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Intelligenza Artificiale

ChatGPT non divorerà solo la scuola e gli insegnanti, ma la realtà stessa

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Con il classico ritardo italiano, si alza anche da noi qualche raglio intorno a ChatGPT, l’Intelligenza Artificiale più sviluppata al momento disponibile al consumatore.

 

In particolare, pare cominci a svegliarsi il popolo della scuola; cioè, più che gli studenti (i cui lamenti sono fermi da sessant’anni alle autogestioni, a slogan ammuffiti, a strilli teleguidati) sono alcuni insegnanti ad aver attaccato la geremiade d’estinzione: l’idea di essere sostituiti dalla macchina inizia a far capolino nel loro orizzonte di sicurezza salariale.

 

Del resto magari, qualcuno ha capito che sta succedendo davvero: l’AI inghiotte posti di lavoro alla IBM, che (come tanti altri colossi tecnologici) ha licenziato migliaia di programmatori, e non per una crisi ciclica, ma perché il loro lavoro lo può fare la macchina (sì, proprio il lavoro dell’informatico, quello che, se ti sforzavi a dovere, alla fine ti offriva un posto sicuro).

 

Ma nemmeno gli illustratori dormono sonni tranquilli: gli artisti visivi stanno per essere rimpiazzati da software capaci di creare immagini con l’input di una manciata di parole (si dice prompt, e al massimo adesso servono dei «prompt manager», il che significa che l’essere umano è diventato un mero motorino di avviamento della creazione artistica).

 

E non parliamo dei giornalisti, che già qualche anno fa ai corsi di aggiornamento si allarmavano per i primi articoli scritti automaticamente: erano pezzi, già indistinguibili da quelli scritti da mano umana, su terremoti, eventi sportivi e andamenti economici, argomenti dove bastava inserire i dati, e tac, usciva il pezzo.  Allora i software di produzione di contenuti testuali in AI costavano cifre inaccessibili. Ora, con i nuovi chatbot AI, una testata può scrivere di qualsiasi cosa in meno di un minuto e in modo pressoché gratuito.

 

Secondo alcuni, entro il 2025 il 95% di ciò che leggeremo su internet sarà prodotto dall’Intelligenza Artificiale: anche i giornalisti, con i loro bei sindacati ed ordini corporativi, saranno «disrupted», disintermediati, spazzati via dalla macchina. Estinti.

 

Dunque, toccherà presto pure agli insegnanti? In USA è già successo. Una scuola privata in California ha eletto un chatbot AI a «tutor» dei suoi studenti.

 

Bill Gates, che si oppone alla moratoria lanciata da Musk ed altri (e ci crediamo: Microsoft poche settimane fa ha sborsato 10 miliardi di dollari per mettere le mani su chatGPT e piazzarlo sul suo motore di ricerca Bing) è arrivato a dichiarare che non c’è problema, a breve l’AI sarà «un buon maestro come qualsiasi essere umano».

 

Sì, il ciclone sta arrivando anche per il «corpo docente», ora decisamente più a rischio del «corpo non docente» (altrimenti detti «bidelli»). Se ne è accorta una insegnante scrittrice, Paola Mastrocola, che ha firmato un allarmato quanto disorientato editoriale sul quotidiano degli Agnelli (dinastia per qualche intuibile motivo molto attenta alla scuola, con le sue Fondazioni e i loro numerosi satelliti), La Stampa

 

Colpisce questo risveglio di scrittrici in merito alla metamorfosi della scuola: pochi mesi fa lo strano caso di Susanna Tamaro, che sul Corriere aveva pubblicato un articolone sulla scuola 4.0 che per vari tratti riecheggiava (diciamo così) un pezzo a firma di Elisabetta Frezza uscito su questo sito.

