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Bergoglio e l’«Opus Gay»

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Ad un convegno tradizionalista di una diecina di anni fa incontrai un anziano, coriaceo studioso straniero di cose cattoliche – una persona speciale, un amico. Si occupava di cose di Chiesa da molto prima che nascessi, e aveva ovviamente ancora qualche entratura dentro le strutture del Sacro Palazzo.

 

Eravamo a pochi mesi dal bizzarro conclave che elesse Bergoglio, e si discuteva cosa stesse succedendo in Vaticano. Mi sparò, con stupendo accento oltremontano, una battuta poco politicamente corretta, che disse di aver sentito da un amico che lavorava oltretevere: «a Rhoma ora ci sono tre opuss: opuss dèi, opus ghei, opuss ebrheih».

 

Riguardo alla precisione di questa battuta – da cui prendo ovviamente le distanze – gli anni successivi mi avrebbero dato qualche dimostrazione.

 

L’Opus Dei, pare che contrariamente a quanto previsto scherzosamente abbia invece perso potere, anche se di sforzi per restare a galla deve averne fatti: un po’ il destino di CL, che prese botte dal pontefice per un primo periodo, poi fece un po’ di «aperture» (lato sensu, stricto sensu) per tornare nelle grazie della centrale, e adesso non sappiamo bene che fine abbia fatto.

 

Riguardo agli ebrei, l’immagine che torna è quella di Netanyahu che guida Bergoglio alla tomba di Theodor Herzl, il fondatore del sionismo, che fu ricevuto da papa San Pio X ricevendo secchiate di acqua (santa) fredda riguardo un appoggio cattolico al ritorno degli ebrei in Palestina. Stiamo vedendo, ora, le ramificazioni dell’azione di Herzl, e con le chiese e le suore bombardate a Gaza ci si chiede davvero il significato storico e metastorico della peregrinatio papale alla lapide dell’archetipo sionista.

 

Per quanto concerne l’«Opus gay», davanti ai nostri occhi abbiamo da qualche ora l’ultimo sviluppo. Le agenzie di tutto il mondo hanno battuto la notizia, compreso il portale Vatican News, che ha usato le stesse parole di chiunque altro. Si tratta di una «dichiarazione dottrinale apre alle benedizioni per coppie “irregolari”». C’è quel verbo che torna sempre, «aprire». La Santa Sede «apre».

 

«Con Fiducia supplicans del Dicastero per la Dottrina della Fede, approvata dal Papa, sarà possibile benedire coppie formate da persone dello stesso sesso ma al di fuori di qualsiasi ritualizzazione e imitazione delle nozze» scrive il sito vaticano.

 

«Di fronte alla richiesta di due persone di essere benedette, anche se la loro condizione di coppia è “irregolare”, sarà possibile per il ministro ordinato acconsentire» è scritto. Nella neolingua catto-orwelliana, «irregolare» significa LGBT, o, per usare una parola biblica, sodomita, et similia. Fiducia supplicans riguarda «la possibilità di benedire le coppie in situazioni irregolari e le coppie dello stesso sesso» il «Dicastero ha preso in considerazione diverse domande, sia formali che informali, circa la possibilità di benedire coppie dello stesso sesso e circa la possibilità di offrire nuovi chiarimenti, alla luce dell’atteggiamento paterno e pastorale di Papa Francesco».

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Bisogna rendersi conto che erano 23 anni (dalla Dominus Jesus, anno 2000) che il Dicastero della Dottrina della Fede non pubblicava una dichiarazione. Appena arrivato, il cardinale Victor Manuel Fernández, già noto per i sui libri monografici sul bacio, ha pensato bene che era il caso di uscire subito per benedire le coppie omosessuali: si tratta il «significato pastorale delle benedizioni», permettendo «di ampliarne e arricchirne la comprensione classica» attraverso una riflessione teologica «basata sulla visione pastorale di Papa Francesco».

 

Non è chiaro se il cardinale argentino esperto di kissing, sappia di cosa stia parlando. Cioè se ha presente cosa sono le «coppie dello stesso sesso»: abbiamo idea che, nella finzione dell’accrocchio LGBT, non si tratti di bisessuali o transessuali (per loro c’è già un’altra pista di decollo preparata) e anche delle lesbiche, un tempo note per la loro «monogamia» fondamentalista. Parliamo, ovviamente, del gruppo dominante, quello degli omosessuali maschi.

