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Politica

Breton fuori dalla Commissione accusa la Von der Leyen: pugnalato alle spalle

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Thierry Breton, potente ed iperattivo membro francese della Commissione Europea, si è dimesso lunedì con una lettera infuocata, accusando la presidente Ursula von der Leyen di indebolirlo.

 

Il Breton era stato nominato dal presidente francese Emmanuel Macron per un secondo mandato come commissario per il mercato interno del blocco a Bruxelles. Tuttavia, Breton ha inaspettatamente staccato la spina, accusando von der Leyen di agire alle sue spalle per cercare di convincere Macron a scaricarlo.

 

«Qualche giorno fa, nella fase finale dei negoziati sulla composizione del futuro collegio, avete chiesto alla Francia di ritirare il mio nome – per motivi personali che in nessun caso avete discusso direttamente con me», ha scritto Breton, in un messaggio scottante a von der Leyen su X.

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Le dimissioni shock arrivano un giorno prima che la presidente della Commissione svelasse la composizione del Collegio dei Commissari, che vuole sia più equilibrato dal punto di vista di genere. I membri più piccoli dell’UE, tra cui Slovenia e Romania, hanno ritirato i candidati maschi sotto pressione di von der Leyen, sostituendoli con donne, secondo Politico.

 

«Alla luce di questi ultimi sviluppi – ulteriore testimonianza di una governance discutibile – devo concludere che non posso più esercitare i miei doveri nel collegio», ha continuato il Bretone. «Pertanto, mi dimetto immediatamente dal mio incarico di Commissario europeo».

 


L’ex Commissario ha anche trovato il tempo per fare dell’ironia sul fatto che sarà fuori dalla Commissione.

 


Breton ha poi accusato von der Leyen di aver offerto alla Francia una presenza più influente in Commissione se Macron avesse cambiato candidato, una tattica che avrebbe tentato con i Paesi membri più piccoli dell’UE.

 

Le tensioni tra Parigi e Bruxelles sulla potenziale presenza della Francia nella prossima Commissione Europea sono aumentate negli ultimi giorni. «La Francia non è soddisfatta dell’ambito del portafoglio assegnato a Thierry Breton», ha detto al sito Politico un alto funzionario francese del partito di Macron, prima di rispondere alle voci secondo cui il commissario designato dall’Italia avrebbe ottenuto un ambito incarico in economia.

 

Si ritiene che negli ultimi cinque anni Breton e von der Leyen abbiano avuto ripetuti scontri, sia in privato che in pubblico. Solo di recente, era emerso che una lettera di Breton di minaccia a Elon Musk per l’intervista di quest’ultimo a Donald Trump non era stata concordata con la Commissione, che prese le distanze in un raro esempio di vergognosa disunità della compagine al vertice dell’Europa.

 

Due mesi fa, il Breton aveva annunciato che la Commissione Europea riteneva che X violasse il DSA e intendeva imporre ingenti multe alla società di Musk se non avesse accettato restrizioni su «incitamento all’odio» e «disinformazione».

 

«La Commissione Europea ha offerto a X un accordo segreto illegale: se avessimo censurato silenziosamente il discorso senza dirlo a nessuno, non ci avrebbero multato», ha rivelato scrivendo Musk in risposta. «Le altre piattaforme hanno accettato quell’accordo. X no».

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Breton ha negato a gran voce l’esistenza di un’offerta del genere, ma Musk ha risposto che si aspettava «una battaglia molto pubblica in tribunale, in modo che i cittadini europei possano conoscere la verità».

 

Come riportato da Renovatio 21, Musk l’anno passato ha dichiarato che X non si ritirerà dall’Europa nonostante la pressione per la censura.

 

Quando Musk comprò Twitter dicendo metaforicamente di aver «liberato l’uccello», Breton rispose che «in Europa, l’uccello volerà secondo le nostre regole».

 

Come riportato da Renovatio 21, la Commissione di Breton, ricordiamo, ha dichiarato l’anno scorso di poter vietare i social media in caso di disordini civili.

 

Breton è l’uomo dietro al Digital Service Act (DSA), la nuova eurolegge che di fatto regolerà la rete con censure e penalizzazioni, con il rischio di veder sparire tutti quei siti che non appartengono ai colossi Big Tech.

