Cina
Controllare ogni container: l’arma tecnologica di Pechino nelle guerre commerciali

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Testato dai ricercatori dell’esercito cinese un nuovo sistema satellitare in grado di monitorare attraverso l’internet delle cose le catene di approvvigionamento globali. Basato su una costellazione di 66 piccoli satelliti, mira a rafforzare la Belt and Road Initiative e «far rispettare le proprie regole». Le preoccupazioni di Washington, che non vuole più le gru cinesi nei propri porti.
Un sistema in grado di tracciare centinaia di milioni di container in tutto il mondo. Nella partita globale sul controllo delle «catene di approvvigionamento» Pechino avrebbe in mano una nuova carta tecnologica, elaborata dai ricercatori dell’esercito cinese sfruttando le potenzialità dell’internet delle cose.
Un articolo pubblicato sull’ultimo numero della rivista della National University of Defence Technology (NUDT) di Changsha, racconta che recenti esperimenti hanno dimostrato che la Cina è in grado di raccogliere in tempo reale dai sensori collocati sui container dati non solo sulla loro posizione, ma anche sulle condizioni interne e persino avvisi di manomissione.
La tecnologia è incentrata sul satellite Tiantuo-5, lanciato dalla Repubblica popolare cinese nel 2020.
La rete satellitare potrebbe diventare una pietra miliare della strategia di Pechino per frenare il contrabbando – ad esempio le spedizioni di merci soggette a restrizioni attraverso Paesi terzi – e allo stesso tempo offrire un controllo senza precedenti al mondo sui flussi commerciali globali.
Non si tratta solo di catturare i contrabbandieri»ha dichiarato sotto anonimato un esperto di logistica di Pechino interpellato dal South China Morning Post «ma di costruire un sistema per far rispettare le nostre regole e rompere le catene che sono state imposte ai Paesi in via di sviluppo per oltre un secolo, con una rivoluzione tecnologica nello spazio».
Il sistema ideato dal team guidato da Li Songting e Chen Lihu, professori associati presso la facoltà di scienze aerospaziali e ingegneria del NUDT, si basa su una costellazione di 66 nanosatelliti a basso costo, ciascuno più piccolo di un frigorifero. Una delle principali innovazioni è una rete ibrida che separa i sensori «statici» più lenti, come i container nei porti, dalle merci in rapido movimento utilizzando protocolli di segnale distinti, evitando collisioni di dati.
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I ricercatori hanno introdotto nel progetto un’efficienza di livello militare, prendendo in prestito tecniche dai sistemi di tracciamento missilistico cinesi per elaborare un numero di flussi di dati 10 volte superiore a quello dei satelliti commerciali come Iridium. I sensori sono in grado di rilevare quando un container viene aperto a metà del viaggio o esposto a temperature anomale. Secondo quanto raccontato nell’articolo, durante un test un solo satellite ha captato e analizzato più di 1 milione di messaggi emessi dalle navi in un solo giorno.
Secondo Li e Chen, questa tecnologia aiuterà anche la Belt and Road Initiative cinese, integrando i progetti infrastrutturali con il controllo dei dati. I ricercatori cinesi insistono sugli scopi pacifici del sistema, ma funzionari e politici statunitensi sono già nervosi. Anche per questo Washington ha recentemente vietato l’uso di apparecchiature cinesi, come le gru, nei propri porti, temendo che queste macchine possano raccogliere e trasmettere dati alla Cina.
Se la Cina dispiegasse l’intera costellazione di 66 satelliti, come previsto, diventerebbe la prima nazione a gestire una rete di internet delle cose in grado di sorvegliare centinaia di milioni di punti finali.
Il sistema americano Orbcomm, già in servizio, può connettersi solo a 10 milioni di dispositivi, mentre Starlink di SpaceX è ottimizzato per la connessione a Internet ad alta velocità e non per la trasmissione di dati industriali.
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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Immagine di Håkan Dahlströmv via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
Cina
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Cina
La Cina verso i motori al plasma

Un nuovo potente motore al plasma è stato appena svelato dagli ingegneri cinesi, avvicinando la tecnologia cinese a quella del leader del settore, la Russia.
Il «propulsore al plasma magnetico ad alta spinta» della Cina, progettato dallo Xian Aerospace Propulsion Institute, è stato in grado di raggiungere un funzionamento stabile alla sua piena potenza di 100 kilowatt. «L’accensione riuscita questa volta segna che il livello tecnico del motore al plasma magnetico del nostro istituto è entrato in prima linea nel mondo», ha scritto l’istituto cinese in un post sui social media lunedì.
Il team ha utilizzato materiali stampati in 3D e tecnologia dei magneti superconduttori ad alta temperatura per creare il motore. Mentre i motori al plasma hanno una spinta inferiore rispetto ai motori aeronautici tradizionali, il loro impulso specifico, ovvero l’efficienza con cui il motore genera la spinta, è più elevato, rendendoli più adatti per viaggi più lunghi.
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L’istituto ha affermato che il loro motore «fornirà un supporto energetico forte e affidabile per i veicoli spaziali grandi e super-grandi della Cina per svolgere ricerche scientifiche e missioni spaziali».
Il motore al plasma più avanzato negli Stati Uniti ha superato solo gli 80 kW durante il funzionamento ad alta potenza sostenuto, sebbene abbia una potenza teorica di 200 kW con un’efficienza del propulsore del 73%. Il prototipo del motore da 300 kW dell’agenzia atomica russa Rosatom ha un’efficienza dell’80%.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina sta portando avanti le ricerche sulla fusione da anni. Il team di scienza della fusione termonucleare presso l’Istituto del Plasma di Hefei ha condotto ricerche sulle prestazioni globali dei materiali, sulle prestazioni dei superconduttori, dei magneti superconduttori, delle camere a vuoto del reattore di fusione, dei componenti del divertore e dell’interazione tra plasma e materiali.
Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa scienziati del Dragone avevano introdotto un nuovo dispositivo al plasma chiamato «Lama del cielo cremisi».
Come riportato da Renovatio 21, Cina ha continuato con i suoi studi per la fusione dopo che negli scorsi anni un team di scienziati cinesi aveva affermato di aver trovato un metodo nuovo e più conveniente per il processo.
Una volta scoperto un processo stabile per ottenere la fusione, potrebbe entrare in giuoco l’Elio-3, una sostanza contenuta in grande abbondanza sulla Luna, dove la Cina, come noto, sta operando diverse missioni spaziali di successo. Da qui potrebbe svilupparsi definitivamente il ramo cosmico dello scacchiere internazionale, la geopolitica spaziale che qualcuno già chiama «astropolitica», e già si prospetta come un possibile teatro di guerra.
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Immagine di Stbuccia via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Cina
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