 

E come sia struttura una coppia di omosessuali, oggi, non sappiamo nemmeno se si possa dire. Tempo fa abbiamo cercato informazioni sulla promiscuità omosessuale, rilevando che per Wikipedia non vi sarebbe alcuna differenza con gli eterosessuali, che avrebbero in media lo stesso numero di partner. Noi ricordavamo un’aneddotica diversa: maschi che hanno decine, centinaia di partner nell’arco di poco tempo.

 

L’esempio che sale alla mente è il paziente zero dell’AIDS, allora malattia sconosciuta (la chiamavano GRID, Gay Related Immunodeficiency, ovvero «Immunodeficienza dei gay»), lo steward canadese Gaëtan Dugas, il quale ammise di avere centinaia di partner sessuali all’anno per un computo che superava, nel solo Nordamerica, i 2500 dal 1972. Si dice che grazie alla lista dei suoi amanti occasionali (avevo lo scrupolo di annotare i nomi, cosa non semplice in certi ambienti, come i cessi pubblici, i cespugli, le dark room) si riuscì a costruire una genealogia dell’epidemia di AIDS.

 

La promiscuità dei gay oggi è negata dalle fonti, con studi alla mano: e ai tempi di Tinder potrebbe pure essere vero che gli eterosessuali fanno più o meno così anche loro, del resto Tinder deriva da Grindr, l’app per incontri gay dove si dice tanti sacerdoti siano impigliati e che, idea che porta avanti Renovatio 21, potrebbe essere alla base dell’accordo sino-vaticano (il software, che potrebbe sputtanare chissà quanta gerarchia cattolica, è passato per le mani di una società cinese…).

 

È un fatto: l’eterosessualità, per via culturale (film, serie, articoli di giornale: è la cosiddetta hookup culture, quella del sesso immediato con chi si conosce), modistica (i metrosexual) e perfino informatica, è stata colonizzata dalla sensibilità gay, e lo stesso dicasi per certo mondo lesbico, che pare oggi essersi allontanato dal monogamismo ossessivo di una volta (forse uno dei motivi per i quali la società dei «bigotti» tendeva nei loro confronti ad essere più tollerante). Anche qui: serie TV, film, produzione culturale sulla lesbica promiscua, che fino a poco fa poteva sembrare una contradictio in adiecto.

 

E le «coppie gay»? L’idea che gli omosessuali maschi avessero relazioni stabili monogamiche arrivò al grande pubblico con il film di Tom Hanks Philadelphia (1997). Chi scrive ha notato come con gli anni Duemila hanno cominciato a rendersi visibili all’aperto; non perché si tenessero per mano, ma perché, in alcuni casi, ci si trovava davanti a due persone grottescamente simili: stessa capigliatura, stessa barba, stesso maglione, stessi vestiti, tipo dei gemelli omozigoti, specchiati. Un fenomeno che non ho mai capito fino in fondo, anche se immagino che l’esorcismo del tradimento possa avere un ruolo.

 

(Una sera a Firenze, una coppia di questo tipo si avventò contro una tavolata di amici con cui stavo passando un dopo-conferenza a Firenze: erano stati in silenzio con espressione greve in un tavolino in fondo per tutta la serata, probabilmente, in mancanza dell’umore e di argomenti con cui chiacchierare assieme ad uno che è vestito e pettinato come una tua copia speculare, origliarono molto i nostri gioviali discorsi, e andando via vennero da noi per urlare alla nostra allegra combriccola che Gesù cristo si sarebbe vergognato di noi – già l’uso del tempo passato già diceva molto, ma ricordo ancora come alcuni commensali, cattolici del semplice vecchio tipo, non capirono cosa stesse accadendo)

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Appena ventenne, chi scrive fu portato dalla sua ragazza e da una sua amica – una di quelle attorniata da gay, dette nel loro gergo interno fag-hug – in un bed and breakfast sulle colline sopra Nizza. A gestirlo c’era una «coppia» di personaggi provenienti da varie parti d’Europa: un trentenne, un ragazzo la cui bellezza saltava all’occhio, e un signore, una vita in giro per i mari del mondo, molto più anziano.

 

Avevo maturato l’impressione che il bel ragazzo, sicuro di sé, si facesse un po’ gli affari suoi, andava in una spiaggia determinata, etc. A bordo piscina sotto il sole della prima estate, il fidanzato della nostra amica mi spiegò, con strana naturalezza, come funzionano le cose in certe «coppie»: esiste, raccontava, una regola di alcuni ménage gay per cui se vuoi «tradire» il compagno lo puoi fare a patto che poi porti l’amante occasionale a casa, di modo che lo possa in caso «conoscere» anche il «tradito».

