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Guerra cibernetica

Anonymous minaccia Pechino: non fare nulla di stupido contro Taipei

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

Il collettivo di pirati informatici avverte i cinesi di non provare a invadere Taiwan, evitando gli errori compiuti dai russi con l’attacco all’Ucraina. Dopo il Cremlino, gli hacker pronti a prendere di mira Xi Jinping e soci. Ricordando l’affondamento dell’incrociatore russo Moskva, fari puntati anche sulla portaerei cinese Liaoning.

 

 

Anonymous ha lanciato un attacco di avvertimento alla Cina: il collettivo globale di pirati informatici ha hackerato la pagina web di un ente statale cinese lasciandovi in sovrimpressione una scritta che invita Pechino a non  fare nulla di stupido contro Taiwan.

 

Il riferimento è alla possibilità che la Cina possa invadere l’isola, considerata dalla leadership comunista una “provincia ribelle”, da riunificare con la forza se necessario.

 

Vittima del raid informatico è stato il sito web di un ufficio distrettuale di Chengdu (Sichuan) della Conferenza politica consultiva del popolo cinese, organismo chiamato a formalizzare decisioni già prese dal presidente Xi Jinping e dai vertici del Partito Comunista Cinese.

 

Non è la prima volta che Anonymous prende di mira il governo cinese. In passato un suo hacker, «Cyber Anakin», ha infiltrato per cinque giorni i sistemi informatici di Pechino, compresi quelli di alcune centrali nucleari. Nell’ultimo blitz, iniziato il 2 maggio, i pirati informatici hanno impostato l’interfaccia della pagina web hackerata con le bandiere di Tibet, Taiwan, Turkestan orientale (Xinjiang) e Mongolia interna: tutte realtà che le autorità cinesi ritengono a rischio di “separatismo”.

 

Gli hacker hanno inserito anche la «Black Bauhinia», il vessillo delle manifestazioni di protesta che nel 2019 hanno coinvolto il fronte democratico di Hong Kong, e un richiamo a Li Wenliang, il dottore di Wuhan morto per Covid-19 a inizio 2020 dopo aver lanciato l’allarme sull’epidemia.

 

Dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio, Anonymous ha attaccato più volte le strutture web del Cremlino. Gli hacker hanno minacciato di sabotare i sistemi informatici della portaerei cinese Liaoning, che a loro dire farebbe la fine dell’incrociatore russo Moskva, affondato di recente dopo un probabile attacco missilistico ucraino.

 

 

Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione Asianews e le sue campagne.

 

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Guerra cibernetica

Il governo USA voleva una backdoor per Telegram

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Il governo degli Stati Uniti voleva una backdoor su Telegram per poter potenzialmente spiare i suoi utenti, ha detto il fondatore della piattaforma di social media Pavel Durov in una rara intervista concessa a Dubai al giornalista americano Tucker Carlson.

 

Nella densa conversazione Durov ha raccontato che l’attenzione dell’FBI è stata una delle ragioni ha abbandonato l’idea di portare la società a San Francisco, nel cuore della Silicon Valley, aggiungendo anche l’esperienza di essere assalito da tre criminali in strada appena sceso dagli uffici di Twitter dove aveva incontrato il CEO Jack Dorsey.

 

Nato a San Pietroburgo, Durov aveva fondato VK, la risposta russa a Facebook, insieme al fratello matematico Nikolaj. I due hanno passato alcuni anni dell’infanzia in Italia, a Torino, dove già davano prova della loro prodezza: il Nikolaj si esibì pure alla TV nazionale – immaginiamo il programma di Mike Bongiorno – come bambino prodigio che sa risolvere un’equazione di terzo grado.

 

Dopo traversie con il governo russo, che voleva i dati degli utenti ucraini, i fratelli hanno venduto le loro quote e riparato all’estero, dove hanno successivamente sviluppato il servizio di messaggistica social Telegram, che si descrive come uno degli strumenti di comunicazione più sicuri e protetti.

 

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Nell’intervista il Durov spiega che l’occhio vigile dell’FBI rendeva difficile la sua permanenza in America, ha detto, con tanto di visite nel suo appartamento dove faceva colazione e apparizioni in aeroporto appena sbarcava.

 

«Abbiamo ricevuto troppa attenzione da parte dell’FBI, delle agenzie di sicurezza, ovunque siamo arrivati», ha detto Durov a Carlson, descrivendo l’esperienza come «allarmante».

