Persecuzioni
Birmania, ucciso prete cattolico

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Un sacerdote di 44 anni colpito a morte da una banda armata in un villaggio della regione del Sagaing. La Conferenza episcopale: «Vittima della guerra come innumerevoli persone innocenti». L’arcivescovo di Mandalay mons. Marco Tin Win: «questa straziante tragedia inviti tutti a destarsi»
La Conferenza Episcopale del Myanmar ha espresso oggi la sua condanna per la brutale uccisione di padre Donald Martin Ye Naing Win, sacerdote cattolico di 44 anni, avvenuta la sera del 14 febbraio nella regione del Sagaing, una di quelle più duramente ferite dalla guerra che dura ormai da oltre quattro anni.
Padre Donald Martin, del clero dell’arcidiocesi di Mandalay, situata nella parte centrale del Myanmar, è stato ucciso mentre svolgeva il suo ministero pastorale nella parrocchia a lui assegnata, la chiesa di Nostra Signora di Lourdes, nel villaggio di Kan-Gyi-Daw, nella township di Shwebo. La parrocchia conta ben 38 famiglie cattoliche che fanno capo alla chiesa di Nostra Signora di Lourdes.
Il sacerdote è stato ucciso da un commando di uomini armati che avrebbero anche infierito sulle sue spoglie, ma non è ancora chiaro a quale milizia appartenessero.
«Che il sangue e i sacrifici di innumerevoli persone innocenti, come padre Donald Martin Ye Naing Win, possa servire come offerta per porre fine alla violenza che ferisce tutta la nazione. Imparando da queste esperienze strazianti che abbiamo vissuto, risevgliamo lo spirito fraterno ed eleviamo un accorato appello per porre fine alla violenza.», scrive la Conferenza Episcopale in una nota firmata a loro nome dal card. arcivescovo di Yangon, mons. Charles Bo.
Esprimendo la loro profonda angoscia e tristezza, i vescovi del Myanmar aggiungono: «mentre la Chiesa prega per la giustizia, esortiamo i responsabili ad assumersi la piena responsabilità per l’uccisione di padre Donald Martin e ad assicurare che simili tragedie non si ripetano». «Possa l’anima di padre Donald Martin Ye Naing Win riposare nella pace eterna grazie alla misericordia di Dio», conclude la Conferenza episcopale birmana.
Padre Donald Martin era nato l’11 novembre 1981 ed era stato ordinato sacerdote il 20 marzo 2018 nella chiesa dell’Assunzione di Pyin Oo Lwin. In questi anni ha vissuto il suo servizio con fede incrollabile e coraggio, incarnando il suo motto sacerdotale tratto dal Vangelo di Giovanni «Mi ami tu più di costoro? Pasci le mie pecore» (Gv 21,15).
Commentando la sua morte, l’arcivescovo di Mandalay Marco Tin Win ha detto: «traiamo insegnamento da questa straziante tragedia. Invitiamo tutti i fratelli e le sorelle a destarsi e a porre fine alla violenza».
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Immagine da AsiaNews; rielaborata
Persecuzioni
Arcivescovo armeno condannato a due anni di carcere

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Persecuzioni
Il ministro israeliano Katz: suore e clero cristiano saranno considerati terroristi se non lasceranno Gaza

Mercoledì il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha minacciato affermando che i residenti della città di Gaza, colpita dalla carestia, hanno un’«ultima opportunità» di fuggire a sud o di essere classificati come «terroristi», mentre l’esercito israeliano sostenuto dagli Stati Uniti continua la sua operazione di pulizia etnica volta a radere al suolo ogni edificio della città. Lo riporta LifeSite,
Con un tweet su X, il Katz ha annunciato che l’esercito di occupazione israeliano (IDF) aveva quasi circondato Gaza City. «Questa è l’ultima opportunità per i residenti di Gaza che lo desiderano di spostarsi a sud e lasciare i terroristi di Hamas isolati a Gaza City, di fronte alle operazioni in corso dell’IDF a pieno regime».
«Coloro che rimarranno a Gaza saranno considerati terroristi e sostenitori del terrorismo», ha avvertito.
Secondo l’IDF, circa 780.000 civili palestinesi sono fuggiti da Gaza City da agosto, mentre altre stime riportano che la cifra si aggirerebbe intorno ai 400.000, su un totale di circa 1 milione. Ciò significa che diverse centinaia di migliaia di persone rimangono in città per vari motivi, tra cui malattie, debolezza a causa della carestia, anziani o disabili, per sopportare un altro crimine contro l’umanità, ovvero lo sfollamento.
Tra coloro che hanno deciso di restare ci sono religiosi e sacerdoti cattolici e ortodossi che hanno concluso che la loro responsabilità è quella di rimanere con i disabili e i malnutriti dei loro gruppi sfollati, che hanno trovato rifugio nelle rispettive parrocchie di Gaza City.
In una dichiarazione del 26 agosto dei Patriarcati latino e greco di Gerusalemme, guidati rispettivamente dal cardinale Pierbattista Pizzaballa e da Teofilo III, è stato spiegato che per coloro che sono indeboliti e malnutriti a causa della carestia provocata dall’uomo in Israele, insieme ai disabili, lasciare Gaza City «e cercare di fuggire verso sud sarebbe niente meno che una condanna a morte».
E così, per queste ragioni, le Missionarie della Carità di Santa Madre Teresa, insieme al clero che si è preso cura di queste persone vulnerabili, «hanno deciso di rimanere e continuare a prendersi cura di tutti coloro che saranno nei complessi».
All’inizio del mese scorso Tel Aviv ha ordinato la completa evacuazione di Gaza City, costringendo i palestinesi sfollati a spostarsi a sud nella regione di Mawasi, che l’esercito israeliano ha definito «zona sicura», nonostante l’abbia bombardata più volte.
«Si chiama zona sicura, ma viviamo qui da mesi e sappiamo per certo che non è sicura», ha detto un giornalista sfollato ad Al Jazeera. «Come posso definirla sicura quando Israele ha ucciso e bombardato mia sorella proprio all’interno di questa “zona sicura”?»
A causa dei bombardamenti di routine e delle occasioni in cui i palestinesi sfollati e affamati vengono spesso colpiti dai cecchini israeliani sostenuti dagli Stati Uniti mentre cercano aiuti umanitari, molti altri sono rimasti a Gaza City.
L’attivista Jason Jones in un articolo di mercoledì che affrontava questi eventi ha scritto che «non si può sopravvalutare l’urgenza morale della situazione. È imperativo che i cristiani di ogni tipo e tutte le persone di buona volontà siano solidali con la comunità attualmente minacciata a Gaza».
Jones, fondatore e presidente del Vulnerable People Project ha avvertito che «il presidente Trump sembra contento di starsene seduto a guardare mentre le forze israeliane uccidono i cristiani di Gaza, tra cui le Missionarie della Carità, insieme ad altri che la comunità cristiana ha preso sotto la sua cura».
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Immagine di Catholic Church of England and Wales via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Persecuzioni
Nuovo rapporto sulle comunità cristiane in Nigeria

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