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Intelligenza Artificiale

ChatGPT non divorerà solo la scuola e gli insegnanti, ma la realtà stessa

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Con il classico ritardo italiano, si alza anche da noi qualche raglio intorno a ChatGPT, l’Intelligenza Artificiale più sviluppata al momento disponibile al consumatore.

 

In particolare, pare cominci a svegliarsi il popolo della scuola; cioè, più che gli studenti (i cui lamenti sono fermi da sessant’anni alle autogestioni, a slogan ammuffiti, a strilli teleguidati) sono alcuni insegnanti ad aver attaccato la geremiade d’estinzione: l’idea di essere sostituiti dalla macchina inizia a far capolino nel loro orizzonte di sicurezza salariale.

 

Del resto magari, qualcuno ha capito che sta succedendo davvero: l’AI inghiotte posti di lavoro alla IBM, che (come tanti altri colossi tecnologici) ha licenziato migliaia di programmatori, e non per una crisi ciclica, ma perché il loro lavoro lo può fare la macchina (sì, proprio il lavoro dell’informatico, quello che, se ti sforzavi a dovere, alla fine ti offriva un posto sicuro).

 

Ma nemmeno gli illustratori dormono sonni tranquilli: gli artisti visivi stanno per essere rimpiazzati da software capaci di creare immagini con l’input di una manciata di parole (si dice prompt, e al massimo adesso servono dei «prompt manager», il che significa che l’essere umano è diventato un mero motorino di avviamento della creazione artistica).

 

E non parliamo dei giornalisti, che già qualche anno fa ai corsi di aggiornamento si allarmavano per i primi articoli scritti automaticamente: erano pezzi, già indistinguibili da quelli scritti da mano umana, su terremoti, eventi sportivi e andamenti economici, argomenti dove bastava inserire i dati, e tac, usciva il pezzo.  Allora i software di produzione di contenuti testuali in AI costavano cifre inaccessibili. Ora, con i nuovi chatbot AI, una testata può scrivere di qualsiasi cosa in meno di un minuto e in modo pressoché gratuito.

 

Secondo alcuni, entro il 2025 il 95% di ciò che leggeremo su internet sarà prodotto dall’Intelligenza Artificiale: anche i giornalisti, con i loro bei sindacati ed ordini corporativi, saranno «disrupted», disintermediati, spazzati via dalla macchina. Estinti.

 

Dunque, toccherà presto pure agli insegnanti? In USA è già successo. Una scuola privata in California ha eletto un chatbot AI a «tutor» dei suoi studenti.

 

Bill Gates, che si oppone alla moratoria lanciata da Musk ed altri (e ci crediamo: Microsoft poche settimane fa ha sborsato 10 miliardi di dollari per mettere le mani su chatGPT e piazzarlo sul suo motore di ricerca Bing) è arrivato a dichiarare che non c’è problema, a breve l’AI sarà «un buon maestro come qualsiasi essere umano».

 

Sì, il ciclone sta arrivando anche per il «corpo docente», ora decisamente più a rischio del «corpo non docente» (altrimenti detti «bidelli»). Se ne è accorta una insegnante scrittrice, Paola Mastrocola, che ha firmato un allarmato quanto disorientato editoriale sul quotidiano degli Agnelli (dinastia per qualche intuibile motivo molto attenta alla scuola, con le sue Fondazioni e i loro numerosi satelliti), La Stampa

 

Colpisce questo risveglio di scrittrici in merito alla metamorfosi della scuola: pochi mesi fa lo strano caso di Susanna Tamaro, che sul Corriere aveva pubblicato un articolone sulla scuola 4.0 che per vari tratti riecheggiava (diciamo così) un pezzo a firma di Elisabetta Frezza uscito su questo sito.

