Connettiti con Renovato 21

Politica

Assad for president

Pubblicato

il

Il Capo dello Stato italiano si gode ben 4 minuti di applausi sul palco reale della Scala di Milano. Chi si manifesta alla prima della Scala raramente è alieno all’establishment, quasi sempre gli è caro: vale tanto per chi è osannato, quanto per chi si spella le mani. La serata milanese è l’istantanea perfetta dell’Occidente sazio e disperato, stordito e smidollato, che balla ebbro a bordo del Titanic.

 

Noi invece, da alieni, vorremmo riservare non 4, ma almeno i proverbiali 92 minuti di applausi, con standing ovation, al Capo dello Stato siriano Bashar al Assad, un uomo al comando di una piccola nazione in guerra ininterrotta da nove anni. Nove lunghissimi anni. Perché l’intervista che ha reso a fine novembre all’ex presidente Rai Monica Maggioni è stata impeccabile: limpida, sincera, potente. A tratti commovente, come quando si è definito, alla pari di tutti i siriani, un sopravvissuto. «In una guerra nazionale come questa, in cui quasi tutte le città sono state danneggiate dal terrorismo o dai bombardamenti esterni, allora puoi parlare di tutti i siriani come sopravvissuti…Faccio parte di quei siriani, non posso essere disconnesso da loro». Del resto, nessuno più di lui incarna oggi il bersaglio del potere omicida dell’impero occidentale e della correlativa mistificazione mediatica che ad esso tenta di fare da scudo.

 

La storia della mancata messa in onda dell’intervista sui palinsesti nazionali è nota, ed è francamente incredibile. Che 24 minuti di materiale giornalistico di primissima scelta, su tema così scottante e con attori di tanto calibro, siano rigettati dalla Tv di stato è qualcosa che, con ogni evidenza, ha a che fare con la parola “censura”. Non è un passaggio difficile da comprendere, considerata l’immagine adamantina che dal servizio esce di un preteso dittatore sanguinario, capo – secondo la narrazione mainstream da lui stesso evocata – di un «cattivo governo che uccide la brava gente».

 

È più difficile comprendere, piuttosto, perché i vari inviati di guerra italiani – tra cui Micalessin, che con la Maggioni ha il trascorso di «un lungo legame sentimentale» – minimizzino la vicenda, imputando l’oscuramento a beghe, personali e sindacali, interne alla azieda. Foa intanto, come sempre, appare disperso.

 

Assad, con olimpica serenità, accusa l’Europa (oltre agli Stati Uniti) di avere sostenuto il terrorismo, e di essere dalla prim’ora il principale responsabile della creazione del caos in Siria. Ma come, mamma UE, quella che vuole il nostro benessere e la nostra pace, quella che vuole a tutti i costi aiutarci coll’imposizione del MES, sarebbe complice delle stragi siriane? Non va bene, no.

 

«La situazione – spiega il Presidente – non era quella che ha tentato di mostrare la narrativa occidentale; la narrativa occidentale cercava di mostrare i siriani in lotta l’uno contro l’altro, in quella che hanno chiamato una “guerra civile”, e ciò è fuorviante. La situazione non era di guerra civile». E continua: «Non c’è una guerra settaria, non c’è una guerra etnica, non c’è una guerra politica: erano terroristi, sostenuti da potenze estere che avevano denaro e armamenti e occupavano quelle aree».

 

Ma come, non c’è mai stata una “guerra civile” in Siria? Assad lo spiega incontrovertibilmente: No, l’unica cosa che c’è stata, è il terrorismo. E il terrorismo è stato spinto e armato dall’Europa, dagli USA, dalla Turchia. E nemmeno questo va a genio, ovviamente, ai padroni del vapore. Proprio no.

 

Decisamente intollerabile, poi, che Assad, pure con delicatezza, ridimensioni uno degli esponenti più in vista della cupola mondiale, e definisca con eleganza Bergoglio “male informato” sui fatti siriani in quanto vittima pure lui della narrazione dominante. Chi altri ha il coraggio di parlare così? Non c’è il rischio che si apra una breccia nella diga, per cui potremmo cominciare a dire anche noi che Bergoglio è “male informato” per esempio su immigrazione, culti tribali, omosessualismo, genderismo, dottrina cristiana?

