Militaria
Ci tocca la guerra di Crosetto. Aerospaziale
Il ministro della Difesa Guido Crosetto a molti fa simpatia. Perennemente sorridente, altissimo, il capo limpido e riflettente, conquista tutti quando prende in braccio Giorgia Meloni, guadagnandosi la similitudine, latrice dei suoi simpatici meme, con il bonario orco Shrek.
Il Crosetto, considerato tra i soggetti che tirano le fila di Fratelli d’Italia, non è di puro sangue missino: quando c’era Almirante, lui sorrideva dentro la DC. Fu a capo del movimento giovanile democristiano in Piemonte, e, a 25 anni (!), consigliere economico del presidente del Consiglio dei Ministri Giovanni Goria, quello che Forattini disegnava solo con capelli, barba e baffi e dietro il niente. Non c’è da dimenticare che nel 2001 e 2006 è eletto con Forza Italia, nel 2008 con il PdL. Sono gli anni, lo ricordiamo più avanti, dell’amore Berlusconi-Putin.
È forse perché lontano anni luce dai missini, e inserito nell’establishment già ragazzino nella prima Repubblica, che può permettersi di cantare Bella Ciao con Fiorello (personaggio dei cui figli la Meloni, secondo la leggenda, fece la baby-sitter). Forse per questo si muove con questa bizzarra libertà nell’atroce ora presente, dove l’incubo atomico – il lettore lo abbia capito o no – cala anche sull’Italia, con la sua bella finestra di Overton termonucleare spalancata.
Lo scambio via social tra Crosetto e Dmitrij Medvedev dice tante cose.
«Il ministro della Difesa italiano ha definito la fornitura di veicoli blindati e di altre armi all’Ucraina un modo per evitare la Terza Guerra Mondiale. “Se dovesse scoppiare una terza guerra mondiale, non salveranno i carri armati e nemmeno i jet da combattimento. Sicuramente tutto sarà in macerie» ha scritto sul suo fondamentale canale Telegram l’ex presidente della Federazione Russa.
«Non ci sono molti sciocchi nelle strutture di potere europee», aveva esordito Medvedev, asserendo che si tratterebbe di un caso speciale. «Редкий чудак на букву “м”». Un gioco di parole difficile da tradurre: «raro chudak [eccentrico] con la lettera “M”». Mudak, in lingua russa sta a significare, cercando di tradurre, l’insulto coprologico o fallocefalo che rivolgiamo alle persone che si comportano o pensano male. Tranquilli: i media italiani hanno tutti tradotto «raro eccentrico» o «raro sciocco».
Si trattava di una risposta alle poco precedenti dichiarazioni di Crosetto, il quale durante un evento a Roma, aveva detto che «la Terza Guerra Mondiale inizierebbe nel momento in cui carri armati russi arrivassero a Kiev e ai confini d’Europa. Fare in modo che non arrivino è l’unico modo per fermare la Terza Guerra Mondiale».
Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Medvedev, che è l’uomo che parla di guerra atomica da mesi e al contempo si diverte su Twitter con Elon Musk, ha risposto a suo modo.
Tuttavia anche il cittadino italiano ed europeo, sincero e democratico e con un minimo di hard disc cerebrale funzionante, dovrebbe stropicciarsi gli occhi, Crosetto cosa sta dicendo?
Crosetto si ricorda che a inizio conflitto c’erano 65 chilometri di carrarmati russi arrivati praticamente a Kiev?
Il più grande ingorgo militare della storia – immaginatevi l’autostrada da una città italiana all’altra, pena solo di tank fermi – eppure se lo sono scordati tutti – compresi i ministri della Difesa.
Ancora peggio: nessuno, giornale o ministro, all’epoca si domandò come mai, ad una certa, l’immane colonna di mezzi corazzati fece retromarsh. Qui si può aprire una voragine di speculazioni nella quale non vogliamo entrare (c’era un accordo in dirittura d’arrivo, disatteso poi come sempre dall’Occidente? Oppure si era deciso di prolungare la guerra per provocare la questione energetica in Europa?) ma di cui chi ci informa e ci governa mai si è interessato. Al massimo, adesso, ti rispondono che è stato per la valorosa controffensiva ucraina, magari supportata dal cielo dal Fantasma di Kiev. Eccerto.
Se Crosetto ha ragione, significa che la Terza Guerra Mondiale è già partita lo scorso febbraio. Diciamo pure che potrebbe essere vero.