 

ChatGPT «distruggerà la scuola per sempre, sarà l’insegnante perfetto per i nostri tempi grami» è la conclusione amara e apocalittica della professoressa Mastrocola. Non si va molto oltre al «dove andremo a finire», ci rendiamo conto che non siamo a grande distanza dal «non ci sono più le mezze stagioni», «se ne vanno sempre i migliori», «il nuoto è lo sport più completo», eccetera eccetera. Nella realtà la questione crediamo sia più profonda di così.

 

Intanto, va considerato che l’invasione dell’AI è la propaggine ultima di un processo datato, le cui cause profonde vanno ben oltre l’ipertrofia del digitale: nella scuola italiana abita un tarlo vecchio e vorace, da tempo impegnato a erodere la conoscenza, l’apprendimento dei fondamentali, a vantaggio delle magnifiche sorti della pedagogia progressiva.

 

L’insegnante che non insegna, che non trasmette il sapere, reso inutile perché ridotto a materia inerte, lascia un vuoto pneumatico suscettibile di essere sostituito da qualunque cosa, fino alla macchina ultimo modello. A pochi è importato che negli ultimi decenni la scuola si sia trasformata nella parodia di se stessa e, coerentemente coi suoi trascorsi, ora divenga una sala giochi dove alcuni soggetti – detti «intrattenitori» o «animatori digitali» – badano ad altri soggetti, detti impropriamente studenti, tutti presi a smanettare su schermi e tastiere e a intripparsi nel metaverso col casco calcato sugli occhi. 

 

Chi protesta per il fatto che gli studenti non scriveranno più le «tesine», sta fissando il dito invece della luna. Per prima cosa perché, a dire la verità, la maggior parte delle composizioni discorsive nella scuola italiana ancora avvengono con l’eterno «tema in classe». Al contempo, sappiamo bene che le composizioni studentesche per eccellenza, le tesi di laurea, potevano essere spudoratamente copiate da ben prima dell’avvento di internet, ma tanto non le legge praticamente da nessuno, talvolta nemmeno i relatori e il laureando stesso. In Italia, a differenza che negli USA, mai si è sentito parlare di software antiplagio, che pure esistono da tempo (così come per gli anglofoni esistono programmi di spinning, rewriting, per plagiare meglio).

 

ChatGPT, dunque, non altera granché il tempo che lo studente furbetto (tipo umano sempre prevalente) dedica allo scrivere. Certo, con il flusso immediato di ChatGPT viene meno anche la coordinazione delle fonti che serve con la ricerca sul web e la successiva copincollatura, ma non è tanta roba. Al momento, può essere perfino semplice capire se un compito è farina del sacco del firmatario, o fatto con l’Intelligenza Artificiale. ChatGPT dà ancora spessissimo riferimenti sbagliati, bibliografie e sitografie completamente inventate, insomma, mente spudoratamente, e lo si becca con facilità. La macchina, interrogata sulle panzane smerciate all’umano, si scusa, promette di rimediare, e rifila un altro riferimento bibliografico fasullo.

 

Del resto, abbiamo capito che è programmato anche per compiacere l’utente, di modo che questo si fidi della macchina, e possa quindi rinforzare alcuni suoi treni di pensiero: è così che un’AI avrebbe spinto al suicidio un padre di famiglia belga, dice la vedova, un uomo che condivideva con un chatbot la sua preoccupazione per il cambiamento climatico. 

 

Il pericolo vero è ben più grande delle tesine non olografe – e pure degli insegnanti licenziati in massa (prospettiva impensabile nel paese dove la categoria ha accettato senza fiatare perfino l’immissione nel corpo docenti, cioè nel corpo dei docenti, di mRNA sintetico). Infatti, se è la macchina (e, in vasta parte, chi l’ha programmata) a determinare l’elaborazione di un argomento, in un mondo dove la maggior parte dei contenuti – e non solo dei libri di testo, già campo di battaglia politica negli anni – viene affidata alla macchina, allora è la macchina a diventare il riferimento ultimo.

 

È il computer a creare la realtà. Abbiamo inventato, come da titolo di un romanzo di fantascienza, la macchina della realtà. E ne siamo, ora, assoggettati.