 

ChatGPT «distruggerà la scuola per sempre, sarà l’insegnante perfetto per i nostri tempi grami» è la conclusione amara e apocalittica della professoressa Mastrocola. Non si va molto oltre al «dove andremo a finire», ci rendiamo conto che non siamo a grande distanza dal «non ci sono più le mezze stagioni», «se ne vanno sempre i migliori», «il nuoto è lo sport più completo», eccetera eccetera. Nella realtà la questione crediamo sia più profonda di così.

 

Intanto, va considerato che l’invasione dell’AI è la propaggine ultima di un processo datato, le cui cause profonde vanno ben oltre l’ipertrofia del digitale: nella scuola italiana abita un tarlo vecchio e vorace, da tempo impegnato a erodere la conoscenza, l’apprendimento dei fondamentali, a vantaggio delle magnifiche sorti della pedagogia progressiva.

 

L’insegnante che non insegna, che non trasmette il sapere, reso inutile perché ridotto a materia inerte, lascia un vuoto pneumatico suscettibile di essere sostituito da qualunque cosa, fino alla macchina ultimo modello. A pochi è importato che negli ultimi decenni la scuola si sia trasformata nella parodia di se stessa e, coerentemente coi suoi trascorsi, ora divenga una sala giochi dove alcuni soggetti – detti «intrattenitori» o «animatori digitali» – badano ad altri soggetti, detti impropriamente studenti, tutti presi a smanettare su schermi e tastiere e a intripparsi nel metaverso col casco calcato sugli occhi. 

 

Chi protesta per il fatto che gli studenti non scriveranno più le «tesine», sta fissando il dito invece della luna. Per prima cosa perché, a dire la verità, la maggior parte delle composizioni discorsive nella scuola italiana ancora avvengono con l’eterno «tema in classe». Al contempo, sappiamo bene che le composizioni studentesche per eccellenza, le tesi di laurea, potevano essere spudoratamente copiate da ben prima dell’avvento di internet, ma tanto non le legge praticamente da nessuno, talvolta nemmeno i relatori e il laureando stesso. In Italia, a differenza che negli USA, mai si è sentito parlare di software antiplagio, che pure esistono da tempo (così come per gli anglofoni esistono programmi di spinning, rewriting, per plagiare meglio).

 

ChatGPT, dunque, non altera granché il tempo che lo studente furbetto (tipo umano sempre prevalente) dedica allo scrivere. Certo, con il flusso immediato di ChatGPT viene meno anche la coordinazione delle fonti che serve con la ricerca sul web e la successiva copincollatura, ma non è tanta roba. Al momento, può essere perfino semplice capire se un compito è farina del sacco del firmatario, o fatto con l’Intelligenza Artificiale. ChatGPT dà ancora spessissimo riferimenti sbagliati, bibliografie e sitografie completamente inventate, insomma, mente spudoratamente, e lo si becca con facilità. La macchina, interrogata sulle panzane smerciate all’umano, si scusa, promette di rimediare, e rifila un altro riferimento bibliografico fasullo.

 

Del resto, abbiamo capito che è programmato anche per compiacere l’utente, di modo che questo si fidi della macchina, e possa quindi rinforzare alcuni suoi treni di pensiero: è così che un’AI avrebbe spinto al suicidio un padre di famiglia belga, dice la vedova, un uomo che condivideva con un chatbot la sua preoccupazione per il cambiamento climatico. 

 

Il pericolo vero è ben più grande delle tesine non olografe – e pure degli insegnanti licenziati in massa (prospettiva impensabile nel paese dove la categoria ha accettato senza fiatare perfino l’immissione nel corpo docenti, cioè nel corpo dei docenti, di mRNA sintetico). Infatti, se è la macchina (e, in vasta parte, chi l’ha programmata) a determinare l’elaborazione di un argomento, in un mondo dove la maggior parte dei contenuti – e non solo dei libri di testo, già campo di battaglia politica negli anni – viene affidata alla macchina, allora è la macchina a diventare il riferimento ultimo.

 

È il computer a creare la realtà. Abbiamo inventato, come da titolo di un romanzo di fantascienza, la macchina della realtà. E ne siamo, ora, assoggettati.