Tuttavia, ha ragionissima Medvedev: la Terza Guerra Mondiale non sarà combattuta con i tanki. Nella fase ulteriore vedremo gli aerei, vedremo i missili ipersonici – la cosa che, come abbiamo ripetuto mille volte su Renovatio 21, ogni nemico della Russia dovrebbe temere di più – vedremo missili nucleari intercontinentali a testata atomica, come quello che la NATO chiama «Satan», e che la Russia ha mostrato in un video di recente. Di qui, un’apocalisse di rovine, radiazioni, ecatombi di esseri umani.
Circola sul web questo video, che non posso verificare, di carrarmati italiani fermi su un treno in una stazione, forse Treviso. La gente sulle chat si dispera: ci tocca la guerra di Crosetto? Il video, con la vocetta automatica degli annunci ferroviari in sottofondo, è surreale, anche se non quanto l’episodio dei vigili che in Campania in autostrada (!) fermano e multano i camion caricati mezzi blindati per Kiev, una storia che qualcuno suppone potrebbe essere un segnale di qualche malumore ai vertici delle nostre forze armate riguardo la fornitura sconsiderati di armi al regime Zelens’kyj, che ora prosegue con la consegna dei nostri sistemi antiaerei SAMP-T, «dono» alla causa ucraina che lascia sguarnito il nostro Paese, ha notato qualche militare.
Ebbene, nessuno di questi carri può fare la differenza, visto che la guerra totale sarà una guerra aerospaziale.
L’aeronautica russa proprio per questo nel 2015 ha cambiato nome: ora si fa chiamare Vozdushno-kosmicheskie sily, «le forze aerospaziali» della Federazione Russa. Abbiamo visto pure la creazione da parte di Trump di una Space Force che si aggiunge all’aviazione USA (un atto per qualche ragione subito deriso addirittura con una serie Netflix).
Lo spazio è fondamentale per l’Ucraina, che tira avanti grazie al segnale dei satelliti Starlink donati da Elon Musk. Satelliti che la Russia, con armi antisatellite (dette ASAT), con avveniristici laser e altro, potrebbero cominciare a tirar giù – anche di questo, su questo sito abbiamo parlato.
Insomma, la guerra aerospaziale è già qui, è il nostro ministro della Guerra (antico impudico nome del ministero della Difesa) dovrebbe essere la persona giusta. Perché il Crosetto, erede di una famiglia di industriali metalmeccanici piemontesi, nel 2014 diventa presidente dell’AIAD, Federazione aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza, un ramo di Confindustia. Sempre nel 2014, diviene senior advisor di Leonardo, la vecchia Finmeccanica, un colosso mondiale del settore aerospazio.
La memoria ci va indietro, ai tempi in cui Medvedev, presidente della Federazione Russa, veniva a Milano e prendeva il cappuccino da Zucca in Galleria (peraltro il cappuccino più buon del pianeta). Ci ricordiamo dei tempi in cui, il Silvio Berlusconi capo dell’allora partito di Crosetto al potere, era partito questo potente partenariato aerospaziale tra Italia e Russia: si chiamava Superjet (SJI), era la joint venture fatta da Alenia Aermacchi (confluita nel 2016 in Leonardo-Finmeccanica) con la Sukhoi, la storica azienda russa che fa aerei civili e anche caccia militari come l’SU-27, che la NATO chiama Flanker.
La Superjet italorussa creò il SSJ100, un aereo di linea da 100 posti per i voli regionali. Il cittadino che non ha cancellato la memoria RAM potrebbe addirittura ricordare che Medvedev e Berlusconi avrebbero provato il SSJ-100. Addirittura, ci svolazza nella memoria una foto dentro alla carlinga: Silvio, Dmitrij e pure Vladimir Putin, allora premier in staffetta.
Era il 2010. Dov’era Crosetto? Era sottosegretario di Stato al Ministero della Difesa. Ah.
E che fine ha fatto Superjet, frutto della partnership tra Italia e Russia? Nel 2016 Leonardo ha ceduto alla Sukhoi il 41% della propria partecipazione azionaria, mantenendo un 10%. Nel 2022 emerge che le sanzioni hanno colpito la società che ha base a Tessera, la zona aeroportuale di Venezia: il ministero delle Finanza manda la Guardia di finanza e congela beni per 150 milioni, tra cui 5 aerei. Leggiamo che il Comitato di Sicurezza finanziaria del ministero dell’Economia avrebbe fatto scattare l’operazione contro una «società è inserita nella black list e colpita dalla sanzioni UE alla quale sono riconducibili i beni della Superjet International».