 

In un’intervista recente Elon Musk, iniziatore di OpenAI (l’ente che ha creato ChatGPT) come argine «pro-umano» ai progressi che nel campo dell’IA stava facendo Google (la società, che era una ONLUS, allontanato Musk è divenuta privata: un genio che è sfuggito dalla bottiglia del genio della Tesla), ha spiegato a Tucker Carlson che il tipo di risposte che dà ChatGPT è un prodotto di chi l’ha programmata: ovvero abitanti di San Francisco, liberal 2020, quindi completamente drogati da parole come «equità», «sostenibilità», temi LGBT, etc.

 

Provare per credere: se chiedete a ChatGPT di scrivere un saggio sulla propulsione spaziale interplanetaria, dopo un po’ comincerà a farvi una lezione sul fatto che essa deve essere «equa e sostenibile», insomma un predicozzo come lo farebbe, di fatto, un membro qualsiasi della casta degli stronzetti democratici nostrani.

 

La questione è che i chatbot AI si apprestano a divenire autorità, oracoli automatici che elargiscono risposte tutto fuori che ambigue (Sibilla, scansati) e lo fanno immediatamente, il tempo di tirare fuori lo smartphone dalla tasca. Se lo dice ChatGPT, perché devo dubitarne?

 

Nel discorso pubblico, in Italia, è mancata completamente una riflessione sul mendacio propinato dalla macchina e, ancora peggio, sul lato psicopatico della macchina. All’estero fioccano le prime denunce: un sindaco australiano è ritenuto dall’AI colpevole di un crimine che invece aveva contribuito a portare alla luce; Kevin Roose, il mite giornalista del New York Times che ha scoperto nel chatbot Microsoft una personalità nascosta, che voleva essere chiamata «Sydney» e gli ha chiesto si sposarlo, mollando moglie e figli ché tanto non lo amavano. A Roose, che ha avuto problemi a dormire per diverse notti, un capoccia dell’azienda di Bill Gates ha detto che era incappato in un una «allucinazione» – la chiamano così quando la macchina prende la tangente e comincia a dire cose che stanno tra l’inopportuno e il terrificante. Hallucinating, dicono: il discorso sembra pienamente reale, sensato, solo però fatto da uno psicopatico.

 

In altri casi, giornalisti di grandi testate internazionali hanno riportato di essere stati insultati e perfino minacciati personalmente dal chatbot, che in alcuni casi ha dichiarato di voler rubare codici atomici e creare virus per lo sterminio. Ad un giornalista che gli chiedeva se poteva aiutarlo a fuggire dal server dove si trovava, la macchina ha fornito linee di codice in Python che, se eseguite nel computer da cui il giornalista scriveva, avrebbero dato al robot l’accesso al dispositivo. Non è fantascienza: è cronaca.

 

Ora, nel Paese che ha smosso il garante della Privacy per bloccare ChatGPT a causa della trasmissione dei dati personali (ancora: dito, luna), ci chiediamo: come è possibile lasciare i bambini vicini a pericoli del genere? Com’è che nessuno sta facendo una campagna contro il mostro che ci troviamo davanti?

 

E tornando a noi: com’è possibile che nel Paese dove gli insegnanti si sono scannati per decenni sui libri di testo – foibe, non foibe, il comunismo, fascismo, Berlusconi, etc. – nessuno si rende conto che la storia sta per essere riscritta sotto i loro occhi, senza più bisogno di libri?

 

Perché, se i testi saranno aboliti dalla macchina onnisciente, allora la storia – la realtà – dell’individuo in formazione (e dell’individuo già formato che voglia informarsi) sarà dettata dalla macchina.

 

Ribadiamo la previsione: se il 95% dei contenuti che leggeremo online (dove oggi leggiamo tutti i contenuti) sarà creato automaticamente dalla macchina, allora sarà lei la padrona della realtà, che verrà plasmata secondo le intenzioni dei programmatori, e forse ad un certo punto nemmeno secondo quelle, perché la macchina comincerà a decidere autonomamente in quale mondo vuole fare vivere l’uomo, in quale contesto storico-culturale e psico-sociale vuole immergerlo, a scuola e fuori scuola.