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Immagine di European Parliament via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0

 

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Politica

Brigitta Macron contro le femministe: «stupide stronze»

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La moglie del presidente francese Emmanuel Macron, Brigitte, ha provocato un’ondata di indignazione dopo aver definito le manifestanti femministe «salles connes», cioè «stupide stronze».   All’inizio di questa settimana è emerso un video (poi cancellato) in cui la first lady francese, domenica scorsa, chiacchierava in privato nel backstage con l’attore e comico ebreo sefardita Ary Abittan, in passato accusato di stupro. L’artista 51enne era in tournée per la prima volta dopo che i giudici istruttori avevano archiviato il caso per mancanza di prove.   La sera precedente, il collettivo femminista Nous Toutes («Tutte noi») aveva fatto irruzione nel suo spettacolo di cabaret: alcune attiviste, con maschere raffiguranti il volto dell’attore e la scritta «stupratore», si erano alzate in mezzo al pubblico gridando «Abittan stupratore» prima di essere accompagnate fuori.   Nel video trapelato, Abittan scherza sul fatto di sentirsi ancora nervoso, probabilmente temendo il ritorno delle manifestanti. Si sente chiaramente Brigitte Macron rispondere in tono scherzoso: «Se ci sono delle stupide stronze, le cacceremo via».   Martedì un portavoce dell’Eliseo ha spiegato che la first lady stava solo cercando di tranquillizzare l’attore e che il suo commento era diretto unicamente ai metodi radicali usati per interrompere lo spettacolo.

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Nonostante la precisazione, le reazioni sono state immediate e trasversali: politici di tutti gli schieramenti, attivisti e personalità del mondo del cinema hanno condannato le parole.   La segretaria nazionale dei Verdi, Marine Tondelier, le ha definite «estremamente gravi»; la senatrice LR Agnès Evren le ha giudicate «profondamente sessiste». Persino l’ex presidente François Hollande ha criticato la scelta lessicale della first lady. L’attrice Judith Godrèche, divenuta simbolo della lotta contro le violenze sessuali nel cinema francese dopo aver denunciato abusi subiti da minorenne, ha chiesto la fine di questi comportamenti nel settore culturale e ha pubblicato un breve messaggio su Instagram contro le dichiarazioni di Brigitte Macron. Il collettivo Nous Toutes ha poi trasformato la frase in un hashtag virale sui social.   Brigitta Macron era già finita al centro dell’attenzione nei mesi scorsi per una lunga vicenda giudiziaria legata alle teorie complottiste che la descrivono come transgender. Una sentenza di quest’anno ha condannato e multato le due donne che avevano diffuso la falsa notizia, riaccendendo il dibattito sulle molestie online contro le figure pubbliche.   Il caso aveva avuto risonanza internazionale dopo che la commentatrice americana Candace Owens ne aveva ripreso le accuse, per poi dichiarare che i Macron avessero ordinato il suo assassinio.   Come riportato da Renovatio 21, Macron aveva chiesto personalmente a Trump di intercedere con la Owens per farla smettere di parlare dell’incredibile teoria per cui la Brigitta sarebbe nata uomo.  

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Immagine di Mélanie Praquin via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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Trump: Zelens’kyj deve indire le elezioni

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Il presidente statunitense Donald Trump ha invitato l’Ucraina a convocare elezioni, mettendo in dubbio le autentiche prerogative democratiche del Paese in un’intervista a Politico diffusa martedì.

 

Trump ha lanciato una nuova provocazione a Volodymyr Zelens’kyj, il cui quinquennio presidenziale è terminato a maggio 2024, ma che ha declinato di indire consultazioni elettorali presidenziali, invocando la legislazione di emergenza bellica.

 

Lo Zelens’kyj era stato scelto alle urne nel 2019 e, a dicembre 2023, ha annunciato che Kiev non avrebbe proceduto a elezioni presidenziali o legislative fintantoché perdurasse lo stato di guerra. Tale regime è stato decretato in seguito all’acutizzazione dello scontro con la Russia a febbraio 2022 e, da allora, è stato prorogato più volte dall’assemblea nazionale.

 

Trump ha dichiarato a Politico che la capitale ucraina non può più addurre il perdurante conflitto come pretesto per rinviare il suffragio. «Non si tengono elezioni da molto tempo», ha dichiarato Trump. «Sai, parlano di democrazia, ma poi si arriva a un punto in cui non è più una democrazia».

