missili balistici a livello globale. Ciò significa che la copertura radar persa a causa degli attacchi a questi radar riduce notevolmente il tempo di preavviso contro gli attacchi a Mosca dal Mediterraneo e dall’Oceano Indiano».

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«I russi hanno un radar operativo a Mosca in grado di vedere le testate in arrivo, ma inizierebbero a vedere le testate sopra l’orizzonte solo poco prima dell’impatto» continua Postol. «Le mie stime (basate su analisi reali, non su stronzate) è che l’orario del radar mattutino è stato ridotto da circa 15-16 minuti a circa 10-11. Questo periodo di preavviso potrebbe molto probabilmente eliminare la possibilità di qualsiasi tempo di deliberazione da parte dei leader russi nel caso in cui si trovassero a dover decidere se lanciare o meno le forze nucleari strategiche russe in risposta a un attacco nucleare su Mosca. La leadership politica russa a Mosca non avrebbe quasi il tempo di valutare la situazione se credesse che sia in corso un possibile attacco da sud».

 

«L’estrema pressione temporale sulla leadership russa potrebbe quindi aumentare significativamente le possibilità di un catastrofico incidente nucleare. Il fatto che Blinken e la sua squadra di sicurezza nazionale abbiano dato il via libera al governo ucraino per attaccare siti russi fuori dall’Ucraina, significa che Blinken ha incautamente detto agli ucraini che possono impegnarsi in tali atti che avrebbero conseguenze potenzialmente catastrofiche per gli Stati Uniti e per l’intero pianeta».

 

«Se Blinken non è consapevole del pericolo rappresentato da questi attacchi, è così incompetente che dovrebbe essere rimosso insieme a tutta la sua squadra da qualsiasi posizione di autorità. Se lui è a conoscenza di questo pericolo, dovreste essere allontanati anche voi insieme a tutta la sua squadra di sicurezza nazionale. Ho una vasta esperienza personale con persone alla Casa Bianca che mi indica che è del tutto possibile che Blinken e il suo team non siano consapevoli dei pericoli che stanno consapevolmente permettendo che si verifichino».

 

«Non spenderò qui il tempo descrivendo le mie esperienze e osservazioni personali, ma posso farlo in qualsiasi momento e con qualsiasi preavviso. Non è da escludere che la Casa Bianca sia del tutto ignara del pericolo (…) Non sottolineerò mai abbastanza quanto sia spaventoso e pericoloso questo sviluppo, almeno per me, che penso possa vantare una conoscenza piuttosto dettagliata dei sistemi di attacco nucleare sia della Russia che degli Stati Uniti».

 

La questione degli attacchi nucleari della NATO sul territorio russo è stata sollevata da Vladimir Kulishov, primo vicedirettore del Servizio federale di sicurezza russo (FSB), che è anche a capo del Servizio di guardia di frontiera del Paese. Kulishov ha dichiarato all’agenzia di Stato russa RIA Novosti che «le operazioni di intelligence della NATO vicino al confine russo sono in aumento. Le forze dell’Alleanza stanno intensificando l’addestramento militare, in cui elaborano scenari militari contro la Federazione Russa, compresi attacchi nucleari sul nostro territorio».

 

Va ricordato che le condizioni alle quali la Russia potrebbe utilizzare armi nucleari sono enunciate nei «Principi fondamentali della politica statale della Federazione Russa sulla deterrenza nucleare», un ordine esecutivo firmato dal presidente Vladimir Putin il 2 giugno 2020 e in vigore ancora oggi.

 

La III sezione del documento, intitolata «Condizioni per il passaggio della Federazione Russa all’uso delle armi nucleari» elenca le seguenti condizioni al punto 19:

 

«A) arrivo di dati attendibili sul lancio di missili balistici contro il territorio della Federazione Russa e/o dei suoi alleati; B) uso di armi nucleari o altri tipi di armi di distruzione di massa da parte di un avversario contro la Federazione Russa e/o i suoi alleati; C) attacco da parte di un avversario contro siti governativi o militari critici della Federazione Russa, la cui interruzione comprometterebbe le azioni di risposta delle forze nucleari; D) aggressione contro la Federazione Russa con l’uso di armi convenzionali quando è in pericolo l’esistenza stessa dello Stato».

 

Gli attacchi alle stazioni radar strategiche russe potrebbero essere considerati rientranti nel punto C), poiché questi attacchi possono causare interruzioni «che minerebbero le azioni di risposta delle forze nucleari».