 

Possiamo davvero fare a meno del Vaticano? Assad sembra dire, e in modo convincente, di sì: io sono qua e ho difeso il mio popolo comunque, anche contro il Vaticano “disinformato”. A Bergoglio che gli dà lezioni di umanità risponde con una lezione di logica, spiegando come «senza il sostegno del popolo non puoi avanzare politicamente, militarmente, economicamente e in ogni aspetto. Non avremmo potuto sostenere questa guerra per nove anni senza il sostegno pubblico. E non avremmo potuto avere sostegno pubblico mentre si stavano uccidendo civili. Questa è una equazione, una equazione evidente, nessuno può smentirla».

 

Ma gli manda a dire qualcosa di più: gli spiega che, siccome il Vaticano è uno Stato sovrano, come qualsiasi altro Stato che si preoccupi della sorte dei civili, ha il dovere di risalire alle ragioni del problema, e «la ragione principale è il ruolo occidentale nel sostenere i terroristi e le sanzioni contro il popolo siriano che hanno peggiorato la situazione». Il Vaticano, anzi, se davvero facesse il proprio dovere, dovrebbe «convincere molti stati a smettere di immischiarsi nella questione siriana, a smettere di violare il diritto internazionale». Infatti «abbiamo solo bisogno che le persone seguano il diritto internazionale: i civili saranno al sicuro, l’ordine tornerà e tutto andrà bene. Nient’altro».

 

Ma poi, diciamola tutta: impressiona che il Presidente pronunci più volte nell’intervista la parola “wahabita” (egli parla di ideologia oscurantista, wahabita, estremista, islamista). Che è poi un altro modo per dire: saudita. Il wahabismo è quella versione dell’islam, estremo ed iconoclasta, che regge il regno saudita. Come noto, i miliardi arabi negli ultimi 50 anni sono serviti per wahabizzare, cioè estremizzare, gli imam sunniti di tutto il pianeta, dal Pakistan a Viale Jenner, da Bruxelles a Finsbury Park, dal Kosovo (capitale mondiale di foreign fighters pro capite) alla Cecenia.

 

Con i sauditi, e con il loro attuale dominus de facto, il principe Mohammed bin Salman (che ha ammesso le proprie responsabilità nello squartamento del connazionale giornalista del Washington Post Adnan Khashoggi), l’Italia ha rapporti cordialissimi: per il petrolio, per l’economia (prodotti di lusso, armi) e per questioni militari (ancora armi, addestramenti). Vale solo la pena di ricordare come l’Arabia Saudita non sia una repubblica laica, tipo la Siria, ma un regno teocratico, dove vige la sharia, con punizioni corporali e pena di morte, un regno che ha i famosi “diritti delle donne” in cima ai propri pensieri. Vale la pena di ricordare anche come, durante il regno dell’ISIS, nelle sue scuole erano adottati testi scolastici provenienti dall’Arabia Saudita. In breve – lo ha scritto icasticamente il New York Times – l’Arabia Saudita è un ISIS che ce l’ha fatta.

 

Considerato tutto questo, colpisce che l’influenza saudita in Italia si prenda oggi, sfacciatamente, un pezzo della sinistra, e del governo. Matteo Renzi, pur avendo fardelli famigliari e giudiziari piuttosto pesanti, ha trovato il tempo di andare e venire dall’Arabia Saudita e, tra l’altro, di presenziare al convegno annuale degli investitori globali iper-miliardari indetto dal succitato Mohammed bin Salman lo squartatore, che con il suo regno sta per affrontare oggi la prova più difficile: portare in Borsa la Saudi Arabian American Company (ARAMCO), cioè l’industria nazionale – id est: famigliare – dei petroli (per la cronaca, l’operazione è andata finalmente in porto proprio in queste ore, totalizzando una capitalizzazione pari al PIL italiano, cioè 1,88 trilioni di dollari).

 

Il principe vuole modernizzare il Paese, vuole ridurre la dipendenza dal petrolio, vuole creare NEOM, una città nel deserto abitata da androidi, ricconi ed artisti. È abbastanza comprensibile, allora, che ogni parola non conforme al gergo del geopoliticamente corretto – come per esempio una intervista ad Assad che ripete la parola magica “wahabita”, quella che apriti sesamo ci porta nella grotta del fondamentalismo – possa creare un vulnus economico non da poco in questo momento cruciale di trapasso saudita in borsa. Equivale a mostrare che i nemici di Riyadh sono in buona forma…sono sopravvissuti. Nonostante i tentativi di assassinio, nonostante le balle sulle armi chimiche (spiegate stupendamente dal grande accusato), nonostante lo sputtanamento internazionale continuo, nonostante un decennio di guerra contro la più infame e sanguinaria potenza terrorista mai apparsa sulla terra.