 

Rispondendo a un quesito esplicito sull’opportunità di un voto in Ucraina, Trump ha replicato «è il momento» e ha insistito che si tratta di «un momento importante per indire le elezioni», precisando che, pur «stiano usando la guerra per non indire le elezioni», gli ucraini «dovrebbero avere questa scelta».

 

Come riportato da Renovatio 21, il presidente della Federazione Russa Vladimiro Putin ha spesse volte dichiarato di considerare illegittimo il governo di Kiev, sostenendo quindi per cui firmare un accordo di pace con esso non avrebbe vera validità.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

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Tentativo di colpo di Stato in Benin

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Un gruppo di militari del Benin, paese dell’Africa occidentale, ha proclamato la propria ascesa al potere attraverso la tv di stato SRTB. Tuttavia, diverse fonti hanno indicato che un assalto alla residenza presidenziale è fallito.   I soldati hanno sfruttato la rete televisiva per annunciare la sospensione delle istituzioni nazionali e della Costituzione beninese, ordinando la chiusura di tutte le frontiere aeree, terrestri e marittime. Hanno designato il tenente colonnello Pascal Tigri come presidente del Comitato Militare per la Rifondazione (CMR), «a partire da oggi». In seguito, il segnale del canale è stato tagliato.   Il ministro degli Esteri del Benin, Olushegun Adjadi Bakari, ha riferito all’agenzia Reuters che «un piccolo gruppo» di militari ha orchestrato un tentativo di golpe, ma le truppe leali al presidente Patrice Talon sono al lavoro per ristabilire la normalità. «C’è un tentativo in corso, ma la situazione è sotto controllo… La maggior parte dell’esercito rimane fedele e stiamo riprendendo il dominio della faccenda», ha precisato.   Il governo ha poco fa diffuso un video in lingua francese per spiegare l’accaduto. A parlare è Sig. Alassane Seidou, ministro dell’Interno e della Pubblica Sicurezza del Paese.  

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«Cari concittadini, Nelle prime ore del mattino di domenica 7 dicembre 2025, un piccolo gruppo di soldati ha scatenato un ammutinamento con l’obiettivo di destabilizzare lo Stato e le sue istituzioni. Di fronte a questa situazione, le Forze Armate del Benin e i loro vertici, fedeli al giuramento, rimasero fedeli alla Repubblica».   «La loro risposta ha permesso loro di mantenere il controllo della situazione e di sventare la manovra. Di fronte a questa situazione, le Forze Armate del Benin e i loro vertici, fedeli al giuramento, rimasero fedeli alla Repubblica. Pertanto, il Governo invita la popolazione a continuare a svolgere le proprie attività come di consueto».   A Cotonou, la principale città del Benin, si sono sentiti spari sin dalle prime ore di domenica, sebbene le voci di un colpo di stato non siano ancora verificate, ha dichiarato Maxim Meletin, portavoce dell’ambasciata russa nel paese africano, all’agenzia African Initiative.   «Dalle 7 del mattino, abbiamo rilevato colpi d’arma da fuoco e detonazioni di granate nei dintorni della residenza presidenziale. Stando a indiscrezioni non confermate, militari beninesi si sono presentati alla tv nazionale per proclamare la destituzione del presidente», ha proseguito Meletin.   Una fonte vicina a Talon, interpellata da Jeune Afrique, ha raccontato che uomini in divisa hanno provato a irrompere nella residenza presidenziale intorno alle 6 del mattino ora locale, con il capo dello Stato ancora all’interno. L’incursione sarebbe stata sventata dalle guardie di sicurezza, e il presidente sarebbe illeso.   Tuttavia, questi dettagli non hanno ricevuto conferme indipendenti da canali ufficiali. Unità dell’esercito fedeli al regime in carica hanno risposto con una controffensiva. Si parla di elicotteri che pattugliano Cotonou, mentre varie zone del centro urbano risultano bloccate.   Talon è al timone del Benin dal 2016; il suo secondo e ultimo mandato scadrà nel 2026. La Carta Costituzionale ammette soltanto due quinquenni presidenziali, e le urne per il dopo-Talon sono in programma il 12 gennaio 2026.   Nell’agosto 2025, la maggioranza al governo ha sostenuto la corsa alla presidenza del ministro dell’Economia e delle Finanze, Romuald Wadagni.

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