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Caso di surf urbano a Bassano del Grappa. Ricordando le «Turbigo Wars»

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In rete circola il video di un signore che, durante i giorni di maltempo che hanno pesantemente colpito il vicentino, ha preso il surf per cavalcare un’onda fissa formatasi nelle acque ingrossate del Brenta presso Bassano del Grappa su un tratto del fiume a poca distanza dal famoso Ponte degli Alpini.

 

L’episodio di surfismo urbano è stato registrato dagli smartphone dei passanti martedì sera. Per un po’ è stata messa in discussione la veridicità delle immagini; poi, vista la quantità di testimoni oculari, i dubbi sono finiti: sì, surf da onda a Bassano centro, tutto vero.

 

 

 

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Sui vari social ora si sprecano le condivisioni del video, magari accompagnato da irritante musichetta dei Beach Boys.

 

 

Il protagonista si chiama Sebastian, è un ragazzo austriaco di 31 anni che, ha detto, stava tornando a casa in macchina dopo un viaggio in Marocco. «Mi sono accorto che i fiumi erano piuttosto ingrossati» ha dichiarato a TVA Vicenza. «Quindi ho cercato su Google Maps un fiume surfabile. Questo è il primo punto che mi ha indicato. Sono stato veramente fortunato perché veramente bello».

 

Il giovane ha spiegato con entusiasmo da dove gli viene la voglia di tuffarsi in quelle acque marroni dove, a differenza di quanto avviene con le diaboliche lontre del Pacifico all’altezza di Santa Cruz, nessuna nutria gli ha rubato la tavola.

 

«Surfo da nove anni e da quando ho iniziato faccio solo quello. È l’unica cosa che voglio fare nella mia vita» ha detto il fortunato austriaco nell’intervista, che ha rivelato di essere lì solo con il suo cane Amor dopo un periodo di surf in Nordafrica. Ora sta tornando dalla famiglia a Graz.

 

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Il surfista della Stiria è tornato all’opera anche il giorno dopo il primo giro, raccogliendo l’attenzione di diecine di passanti.

 

Tra i presenti, anche un consigliere comunale che si è detto preoccupato per la possibilità che «Seby» (i giornali locali lo chiamano così) si fosse fatto del male. «Stavamo assistendo stupiti alla scena, vedere qualcuno surfare sul Brenta non succede tutti i giorni. Quando però, all’improvviso, lo abbiamo visto cadere dalla tavola senza più riemergere abbiamo temuto il peggio».

 

Secondo quanto riporta Il Corriere del Veneto, della faccenda sono stati avvisati i carabinieri di Bassano i quali, tuttavia, una volta visto che il giovine era incolume, avrebbero detto di non ravvisare infrazioni nel suo gesto.

 

Secondo quanto riportato dai giornali, il sindaco della cittadina Elena Pavan non ha invece preso benissimo l’idea del ragazzotto oltremontano.

 

«Non metto in dubbio che sia un atleta esperto e in grado di gestire la situazione, ma la sua iniziativa è stata quantomeno sconsiderata se si considera la portata del Brenta in queste ore» ha detto il sindaco. «Il giovane non ha messo in pericolo solo se stesso ma anche chi, se qualcosa fosse andato storto, avrebbe dovuto intervenire soccorrerlo. E poi trovo questa impresa irrispettosa nei confronti dei tanti cittadini che stanno pagando caro il conto di questa nuova ondata di maltempo. Ci sono strade chiuse, scantinati allagati e siamo stati costretti ad evacuare due famiglie dalle loro case per il rischio di frane. Immagino che essendo un turista di passaggio a Bassano dopo un viaggio all’estero non conoscesse la gravità della situazione che sta vivendo la nostra regione, ma temo che il suo possa essere stato percepito come un gesto irriverente da quanti sono ancora alle prese con i danni provocati dal maltempo».

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Nonostante lo stupore dei bassanesi e di tutti i vicentini, il surf fluviale in contesto urbano è un fenomeno esistente.

 

A Monaco di Baviera c’è la cosiddetta Eisbachwelle, considerata la migliore onda fluviale d’Europa, dove arrivano surfisti da tutto il vecchio continente, in genere parco – con l’esclusione del Portogallo – di spot per lo sport californiano, per quanti sforzi facciano Varazze e Punta Sabbioni.

 

 

L’onda è dovuta al fatto che il fiume Eisbach va sottoterra per poi riemergere all’altezza del quartiere monacense Lehel, dove un gradino di pietra genera l’onda alta circa mezzo metro.