 

Tale idea veniva accettata dal mio interlocutore – un marcantonio romano buono come il pane – con certa normalità, mentre io mi chiedevo se il senso di scandalo e ripulsa che provavo dentro di me fosse giustificato. Entrambe le nostre ragazze lavoravano nel giro della moda a Milano, e quindi l’antropologia omosessuale, per quanto allora ancora non totalmente disinibita, era un elemento inevitabile delle loro vite. È, con evidenza, solo un aneddoto personale: magari mi sono imbattuto in una coppia gay perversa, così come quelle degli etero scambisti, certo. Non credo che troverò studi e statistiche a riguardo su Wikipedia.

 

Tuttavia, quando il cardinale Tucho Fernandez e il papa Bergoglio vogliono che si benedicano le «coppie gay», prima ancora che alla contraddizione ideologica riguardo alla benedizione di qualcosa che la Scrittura giudica «male», io penso a cosa vi sia nelle «coppie» che si presenteranno.

 

Non bisogna farsi illusioni, fa parte solamente di un processo di trasformazione sociale deciso dai signori del mondo e quindi ora propalato, come tutti gli altri – dal vaccino, all’immigrato, all’eco-fascismo alla produzione degli umani in provetta in giù – dal papato del Nuovo Ordine Mondiale.

 

Perché la «coppia gay» è un’operazione politica. Possiamo rileggere dei passaggi del libro Il movimento gay in Italia (1999), quando si parlava delle «unioni civili», poi divenute realtà con Renzi e la Cirinnà: «Le unioni civili sono un obiettivo simbolico formidabile. Rappresentano infatti la legittimazione dell’identità gay e lesbica attraverso una battaglia di libertà come quelle sul divorzio o sull’aborto, che dispone di argomenti semplici e convincenti: primo fra tutti la proclamazione di un modello normativo di omosessualità risolto e rassicurante. Con la torta nel forno e le tendine alle finestre, come l’ha definito una voce maligna».

 

La «torta nel forno e le tendine alle finestre»: definizione mirabile del lavoro percettivo che è stato fatto. Le coppie gay sono coppie – è gente per bene, gente che si vuole bene, sono di fatto famiglie come le altre, cucinano le stesse cose, arredano allo stesso modo.

 

«Il messaggio è più o meno il seguente: i gay non sono individui soli, meschini e nevrotici, ma persone splendide, affidabili ed equilibrate, tanto responsabili da desiderare di mettere su famiglia. Con questo look “affettivo” non esente da rischi di perbenismo si fa appello ai sentimenti più profondi della nazione e si vede a portata di mano il traguardo della normalità». Stiamo sempre prendendo dal movimento gay in Italia (1999), citato in un vecchio seminale articolo dello psicologo Roberto Marchesini apparso su Cristianità.

 

Il testo, scritto da un giornalista militante del movimento omosessuale oramai un quarto di secolo fa, andava avanti con profetico slancio: «A questa porta si bussa con discrezione, assicurando che non si vuole assolutamente il matrimonio omosessuale: questa prospettiva fa inorridire gli stessi gay. E nemmeno si rivendica la possibilità di adottare figli per le coppie omo, perché i tempi non sono maturi. Ci si accontenterebbe di regolare la questione dell’eredità, della pensione, dell’affitto, della reciproca assistenza fra i partner».

 

Sarebbe andata direttamente così: tutti a urlare che le unioni civili approvate non sono un matrimonio, anche se ne hanno tutto l’aspetto, con in più un diritto di cui gli sposati etero non dispongono: nelle unioni civili non vi è (guarda guarda) l’obbligo di fedeltà, cui invece è tenuto chi si sposa sia in chiesa che in comune. All’epoca vi fu il commento del politico omo-piddino, che parlò di retaggio medievale di cui un giorno si sarebbero liberati anche gli eterosessuati. Considerando come è andata con Tinder e la hookup culture, potrebbe avere decisamente ragione. La società intera viene gradualmente omosessualizzata.

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Il libro After the Ball (1989), una sorta di manifesto scritto da un neuropsichiatra e da un dirigente pubblicitario dove era enunciata l’intera strategia di normalizzazione degli omosessuali, riassumeva specificando che «noi non stiamo combattendo per sradicare la Famiglia: stiamo combattendo per il diritto a essere Famiglia (…) non è importante se i nostri messaggi sono bugie; non per noi, perché li stiamo usando per un effetto eticamente buono, per opporci a stereotipi negativi che sono sempre un pochino falsi, e molto di più malvagi; non per i bigotti, perché i messaggi avranno il loro effetto su di loro sia che ci credano sia che non ci credano».