 

Secondo Durov, uno dei suoi dipendenti più importanti una volta gli disse che era stato avvicinato dal governo degli Stati Uniti. «C’è stato un tentativo segreto di assumere il mio ingegnere alle mie spalle da parte degli agenti della sicurezza informatica», ha detto l’uomo d’affari.

 

«Stavano cercando di convincerlo a utilizzare alcuni strumenti open source che avrebbe poi integrato nel codice di Telegram che, a mio avviso, sarebbero serviti da backdoor», ha detto Durov, confermando di credere al racconto del dipendente. «Non c’è motivo per cui il mio ingegnere inventi tali storie».

 

Durov ha continuato dicendo che anche lui ha «sperimentato personalmente pressioni simili» in America, dove le forze dell’ordine lo hanno avvicinato in più occasioni.

 

Il giovane imprenditore russo non concedeva un’intervista da dieci anni. Ha spiegato di perseguire, più che la ricchezza o il lusso, la libertà personale ed imprenditoriale, e ha raccontato di essere concentrato totalmente sul suo prodotto e sulla sua azienda, di cui è il solo proprietario e capo. Durov dice di aver rifiutato il danaro dei venture capitalist per mantenere la sua totale autonomia.

 

Interessante il racconto di quando, ospite dell’allora CEO Dorsey, che tutta Twitter poteva essere mantenuta con venti dipendenti invece che le centinaia che vi lavoravano senza sapere nemmeno bene cosa facessero. Il Dorsey rispose che se cominciasse a licenziare le persone il titolo di Twitter alla borsa Wall Street sarebbe caduto.

 

Come noto, anni dopo, Elon Musk si è comprato Twitter portandola via dal mercato azionario, e di lì a poco avrebbe licenziato l’80% della forza lavoro. Il servizio offerto dalla piattaforma, ora chiamata X, sembra migliorato: bassa latenza, alta definizione per i video, etc.

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Durov ha raccontato di ignorare la maggior parte delle ingiunzioni che arrivano agli uffici di Telegram da vari enti e governi, compreso il Congresso USA che aveva mandato, dopo i fati del 6 gennaio 2021, due distinte lettere: il Congresso democratico diceva di consegnare tutti i dati dei partecipanti della protesta, altrimenti Telegram sarebbe stata in violazione della Costituzione USA; una lettera del Congresso repubblicano diceva invece che se avrebbe consegnato quei dati sarebbe stato in violazione della Costituzione USA.

 

Il capo di Telegram sostiene, tuttavia, che la principale pressione arriva da Apple e Google, che possono bloccare del tutto le applicazioni sui telefonini di tutto il mondo.

 

Come riportato da Renovatio 21, tre settimane fa il tribunale nazionale spagnolo ha ordinato ai fornitori di servizi Internet di sospendere Telegram, in attesa di un’indagine sulle accuse di violazione del copyright. Qualche mese fa il segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale dell’Ucraina aveva dichiarato che Telegram è un servizio «pericoloso». L’app, insieme a TikTok è stata vietata per «terrorismo» in Somalia. Telegram è completamento bloccato in Cina e parzialmente in Iran.

 

Al tempo della pandemia la Germania aveva apertamente valutato la possibilità di chiudere Telegram, unico social che – di origine russa con server negli Emirati – pareva non censurare le opinioni degli utenti come invece facevano tutte le altre piattaforme. Nel 2022, il governo tedesco ha accusato Telegram di fornire una piattaforma per negazionisti del COVID-19 e «radicali di destra» e ha persino minacciato di bloccare l’app se la società dietro di essa non avesse collaborato con Berlino e fermato la diffusione dell’incitamento all’odio e dell’estremismo. Nel 2023 la Germania ha messo in galera un uomo per aver sostenuto la Russia su Telegram.

 

In Italia la questione Telegram era stata posta, su altre basi, all’inizio del lockdown 2020: gli editori italiani lamentarono che esistevano sull’app alcuni canali dove si potevano scaricare gratuitamente giornali e riviste – praticamente, un angolo di pirateria diffusa. La Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG) chiese all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) di «un provvedimento esemplare e urgente di sospensione di Telegram, sulla base di un’analisi dell’incremento della diffusione illecita di testate giornalistiche sulla piattaforma che, durante la pandemia, ha raggiunto livelli intollerabili per uno Stato di diritto».