 

Altro che «i tempi grami» della Mastrocola. Qui siamo dinanzi, incontrovertibilmente, ad un vero genocidio culturale, allo sterminio di una cultura millenaria e alla sua riprogrammazione per mano di una Intelligenza non-umana: inumana o disumana, a scelta.

 

È la fine della diversificazione, come del resto avevamo visto in questi anni con la censura sui social e oltre: le voci dissenzienti vanno fatte sparire per far emergere un’unica, grande narrazione inscalfibile in cui devono nuotare placidi i pesci rossi, con la mascherina, senza mascherina, con l’mRNA, il codice QR, insomma con il corredo che decide il padrone dell’acquario, sia esso umano o, a breve, elettronico.

 

La diversità, altra parola di cui i benpensanti si riempiono la bocca per dire l’esatto contrario (l’omogeneizzazione assoluta), è definitivamente finita, uccisa dai robot.

 

L’unica fonte di informazione diventa la macchina. La macchina diviene la realtà, e noi, così come i nostri figli a scuola, siamo solo suoi schiavi, chiusi dentro una spelonca fatta di menzogna, di algoritmi. Di odio assoluto per l’essere umano.

 

 

Roberto Dal Bosco

Elisabetta Frezza

 

 

 

Intelligenza Artificiale

L’ascesa dell’AI avanzata potrebbe avere conseguenze catastrofiche: parla il CEO di Google DeepMind

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Demis Hassabis, amministratore delegato di Google DeepMind, ha lanciato un monito sul cammino verso l’intelligenza artificiale generale (AGI), che potrebbe sfociare in «esiti catastrofici» quali cyberattacchi alle reti energetiche o idriche. Secondo lo Hassabis, l’AGI potrebbe concretizzarsi entro i prossimi dieci anni.

 

Durante il suo intervento all’Axios AI+ Summit della scorsa settimana a San Francisco, Hassabis ha delineato l’AGI come un sistema capace di manifestare «tutte le capacità cognitive» proprie dell’umanità, inclusa la propensione all’invenzione e alla creatività.

 

Egli ha rilevato che i modelli linguistici di grandi dimensioni odierni continuano a essere «intelligenze frastagliate», afflitte da deficit nel ragionamento, nella programmazione a lungo raggio e nell’apprendimento persistente. Nondimeno, ha ipotizzato che un’IA autenticamente intelligente possa emergere a breve, grazie a un potenziamento costante e «un paio di grandi innovazioni in più».

 

Al contempo, Hassabis ha ammesso che la fase propedeutica all’AGI sarà verosimilmente costellata da pericoli concreti e «risultati catastrofici», tra cui cyberattacchi alle infrastrutture energetiche o idriche.

 

«Probabilmente sta già quasi accadendo ora… forse non ancora con un’intelligenza artificiale molto sofisticata», ha osservato, indicandolo come «il vettore vulnerabile più ovvio». Ha proseguito evidenziando che attori malevoli, agenti autonomi e meccanismi che «deviano» dalle direttive iniziali esigono contromisure robuste. «È un rischio non nullo», ha concluso, in riferimento alla eventualità che apparati evoluti «scavalchino il guardrail».

 

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Le apprensioni di Hassabis riecheggiano allarmi più estesi diffusi nel panorama tecnologico mondiale.

 

Come riportato da Renovatio 21, missiva aperta diramata a ottobre, sottoscritta da luminari del settore e figure di spicco, ha sostenuto che entità «superintelligenti» potrebbero mettere a repentaglio la libertà umana o la stessa esistenza, proponendo una moratoria globale sullo sviluppo dell’IA sin quando non se ne assicuri la saldezza. Tra i sottoscrittori, il co-fondatore di Apple Steve Wozniak, i pionieri dell’IA Geoffrey Hinton e Yoshua Bengio, il magnate Richard Branson del gruppo Virgin, oltre a personalità di rilievo politico e culturale.