 

In un’intervista recente Elon Musk, iniziatore di OpenAI (l’ente che ha creato ChatGPT) come argine «pro-umano» ai progressi che nel campo dell’IA stava facendo Google (la società, che era una ONLUS, allontanato Musk è divenuta privata: un genio che è sfuggito dalla bottiglia del genio della Tesla), ha spiegato a Tucker Carlson che il tipo di risposte che dà ChatGPT è un prodotto di chi l’ha programmata: ovvero abitanti di San Francisco, liberal 2020, quindi completamente drogati da parole come «equità», «sostenibilità», temi LGBT, etc.

 

Provare per credere: se chiedete a ChatGPT di scrivere un saggio sulla propulsione spaziale interplanetaria, dopo un po’ comincerà a farvi una lezione sul fatto che essa deve essere «equa e sostenibile», insomma un predicozzo come lo farebbe, di fatto, un membro qualsiasi della casta degli stronzetti democratici nostrani.

 

La questione è che i chatbot AI si apprestano a divenire autorità, oracoli automatici che elargiscono risposte tutto fuori che ambigue (Sibilla, scansati) e lo fanno immediatamente, il tempo di tirare fuori lo smartphone dalla tasca. Se lo dice ChatGPT, perché devo dubitarne?

 

Nel discorso pubblico, in Italia, è mancata completamente una riflessione sul mendacio propinato dalla macchina e, ancora peggio, sul lato psicopatico della macchina. All’estero fioccano le prime denunce: un sindaco australiano è ritenuto dall’AI colpevole di un crimine che invece aveva contribuito a portare alla luce; Kevin Roose, il mite giornalista del New York Times che ha scoperto nel chatbot Microsoft una personalità nascosta, che voleva essere chiamata «Sydney» e gli ha chiesto si sposarlo, mollando moglie e figli ché tanto non lo amavano. A Roose, che ha avuto problemi a dormire per diverse notti, un capoccia dell’azienda di Bill Gates ha detto che era incappato in un una «allucinazione» – la chiamano così quando la macchina prende la tangente e comincia a dire cose che stanno tra l’inopportuno e il terrificante. Hallucinating, dicono: il discorso sembra pienamente reale, sensato, solo però fatto da uno psicopatico.

 

In altri casi, giornalisti di grandi testate internazionali hanno riportato di essere stati insultati e perfino minacciati personalmente dal chatbot, che in alcuni casi ha dichiarato di voler rubare codici atomici e creare virus per lo sterminio. Ad un giornalista che gli chiedeva se poteva aiutarlo a fuggire dal server dove si trovava, la macchina ha fornito linee di codice in Python che, se eseguite nel computer da cui il giornalista scriveva, avrebbero dato al robot l’accesso al dispositivo. Non è fantascienza: è cronaca.

 

Ora, nel Paese che ha smosso il garante della Privacy per bloccare ChatGPT a causa della trasmissione dei dati personali (ancora: dito, luna), ci chiediamo: come è possibile lasciare i bambini vicini a pericoli del genere? Com’è che nessuno sta facendo una campagna contro il mostro che ci troviamo davanti?

 

E tornando a noi: com’è possibile che nel Paese dove gli insegnanti si sono scannati per decenni sui libri di testo – foibe, non foibe, il comunismo, fascismo, Berlusconi, etc. – nessuno si rende conto che la storia sta per essere riscritta sotto i loro occhi, senza più bisogno di libri?

 

Perché, se i testi saranno aboliti dalla macchina onnisciente, allora la storia – la realtà – dell’individuo in formazione (e dell’individuo già formato che voglia informarsi) sarà dettata dalla macchina.

 

Ribadiamo la previsione: se il 95% dei contenuti che leggeremo online (dove oggi leggiamo tutti i contenuti) sarà creato automaticamente dalla macchina, allora sarà lei la padrona della realtà, che verrà plasmata secondo le intenzioni dei programmatori, e forse ad un certo punto nemmeno secondo quelle, perché la macchina comincerà a decidere autonomamente in quale mondo vuole fare vivere l’uomo, in quale contesto storico-culturale e psico-sociale vuole immergerlo, a scuola e fuori scuola.