 

È noto che in questo momento i Sauditi hanno rotto gli indugi mostrando senza veli la collaborazione con un altro paese limitrofo, Israele. Col risultato che, tra il Regno wahabita, lo Stato ebraico e i residui dello Stato Islamico, l’unico soggetto non-teocratico del gruppo è proprio la Siria.

 

Ora, dopo queste brevi constatazioni, non è peregrino immaginare che qualcuno non abbia gradito i contenuti dell’intervista ad Assad di Monica Maggioni, pure frequentatrice occasionale del Bilderberg (ma nessuno è perfetto).

 

Forse la cosa giusta da fare sarebbe cercare di capire chi possa avere fatto la telefonata per bloccare la messa in onda. Di chi sia, cioè, la cornetta fumante. Di certo, la versione dimessa degli inviati di guerra, che vorrebbero liquidare l’incidente diplomatico come una banale ricaduta, solo un po’ imbarazzante, di beghe d’ufficio interne alla Rai, è quantomeno riduttiva, se da fonti mediorientali giunge notizia che Facebook e Twitter pare abbiano chiuso il canale/pagina della presidenza della repubblica siriana durante la messa in onda della intervista. Altro che beghe d’ufficio…

 

Ma è anche vero che non vale nemmeno la pena di lambiccarsi il cervello, perché oramai ogni schifezza del potere, ogni aberrazione della propaganda, ogni crimine delle istituzioni, tutto quanto viene compiuto alla luce del sole, condito da una hybris sconvolgente, che è pura pornografia politica, geopolitica, diplomatica, giornalistica.

 

In questo mondo putrescente, in questo tempo sconfortante, noi ora vogliamo solo alzarci in piedi e applaudire, con o senza Tosca, il presidente Bashar al-Assad. Uno che difende «l’integrità e la sovranità» del suo paese. Uno che afferma «usciremo da questa guerra più forti». Uno che dice e ripete: «il mio lavoro non è quello di essere contento di quello che sto facendo o di non essere felice o altro, non riguarda i miei sentimenti, riguarda gli interessi della Siria, quindi ovunque andranno i nostri interessi, lì andrò anch’io». Uno che sa cos’è l’onore.

 

Uno che, peraltro, con l’Italia vantava pure un trascorso significativo: l’11 marzo 2010 Giorgio Napolitano gli assegnava l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone al merito della Repubblica Italiana, «eccezionalmente conferita per altissime benemerenze acquisite verso la Nazione nel campo delle lettere, delle arti, dell’economia e nell’espletamento di cariche pubbliche e di attività svolte a fini sociali, filantropici e umanitari, nonché per lunghi e segnalati servizi nelle carriere civili e militari». Finché un paio di anni dopo, il 28 settembre 2012, errata corrige, l’onorificenza fu revocata per indegnità. Ma basta guardare e ascoltare pochi minuti dell’intervista proibita per capire che l’indegnità abita altrove.

 

 

Roberto Dal Bosco

Elisabetta Frezza

 

 

 

Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0) 

 

 

 

Continua a leggere

Politica

Legge marziale in Sud Corea

Pubblicato

il

Da

Il presidente della Corea del Sud Yoon Suk Yeol ha annunciato che revocherà la «legge marziale d’emergenza» poche ore dopo averla introdotta, in seguito al voto unanime del Parlamento contro la misura.

 

Lo Yoon ha fatto l’annuncio a sorpresa martedì, citando la minaccia delle «forze filo-nordcoreane» e accusando la maggioranza parlamentare di attività anti-stato.

 

 


Sostieni Renovatio 21

Nel giro di poche ore, 190 legislatori che hanno potuto accedere all’edificio dell’Assemblea nazionale hanno votato all’unanimità per revocare il decreto. I militari hanno risposto che la legge marziale sarebbe rimasta in vigore «finché il presidente non avesse detto diversamente».

 

Poco dopo le 4 del mattino, ora locale, lo Yoon ha annunciato che avrebbe posto fine allo stato di emergenza.