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Va rammentato, inoltre, come anche nei discorsi degli strateghi russi sia apparsa, negli scorsi mesi, l’idea di attaccare per primi utilizzando armi atomiche.

 

Come riportato da Renovatio 21, il noto esperto di relazioni internazionali russo Sergej Karaganov ha scritto interventi molto discussi dove ha parlato apertis verbis della revisione della strategia militare atomica di Mosca, arrivando a ipotizzare la nuclearizzazione di una città europea in risposta al sostegno della guerra ucraina.

 

Siamo arrivati al punto più prossimo allo sterminio atomico. Mai nella storia, nemmeno nei momenti più caldi della guerra fredda, eravamo giunti così vicino all’abisso pantoclastico, alla prospettiva della distruzione massiva dell’umanità.

 

Ora, se non vi è ancora una risposta tremenda da parte di Mosca è perché vi sono a novembre le elezioni che potrebbero, come preannunziato da uno dei due candidati, far finire la guerra in 24 ore.

 

Tuttavia, c’è da pensare come potranno mai le elezioni 2024 essere meno truccate di quelle del 2020, che servirono a piazzare alla Casa Bianca un burattino in demenza senile, probabilmente solo perché serviva per fare la guerra finale contro la Russia, come da desiderio profondo dei neocon, come da comandamento della cabala mondialista, che vede in Mosca l’ultimo pezzo di sovranità nazionale (e famigliare, tradizionale sessuale, etc.) che va liquidata per installare la tecnocrazia mondialista.

 

Qualora l’elezione di Trump dovesse fallire, ripetiamo che l’unica via di uscita, l’unica speranza per il pianeta, sarebbe lo scoppio di una Seconda Guerra Civile americana.

 

Se non sarà già troppo tardi per salvare gli esseri umani dal diluvio atomico, una pioggia di fuoco dopo la quale, ha detto Nostra Signora ad Akita, «i vivi invidieranno i morti».

 

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Nucleare

Tokyo, via libera al riavvio della più grande centrale nucleare al mondo

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Il governatore della prefettura di Niigata ha approvato la riaccensione parziale dell’impianto di Kashiwazaki-Kariwa, segnando una svolta nella strategia energetica del Giappone, voluta dal governo di Sanae Takaichi. La premier sta valutando anche una revisione dei tre storici principi non nucleari, indignando i sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki.   Il governatore della prefettura di Niigata, Hideyo Hanazumi, ha approvato oggi la riattivazione parziale della centrale nucleare di Kashiwazaki-Kariwa, la più grande del mondo per capacità installata. Il Giappone da tempo cerca di rilanciare il settore dell’energia atomica per ridurre la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, aumentate in modo significativo dopo il disastro di Fukushima del 2011.   L’approvazione rimuove l’ultimo ostacolo politico al piano della Tokyo Electric Power Company (TEPCO), che potrà ora procedere con la riaccensione dei due più potenti reattori dell’impianto che insieme generano 2.710 megawatt, circa un terzo della capacità complessiva. Solo il reattore n. 6, ha spiegato il ministro dell’Industria, Ryosei Akazawa, permetterebbe di migliorare del 2% l’equilibrio tra domanda e offerta di energia nell’area metropolitana di Tokyo.

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Hanazumi ha dichiarato che la decisione dovrà comunque essere sottoposta al voto di fiducia dell’assemblea prefetturale nella sessione che si aprirà il 2 dicembre. «Non sarebbe razionale bloccare qualcosa che ha superato gli standard di sicurezza nazionali», ha affermato, sottolineando però che le preoccupazioni dei residenti, le misure di emergenza e il monitoraggio continuo della sicurezza restano priorità da affrontare.   Se confermato, il riavvio segnerebbe una svolta per TEPCO: dal marzo 2011, quando lo tsunami devastò la centrale di Fukushima Daiichi causando il peggiore incidente nucleare dopo Chernobyl, l’azienda non ha più potuto riattivare alcun reattore. In ottobre TEPCO aveva concluso le verifiche tecniche sul reattore n. 6, confermando il corretto funzionamento dei sistemi.   Dopo Fukushima, il Giappone aveva spento tutti i 54 reattori attivi all’epoca. Ad oggi ne sono stati riavviati 14 sui 33 ancora idonei all’uso. Il governo della premier Sanae Takaichi, sostiene la riapertura dei reattori per rafforzare la sicurezza energetica e ridurre i costi delle importazioni: nel 2024 il Giappone ha speso 10,7 trilioni di yen (circa 68 miliardi di dollari) solo per importare gas naturale liquefatto e carbone, un decimo del totale delle importazioni nazionali. Il governo insiste inoltre sul fatto che il ritorno al nucleare è essenziale per contenere i prezzi dell’elettricità e aumentare la quota di energia riducendo allo stesso tempo le emissioni.   La riattivazione dell’impianto avviene in un clima politico teso perché la premier Sanae Takaichi è a favore anche della possibilità di rivedere i principi del Giappone anche in fatto di armi atomiche. Una prospettiva che ha suscitato una dura reazione da parte degli hibakusha, i sopravvissuti ai bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki.