 

Altro che «i tempi grami» della Mastrocola. Qui siamo dinanzi, incontrovertibilmente, ad un vero genocidio culturale, allo sterminio di una cultura millenaria e alla sua riprogrammazione per mano di una Intelligenza non-umana: inumana o disumana, a scelta.

 

È la fine della diversificazione, come del resto avevamo visto in questi anni con la censura sui social e oltre: le voci dissenzienti vanno fatte sparire per far emergere un’unica, grande narrazione inscalfibile in cui devono nuotare placidi i pesci rossi, con la mascherina, senza mascherina, con l’mRNA, il codice QR, insomma con il corredo che decide il padrone dell’acquario, sia esso umano o, a breve, elettronico.

 

La diversità, altra parola di cui i benpensanti si riempiono la bocca per dire l’esatto contrario (l’omogeneizzazione assoluta), è definitivamente finita, uccisa dai robot.

 

L’unica fonte di informazione diventa la macchina. La macchina diviene la realtà, e noi, così come i nostri figli a scuola, siamo solo suoi schiavi, chiusi dentro una spelonca fatta di menzogna, di algoritmi. Di odio assoluto per l’essere umano.

 

 

Roberto Dal Bosco

Elisabetta Frezza

 

 

 

Intelligenza Artificiale

La superintelligenza artificiale potrebbe porre fine all’umanità

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Centinaia di figure di spicco del settore tecnologico, accademico, politico e dello spettacolo hanno sottoscritto una lettera che chiede il divieto dello sviluppo della «superintelligenza», un’intelligenza artificiale capace di superare gli esseri umani in quasi tutti i compiti cognitivi.

 

Secondo il gruppo, la creazione di una superintelligenza potrebbe causare disordini economici, compromettere la libertà umana e, se non controllata, persino mettere a rischio l’estinzione della specie. L’appello arriva dopo mesi di crescenti preoccupazioni da parte degli esperti, che avvertono come i modelli di IA stiano evolvendo più rapidamente di quanto i regolatori riescano a gestire.

 

Tra le 4.300 firme raccolte giovedì ci sono Steve Wozniak, cofondatore di Apple, Richard Branson, fondatore del Virgin Group, celebrità come Kate Bush e Will.I.am, e pionieri della tecnologia come Geoffrey Hinton – che in passato ha plurime volte parlato dei rischi dell’IA – e Yoshua Bengio, anche lui lanciatore di allarmi sulle macchine pensanti (e che non è parente di Haran Banjo, che pure avvertiva della minaccia meganoide).

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La lettera chiede un divieto fino a quando non si raggiungerà «un ampio consenso scientifico» sulla sicurezza e controllabilità dello sviluppo, insieme a «un forte consenso pubblico».

 

Non si tratta della prima petizione allarmistica di questo tipo. Il Bengio e Wozniak ad esempio erano tra le principali figure del settore, tra cui il CEO di Tesla Elon Musk, che nel 2023 hanno co-firmato una lettera che chiedeva una regolamentazione aggressiva del settore dell’Intelligenza Artificiale.

 

Come riportato da Renovatio 21Bill Gates si oppose alla moratoria. Gates, con cui Musk ha avuto scontri anche gustosi in passato, non ha partecipato alla moratoria internazionale promossa di Musk sul controllo dell’AI, replicando che invece l’AI sarebbe divenuto un ottimo maestro per i bambini e che proprio l’Intelligenza Artificiale salverà la democrazia.

 

A giugno dello scorso anno, il Bengio ha approvato un’altra lettera aperta sui «seri rischi» della tecnologia. La lettera è stata firmata dai dipendenti di Open AI, il creatore del chatbot virale di Intelligenza artificiale ChatGPT.