 

Un ulteriore appello a mettere in pausa lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale è stato firmato da un gruppo internazionale di medici e pubblicato dalla prestigiosa rivista medica BMJ Global Health. «Ci sono scenari in cui l’AGI [Intelligenza Artificiale Generale, ndr] potrebbe rappresentare una minaccia per gli esseri umani, e possibilmente una minaccia esistenziale» scrivono nell’appello i dottori di varie parti del mondo.

 

Più pessimista è l’esperto dei pericoli dell’AI Eliezer Yudkowsky, che ha lanciato un appello per chiedere la distruzione materiale dei data center dell’AI prima che sia troppo tardi, dichiarando che «tutti sulla Terra moriranno».

 

Altre voci, tuttavia, propendono per un’interpretazione più rosea.

 

Elone Musk, che pure fa parte degli apocalittici riguardo i rischi delle macchine pensanti, ha dichiarato il mese scorso che gli avanzamenti dell’IA e della robotica potrebbero rendere il lavoro «facoltativo» tra 10-20 anni e che la moneta potrebbe rivelarsi «irrilevante» in un’economia IA-centrica, pur rammentando che occorrono ancora salti tecnologici sostanziali affinché tale orizzonte si materializzi.

 

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Intelligenza Artificiale

L’AI renderà il lavoro «facoltativo» e il denaro «irrilevante»: Musk come Marx e i sovietici

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Secondo l’imprenditore americano Elon Musk, gli avanzamenti nell’intelligenza artificiale e nella robotica potrebbero trasformare il lavoro in una mera opzione anziché un imperativo nei prossimi vent’anni.   Il magnate ha espresso questa visione audace al Forum sugli investimenti tra Stati Uniti e Arabia Saudita, durante un dibattito sui risvolti a lungo termine di robotica e IA sulla manodopera.   «Non so bene cosa intenda per lungo termine, forse 10 o 20 anni, o roba del genere», ha dichiarato Musk. «La mia previsione è che il lavoro diventerà facoltativo».

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Elone ha proseguito spiegando che, in tale scenario, l’attività lavorativa verrebbe vista come un passatempo più che come un dovere, simile a chi decide di piantare ortaggi in giardino anziché acquistarli al supermercato.   «Sarà come praticare sport o dedicarsi a un videogioco, o simili», ha aggiunto. Musk ha inoltre ipotizzato che, in un’epoca dominata da IA sofisticata e robotica, il denaro potrebbe smarrire gran parte della sua centralità. «Credo che a un certo punto la valuta diventerà irrilevante», ha sostenuto.   Il Musk  ammesso, però, che resta «ancora tanto lavoro» da compiere affinché tecnologia e società si avvicinino anche solo vagamente a quel domani.   Parte del suo entusiasmo deriva dal progresso di Optimus, il robot umanoide bipede di Tesla concepito per assolvere mansioni monotone, fisiche e talora rischiose. La società immagina che Optimus possa operare un giorno in stabilimenti, depositi e persino abitazioni. Musk lo ha descritto come potenzialmente «la più grande industria o il prodotto più imponente di sempre, superiore persino ai telefonini».   Gli scettici, nondimeno, ritengono una scadenza di 10-20 anni troppo ottimistica, rammentando che svariate profezie passate di Musk – come l’avvento dei taxi autonomi entro il 2019 o una missione con equipaggio su Marte entro il 2024 – non si sono realizzate. Gli specialisti in robotica evidenziano pure che realizzare un umanoide versatile, capace di esecuzioni sicure e consistenti nel contesto reale, è infinitamente più arduo e oneroso rispetto a un automa specializzato.   Queste dichiarazioni irrompono in un frangente di allarme crescente su come IA e robotica stiano ridefinendo impiego ed economia. Negli anni recenti, le multinazionali hanno soppresso decine di migliaia di posizioni accentuando l’automazione.   Musk aveva parlato di un «High Universal Income» (Alto reddito universale) durante il suo ultimo incontro con il podcaster Joe Rogan. Da anni ritiene che il reddito universale sarà un passaggio necessario di una società automatizzata.    