Insomma, anche qui, «ce lo chiede l’Europa». Aggiungiamo che il congelamento dei conti ha fatto sì che ad aprile 2022 la società dichiarasse di non poter pagare gli stipendi ai 144 dipendenti cassintegrati, pure disponendo di liquidità in banca. Voilà che si aggiungono le proteste dei sindacati: avete presente, quelli del green pass e del «Nuovo Ordine Mondiale», letteralmente. E via.
Mille cose, ovviamente, ci sfuggono in questo quadro. L’Italia, con il Giappone, ospita la rara produzione extra-USA del caccio multiruolo di 5ª generazione Lockheed Martin F-35. Il primo esemplare «italiano» del nuovo, controverso aero da combattimento è stato battezzato nel 2015 a Cameri, uscito dagli hangar di assemblaggio di Finmeccanica-Alenia Aermacchi. Sempre loro.
Insomma, sono usciti i russi perché dovevano entrare gli americani? Possiamo solo fare degli ipotesi. Del resto vi potrebbe sovvenire che ad un certo punto, anche l’uomo che portò l’Italia nel cuore della Russia (e non solo per l’aerospazio: per il gas e financo forse per le banche) fu defenestrato di botto. Berlusconi detronizzato dalla tecnocrazia eurorobotica di Monti, era il 2011.
A Silvio andò bene: ad un altro suo «amico», che completava l’asse Roma-Mosca spingendolo in Africa, toccò invece una rivolta che distrusse il suo Stato (con ramificazioni di violenza ancora presenti e danno continuo all’interesse nazionale italiano) e infine il linciaggio sanguinario della sua persona: ricorderete tutti la tragica fine di Gheddafi.
Cercarono di farlo anche con Putin: abbiamo dimenticato anche le pressioni immani che fecero nel 2012 sulle elezioni russe. Fu la volta in cui, sul palco della Piazza Rossa con gli spogli che gli avevano riassegnato la presidenza, Putin ebbe le gote rigate dalle lacrime – era il freddo, disse.
Quello che riuscì con l’Italia e la Libia, insomma, non riuscì con la Russia. Le conseguenze del raid di decapitazioni internazionali del 2011 sappiamo cosa portò: un’ondata massiva di immigrazione in tutta Europa (in Italia in particolare, ma non solo), un vero progetto di alterazione della popolazione, qualcosa che stiamo vedendo ora avvenire anche in USA con il confine meridionale oramai «aperto» dall’amministrazione Biden.
Ricordiamo: di lì a poco, avrebbero pure rimosso un papa, per metterne uno che proprio quel piano avrebbe portando avanti con pervicacia e malvagità – quello, e i piani successivi, come quelli basati sull’mRNA.
La Russia è rimasta immune a tutto questo. Quello che vediamo è solo la conseguenza della resistenza di Mosca al mondialismo infame.
Ci tocca la guerra di Crosetto, forse. Ma non è che sia di Crosetto: l’hanno decisa molto sopra di lui, e della Meloni. Il problema è che né lui, né Giorgia, hanno qualcosa da eccepire.
Se sarà, non sarà una guerra di carrarmati, gas sanzioni. Sarà una guerra aerospaziale e termonucleare, ipersonica.
Per questo, a differenza del ministro, non abbiamo voglia di sorridere e cantare col Fiorello. Neanche un po’.
Roberto Dal Bosco
Militaria
Ex comandante NATO afferma che l’Irlanda unita potrebbe aiutare Russia e Cina
Un ex comandante della NATO ha messo in guardia sul fatto che l’eventuale unificazione dell’Irlanda potrebbe rappresentare un grave colpo alla sicurezza occidentale, aprendo la strada a un’espansione dell’influenza di Russia e Cina nell’Atlantico settentrionale.
Parlando mercoledì durante un briefing per membri del Parlamento e della Camera dei Lord, il contrammiraglio britannico in pensione Chris Parry ha sostenuto che la perdita della posizione del Regno Unito nell’Irlanda del Nord offrirebbe un’importante opportunità strategica a Mosca e Pechino.
Il Parry ha evidenziato l’importanza delle acque tra l’Irlanda del Nord e la Scozia per i sottomarini nucleari britannici, definendole «essenziali per il nostro deterrente strategico».
«Con un’Irlanda unita, non vi è alcuna garanzia che potremmo schierare i nostri missili balistici», ha dichiarato il contrammiraglio, suggerendo che l’unificazione irlandese potrebbe consentire agli avversari della NATO di minacciare i cavi sottomarini cruciali.
«Il Regno Unito deve valutare la minaccia che una Repubblica d’Irlanda neutrale rappresenta per sé stesso. Credo che il modo migliore per sostenere l’Irlanda ora sia incrementare l’attività della NATO e degli Alleati nelle acque della sua zona economica esclusiva», ha affermato l’ex militare.
