Cina
Dissidente deportato dal Laos in Cina, l’altro volto degli affari nel Sud-Est asiatico

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
L’avvocato Lu Siwei – fermato a luglio a Vientiane mentre cercava di fuggire dalla Repubblica popolare – si trova in un centro di detenzione del Sichuan nonostante i moniti dei funzionari del Consiglio dei diritti umani dell’ONU. Lo stesso dove Pechino il 10 ottobre cerca la rielezione per un nuovo triennio.
Arrestato in Laos e deportato in un carcere della Repubblica popolare cinese. A nulla sono valsi gli appelli degli organismi internazionali: l’avvocato cinese per i diritti umani Lu Siwei si trova nel centro di detenzione di Xindu nel Sichuan. A renderlo noto è stata la moglie Zhang Chunxiao, esule negli Stati Uniti, che nel luglio scorso aveva dato la notizia del fermo del marito in Laos, dove si trovava nel tentativo di lasciare anche lui la Cina.
Zhang Chunxiao ha dichiarato a Radio Free Asia che la famiglia di Lu Siwei in Cina ha ricevuto un avviso dal centro di detenzione che chiede l’invio di vestiti, medicine e denaro. Lu Siwei soffre di una grave malattia della pelle ed è senza medicine da più di due mesi. Durante la telefonata non è stato precisato da quanto si trovi in Cina o con quali accuse sia detenuto.
Lo scorso mese l’ambasciata cinese in Laos aveva inviato al Ministero laotiano della Pubblica Sicurezza una comunicazione in cui si afferma che è stata autorizzata la sua detenzione penale per aver attraversato illegalmente il confine. Su queste basi Pechino chiedeva alle autorità laotiane il trasferimento «nel più breve tempo possibile».
Lu Siwei ha difeso gli avvocati arrestati nel «caso 709» e quelli arrestati nel «caso dei liquori del 4 giugno» a Chengdu.
Nel 2021, il dipartimento giudiziario del Sichuan gli ha revocato la licenza di avvocato per aver rappresentato 12 persone di Hong Kong, gesto ritenuto una «minaccia alla sicurezza nazionale». È già stato vittima di intimidazioni e molestie mentre si recava all’udienza per la sua radiazione. Dal maggio 2021 era soggetto anche a un divieto di uscita dal Paese. Era arrivato in Laos via Vietnam e quando è stato fermato stava salendo su un treno per la Thailandia, da dove avrebbe cercato di raggiungere la sua famiglia negli Stati Uniti.
Sul caso di Lu Siwei era intervenuto in agosto anche un gruppo di alti funzionari del Consiglio dell’ONU per i diritti umani che avevano ricordato al governo del Laos che «in base al diritto internazionale il principio di ‘non refoulement’ garantisce che nessuno deve essere rimpatriato in un Paese in cui potrebbe subire torture, trattamenti o punizioni crudeli, inumane o degradanti e altre forme di violenza».
Se Liu Siwei fosse stato trasferito in Cina – scrivevano – si sarebbe trattato di una violazione dell’articolo 3 della Convenzione contro la tortura, di cui il Laos è un Paese firmatario.
In forza dei legami sempre più stretti con Pechino il governo di Vientiane ha evidentemente voluto ignorare questi richiami. E – all’ombra degli affari della Belt and Road Initiative – in tutto il Sud-est asiatico ora cresce la preoccupazione dei dissidenti cinesi, che non si sentono più al sicuro nemmeno fuori dai confini della Repubblica popolare cinese.
Il caso di Li Siwei, per esempio, era seguito con attenzione anche da Chen Siming, un altro attivista cinese che da due settimane si trova nell’aeroporto di Taiwan da dove ha avanzato una richiesta di asilo politico. Anche lui aveva seguito la stessa strada, fuggendo in Laos e poi in Thailandia per sfuggire a una minaccia di internamento in un ospedale psichiatrico per aver commemorato le vittime di Tiananmen.
Tutto questo succede alla vigilia dell’appuntamento del 10 ottobre, quando la Repubblica Popolare Cinese cercherà (e con ogni probabilità otterrà) la rielezione per un altro triennio in quello stesso Consiglio dell’ONU per i diritti umani che dovrebbe vigilare su queste violazioni.
Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne.
Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine screenshot da YouTube
Cina
Cina, Bambini presi di mira da politiche antireligiose

Sostieni Renovatio 21
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Cina
COVID, blogger cristiana cinese condannata ad altri quattro anni di carcere