 

 

Situata dentro l’Englischen Garten della città bavarese, votata nel 2024 tra le 100 spiagge più belle del mondo (piazzando una spiaggia tedesca sopra a quella di Ipanema!), la Eisbachwelle si fa surfare da oltre 40 anni, con tante stelle internazionali della tavola che sono state viste cavalcare l’onda tedesca – una vera Deutsche Welle.

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Il caso di surf da entroterra più intrigante resta tuttavia nei dipressi di Milano, quello dell’onda statica di Turbigo.

 

Turbigo non è un nome inventato dal marketing (mirabile crasi di «turbo» e «go»), ma il nome di una località dove è sita una centrale termoelettrica, da cui parte un canale di scolo con un «point break» adatto: un’onda fissa si genera infatti su uno scalino, per la gioia dei fan meneghini di Un mercoledì da Leoni.

 

 

 

 

 

 

«L’oceano Pacifico in un naviglio fognario: e poi dicono che Milano non è interessante» scriveva quasi tre lustri fa la rivista Zero.

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Esistono voci, non verificate, di tensioni sul luogo tra i surfisti e i canoisti, che vedono la californizzazione delle acque della centrale come una minaccia alle loro pagaiate.

 

Ecco quindi che alcuni sussurrano di veri e propri scontri tra le fazioni degli sportivi acquatici, chiamati anche «Turbigo Wars». Renovatio 21 non è in grado di verificare se si tratti di realtà o leggenda, in ispecie riguardo alle chiacchiere su eventuali sabotaggi dello spot.

 

C’è da dire ad ogni modo che la teppa canoista ha avuto buona sorte, perché il mondo raccontato dal capolavoro Top Secret! (1984) – dove si immagini la combo di surf e armi da fuoco, un vero tiro al piattello su onda – non sia purtroppo realtà.

 

 

Il nome del surfista protagonista della grande pellicola demenziale era, per l’appunto Nick Rivers, cioè Nicola Fiumi. Un prodromo della colonizzazione delle acque dolci da parte degli amanti della tavola?

 

Intanto, la domanda che si stanno ponendo in molti, vedendo le immagini del Sebastian che domina le acque marroni di Bassano, è: ma il ciuffetto biondo che spunta ai surfisti anche castani, come funziona?

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Immagine screenshot da YouTube

 

 

 

 

 

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Bizzarria

Adolf Hitler vince ma cambia nome

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Adolf Hitler Uunona, 59 anni, consigliere regionale namibiano da venti anni in carica, ha annunciato che rinuncerà ufficialmente al secondo nome «Hitler» dopo essere stato rieletto per il quinto mandato consecutivo nel distretto di Ompundja (regione di Oshana).   Membro del partito al potere Swapo, Uunona ha sempre goduto di un largo consenso locale nonostante il nome che, a livello internazionale, genera inevitabilmente sconcerto. Gli elettori della sua circoscrizione lo hanno costantemente premiato per il suo impegno nella lotta anti-apartheid e per i risultati concreti ottenuti sul territorio.   «Ho già provveduto a cancellare “Hitler” dai miei documenti ufficiali», ha dichiarato ai media namibiani. «D’ora in poi voglio essere chiamato semplicemente Adolf Uunona».   Il lettore di Renovatio 21 sa che la faccenda dell’Hitler negro è risalente.

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L’ex Hitler ha spiegato che ilpadre gli impose quel nome decenni fa senza conoscerne il peso storico né i crimini associati al dittatore nazista; per lui, all’epoca, era semplicemente un nome tedesco abbastanza diffuso nell’ex colonia dell’Africa sud-occidentale tedesca (1884-1915). Solo crescendo il consigliere prese coscienza del macabro retaggio e cominciò a dissociarsene pubblicamente.   «Ho sempre chiarito di non condividere in alcun modo l’ideologia nazista», ha ribadito il già Hitler. «Il mio impegno politico è radicato nella liberazione della Namibia e nello sviluppo delle nostre comunità rurali». In privato, familiari e collaboratori lo chiamano da tempo soltanto «Adolf», un’abitudine che ora desidera estendere a ogni contesto ufficiale.   Il caso richiama la complessa eredità coloniale tedesca in Namibia, dove nomi di origine teutonica restano relativamente comuni. Proprio in quel periodo (1904-1908) le truppe tedesche perpetrarono il genocidio degli Herero e dei Nama, un capitolo storico ancora poco noto a livello globale. Tuttavia, il fatto che esistano nel Paese africani bambini chiamati come il famigerato dittatore nazionalsocialista prova che forse la storia degli orrori coloniali non è esattamente conosciuta, o sentita, dalle popolazioni indigine.   Nonostante l’attenzione mediatica internazionale, lo Hitler namibiano continua a dominare le urne: nelle recenti elezioni locali ha nuovamente stravinto a Ompundja con un margine schiacciante. Per i suoi elettori, il curriculum di vent’anni di servizio concreto – strade, acqua, scuole e sostegno alle famiglie – pesa infinitamente più di un nome che il consigliere ha deciso di lasciarsi definitivamente alle spalle.   Renovatio 21 ritiene che si tratti di un caso in cui qualcuno potrebbe gridare alla frode elettorale: uno vota Hitler, e poi si trova uno qualsiasi, anzi un Uunona. È giusto?   Il cittadino sincero-democratico deve porsi a questo punto la domanda: se la democrazia vuole Hitler, perché toglierlo? Cioè, non è che lo si toglie, semplicemente, gli si cambia nome…  