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Il Parry ha persino proposto che la NATO conduca esercitazioni nelle acque sotto il controllo irlandese «indipendentemente dall’approvazione di Dublino», sottolineando che il blocco deve essere pronto a «contrastare i nostri potenziali avversari nelle acque irlandesi». Ha aggiunto che la Repubblica dovrebbe avvicinarsi a una cooperazione militare più stretta con la NATO e abbandonare la sua neutralità.
«Se qualcuno attacca la Gran Bretagna, attaccherà anche l’Irlanda… La neutralità non può più essere vista come un’obiezione di coscienza. Se fai parte del mondo libero, devi essere pronto a difenderlo. La Repubblica deve ridurre le sue vulnerabilità», ha dichiarato.
L’Irlanda mantiene una neutralità militare dall’indipendenza nel 1921 e non è membro della NATO, pur collaborando con l’alleanza.
L’idea della riunificazione irlandese – l’unione della Repubblica d’Irlanda con l’Irlanda del Nord, parte del Regno Unito – è contemplata dall’Accordo del Venerdì Santo del 1998. Questo accordo ha posto fine a tre decenni di conflitto tra nazionalisti irlandesi e unionisti filo-britannici, istituendo un governo di condivisione del potere a Belfast e stabilendo che lo status dell’Irlanda del Nord può essere modificato solo con il consenso della maggioranza tramite un voto.
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Immagine di Mike Weston ABIPP/MOD via Wikimedia pubblicata su licenza Open Government Licence version 1.0
Militaria
Zelens’kyj elogia il successo del test del «Flamingo», missile da crociera che può colpire Mosca
War in Ukraine 🇺🇦🇷🇺 FIRST COMBAT USE. Ukraine’s new Flamingo cruise missiles strike deep into Russian territory! These domestically-produced weapons carry 2.5x the warhead of a Tomahawk and have a 3000km range. Game changer? #Ukraine #Flamingo #Russia pic.twitter.com/2qBrbT4NgF
— Skënderbej_ (@AncientAlien01) September 1, 2025
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Militaria
Due bombardieri statunitensi sorvolano di nuovo il Venezuela, scatenando speculazioni su un attacco imminente
Per la seconda volta in meno di una settimana, l’aeronautica militare statunitense sembra aver condotto un volo di bombardieri vicino alla costa del Venezuela, in una chiara dimostrazione di forza.
La notizia segue la conferma, giorni fa, da parte del Comando Sud degli Stati Uniti di una «missione dimostrativa di attacco con bombardieri» nei cieli dei Caraibi meridionali. Secondo i dati di tracciamento dei voli open source, un episodio simile si è verificato nuovamente giovedì.
Il Wall Street Journal ha confermato giovedì pomeriggio: «Due B-1 Lancer sono decollati dalla base aerea di Dyess in Texas e hanno volato vicino al Venezuela, rimanendo però nello spazio aereo internazionale», come riferito da un funzionario statunitense e dai dati di tracciamento dei voli.
Il Pentagono ha ribadito che, secondo i tracciatori di volo, gli aerei sono rimasti sempre nello spazio aereo internazionale prima di invertire la rotta.
In un contesto di crescente presenza militare nei Caraibi, questi nuovi voli di bombardieri hanno alimentato speculazioni, riportate dal WSJ, su una possibile azione militare imminente del presidente Trump contro il governo Maduro.
Negli ultimi decenni, gli Stati Uniti hanno raramente impiegato bombardieri vicino al Sud America, limitandosi di solito a una missione di addestramento annuale programmata. Tuttavia, secondo due funzionari della Difesa, ulteriori missioni con bombardieri potrebbero essere condotte a breve.
I voli di giovedì rappresentano un segnale di «serietà e determinazione», ha dichiarato David Deptula, generale in pensione dell’Aeronautica Militare e preside del Mitchell Institute for Aerospace Studies, un think tank aerospaziale. «Si sta mostrando un’impressionante combinazione di capacità: resistenza, carico utile, autonomia e precisione», ha aggiunto.
Diversi osservatori dei tracciati di volo hanno rilevato che il sorvolo sembrava configurare una «simulazione di attacco», probabilmente supportata da aerei cisterna per il rifornimento in volo.
Riguardo alla possibilità di un’azione militare statunitense contro il Venezuela questa notte, o nelle prossime 24-48 ore, appare altamente improbabile, a causa della presenza nella regione della tempesta tropicale Melissa, che sembra evolvere in un uragano e sta colpendo i Caraibi.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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