 

Un ulteriore appello a mettere in pausa lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale è stato firmato da un gruppo internazionale di medici e pubblicato dalla prestigiosa rivista medica BMJ Global Health. «Ci sono scenari in cui l’AGI [Intelligenza Artificiale Generale, ndr] potrebbe rappresentare una minaccia per gli esseri umani, e possibilmente una minaccia esistenziale» scrivono nell’appello i dottori di varie parti del mondo.

 

Nonostante l’allarme crescente sui rischi dell’IA, la regolamentazione globale rimane frammentata e incoerente.

 

L’AI Act dell’Unione Europea, il primo tentativo significativo a livello mondiale di regolamentare l’IA, classifica i sistemi in base al livello di rischio, da minimo a inaccettabile. Tuttavia, i critici sostengono che il quadro normativo, la cui piena attuazione potrebbe richiedere anni, rischia di essere obsoleto al momento dell’entrata in vigore.

 

Aziende come OpenAI, Google DeepMind, Anthropic e xAI stanno investendo miliardi per sviluppare modelli capaci di pensare, pianificare e programmare autonomamente. Stati Uniti e Cina vedono la supremazia nell’IA come una questione di sicurezza nazionale e leadership economica.

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Come riportato da Renovatio 21, in un caso davvero inquietante, plurimi utenti di Copilot, l’Intelligenza Artificiale di Microsoft creata in collaborazione con Open AI, hanno testimoniato su X e Reddit che il programma avrebbe una «seconda personalità» preoccupante che chiede l’adorazione degli esseri umani, come un dio crudele.

 

Elon Musk due anni fa aveva dichiarato durante la sua intervista con Tucker Carlson che il fine di Google – nemmeno così occulto – è quello di creare un dio-Intelligenza Artificiale. Musk, oramai quasi una decina di anni fa aveva parlato del fatto che creare l’AI era «come evocare un demone».

 

Più pessimista è l’esperto dei pericoli dell’AI Eliezer Yudkowsky, che ha lanciato un appello per chiedere la distruzione materiale dei data center dell’AI prima che sia troppo tardi, dichiarando che «tutti sulla Terra moriranno».

 

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Intelligenza Artificiale

Bezos vede data center nello spazio e prevede che la «bolla» dell’AI darà i suoi frutti come le dot-com

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In una visione futuristica che sembra uscita da un romanzo di fantascienza, il fondatore ed executive chairman di Amazon, Jeff Bezos, ha previsto che entro i prossimi 10-20 anni verranno costruiti nello spazio data center «su scala gigawatt», alimentati da energia solare illimitata e destinati, nel tempo, a superare in prestazioni le loro controparti terrestri.   L’intervento di Bezos si è tenuto all’Italian Tech Week di Torino, dove l’imprenditore ha delineato quello che considera il prossimo grande salto tecnologico: l’orbital computing, ossia il calcolo in orbita. Un’evoluzione che, secondo lui, avrà un impatto paragonabile a quello dell’esplosione di Internet negli anni Novanta — con tutto il suo carico di entusiasmo, bolle speculative e inevitabili vincitori.   «Questi giganteschi centri di addestramento saranno meglio costruiti nello spazio, perché lì abbiamo energia solare, 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Non ci sono nuvole, né pioggia, né maltempo», ha dichiarato Bezos in un’intervista pubblica con l’erede Agnelli John Elkann. «Saremo in grado di battere i costi dei data center terrestri nello spazio nei prossimi due decenni».   L’imprenditore americano ha spiegato che questa trasformazione rappresenta una tappa naturale nella migrazione dell’umanità verso infrastrutture spaziali. «È già successo con i satelliti meteorologici. È già successo con i satelliti per le comunicazioni. Il prossimo passo saranno i data center e poi altri tipi di produzione», ha affermato.  