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Immagine dell’Oshana Regional Country
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L’enigma dell’italofonia delle bici giapponesi

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Non ricordo esattamente come e quando, ma un bel giorno mi sono accorto che qui in Giappone hanno nomi italiani.

 

Non intendo dire che siano biciclette italiane, benché si vedano qua e là delle Bianchi in giro per Tokyo: sto parlando di biciclette giapponesi a cui sono stati appioppati nomi italiani a casaccio.

 

A mano a mano la cosa è diventata un passatempo un po’ maniacale: ogni tanto sento mia moglie che sbuffa e sbotta: «ancora a guardare ste bici!?». Le da meno fastidio quando mi casca l’occhio su qualche signorina.

 

Il fatto è che nomi in questione sono nella maggior parte dei casi sono follie completamente fuori contesto: perché mai una bicicletta è finita a chiamarsi «Gelatina»?! C’è anche la «Bizarria», che è quasi la categoria (una zeta in meno) di questo articolo sui Renovatio 21, una parola desueta e bellissima apprezzata forse più dai ciclisti giapponesi che dal popolo parlante la lingua di Dante.

 

Questa abitudine a guardare le bici e fotografarle desta qualche sospetto, le biciclette sono tra le poche cose che vengono rubate con una certa frequenza qui a Tokyo.

 

Con l’aiuto di un amico, nel corso degli anni abbiamo steso un elenco non esaustivo dei velocipedi italofoni visti per le strade del Giappone. Purtroppo manca un’adeguata documentazione fotografica, le poche foto qui sotto valgano per ora come prima testimonianza.

 

Proseguirò nella raccolta di materiale e mi impegno a tenere aggiornato il pubblico di Renovatio 21 riguardo a questo inspiegabile fenomeno.

 

 

Accento

Agenda

Agilità

Alcuna

Alfiore bike

Al fonto

Al vecchio

Alito

Alla moda

Allegro

Al tetto

Amadeus prima

Ami amoretto

Amico

 

Amore

Amoroso

Anelli

Anemone

Angelicus

Angelino

Angelino Petite

Angelino Posh

Angelo

Animato

Anna

Aquila

Arietta

Aroma

Arpeggio

Ars nova

Artista

Assista

Astroia

Augusta

Avanzare

AveCuore

Avellino

Azzurrare

Barletta

Basso

Bella

Bellina

Bellino

Belluno

Bel Ragazzo

Beone

Bionda

Bizarria

Bonaparte

Broccoli

Bruno

Cadalora

Calamita argento

Calamita ciao

Calamita due

Calcite

Campione

Canale

Canoro

Cappuccino

Capriccio

Cardi

Cargo

Caro

Carolina

Carota

Carpaccio

Caterina

Cavallo

Cecilia

Celare

Celestano

Chianti

Ciーvada

Clara

Claudio

Claudio Hearts

Clichè

Coccolo

Coda

Colono

Colore

Colossi

Commando

Continente

Coroner

Corsia

Cortese

Creare

Crescente

Crescita

Crestina

Croissant

Crono

Cuculo

Culotte

De Angelis

De Petrucci

Del sole

Deserto

Desto

Diana

Dia resto

Diario

Diretta

Discus

Ecciti

Elena

Elfi

Elevato

Emilia

Erica

Espresso

Et ce’tera

Eterno

Eternotown

Fanfare

Farina

Fascino

Faville

Felice

Fermata

Fermo

Fertile

Festival

Fico

Fides

Figlia Carina

Fini

Fiona

Fiorentina

Fortina

Fortissimo

Fratello

Fresco

Frescool

Fretta

Fuerza

Gelatina

 