 

Due settimane dopo, a fine aprile 2020, Telegram, con una mossa inedita, rispose ad una mail dei giudici italiani e disattivò i canali accusati. Come scrisse trionfalmente La Repubblica: «Il primo grande risultato nella lotta alla contraffazione dell’editoria arriva nella notte da Dubai alla casella di posta elettronica della procura di Bari: “Hello, thank you for your email”, esordiscono brevemente i manager della piattaforma di messaggistica, prima di dare l’annuncio: “Abbiamo appena bloccato tutti i canali che ci avete indicato, all the best”, firmato: “Telegram Dmca”».

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Immagine di TechCrunch via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Un’altra nave portacontainer «ha perso potenza» vicino al ponte di Nuova York?

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Secondo quanto riferito, un’enorme nave portacontainer avrebbe perso energia nella baia superiore di Nuova York, poco prima del ponte Verrazzano-Narrows che collega i quartieri di Staten Island e Brooklyn. Lo riporta il sito Zerohedge.   Qualora la notizia fosse verificata, si tratterebbe di una replica pressoché esatta di quanto accaduto con il portacontainer Dali scontratosi con il ponte Key a Baltimora – un impatto che ha comportato la distruzione del ponte stesso, con immense implicazioni logistiche ed economiche per l’intera regione.   Secondo il capitano John Konrad, amministratore delegato di gCaptain, il capitano di un rimorchiatore di New York lo avrebbe informato che la nave portacontainer APL QINGDAO di 354 metri «ha perso potenza durante il transito nel porto di New York».     «Avevano 3 rimorchiatori di scorta, ma ne sono serviti altri 3 per tenerla sotto controllo. Hanno ripreso il potere e sono stati portati all’ancora vicino al ponte di Verrazano», ha detto a Konrad il capitano del rimorchiatore.   Il Konrad ha affermato che la nave è registrata a Malta ed è di proprietà e gestita da un’importante compagnia di navigazione francese.       Il Konrad tuttavia sostiene di non avere ancora certezza dell’accaduto: «stiamo ancora aspettando conferma sull’accaduto».   La notizia ha comunque trovato spazio nei notiziari della TV americani. Secondo la CBS la nave avrebbe perso la propulsione ma non l’energia.     Aggiungendo validità al rapporto di Konrad, i dati di tracciamento AIS della nave mostrano che ha gettato l’ancora improvvisamente nella tarda notte di venerdì, appena prima del ponte sospeso. Da domenica mattina lo stato di navigazione della nave è «ancorato», riporta Zerohedge.   L’incidente avviene quasi due settimane dopo che una nave portacontainer ha perso potenza e ha fatto crollare il ponte Francis Scott Key lungo 1,6 miglia a Baltimora, nel Maryland, paralizzando il porto di Baltimora.   Alcuni hanno parlato del disastro come il possibile effetto di un attacco cibernetico. Altri di una sorta di «evento cigno nero» in grado di traumatizzare i mercati, la politica e l’intera popolazione.

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Immagine di Michael LoCascio via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported  
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Gli USA vietano l’antivirus Kaspersky

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Washington sta progettando di vietare alle imprese e agli individui statunitensi di utilizzare il software creato dalla società di sicurezza informatica russa Kaspersky Lab, ha riferito martedì la CNN, citando funzionari governativi anonimi che hanno familiarità con la questione. La mossa è considerata “senza precedenti”, poiché misure di questo tipo non hanno mai preso di mira aziende private e cittadini. Lo riporta il sito governativo russo RT.

 

Il divieto globale è attualmente in fase di definizione e potrebbe essere imposto già questo mese, hanno riferito le fonti alla rete di notizie. Il nuovo regolamento utilizzerebbe «autorità relativamente nuove del Dipartimento del Commercio basate su ordini esecutivi» dei presidenti Joe Biden e Donald Trump per vietare a Kaspersky Lab di fornire determinati prodotti e servizi nel Paese, hanno aggiunto.

 

Secondo le fonti, l’ordine mira a mitigare i rischi presumibilmente posti dal software Kaspersky alle infrastrutture critiche degli Stati Uniti.

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Nell’ambito dei lavori preparatori per l’iniziativa, il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha preso una “determinazione iniziale” di vietare alcune transazioni tra la società di sicurezza informatica russa e i cittadini statunitensi, hanno aggiunto le fonti.