 

Il leader del Partito Democratico all’opposizione, Lee Jae-myung, ha condannato la dichiarazione di Yoon definendola «incostituzionale» e ha invitato l’esercito e la polizia a riprendere le loro normali funzioni.

 

Come riportato da Renovatio 21, mesi fa il Lee fu accoltellato al collo in un attentato. Il politico, non nuovo a esperienze di sciopero della fame, è stato oggetto di mozioni di arresto negli anni passati.

 

La scorsa settimana il partito di Lee ha votato contro il bilancio 2025 di Yoon e ha chiesto che vengano avviate indagini su diversi scandali che coinvolgono la moglie del presidente e altri alti funzionari.

 

Secondo l’AP, il tasso di approvazione di Yoon è crollato negli ultimi mesi e lui ha avuto difficoltà a promuovere la sua agenda politica in un parlamento controllato dal partito avversario. Il presidente sudcoreano è entrato in carica nel 2022 ed è membro del conservatore Partito del Potere Popolare. L’opposizione proviene dal Partito Liberal Democratico, che ha combattuto i conservatori sul disegno di legge di bilancio dell’anno prossimo.

 


 

Come riportato da Renovatio 21, due anni fa, appena salito al potere, il presidente Yoon aveva dichiarato la volontà di Seul di entrare nella «NATO globale». Nel 2022 la Corea del Sud è diventata il primo stato membro asiatico del Centro di eccellenza per la difesa informatica cooperativa (CCDCOE) della NATO. In pratica, Seoul è già fusa con gli atlantici per quando riguarda ciberarmi e hacking di Stato.

 

La Corea del Sud ha una lunga storia di dittatura militare, che ha ancora importanti cascami nella società e nella politica. L’anno scorso un uomo è stato mandato in prigione per aver scritto una poesia che elogiava la Corea del Nord.

 

Nelle scorse settimane Seul ha accusato il Nord Corea di prepararsi a far saltare in aria le strade del Paese.

Aiuta Renovatio 21

Come riportato da Renovatio 21, il sindaco di Seul Oh Se-hoon due mesi fa ha dichiarato che la Corea del Sud deve dotarsi di un deterrente nucleare per tenere sempre a bada il suo vicino settentrionale. Tuttavia, il presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol ha affermato che Seul non cerca di creare le proprie armi nucleari, ribadendo il suo impegno a raddoppiare gli sforzi per affinare una strategia di deterrenza nucleare con gli Stati Uniti, che hanno fornito a Seul un ombrello nucleare sin dagli anni Cinquanta.

 

Nelle scorse settimane palloni di spazzatura presumibilmente mandati da Pyongyang hanno colpito un palazzo governativo sudcoreano.

 

Come riportato da Renovatio 21 in settimana Kim ha dichiarato che la Corea del Nord sta divenendo una «superpotenza militare» nucleare.

 

La tensione alle stelle tra le Coree, e dentro le Coree, è – dopo Ucraina, Siria, Gaza, Georgia etc. – l’ennesimo regalo che ci fa la fine della demente presidenza di Joe Biden.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

 

Continua a leggere

Politica

Il governo francese potrebbe cadere in settimana

Pubblicato

il

Da

Il primo ministro francese Michel Barnier potrebbe trovarsi ad affrontare un voto di sfiducia entro mercoledì in una controversia di bilancio che riguarda la spesa sociale. Lo riporta il sito Politico.   Il presidente Emmanuel Macron aveva nominato il Barnier a settembre, facendo infuriare il blocco goscista del Nouveau Front Populaire (NPF), usato per mettere da parte il partito di destra Rassemblement National (RN) di Marina Le Pen nelle elezioni parlamentari anticipate di quest’estate.   Il governo di minoranza sostenuto da Macron si è aggrappato al potere mettendo entrambe le parti l’una contro l’altra da allora.