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La Nihon Hidankyo, principale organizzazione nazionale dei sopravvissuti e vincitrice del Premio Nobel per la pace lo scorso anno, ieri 20 novembre ha diffuso una nota di forte condanna, affermando che «non è possibile tollerare l’introduzione di armi nucleari in Giappone né permettere che il Paese diventi una base per la guerra nucleare o un bersaglio di attacchi atomici».   L’organizzazione ha chiesto al governo di rispettare e rafforzare i tre principi (che vietano di possedere, produrre o ospitare armi atomiche), inserendoli addirittura nella legislazione nazionale, denunciando come un pericoloso arretramento l’idea stessa di metterli in discussione.   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Nucleare

Il Niger accusa il gruppo nucleare statale francese di «crimini di massa»

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Il governo militare del Niger ha accusato l’azienda nucleare francese Orano di «inquinamento radioattivo» e «comportamento predatorio», dopo che i funzionari hanno annunciato di aver rinvenuto centinaia di barili di scorie radioattive abbandonati vicino a un vecchio sito estrattivo di uranio nel Nord del Paese.

 

Il ministero delle Miniere ha riferito che gli ispettori hanno individuato circa 400 barili contenenti elevati livelli di materiali radioattivi nel nucleo a Madaouela, in prossimità del polo uranifero di Arlit, un tempo gestito da Orano. Le rilevazioni sul posto hanno registrato valori fino a 10 microsievert all’ora, contro una media di 0,5, e le analisi hanno evidenziato sostanze tossiche in grado di provocare problemi respiratori.

 

Il ministro della Giustizia nigerino, Alio Daouda, ha annunciato martedì ai media che l’azienda sarà chiamata a rispondere in giudizio per «crimini di massa», tra cui lesioni all’ambiente, alla salute collettiva e alla sovranità nazionale.

 

«Questa discarica abusiva testimonia il disprezzo costante di Orano per il Niger e i suoi abitanti sin dall’avvio dell’estrazione uranifera», ha dichiarato Daouda, assicurando che «il Niger non arretrerà nella tutela della propria sovranità».

 

Orano, controllata al 90% dallo Stato francese, ha replicato all’agenzia Reuters affermando di «non detenere alcuna licenza operativa per il sito di Madaouela e di non avervi svolto operazioni di sorta».

 

Le imputazioni si inquadrano in un’escalation del contenzioso tra Niamey e Orano sul dominio delle miniere uranifere in questa nazione dell’Africa occidentale, ottavo produttore globale di yellowcake. In epoca di piena operatività, il Niger riforniva il 15-17% dell’uranio impiegato dalla Francia per la sua produzione energetica nucleare.

 

La settimana scorsa, il Niger avrebbe disatteso un’ordinanza del tribunale della Banca Mondiale, spostando oltre 1.000 tonnellate di uranio dalla miniera di Somair, controllata da Orano dal 1971 fino alla nazionalizzazione decisa a giugno.

 

L’azienda ha stigmatizzato l’operazione come una violazione delle decisioni giudiziarie, che vietavano all’ex colonia francese di «vendere, trasferire o anche solo consentire il trasferimento a terzi dell’uranio prodotto da Somair».

 

I leader militari hanno ribadito di agire nell’esercizio dei diritti sovrani. Oltre ad aver assunto il controllo effettivo di Somair – motivato dal «comportamento irresponsabile, illegale e iniquo» di Orano –, l’anno scorso il governo ha pure revocato all’azienda la concessione per il giacimento di Imouraren.

 

Come riportato d Renovatio 21, a maggio 2025 le forze di sicurezza nigerine avevano sequestrato attrezzature facendo irruzione nelle filiali di Orano.

 

Come riportato da Renovatio 21, dopo il golpe di due anni fa la giunta di Niamey ha subito sospeso le vendite di uranio ai francesi, che utilizzano il minerale estratto in Niger per coprire il del fabbisogno per la produzione di energia atomica, che viene peraltro venduta anche all’Italia, che ne è dipendente per il 6%.