Una blogger cristiana cinese già condannata a quattro anni di carcere per aver documentato le prime fasi della pandemia di COVID da Wuhan è stata condannata ad altri quattro anni di carcere.
Zhang Zhan, 42 anni, è stata condannata in Cina con l’accusa di «aver attaccato briga e provocato disordini», la stessa accusa che ha portato alla sua prima incarcerazione nel dicembre 2020. L’accusa viene spesso utilizzata per perseguire i giornalisti che si esprimono contro il governo cinese o rivelano verità imbarazzanti.
Zhang ha pubblicato i resoconti di testimoni oculari di Wuhan sulla diffusione iniziale del COVID-19, compresi video, di strade vuote e ospedali affollati che dimostravano che la situazione a Wuhan era molto peggiore di quanto affermassero le autorità cinesi. I filmati della Zhanga sono stati visualizzati centinaia di migliaia di volte.
Il suo avvocato dell’epoca, Ren Quanniu, aveva affermato che Zhan credeva di essere stata «perseguitata per aver violato la sua libertà di parola». Dopo la prigionia, aveva iniziato uno sciopero della fame e fu alimentata forzatamente tramite un sondino.
Come riportato da Renovatio 21, cinque anni fa erano emerse notizie della sua cattiva salute e di una sua possibile tortura in carcere.
Era stata rilasciata nel maggio 2024. Secondo Quanniu, è stata nuovamente arrestata perché aveva commentato su siti web stranieri, tra cui YouTube e X.
🚨🇨🇳CHINA TO RELEASE JOURNALIST JAILED OVER COVID REPORTING
After spending four years behind bars for her reporting of the Covid outbreak and lockdowns in Wuhan, Zhang Zhan is set to be released today after completing her sentence.
— Kacee Allen (@KaceeRAllen) May 14, 2024
Sostieni Renovatio 21
Un portavoce del governo cinese ha dichiarato: «il caso riguarda la sovranità giudiziaria della Cina e nessuna forza esterna ha il diritto di interferire. I suoi diritti legittimi saranno pienamente rispettati e tutelati».
«Questa è la seconda volta che Zhang Zhan viene processata con accuse infondate che non rappresentano altro che un palese atto di persecuzione per il suo lavoro giornalistico», ha affermato Beh Lih Yi, direttore per l’area Asia-Pacifico del Comitato per la protezione dei giornalisti con sede a Nuova York.
«Le autorità cinesi devono porre fine alla detenzione arbitraria di Zhang, ritirare tutte le accuse e liberarla immediatamente». La Cina costituisce la prigione per giornalisti più grande del mondo. Si ritiene che attualmente vi siano detenuti oltre 100 giornalisti.
Come riportato da Renovatio 21, il nuovo processo era iniziato sei mesi fa.
Prima della pandemia di COVID, l’attivista e giornalista cristiana era già stata arrestata nel settembre 2019 per aver sfilato con un ombrello su Nanjing Road a Shanghai, in segno di solidarietà con le proteste di Hong Kong. Con le prime notizie della pandemia, si era recata a Wuhan per documentare gli eventi, pubblicando circa cento video in tre mesi e rispondendo alle domande di media internazionali. Arrestata nel maggio 2020, è stata la prima blogger a essere condannata per le informazioni diffuse sulla pandemia.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine screenshot da YouTube
Cina
Trump blocca l’accordo sulle armi con Taiwano

Sostieni Renovatio 21
Iscriviti al canale Telegram
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
-
Cancro1 settimana fa
Impronta genetica del vaccino COVID nel DNA di un paziente oncologico: l’mRNA può integrarsi con il genoma umano
-
Misteri2 settimane fa
Storie, misteri ed orrori dal Mostro di Firenze ad Amanda Knox. Renovatio 21 intervista il giudice Mignini
-
Vaccini2 settimane fa
Documentario rivela lo studio bomba sul collegamento tra vaccino ed epidemia di malattie croniche
-
Senza categoria2 settimane fa
Papa Leone contro la Chiesa e i dogmi per LGBT e donne-prete: «Dobbiamo cambiare atteggiamento prima di cambiare dottrina»
-
Storia2 settimane fa
Netanyahu conferma – ancora una volta – che Israele non ha ucciso Charlie Kirk. E neanche San Simonino
-
Autismo1 settimana fa
Vaccini, paracetamolo: Trump e Kennedy delineano il piano contro l’autismo. Momento storico
-
Animali1 settimana fa
Le orche di Gibilterra affondano una barca a vela. È ora di dire basta
-
Salute2 settimane fa
I malori della 38ª settimana 2025