 

Ecco, la nuova famiglia, o il surrogato invertito di essa ora è benedetto dal papa. Il percorso lo abbiamo visto da subito: il favore per l’«opus gay» era intuibile quando la giornalista brasiliana Ilse Scamparini, ancora nel 2013, gli chiese di ritorno dal suo primo viaggio apostolico riguardo al «prelato della lobby gay» (definizione da titolo della copertina de L’Espresso) che era suo ospite a Santa Marta, ottenendo come risposta il famigerato «chi sono io per giudicare?».

 

La faccenda continuò con il caso McCarrick, di cui ci diede testimonianza – pagando – monsignor Carlo Maria Viganò, che raccontò di come gli sembrò che, appena incontrato, il papa gli chiese del cardinale americano, quasi che fosse una trappola, un modo per vedere come reagiva. McCarrick sarebbe stato sberrettato solo in seguito, quando le accuse (oscene davvero: parliamo di ragazzini) rimbalzarono sul New York Times divenendo non più spazzabili sotto il tappeto. McCarrick, ricordiamo, è considerato importante per la stesura dell’accordo sino-vaticano (con l’ondata di martiri conseguente), e si dice che dormisse nel seminario della Chiesa Patriottica cinese, ossia la versione della Chiesa Cattolica secondo il Partito Comunista Cinese.

 

Altri segni li abbiamo visti nel tempo. Esalta a più riprese il gesuita pro-LGBT James Martin. Riceve transessuali in udienza privata, poi permette loro di fare da padrini ai battesimi. Condanna le leggi anti-sodomia dei Paesi africani. Pranza con un pullman di travestiti di Ostia. L’opera omotransessualista ha tanti capitoli, impossibile ricordarseli tutti.

 

Il disegno ad alcuni sembrerà completo, tuttavia non è così.

 

Anni fa scrivemmo del caso di Don Milani: incredibilmente, mentre sui giornali nazionali infuriava la polemica su un romanziere che nel suo ultimo libro sembrava suggerire che il sacerdote fosse pedofilo (idea che, secondo alcuni, potrebbe emergere anche da alcune sue lettere) la sua figura veniva celebrata in pompa magna dal ministero dell’Istruzione della Repubblica Italiana e dal papa stesso, che compose messaggi esaltando il Milano e visitando personalmente la tomba del Milani a Barbiana (era lo stesso anno in cui aveva reso omaggio a Herzl con a fianco Netanyahu, il 2017).

 

La schizofrenia diveniva ogni giorno più evidente, la dissonanza cognitiva era tanta: la grande stampa si accapigliava su una presunta pedofilia del Milani; il papato, di contro, non fuggiva, anzi, si produceva in manifestazioni di affetto assoluto per la figura del «maestro». C’era da rimanerci basiti. C’era da cominciare a farsi qualche domanda abissale.

 

Ecco, non siamo sicuri che l’omosessualità sarà l’ultimo fenomeno sdoganato e benedetto dal papato del Male.

 

Come ripetono i Vangeli: Qui habet aures audiendi, audiat.

 

Roberto Dal Bosco

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Vescovo austriaco nominato da Bergoglio assume omosessuale «sposato» come segretario personale

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Un vescovo austriaco ha nominato un uomo dichiaratamente omosessuale e civilmente «sposato» come suo segretario personale. Lo riporta Novus Ordo Watch.   Il vescovo Johannes Freitag, vescovo ausiliare della diocesi di Graz-Steckau, avrebbe assunto D. K.-W. come suo segretario particolare. Monsignor Freitag è stato nominato vescovo ausiliare di Graz-Steckau il 31 gennaio 2025 da Bergoglio.   Una foto sul profilo Instagram del partner dell’uomo li mostra mentre celebrano il loro quarto anniversario di «matrimonio». Una foto sul sito web della Salinenmusik Altaussee documenta la cerimonia, avvenuta il 21 luglio 2018.   Prima di diventare segretario di monsignro Freitag, K.W. avrebbe lavorato come segretario generale della comunità ebraica di Graz, come indica una versione archiviata del sito web. Non è chiaro se aderisca o meno ai principi dell’ebraismo, della fede cattolica o di un altro credo.