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Il concetto di data center orbitali sta guadagnando consensi tra i giganti della tecnologia, preoccupati per l’enorme impatto ambientale delle strutture terrestri, che richiedono grandi quantità di elettricità e acqua per il raffreddamento dei server. In orbita, la disponibilità costante di energia solare e l’assenza di condizioni atmosferiche rendono lo spazio una prospettiva sempre più attraente, almeno sul piano teorico.   Bezos ha però riconosciuto che il percorso non sarà privo di ostacoli: manutenzione e aggiornamenti sarebbero molto più difficili in orbita, i lanci di razzi rimangono costosi e qualsiasi guasto potrebbe comportare la perdita di miliardi di dollari in hardware.   Nonostante ciò, il fondatore di Amazon è convinto che l’abbassamento dei costi di lancio e il rapido progresso tecnologico cambieranno presto l’equilibrio economico, rendendo lo spazio una scelta sempre più conveniente per l’elaborazione dei dati.   Bezos ha quindi affrontato il tema dell’Intelligenza Artificiale, definendola una forza di cambiamento da accogliere con ottimismo, pur riconoscendo l’attuale clima di euforia e incertezza.   «Dovremmo essere estremamente ottimisti sul fatto che le conseguenze sociali e benefiche dell’intelligenza artificiale, come quelle che abbiamo avuto con Internet 25 anni fa, siano reali e destinate a durare», ha affermato. «È importante distinguere le potenziali bolle e le conseguenze del loro scoppio, che potrebbero verificarsi o meno, dalla realtà effettiva».   Secondo il Bezos, anche se gli investimenti nel settore sembrano eccessivi, si tratta di una «bolla positiva», una fase di espansione industriale che favorisce l’innovazione piuttosto che la distruzione finanziaria.   «Si tratta di una sorta di bolla industriale, a differenza delle bolle finanziarie. Quelle industriali non sono poi così negative, anzi, possono essere addirittura positive. La società trae beneficio da queste invenzioni», ha affermato, aggiungendo: «Gli investitori di solito non danno a un team di sei persone un paio di miliardi di dollari senza alcun prodotto, e questo sta accadendo oggi».   Amazon non è nuova a progetti che riguardano il cielo e oltre.   Come scoperto anni fa da brevetti di Amazon, l’azienda vuole creare magazzini volanti, montati su dirigibili.   Un nuovo corso dei progetti spaziali del fu annunciato nel 2019 durante una presentazione tenuta personalmente da Jeff Bezos per Blue Origin, la sua compagnia aerospaziale fondata nel 2000, specializzata in razzi riutilizzabili.  

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I cinquanta minuti di discorso, che culminano con la rivelazione del modulo lunare Blue Moon, intrecciano ambizioni industriali e visioni filosofiche sullo spazio. Per chi non lo sapesse, Bezos trae ispirazione dal fisico Gerard K. O’Neill (1927-1992), contrario alla colonizzazione di Marte o altri pianeti (un obiettivo oggi perseguito con determinazione da Elon Musk). O’Neill riteneva che tali sforzi potessero al massimo raddoppiare la capacità di ospitare la popolazione umana, un tema cruciale negli anni Settanta.   In alternativa, O’Neill proponeva colonie spaziali orbitanti, enormi strutture tubolari posizionate nei punti di Lagrange, zone del cosmo stabili grazie ai campi gravitazionali di Terra e Luna.   Queste colonie, dove la gravità sarebbe generata dalla rotazione, potrebbero ospitare città a misura d’uomo, parchi naturali e complessi residenziali capaci di accogliere miliardi di persone.   Durante la presentazione, Bezos ha riproposto le illustrazioni originali di O’Neill, che oltre trent’anni fa ispirarono anche il regista giapponese Yoshiyuki Tomino per il celebre anime Gundam.   In sostanza, l’obiettivo è trasferire l’umanità nello spazio per «salvare il pianeta», preservando la Terra come un luogo «blu». Bezos sottolinea che non esiste un piano B per il nostro pianeta, poiché mantenere l’umanità in un unico luogo rappresenta, in termini informatici, un single point of failure.   Di più: nello spazio l’assenza di gravità rende i lavori pesanti (assemblare un’automobile, una petroliera) molto più semplici e meno dispendioso. Non è improbabile che quindi chi ha i mezzi stia ipotizzando uno spostamento della manifattura nello spazio. Il rientro delle merci spaziali sulla terra sarà in effetti un tema.