 

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Immagine di Stuart Rankin via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 2.0; immagine tagliata

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Nucleare

L’ex vertice dell’esercito ucraino vuole le armi nucleari

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L’ex comandante supremo delle Forze Armate ucraine, il generale Valery Zaluzhny, ha sostenuto che solo l’ingresso nella NATO, l’installazione di armi atomiche o l’accoglienza di un imponente contingente militare straniero possano assicurare una protezione effettiva per Kiev.   Le dichiarazioni sono state rese note in un saggio apparso sabato sulle colonne del giornale britannico Telegraph.   Il generale – che, secondo indiscrezioni, starebbe tessendo in silenzio una compagine politica da Londra in vista di una possibile corsa alla presidenza – ha delineato le sue analisi su come sconfiggere Mosca, forgiare un’«Ucraina rinnovata» e quali «tutele di sicurezza» adottare per prevenire una ricaduta nel confronto con il Cremlino.   «Queste tutele potrebbero comprendere: l’accessione dell’Ucraina all’Alleanza Atlantica, il posizionamento di ordigni nucleari sul suolo ucraino o l’impianto di un corposo schieramento alleato in grado di fronteggiare la Federazione Russa», ha argomentato Zaluzhny.   L’alto ufficiale ha sostanzialmente ribadito le posizioni più intransigenti della classe dirigente ucraina attuale: Volodymyr Zelens’kyj ha spesso invocato simili tesi nel corso della crisi con la Russia, e pure in precedenza.   Il governo russo ha più volte stigmatizzato come inaccettabili qualsivoglia delle «tutele di sicurezza» indicate da Zaluzhny. Mosca contrasta da anni le velleità atlantiste di Kiev, additando l’allargamento verso levante del Patto come un pericolo per la propria integrità e annoverandolo tra i moventi principali del contenzioso in atto.   Inoltre, il Cremlino ha insistito che, in qualsivoglia intesa di pace futura, l’Ucraina debba abbracciare uno statuto di neutralità.

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Anche le esternazioni nucleari di Kiev sono state aspramente censurate da Mosca, che le ha giudicate foriere di escalation e di un rischio di conflagrazione mondiale. La dirigenza ucraina ha spesso deplorato l’abbandono dell’eredità atomica sovietica agli albori degli anni Novanta, lamentando di non aver ottenuto contropartite adeguate.   La leadership di Kiev ha sostenuto a lungo che gli Stati Uniti e i suoi alleati avevano l’obbligo di proteggere l’Ucraina a causa del Memorandum di Budapest del 1994, in cui Stati Uniti, Regno Unito e Russia avevano dato garanzie di sicurezza in cambio della rimozione delle testate nucleari sovietiche dal territorio ucraino.   In verità, però, quell’arsenale era rimasto sotto l’egida moscovita, mentre l’Ucraina sovrana mancava delle capacità per gestirne o preservarne le testate residue dopo la dissoluzione dell’URSS. Allo stesso modo, la Russia ha escluso qualsivoglia ipotesi di dispiegamento di truppe straniere in Ucraina, né durante né oltre il conflitto vigente. Tale mossa, a giudizio del Cremlino, non farebbe che precipitare Mosca in uno scontro frontale con l’Occidente.   Come ricordato da Renovatio 21, c’è da dire che la fornitura di atomiche a Kiev è stata messa sul piatto varie volte da personaggi come l’europarlamentare ucraino Radoslav Sikorski, membro del gruppo Bilderberg sposato alla neocon americana Anne Applebaum.   Si tende a dimenticare che lo stesso Zelens’kyj parlò di riarmo atomico di Kiev alla Conferenza di Sicurezza di Monaco, pochi giorni prima dell’intervento russo. In seguito, Zelens’kyj e i suoi hanno più volte parlato di attacchi preventivi ai siti di lancio russi e di «controllo globale» delle scorte atomiche di Mosca.
A inizio anno, la portavoce del ministero degli Esteri di Mosca Maria Zakharova aveva definito lo Zelen’skyj come un «maniaco» che chiede armi nucleari alla NATO.   Come riportato da Renovatio 21, mesi fa il quotidiano londinese Times aveva parlato di «opzione nucleare ucraina». Settimane prima il tabloid tedesco Bild aveva riportato le parole di un anonimo funzionario ucraino che sosteneva che Kiev ha la capacità di costruire un’arma nucleare «in poche settimane».

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Immagine di MarianaSenkiv via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International; immagine tagliata
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