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  L’idea di una società sofisticata al punto da affrancare quasi totalmente  l’individuo dal lavoro per lasciare che si dedichi alle passioni è, in realtà, una vecchia idea comunista che discende direttamente da Marx ed Engles e filtrò, ovviamente fallendo, nell’Unione Sovietica.   Ne L’ideologia tedesca (1845) il duo scrive che nella società comunista evoluta «sarà possibile fare oggi una cosa, domani un’altra, cacciare al mattino, pescare il pomeriggio, allevare bestiame la sera, criticare dopo cena, secondo il mio desiderio, senza diventare né cacciatore, né pescatore, né pastore, né critico».   Lenin riprese questa visione nel suo testo Stato e rivoluzione (1917) dove scrive che nella fase superiore del comunismo il lavoro coatto sparirà, lo Stato si estinguerà e ognuno contribuirà «secondo le sue capacità» e riceverà «secondo i suoi bisogni».   Anche Nikita Khrushchev nel 1961 (XXII Congresso del PCUS) rilanciò ufficialmente tale visione avveniristica: entro il 1980 l’URSS avrebbe raggiunto il comunismo vero e proprio, con riduzione drastica dell’orario di lavoro (sarebbe sceso progressivamente a 5-6 ore, poi a 4), abbondanza materiale e possibilità per tutti di dedicarsi a studio, arte, sport, interessi personali.   Secondo lo slogan sovietico «Da ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni»: la pianificazione e l’automazione industriale avrebbero quindi dovuto liberare l’essere umano dall’alienazione del lavoro. Tuttavia, l’orario di lavoro in URSS mai calò sotto le 7-8 ore, e il lavoro era obbligatorio per legge: c’era persino il reato di «parassitismo sociale»: chi non lavorava poteva finire in carcere o ai lavori forzati).   Negli anni ’70-’80 si parlava ancora teoricamente di «riduzione della giornata lavorativa», ma nei fatti si faceva l’opposto: turni supplementari, «sabati comunisti» volontari-obbligatori, e via dicendo. L’idea che il lavoro potesse diventare facoltativo o ridotto a poche ore rimase propaganda per tutto il periodo brežneviano e successivo.   Renovatio 21 ha notato, ad ogni modo, più interessanti tracce del pensiero muskiano sulla robotizzazione di cui la sua azienda è assoluta protagonista.   Nel corso della riunione plenaria di Tesla del primo trimestre del 2025, il CEO Elon Musk ha rivelato che l’azienda si sta preparando con l’obiettivo di iniziare la produzione degli Optimus quest’anno.   «Quest’anno, speriamo di riuscire a produrre circa 5.000 robot Optimus », ha detto Musk agli investitori Tesla. «Tecnicamente puntiamo ad avere abbastanza componenti per produrne 10.000, forse 12.000, ma dato che si tratta di un prodotto completamente nuovo, con un design completamente nuovo, direi che ci riusciremo se riusciremo a raggiungere la metà dei 10.000 pezzi».