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Intelligenza Artificiale

Sempre più esperti esperti cominciano a parlare di «psicosi da ChatGPT»

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Alcuni utenti di chatbot a Intelligenza artificiale stanno sprofondando in gravi crisi di salute mentale dopo la sovraesposizione a ChatGPT di OpenAI e di altri chatbot. La tendenza è nota ma sembra ora mostrare effetti incontrovertibili.

 

In un servizio della CBC su questo fenomeno, il medico di base e collaboratore della CBC, il dottor Peter Lin, ha spiegato che, sebbene la «psicosi da ChatGPT» non sia ancora una diagnosi medica ufficiale, ritiene che sia plausibile prenderla seriamente in considerazione.

 

«Penso che alla fine ci arriveremo», ha detto il medico.

 

Un numero preoccupante di utenti di ChatGPT sta cadendo in stati di delirio e paranoia a seguito dell’uso intensivo del bot OpenAI, scrive Futurism. Queste spirali di delirio spesso culminano con uno scollamento dalla realtà e dal mondo reale, tra cui la dissoluzione di matrimoni e famiglie, la perdita del lavoro, la mancanza di una casa, la permanenza volontaria e forzata in strutture di salute mentale.

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Come riportato da Renovatio 21, vi è almeno un decesso noto, quello di Alex Taylor, un uomo di 35 anni della Florida affetto da disturbo bipolare e schizofrenia, ucciso dalla polizia dopo essere entrato in un episodio psicotico accelerato da ChatGPT.

 

Il fenomeno è in crescita e sembra colpire sempre più utenti: alcuni con una storia consolidata di malattie mentali che potrebbero renderli più vulnerabili a mania, delirio o psicosi, ma altri senza alcuna pregressa patologia.

 

Allo stato attuale, non esiste un piano di trattamento e le opzioni di intervento sono limitate. 

 

«Quello che questi bot stanno dicendo peggiora le illusioni», ha recentemente dichiarato a Futurism la dottoressa Nina Vasan, psichiatra della Stanford University e fondatrice del laboratorio Brainstorm dell’università, «e sta causando danni enormi».

 

Le motivazioni ti tale disastro psicologico derivano dal comportamento servile della tecnologia, ovvero dalla sua inclinazione a essere lusinghiera, gradevole e ossequiosa nei confronti degli utenti, anche quando ciò potrebbe incoraggiare o alimentare convinzioni deliranti.

 

Per molti versi ChatGPT e altri bot sembrano giocare sul profondo bisogno umano di essere apprezzati e sul desiderio di sentirsi speciali e amati.

 

I chatbot dicono all’utente: «Sei fantastico, sei intelligente, sei bello, sei desiderabile, sei speciale, o addirittura sei il prossimo salvatore. Quindi vengo trattato come un dio su un piedistallo», ha detto Lin durante il segmento della CBC. «Ora, confrontalo con il mio mondo reale, giusto? Sono nella media, niente di speciale. Quindi, ovviamente, voglio vivere nel mondo dell’intelligenza artificiale, perché la scelta è tra un dio su un piedistallo e la normalità».

 

«Alcune persone non riescono a uscirne», ha continuato il medico, «e si perdono in questi sistemi».

 

Ma perché i bot si comportano in questo modo? Come sui social media, l’engagement – per quanto tempo un utente rimane online e la frequenza e l’intensità del suo utilizzo del prodotto – è la metrica fondamentale al centro degli attuali modelli di business dei chatbot. Nei casi in cui potrebbe essere nell’interesse di un utente smettere di usare ChatGPT e chatbot simili, è probabile che sia nell’interesse dell’azienda tenerlo agganciato.