Sostieni Renovatio 21

Tuttavia, un bilancio imminente ha costretto le fazioni parlamentari a un conflitto aperto. Il bilancio proposto da Barnier è «una punizione» che renderà i francesi più poveri, e il RN voterà contro il governo «salvo un miracolo dell’ultimo minuto», ha detto lunedì alla radio RTL il giovane leader del partito lepeniano Jordan Bardella.   La Francia, seconda economia della zona euro, ha «una montagna di debiti», secondo Politico, mentre «il suo governo non è così fragile né il suo Parlamento così frammentato da una generazione».   Per evitare una crisi politica e finanziaria, il governo abbisogna dell’approvazione del bilancio della previdenza sociale dell’anno prossimo da parte dell’Assemblea nazionale. Il deficit della Francia dovrebbe raggiungere il 6,1% del PIL l’anno prossimo.   La proposta originale di Barnier era di tagliare la spesa di 40 miliardi di euro e aumentare le tasse di 20 miliardi di euro. Il suo problema, secondo Politico, è che entrambe le opzioni per approvare il bilancio richiedono la cooperazione di RN.   Il partito lepenista ha posto delle «linee rosse» che includono l’eliminazione di un aumento proposto della tassa sull’elettricità e il ritardo pianificato dell’adeguamento annuale dell’inflazione alle pensioni. I lepeniani vogliono anche che Parigi «tagli drasticamente» l’assistenza sanitaria finanziata dallo stato per gli immigrati clandestini e negozi con l’UE per ridurre i contributi finanziari della Francia a Bruxelles.   Secondo Politico, anche la stessa Marine Le Pen vorrebbe una vittoria simbolica, perché Barnier ha presentato le sue concessioni come estranee alle loro richieste.   «Vogliono i nostri voti, ma non i nostri volti associati a loro», ha detto all’agenzia AFP lo scorso fine settimana, definendo l’atteggiamento di Barnier nei colloqui «estremamente ottuso e settario» e ha detto che aveva tempo fino a lunedì per soddisfare le richieste di NR o affrontare un voto di sfiducia.   Il ministro del Bilancio Laurent Saint-Martin, tuttavia, sembra aver respinto l’idea di qualsiasi concessione. «Non c’è modo di garantire il ripristino delle finanze statali se andiamo oltre quanto abbiamo già fatto», ha detto a Le Parisien in un’intervista pubblicata domenica. «Il compromesso non è un ricatto, non può esserci un ultimatum».   Se il premier Barnier dovesse riuscire ad assicurarsi il sostegno del Rassemblement National e a mantenere il potere per qualche settimana in più, osserva Politico, si troverà ad affrontare lo stesso problema più avanti questo mese, quando verrà discusso il bilancio generale per il 2025.   Dimissione del premier francese erano state ventilate ancora due mesi fa.

Aiuta Renovatio 21

Come riportato da Renovatio 21, il governo del Barnier ha valutato l’aumento delle tasse per le grandi aziende, mentre l’agenzia di rating Moody’s un mese fa ha deciso di non declassare la Francia, ma ha lanciato un avvertimento sull’outlook negativo del Paese.   A fine estate si erano registrate proteste di massa contro il nuovo primo ministro. Le forze politiche di sinistra hanno inoltre lanciato una risoluzione per l’impeachment dello stesso presidente Macron.   Come riportato da Renovatio 21, il neopremier Barnier, ex commissario europeo, aveva teorizzato uno stop all’immigrazione per «tre o cinque anni».

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di European People’s Party via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Continua a leggere

Politica

Biden grazia il figlio Hunter. Trump e i repubblicani reagiscono

Pubblicato

il

Da

Il presidente uscente degli Stati Uniti Joe Biden è tornato sulla sua parola e ha graziato il figlio Hunter Biden, condannato all’inizio di quest’anno per aver violato le leggi federali sulle armi e sulle tasse.

 

A giugno, il giovane Biden è stato condannato per tre reati gravi relativi all’acquisto di un revolver nel 2018. Secondo i pubblici ministeri, ha mentito sulla documentazione per l’acquisto dell’arma, affermando di non essere dipendente o di non usare droghe illegali.

 

In un caso separato, Hunter si è dichiarato colpevole di tre reati fiscali gravi e sei reati fiscali minori a settembre. La sentenza per entrambe le condanne avrebbe dovuto essere pronunciata questo mese.

 

In una dichiarazione rilasciata domenica sera, il presidente ha affermato che il «perdono completo e incondizionato» copre i reati che suo figlio «ha commesso o potrebbe aver commesso o a cui ha preso parte durante il periodo dal 1° gennaio 2014 al 1° dicembre 2024, inclusi ma non limitati a tutti i reati accusati o perseguiti».