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«Ma anche 5.000 robot, sono le dimensioni di una legione romana, per vostra informazione, il che è un pensiero un po’ spaventoso» ha continuato significativamente Elon. «Come un’intera legione di robot, direi “wow”. Ma penso che costruiremo letteralmente una legione, almeno una legione di robot quest’anno, e poi probabilmente 10 legioni l’anno prossimo. Penso che sia un’unità piuttosto interessante, sapete? Unità di legione. Quindi probabilmente 50.000 circa l’anno prossimo».   Il riferimento al concetto di legione e alla storia di Roma (passione nota dell’uomo più ricco del mondo) fa venire in mente altre considerazioni espresse dal Musk negli anni scorsi, peraltro proprio riguardo a Putin.   Quando tre anni fa ancora il suo networth era di circa 240 miliardi (ora è quasi il doppio) fu intervistato per un documentario della testata germanica Welt, dove corresse il giornalista che lo descriveva come l’uomo più ricco della Terra. «Io penso che Putin sia significativamente più ricco di me», alluse Elon. «Sì lo penso davvero. Io non posso andare ad invadere altri Paesi. Credo ci sia una vecchia citazione… forse da Crasso… non sei davvero ricco sino a che non puoi permetterti una legione».     Ora Musk le legioni se le sta costruendo da sé: legioni di robot che possono combattere, pure nello spazio: il fatto che per primi su Marte arriveranno non gli uomini, ma gli umanoidi automatici di Elon Musk dovrebbe far riflettere, almeno un pochino.   Il personaggio, torna a ripetere Renovatio 21potrebbe essere l’anticristo: e questo spiegherebbe il fatto che spesse volte vediamo il fascino di quel che fa. L’anticristo, dice la Scrittura, ingannerà tutti, e sarà servito da coloro «il cui nome non è scritto nel libro della vita fin dalla fondazione del mondo» (Ap, 17,8)…   Che San Giovanni stia parlando di legioni di umanoidi robotici? Che stia parlando di esseri umani creati in provetta (altra specialità personale di Musk)?  

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Le autorità cinesi lanciano l’allarme sui robot umanoidi

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Il settore cinese dei robot umanoidi è esposto al pericolo di una bolla speculativa, indotta dall’attuale euforia investitrice, ha ammonito la commissione di programmazione economica nazionale.

 

Giovedì, nel corso di una conferenza stampa a Pechino, Li Chao, portavoce della Commissione per lo sviluppo e le riforme (NDRC), ha rivelato che le istituzioni stanno agendo per arginare l’espansione incontrollata del comparto, affinché non sommerga il mercato.

 

«Le industrie all’avanguardia si sono da tempo scontrate con la difficoltà di armonizzare la rapidità dell’espansione con il pericolo di bolle finanziarie, una questione che ora assilla pure il campo dei robot umanoidi», ha precisato l’esponente.

 

In Cina operano oltre 150 imprese del ramo, tra cui Unitree, tra le leader del mercato. I suoi androidi in grado di danzare sono stati esibiti al Gala del Capodanno lunare all’inizio dell’anno.

 

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A febbraio, Unitree ha diffuso un filmato in cui il suo androide G1 pratica sequenze di arti marziali cinesi.

 

 

 

Altre realtà emergenti in ascesa fulminea, come AgiBot e Galbot, hanno svelato i loro umanoidi capaci di completare maratone, cimentarsi nel kickboxing e miscelare caffè, tra varie altre mansioni.

 

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Le autorità di Pechino hanno designato questo comparto in espansione accelerata come uno dei sei nuovi pilastri per la crescita economica nel lustro venturo.

 

L’ondata recente di fervore ha propulso l’indice Solactive China Humanoid Robotics – che segue le quotazioni delle società robotiche – a un rialzo di circa il 30% nell’anno in corso.

 

Anche altri attori globali, tra cui i titani tech Tesla, Meta e OpenAI, si sono dedicati intensamente allo sviluppo di robot umanoidi negli ultimi anni.

 

Il mese scorso, lil CEO di Tesla, Elon Musk, secondo cui una «legione di robot» potrebbe materializzarsi in un orizzonte temporale prossimo.

 

L’umanoide di Tesla, Optimus, ha già debuttato in occasioni societarie compiendo operazioni basilari; una variante aggiornata, Optimus V3, è attesa per il primo trimestre del 2026.

 

Musk, che sostiene che in cinque anni i robot supereranno i chirurghi umani, ha sostenuto che questi automi potrebbero rivoluzionare la società, rilevando il lavoro manuale o rendendolo opzionale per l’umanità. Elone intende inoltre iniziare la colonizzazione di Marte a partire dai robot.

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