Gelato

Gibernau liscio

Giuliano

Gladiolo

Gran mare

Imbatto city

Innominato

La famiglia

Lapis

Las’efica

Larghetto

Latte

Leggiero

Lesto

Levolte

Lontano

Loris Colgo

Lucca

Luciole

Luculia

Luna

Macchiato

Maglietta

Maldini

Marchiano

Margarita

Mattia

Mega trans

Mercato

Merletto

Merlot

Metro

Mezzo piano

Mirano

Moglie

Montana

Montebello

Moscio sportivo

Motomatto

Mozione

Mugello

Mule

Napori

Neoclassico

Nerone

Novara

Nutria

Obbligato

Ordina

Osso

Paola

Panino

Paprika

Parlino

Partenza

Partire

 

Passione

Passo

Pasture

Patrizia

Persista

Piccolo

PiAce

Pista

Pittores

Pizzicato

Poggiali

Polacco

Portato

Porto

Posto

Possibile portato

Possible

Pratico

Precede

Pretoria

Prestezza

Presto

Progresso

Proーvocatio canere

Proーvocatio esse

Proーvocatio mamma

Proーvocatio mos

Pro melior

Pronto

Raclette

Radure

Raffinate

Ragazza

Rapito

Ravanello

Ravenna

Reale

Realta

Regalo

Rene

Retro

Revigorando

Riace

Risoluto

Romana

Rondino

Rosa

Rosario

Salute

Sambista

Scalare

Sciolto

Scorto

Sentire

Sereno

Sicurezza

Silvia

Socio

Soffitto

Sorella

Spago

Stella

Strida

Tacchino

Taranto

Tavullia

Tenerezza

Terra cotta

Testa

Timbro

Timore

Tour de

Totti

Town del Sole

Tramonto

Tremolo

Trento

Triangolo

Turbolenza

Turn to

Unisono

Vacanze

Valeriano

Varietas delectat

Veltro

Verde

Vicolo

Ville

Villetta

Virgo

Vispa

Vita

Vitrine

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Vivace

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Vivi

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Taro Negishi

Corrispondente di Renovatio 21 da Tokyo

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Arte

Bibita col DNA di Ozzy Osbourne disponibile con pagamento a rate

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Una nuova partnership kitsch tra John «Ozzy» Osbourne e Liquid Death, il marchio di acqua in lattina, ha lanciato sul mercato una serie limitata di lattine di tè freddo infuso con il DNA del «reverendo rock».   Ovviamente il prodotto è andato subito a ruba ed è esaurito. Le lattine sono state tutte tracannate e schiacciate da Osbourne in persona, lasciando «tracce di DNA della sua saliva che ora potete possedere», secondo il sito web di Liquid Death.   Ma diciamoci la verità, non si compra lo scarto salivare di una rockstar per dissetarsi: lo si compra per fare necro-collezionismo probabilmente. Le leggende attorno al personaggio sono molteplici: si diceva che Ozzy fosse un mutante genetico, capace di resistere a secchiate di droga, alla rabbia per aver morso un pipistrello vivo e a un incidente quasi mortale in quad.   «Ozzy Osbourne è 1 su 1», recita il testo pubblicitario del sito, «ma stiamo vendendo il suo vero DNA così potrete riciclarlo per sempre».

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Ogni lattina viene consegnata in un «barattolo per campioni sigillato in laboratorio», etichettato con il nome del donatore, il numero del campione (su dieci) e la data del prelievo. Ozzy ha persino firmato il contenitore, apparentemente dando un assegno in bianco per qualsiasi futura clonazione.   «Ora, quando la tecnologia e la legge federale lo consentiranno, potrete replicare Ozzy Osbourne e godervi la sua musica per centinaia di anni nel futuro», si legge sul sito web. I pezzi disponibili sono solo 10 e sono stati venduti a 450 dollari ciascuno, anche in comode rate.    Vista la rarità del prodotto, il «bagarinaggio online» non poteva mancare: su eBay ce ne sono state due in vendita, ciascuna a migliaia di dollari.   Sui social media, i fan erano entusiasti della partnership di Ozzy con il suo brand, anche se il prezzo ha fatto storcere il naso a qualcuno. «Accidenti, avrei dovuto salvare il tuo DNA quando mi hai sputato addosso nell’84 durante un concerto alla LB Arena», ha scritto un fan su X.   Ozzy Osbourne, che da giovane sul palco aveva pure mangiato un pipistrello, è perito quattro mesi fa. Il fatto che fosse stato iniettato col vaccino COVID, che ci dicono venire da un chirottero di Wuhano, lo rende in qualche modo un personaggio simbolico della pandemica, e non solo di quella: alcuni hanno ipotizzato che la morte, avvenuta dopo una «lunga battaglia» (in genere dicono per qualche ragione così) contro il morbo di Parkinson, potrebbe costituire un caso di eutanasia.  

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