Acquista la t-shirt DONALD KRAKEN

Il presidente ha sostenuto che suo figlio è stato perseguito «selettivamente e ingiustamente» a causa dei suoi legami familiari. Ha affermato che «le persone non vengono quasi mai processate per reati gravi solo per come hanno compilato un modulo per le armi».

 

«È chiaro che Hunter è stato trattato in modo diverso», ha detto. Il presidente ha continuato affermando che le accuse contro suo figlio sono state presentate «solo dopo che diversi dei miei oppositori politici al Congresso li hanno istigati ad attaccarmi e a opporsi alla mia elezione». Ha accusato i repubblicani di sabotare «un patteggiamento attentamente negoziato» che sarebbe stato una «ragionevole risoluzione dei casi di Hunter».

 

«Nessuna persona ragionevole che esamini i fatti dei casi di Hunter può giungere ad altra conclusione se non che Hunter è stato individuato solo perché è mio figlio, e questo è sbagliato», ha detto il presidente. «Nel tentativo di spezzare Hunter, hanno cercato di spezzare me, e non c’è motivo di credere che si fermeranno qui. Basta così».

 

La decisione è un’inversione della precedente posizione di Biden, poiché lui e il suo team hanno ripetutamente affermato in passato che avrebbe accettato il verdetto della giuria e non avrebbe perdonato suo figlio. Quando ABC News gli ha chiesto a giugno se avrebbe accettato l’esito del processo e se avrebbe escluso la grazia per suo figlio, il presidente ha risposto «sì» a entrambe le domande.

 

Nella sua dichiarazione di domenica, Biden ha confermato che la sua opinione sulla questione è cambiata. «Credo nel sistema giudiziario, ma mentre ho lottato con questo, credo anche che la politica cruda abbia infettato questo processo e abbia portato a un errore giudiziario», ha affermato.

 

Hunter Biden ha rilasciato la sua dichiarazione poco dopo l’annuncio della grazia. «Ho ammesso e mi sono assunto la responsabilità dei miei errori durante i giorni più bui della mia dipendenza, errori che sono stati sfruttati per umiliare e svergognare pubblicamente me e la mia famiglia per sport politico», ha affermato.

 

«Non darò mai per scontata la clemenza che mi è stata concessa oggi e dedicherò la vita che ho ricostruito ad aiutare coloro che sono ancora malati e sofferenti».

 

Hunter Biden è stato oggetto di molte critiche durante il mandato del padre, poiché i repubblicani hanno sostenuto che avrebbe agito come «portaborse» del presidente in presunti accordi corrotti con Paesi come l’Ucraina e la Cina.

 

Il presidente aveva negato le accuse di corruzione e ha pubblicamente sostenuto il figlio, descrivendolo come «l’uomo più intelligente che conosca». Durante il dibattito elettorale con Trump nel 2020 Biden mentì dicendo che la storia del laptop di suo figlio era disinformazione.

 

Il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump e i repubblicani del Congresso hanno attaccato duramente il Joe Biden per aver graziato il figlio Biden. I repubblicani, che da tempo accusano l’amministrazione Biden di azioni penali motivate politicamente, hanno condannato la grazia.

 

Nonostante avesse dichiarato pubblicamente che non avrebbe interferito nei casi del figlio, il presidente è tornato sui suoi passi e ha annunciato la grazia domenica sera. Ha definito le condanne come «un errore giudiziario», sostenendo che Hunter Biden è stato «preso di mira» a causa dei suoi legami con il presidente.

Sostieni Renovatio 21

«La fallita caccia alle streghe contro il presidente Trump ha dimostrato che il Dipartimento di Giustizia controllato dai democratici e altri procuratori radicali sono colpevoli di aver trasformato il sistema giudiziario in un’arma», ha affermato in una nota il portavoce di Trump, Steven Cheung.

 

«Quel sistema di giustizia deve essere sistemato e il giusto processo deve essere ripristinato per tutti gli americani, che è esattamente ciò che il presidente Trump farà quando tornerà alla Casa Bianca con un mandato schiacciante da parte del popolo americano», ha aggiunto.

 

Trump ha paragonato il trattamento riservato al figlio del presidente all’azione penale contro i suoi sostenitori che hanno preso d’assalto il Campidoglio degli Stati Uniti il ​​6 gennaio 2021, sperando di ribaltare i risultati delle elezioni presidenziali del 2020. «La grazia concessa da Joe a Hunter include gli ostaggi J-6, che sono stati imprigionati per anni? Un tale abuso e un tale errore giudiziario!» ha scritto su Truth Social.