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Il sito web della diocesi indica K.-W. come segretario e maestro di cerimonie di Freitag, riporta LifeSite.   L’uomo possiederebbe anche competenze sartoriali professionali e le avrebbe dimostrate disegnando i costumi per un evento LGBT Pride austriaco chiamato Tuntenball, come sarebbe rivelato un articolo della rivista arcobaleno Panthera del febbraio 2016   La diocesi di Graz-Steckau è guidata dal vescovo Wilhelm Krautwaschl che, nel dicembre 2023, ha accolto con favore il documento vaticano sulle «benedizioni» per le persone dello stesso sesso, Fiducia Supplicans.   «Chiunque chieda una benedizione dimostra di aver bisogno della presenza salvifica di Dio, e questa benedizione non deve essere negata», ha affermato Krautwaschl.   Il presule austriaco ha sostenuto che l’ultimo documento vaticano è una continuazione del metodo di «cura pastorale» praticato da papa Francesco fin dalla sua lettera post-sinodale Amoris Laetitia, che sembrava dare autorità alla Comunione per i divorziati «risposati».

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Immagine degli interni barocchi del Duomo di Graz Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia  
 
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Il cardinale Zen condanna il «pellegrinaggio» LGBT nella Basilica di San Pietro: «offesa a Dio»

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Il cardinale Joseph Zen ha denunciato il pellegrinaggio LGBT in Vaticano e si è unito agli appelli di altri vescovi affinché compiano riparazioni per la profanazione della Basilica di San Pietro. Lo riporta LifeSite.

 

In una dichiarazione in lingua cinese pubblicata mercoledì, Zen ha scritto: «recentemente è emersa la notizia che un’organizzazione LGBTQ+ ha organizzato un evento per l’Anno Santo, in cui i partecipanti sono entrati nella Basilica di San Pietro a Roma per attraversare la Porta Santa».

 

«Ostentavano oggetti di scena color arcobaleno, indossavano abiti con slogan e coppie dello stesso sesso si tenevano per mano con passione: era puramente un’azione di protesta», ha osservato il vescovo emerito di Hong Kong.

 

«Questo non era un pellegrinaggio giubilare (in cui i credenti rinnovano i voti battesimali, si pentono dei peccati e si impegnano a riformarsi). Tali azioni offendono gravemente la fede cattolica e la dignità della Basilica di San Pietro: una grave offesa a Dio!»

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«Il Vaticano era a conoscenza di questo evento in anticipo, ma non ha poi emesso alcuna condanna. Troviamo ciò davvero incomprensibile!»

 

Zen ha sottolineato che «coloro che provano attrazione per persone dello stesso sesso» dovrebbero essere trattati con beneficenza; tuttavia, «non possiamo dire loro che il loro stile di vita è accettabile».

 

«Non siamo Dio», ha continuato. «Dio ci chiama a trasmettere ciò che Gesù ci ha insegnato: il vero amore per loro. Dobbiamo aiutarli a ottenere la grazia attraverso la preghiera e i sacramenti per resistere alla tentazione, vivere virtuosamente e percorrere la via verso il cielo».

 

Zen ha fatto riferimento alla richiesta di atti di riparazione avanzata da quattro vescovi: il vescovo Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana, Kazakistan; il vescovo Joseph Strickland, vescovo emerito di Tyler, Texas; il vescovo Marian Eleganti, vescovo ausiliare emerito di Coira, Svizzera; e il vescovo Robert Mutsaerts, ausiliare di ‘s-Hertogenbosch, Paesi Bassi.

 

Il porporato cinese ha affermato di sostenere fermamente questo appello e ha suggerito che, dopo la Festa di metà autunno in Cina, i fedeli dovrebbero «riunirsi con i parrocchiani vicini per tre giorni per recitare le preghiere allegate».

 

«Inoltre, compite un atto di abnegazione o un atto di carità per offrire riparazione davanti a Dio per i peccati dei nostri fratelli e sorelle che hanno sbagliato», ha concluso.

 

Il cardinale Zen ha allegato al suo messaggio la preghiera di riparazione compilata dai quattro vescovi e recitata alla Conferenza sull’identità cattolica lo scorso fine settimana.

 

Il vescovo emerito di Hong Kong si aggiunge alla lista dei prelati ortodossi che hanno pubblicamente condannato il «pellegrinaggio LGBT» in Vaticano. Oltre ai quattro vescovi che hanno redatto la preghiera di riparazione, l’evento è stato criticato anche dal cardinale Gerhard Müller, che ha affermato che si trattava «indubbiamente» di un sacrilegio.