 

Non hanno tuttavia fornito dettagli sull’intera portata dell’ordine finale contro i prodotti Kaspersky, ma hanno affermato che si concentrerà sul software antivirus dell’azienda.

 

Nel 2022, la Federal Communications Commission ha inserito il fornitore di sicurezza Internet in un elenco di aziende ritenute una minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

 

In seguito a tale sviluppo, Kaspersky ha affermato in un comunicato che la decisione è stata presa per «motivi politici» piuttosto che sulla base di «una valutazione completa dell’integrità dei prodotti e dei servizi di Kaspersky».

 

Nel 2017, le autorità di regolamentazione statunitensi hanno vietato l’uso del software Kaspersky da parte del governo federale. Allora, il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale (DHS) ha citato i crescenti timori che l’azienda avesse legami con programmi di spionaggio sponsorizzati dallo stato come motivo principale del trasferimento.

 

Successivamente, la società ha intentato due azioni legali contro la decisione presa dall’amministrazione Trump, affermando che i divieti erano incostituzionali e che causavano danni ingiustificati a Kaspersky Lab, che nel 2020 ha fatturato circa 700 milioni di dollari dando lavoro a più di 4000 persone.

 

Nel 2018, il tribunale del Distretto di Columbia ha respinto entrambi i casi, confermando il divieto imposto da Washington.

 

Come riportato da Renovatio 21, lo scorso settembre Kaspersky aveva rivelato che il sistema operativo Linux esposto ad un malware per anni senza che nessuno se ne accorgesse.

 

I sospetti su Kaspersky – sistema che ha saputo sostituire interamente i concorrenti statunitensi Norton antivirus e McAfee – vengono lanciati da anni, con vari che ricordano che il fondatore Evgenij Kasperskij sarebbe stato uno studente dell’Istituto di Crittografia, Telecomunicazioni e Scienza informatica, un organismo storicamente sovvenzionato dal Ministero della Difesa e dal KGB.

 

Kasperskij ha affermato che alla sua azienda non è mai stato chiesto di manomettere il suo software per lo spionaggio e ha definito le accuse «paranoia da guerra fredda».

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Il Kasperskij è influente tra i politici e gli esperti di sicurezza, che spesse volte ha messo in guardia rispetto alla possibilità di una guerra informatica che prende di mira le infrastrutture critiche. È conosciuto per conferenze dove si sostiene l’idea un trattato internazionale sulla guerra informatica,che vieterebbe gli attacchi informatici sponsorizzati dal governo.

 

Dopo l’attacco Stuxnet – un’operazione israelo-americana per sabotare il programma nucleare iraniano trasformatasi in una vera «epidemia informatica», con il virus che fugge ed infatti i sistemi di mezzo mondo – il Kasperskij aveva affermato che Internet necessitava di maggiore regolamentazione e controllo. Un’idea era quella di rendere anonime alcune parti di Internet, mentre le aree più sicure richiedevano l’identificazione dell’utente.

 

Secondo quanto sostiene il fondatore del colosso di cybersecurity, l’anonimato avvantaggia soprattutto i criminali informatici e gli hacker. Ad esempio, dice, l’accesso alla rete di una centrale nucleare potrebbe richiedere un’identità verificata tramite un passaporto digitale.

 

«A mio parere il World Wide Web dovrebbe essere suddiviso in tre zone» sostiene. «Una “zona rossa” all’interno della quale si collocano le operazioni più importanti per le quali l’utilizzo di un Internet ID dovrebbe essere obbligatorio. Segue una “zona gialla” per cui si richiede un’autorizzazione inferiore: ad esempio la verifica della maggiore età nel caso di un negozio online che vende alcolici o altri articoli per adulti. Infine una “zona verde” dove non è previsto alcun tipo di autorizzazione, ad esempio su blog e social network, dove la chiave di tutto è la libertà di espressione».

 

Kasperskij è uno dei tanti «oligarchi» russi menzionati nel Countering America’s Adversaries Through Sanctions Act (CAATSA), un insieme di sanzioni contro Iran, Nord Corea e Federazione russa convertito in legge dal presidente Donald Trump nel 2017.[

 

Come riportato da Renovatio 21, la Federazione russa sta specularmente legiferando in modo da disaccoppiare sempre più nettamente il contesto informatico russo dall’uso del sistema operativo americano Windows, dirigendosi quindi verso Linux.

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Immagine di Alexxsun via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International.

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