 

Molti dei più importanti esponenti repubblicani del Congresso sono rimasti inorriditi, tra cui il senatore Chuck Grassley che ha dichiarato di essere «scioccato» dalla decisione di Biden.

 

«Questa grazia è l’ammissione di Joe Biden che Hunter è un criminale», ha scritto la deputata Marjorie Taylor Greene su X. La Greene è nota per aver mostrato cartelloni con screenshot del laptop di Biden jr. che lo ritraevano nudo ed intento in quelli che sembravano atti sessuali durante un’audizione del Congresso USA.

 

La Greene accusa ancora una volta Hunter di aver infranto la legge FARA, che regola gli agenti stranieri in America. Parimenti, lo accusa di aver trafficato donne per sesso tra Stati dell’Unione.

 

 

Il deputato Andy Biggs ha scritto che «Joe Biden passerà alla storia come uno dei presidenti più corrotti nella storia americana». In un post successivo, il Biggs ha scritto che «Joe Biden è una disgrazia per la presidenza americana».

 


«Si tratta di un oltraggioso abuso dello stato di diritto, tutto per proteggere l’attività della famiglia Biden di vendita di accesso e influenza», ha scritto il senatore Josh Hawley su X. In un post successivo, il senatore ha scritto che: «Non dimenticate mai: mentre Hunter vendeva l’accesso al “big guy”, l’amministrazione di Joe Biden inviava squadre SWAT [cioè di assalto, ndr] nelle case dei pro-life; reclutava spie nelle parrocchie cattoliche; trattava i genitori come terroristi interni; e processava Trump. L’amministrazione più illegale della storia».

 


Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

La Commissione per la vigilanza e la responsabilità della Camera, controllata dai repubblicani, ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che «l’abuso di potere senza precedenti di Joe Biden è una macchia sull’onore della presidenza degli Stati Uniti».

 

Come riportato da Renovatio 21, un mese fa Trump si era detto pronto a graziare Hunter Biden.

 

Nel 2020, il contenuto del portatile personale di Hunter Biden, che avrebbe smarrito in un negozio di riparazioni del Delaware, è trapelato online, mostrando immagini del rampollo che si droga (sembra piacergli il crack, le cui pene per il consumo furono severamente alzate per volontà politica del padre anni fa) o fa sesso con prostitute (immagini finite anche in un’audizione del Congresso USA grazie alla deputata Marjory Taylor-Greene) e implicando la famiglia Biden in molteplici schemi di corruzione estera. Da allora, i funzionari dell’Intelligence statunitense hanno cercato di denunciare lo scandalo come «disinformazione russa», nonostante il contenuto del portatile sia stato verificato come autentico.

 

Di recente è emerso che lo Hunter avrebbe ricevuto danaro da un oligarca romeno.

 

Come riportato da Renovatio 21, la famiglia Biden era stata accusata al Congresso USA di aver preso mazzette dalla Russia. La Commissione di supervisione della Camera afferma di aver identificato 20 milioni di dollari in pagamenti da fonti estere alla società di Hunter Biden, che descrivono come una copertura per vendere l’accesso al «network Biden» mentre suo padre era vicepresidente di Barack Obama dal 2009 al 2017.

 

In particolare danari sarebbero arrivati dall’oligarca russa Yelena Baturina, vedova del controverso sindaco di Mosca Yurij Luzhkov, a Rosemont Seneca Thornton, una società di comodo gestita da Hunter Biden e dal suo socio in affari Devon Archer. Dei 3,5 milioni di dollari trasferiti dalla Baturina, 1 milione di dollari è stato trasferito direttamente ad Archer, mentre il resto è stato utilizzato per avviare Rosemont Seneca Bohai, un nuovo account utilizzato per ricevere più finanziamenti dall’estero, ha affermato la Commissione camerale.

 

Accuse per il giro di corruzione dei Biden in Ucraina sono arrivate da Igor Shokin, il procuratore di Stato che a Kiev che investigava, tra le altre cose, sul colosso gasiero Burisma, che aveva assunto nel board l’inesperto Hunter Biden. Il vicepresidente Joe Biden si è vantato in pubblico di averlo fatto licenziare durante un suo breve viaggio diplomatico, in cui praticò estorsione nei confronti di presidente e premier ucraini.