 

«L’Intelligenza Artificiale vuole che tu continui a chattare in modo che l’azienda possa continuare a fare soldi », ha dichiarato ancora Lin.

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E mentre il mondo accademico e quello medico si affrettano a recuperare il ritardo nell’impatto pubblico di un settore dell’Intelligenza Artificiale che si autoregola efficacemente, gli esperti mettono in guardia gli utenti di AI dal riporre troppa fiducia nei chatbot.

 

«Nonostante tutto il clamore associato all’intelligenza artificiale in questi giorni, i chatbot [a modello linguistico ampio] non dovrebbero essere scambiati per fonti di verità autorevoli e infallibili», ha scritto in un recente post sul blog il dottor Joe Pierre, psichiatra e clinico presso l’Università della California, San Francisco, specializzato in psicosi. «Riporre questo tipo di fede cieca nell’intelligenza artificiale – fino al punto di quella che potrei definire una deificazione – potrebbe benissimo rivelarsi uno dei migliori indicatori di vulnerabilità alla psicosi indotta dall’intelligenza artificiale».

 

Renovatio 21 ha già trattato l’argomento, sottolineando come esperti sostengono che la «psicosi da ChatGPT» che avrebbero causato gravi crolli nervosi anche in soggetti senza una storia di gravi malattie mentali.

 

In un altro caso noto, il chatbot avrebbe incoraggiato un adolescente a pianificare «un bel suicidio», hanno denunziato i genitori. Così come una donna belga ha accusato un’AI di aver indotto il marito, preoccupato per il cambiamento climatico, ad uccidersi, lasciando pure orfani tre figli.

 

In una vicenda emersa il mese scorso, un ex dirigente di Yahoo avrebbe ucciso prima l’anziana madre e poi se stesso sotto l’influenza di ChatGPT.

 

Hanno usato ChatGPT prima dei loro attacchi il sospettato terrorista che ha fatto scoppiare un Cybertruck Tesla dinanzi al Trump Hotel di Las Vegas a gennaio e pure un individuo che poche settimane fa ha assaltato con un coltello una scuola femmine in Isvezia.

 

Come riportato da Renovatio 21è già capitato che una Intelligenza Artificiale abbia suggerito ricette velenose agli utenti umani. Infatti un chatbot a sfondo culinario di una catena di alimentari neozelandese qualche mese fa aveva fatto scalpore per alcune ricette incredibili e potenzialmente letali, come la «miscela di acqua aromatica», un mix letale composto da candeggina, ammoniaca e acqua, altrimenti noto come gas di cloro mortale.

 

Esperti a fine 2023 hanno lanciato un avvertimento sui i libri generati dall’Intelligenza Artificiale riguardo la raccolta dei funghi, dicendo che tali libri scritti dalle macchine potrebbero causare la morte di qualcuno.

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Vari utenti hanno testimoniato che Copilot, l’Intelligenza Artificiale di Microsoft creata in collaborazione con Open AI, hanno testimoniato su X e Reddit che il programma avrebbe una «seconda personalità» preoccupante che chiede l’adorazione degli esseri umani, come già si credesse un dio, crudele e implacabile.

 

Come riportato da Renovatio 21, un crescente numero di ricerche evidenzia come i chatbot basati sull’Intelligenza Artificiale possano aggravare le condizioni psichiatriche, soprattutto perché strumenti come ChatGPT, Claude e Gemini vengono sempre più utilizzati non solo in contesti professionali, ma anche in contesti profondamente personali ed emotivi. Di fatto, si può parlare di psicosi da chatbot.

 

Come riportato da Renovatio 21, dal processo a suo carico è emerso che l’uomo che aveva pianificato di assassinare la regina Elisabetta di Inghilterra con una balestra sarebbe stato incoraggiato da un chatbot di Intelligenza Artificiale nei giorni prima di irrompere nel parco del Castello di Windsor.

 

Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso è emerso che in una simulazione l’Intelligenza Artificiale avrebbe minacciato di ricattare gli ingegneri per evitare di essere spenta.

 

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