 

Come riportato da Renovatio 21, il cardinale Zen la scorsa estate aveva scritto che «il Dio misericordioso è così disgustato dai comportamenti sessuali tra persone dello stesso sesso perché questo crimine è troppo lontano dal piano di Dio per l’uomo (…) Il Suo piano è che un uomo e una donna si uniscano in un solo corpo con un unico ed eterno amore e cooperino con Dio. Una nuova vita può nascere e crescere nel calore della famiglia».

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Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato lo Zen si era scagliato contro Fiducia Supplicans arrivando a chiedere le dimissioni dell’autore del testo, il cardinale Victor «Tucho» Fernandez, eletto da Bergoglio a capo del Dicastero per la Dottrina della Fede.

 

Il porporato in questi mesi ha attaccato con estrema durezza il Sinodo sulla Sinodalità, accusando Bergoglio di usare i sinodi per «cambiare le dottrine della Chiesa», nonché «rovesciare» la gerarchia della Chiesa per creare un «sistema democratico».

 

Come riportato da Renovatio 21, pochi giorni fa il cardinale Zen ha celebrato una messa tradizionale per la festa del Corpus Domini e ha guidato una processione per le strade di Hong Kongo, città dove le autorità, ora dipendenti da Pechino, lo hanno arrestato ed incriminato, nel silenzio più scandaloso del Vaticano (mentre, incredibilmente, il Parlamento Europeo esorta la Santa Sede a difenderlo!), con il papa Bergoglio a rifiutarsi di difendere il cardinale in nome del «dialogo» con la Cina comunista che lo perseguita.

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Immagine di Rock Li via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported; immagine tagliata 

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Trump prende in giro l’ideologia transgender «woke» nell’incontro con il premier del Canada

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Durante un incontro di persona con il primo ministro canadese Mark Carney, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump non ha trattenuto le sue critiche, attaccando apertamente l’ideologia transgender estrema e «woke», in particolare la partecipazione di uomini negli sport femminili e le mutilazioni genitali sui minori.   «Non abbiamo sport maschili e femminili. Voglio dire, cose basilari. Non ti porteremo via un figlio e non gli cambieremo il sesso», ha dichiarato a Carney alla Casa Bianca.   Trump ha poi rincarato la dose, dicendo al primo ministro canadese: «Non faremo cose del genere. Quello che stanno facendo al Paese è incredibile. E l’hanno fatta franca, con tutta la loro roba woke, e ora è finita. E noi abbiamo un Paese che si basa sul buon senso, sulla forza e sull’intelligenza».      

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Carney ha una figlia che si identifica come non binaria. Il governo federale liberale canadese, precedentemente guidato da Justin Trudeau e ora da Carney, ha investito miliardi per promuovere l’agenda LGBT.   Carney si trovava a Washington per discutere di accordi commerciali con Trump. Al termine dell’incontro, ha dichiarato che il Canada intende investire 1.000 miliardi di dollari negli Stati Uniti nei prossimi anni, a condizione che si raggiunga un’intesa commerciale.   In passato, Trump ha proposto pesanti dazi doganali sui prodotti canadesi e ha più volte suggerito che il Canada diventi uno stato americano, spesso accompagnando tali dichiarazioni con l’introduzione o la discussione di dazi sui prodotti canadesi.   Durante il vertice del G7 di giugno, tenutosi nella zona di Kananaskis, in Alberta, Carney ha lodato la «leadership» mondiale di Trump, nonostante avesse espresso critiche significative nei suoi confronti durante la campagna elettorale.   Le evidenze indicano che le persone sottoposte a procedure di «transizione di genere» hanno un rischio maggiore di suicidio rispetto a coloro che non si sottopongono a tali interventi irreversibili. Oltre a sostenere la falsa convinzione che il sesso di una persona possa essere modificato, gli interventi chirurgici e i farmaci per le persone transgender sono stati associati a danni fisici e psicologici permanenti, tra cui malattie cardiovascolari, perdita di densità ossea, cancro, ictus, coaguli di sangue e infertilità.   Nel frattempo, uno studio sugli effetti collaterali degli interventi chirurgici di «cambio di sesso» ha rilevato che l’81% di coloro che vi si sono sottoposti negli ultimi cinque anni ha riferito di aver provato dolore anche con i normali movimenti nelle settimane e nei mesi successivi, oltre a numerosi altri effetti collaterali negativi.  

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