Iscriviti al canale Telegram

Come riportato da Renovatio 21, la scorsa estate Viktor Medvedchuk, un politico ucraino e del partito Piattaforma di Opposizione – Per la Vita, ora in esilio in Russia dopo essere stato arrestato dal regime Zelens’kyj e scambiato con Mosca, ha accusato Kiev di essere la «mangiatoia» per la corruzione del clan Biden.

 

Renovatio 21 aveva segnalato una pista kazaka ancora a inizio 2022 quando il Kazakistan fu oggetto di disordini, e riaffiorò una foto dei Biden con oligarchi di Astana, ripubblicata da organizzazioni locale anti-corruzione che chiedono la restituzione dei miliardi dei corrotti, politica poi abbracciata dall’attuale presidente Tokaev.

 

Un’altra parte consistente della corruzione del clan Biden riguarderebbe la Cina, con affari che comprendono anche investimenti in centrali atomiche, con legami con personaggi legati all’Intelligence della Repubblica Popolare così come, si è ipotizzato, il network interno di Xi Jinpingo.

 

Sull’origine del capitale del fondo internazionale di Hunter Biden fece un’ammissione un professore pechinese ad una conferenza pubblica appena dopo le elezioni 2020.

 

 

«Ora vediamo che Biden è stato eletto. L’élite tradizionale, l’élite politica, l’establishment sono molto vicini a Wall Street, giusto? Trump ha detto che il figlio di Biden ha una sorta di fondo globale. Lo avete sentito? Chi lo ha aiutato a mettere in piedi il fondo?» dice Di Dongsheng, un professore all’Università Renmin di Pechino, nel discorso finito in TV.

 

Si tratta, ad ogni modo, solo della punta dell’iceberg di un giro di «truffe» dei Biden che il senatore del Wisconsin Ron Johnson ha definito «sconvolgente».

 

Come riportato da Renovatio 21, la costante presenza in questi giorni di Hunter vicino al padre anche in riunioni in cui non dovrebbe stare potrebbe indicare il fatto che, forse per tentare di salvare il salvabile prima della defenestrazione del padre, l’uomo sia penetrato nella stanza dei bottoni.

 

Nel frattempo, Mosca ha avviato un’indagine su una società ucraina collegata a Hunter Biden che sarebbe stata utilizzata per attacchi terroristici in Russia.

Aiuta Renovatio 21

Nel marzo 2022 quotidiano britannico Daily Mail aveva ottenuto messaggi di posta elettronica che confermavano, almeno in parte, accuse russe secondo cui il figlio di Joe Biden, Hunter, è coinvolto nel finanziamento di laboratori di armi biologiche in Ucraina.

 

Come riportato da Renovatio 21, poco dopo lo scoppio dello scandalo, Wikipedia avrebbe rimosso la voce per Rosemont Seneca Partners, la società di investimento collegata a Hunter Biden e ai suoi presunti traffici in Ucraina.

 

A luglio era stato riportato che dopo il disastroso dibattito elettorale di Biden con Trump della scorsa estate, il figlio Hunter aveva iniziato a prendere parte alle riunioni della Casa Bianca insieme al padre Joe Biden. In pratica, Hunter era entrato nella stanza dei bottoni.

 

La quantità di scandali in cui è coinvolto Hunter Biden – dal lavoro in Ucraina (che tocca perfino l’affare dei biolaboratori) al business con pericolose centrali nucleari cinesi fino alle illazioni in rete sulla cocaina alla Casa Bianca – è impressionante. Basti pensare che tempo fa si disse che chiunque consultasse il materiale rinvenuto nel suo laptop – che è finito online – poteva incorrere in un reato orrendo, mentre Hunter, che è proprietario di quel computer ed è presente in quelle immagini, rimane tranquillamente libero.

 

In particolare, riguardo alla droga, c’è da considerare come il senatore Joe Biden fu firmatario di una legge che inaspriva duramente le leggi per i consumatori di crack, portando alla carcerazione di decine di migliaia di persone (magari appartenenti a minoranze…), mentre suo figlio si riprende svariate volte mentre fuma la droga o la pesa durante uno dei festini con quelle che sembrano escort, con amplessi registrati e forse, è stato riportato, caricati su Pornhub.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

Continua a leggere

Più popolari