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Droga

Allarme bomba in un deposito pacchi di Roma: in realtà potrebbe essere un carico di cocaina

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Ieri mattina, presso uno dei depositi situati a Roma est, è scattato l’allarme quando gli addetti alle consegne hanno notato un pacco aperto contenente dieci candelotti. Immediatamente hanno segnalato alla polizia la situazione, temendo un potenziale pericolo di esplosione. Lo riporta Il Messaggero.

 

Le autorità hanno successivamente concluso le operazioni in un appartamento a San Basilio, dove hanno sorpreso i destinatari del pacco in possesso di 5 chili di sostanze stupefacenti. Gli eventi di ieri devono ancora essere delucidati e le indagini si concentreranno sui risultati delle analisi scientifiche sul materiale sequestrato all’interno dei candelotti.

 

Si ipotizza che il contenuto possa essere droga e che quindi la consegna di ieri sia stata intercettata prima della sua destinazione prevista. I poliziotti spiegano che se il pacco non fosse stato aperto accidentalmente, l’operazione sarebbe stata completata con successo. Si attendono conferme da parte del reparto scientifico degli artificieri per chiarire ulteriormente la situazione.

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Secondo quanto riportato, ciascun candelotto contiene 500 grammi di sostanza, sui quali saranno eseguiti ulteriori test per determinarne la natura.

 

Gli investigatori sospettano che possa trattarsi di una sostanza stupefacente, presumibilmente cocaina. Nel frattempo, mentre gli artificieri assicuravano la zona, gli agenti del distretto San Basilio procedevano con un’ulteriore indagine parallela. L’indirizzo del destinatario era indicato sul pacco contenente i candelotti, quindi sono state avviate le ricerche per identificare il mittente.

 

Tuttavia, dai primi accertamenti sembra che l’indirizzo indicato sia fittizio. Gli investigatori precisano che le operazioni per rintracciare il pacco sono ancora in corso e che le indagini si preannunciano complesse.

 

Nel frattempo, i poliziotti del distretto San Basilio si sono recati all’indirizzo del destinatario indicato sul pacco e hanno proceduto con la perquisizione dell’abitazione. Durante la ricerca, sotto il divano, hanno rinvenuto 5 chili di hashish nascosti insieme a 800 euro, divisi in banconote di diverso taglio.

 

Di conseguenza, la coppia che si trovava in casa, due romani di 46 e 50 anni con vari precedenti per spaccio, è stata immediatamente arrestata per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.

 

La cocaina continua a fluire in Italia e nel resto d’Europa in modo inarrestabile, filtrando in ogni segmento della società.

 

Per anni si è ritenuto il principale importatore della polvere bianca in Europa fosse la ‘Ndrangheta, che avrebbe agito in una sorta di para-monopolio garantito dalla creazione di legami stretti con i cartelli sudamericani. Per alcuni, tale progetto sarebbe partito con una sorta di scaltro reinvestimento del danaro del sequestro Paul Getty, che si dice sia stato mediato dal padre dell’attuale governatore della California, che all’epoca era una sorta braccio destro di Getty senior.

 

Uno strano servizio di Report andato in onda nel 2021 mostrava in contesto calabrese movimenti internazionali di denaro per mezzo trilione di euro e più.

 

Come riportato da Renovatio 21, quasi una tonnellata di cocaina era stata ritrovata tre mesi fa su una spiaggia francese.

 

Nel 2022, a Romont, nel canton Friburgo, in Isvizzera, presso uno stabilimento di produzione di caffè solubile, furono trovati 500 chili di cocaina nascosti tra i chicchi probabilmente arrivati dal Sudamerica. Nel frattempo, il consiglio comunale della capitale Berna ha votato la scorsa estate per iniziare la vendita sperimentale della polvere bianca: sì, cocaina legale, come scriveva a fine 2022 la prestigiosa rivista della City di Londra The Economist dove era uscito un articolo che chiedeva all’amministrazione Biden di legalizzare la cocaina.

 

Come riportato da Renovatio 21, a fine 2023 le autorità belghe hanno sequestrato 50 sacchi di cocaina durante una perquisizione nell’ufficio del ministro socialista dell’Istruzione Caroline Désir. Secondo quanto riportato da testate locali, uno dei dipendenti della Désir, figlio di un ex ministro e attuale deputato socialista, sarebbe stato arrestato prima della perquisizione con l’accusa di traffico di droga. Nel corso di un’ulteriore perquisizione nella sua abitazione sono stati sequestrati complessivamente 10.000 euro in contanti. Si ritiene che abbia lavorato come tesoriere nell’ufficio del ministro.

 

Accuse riguardo al «vizietto nasale» coinvolgono l’intero arco politico internazionale.

 

Quattro mesi fa un ex ambasciatore indiano ha dichiarato che l’aereo del premier Justin Trudeau – in collisione con il governo indiano per la questione del sikh assassinato in Canada – era atterrato a Delhi per il G20 «pieno di cocaina».

 

A Londra invece tracce di cocaina furono rinvenute nelle residenze di Lis Truss e Boris Johnson dopo i loro festini.

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Il caso più incredibile fu tuttavia quello della bustina di polvere bianca trovata alla Casa Bianca. Di chi potrà mai essere? Se lo sono chiesti in molti, mentre impazzavano i video di Hunter Biden che, durante l’affaccio della First Family per i tradizionali fuochi di artificio della festa del Quattro Luglio si passava la mano sul naso.

 

Il problema è così grave non riguarda solo gli squali della politica, ma sembra anche gli squali tout court.

 

Non è chiaro se in tutti questi casi qualcuno, fra le forze dell’ordine, si sia prodotto nell’esclamazione del tenente Danko.

 

 

 

«Cocainum

 

A differenze che nei casi odierni, qui l’infallibile poliziotto sovietico indovina la sostanza al volo, senza nemmeno bisogno di passare per i laboratori di analisi chimica. Così si fa.

 

Ricordiamo tuttavia che «Cocainum» non è una parola russa, se non nella testa dello Schwarzeneggerro, il quale probabilmente l’ha filtrata con una qualche declinazione neutra di quel latino che egli ascoltava quando, crescendo in Stiria, andava alla Santa Messa tridentina.

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Droga

La «guerra alla droga» di Trump potrebbe inondare l’UE di stupefacenti: parla un funzionario tedesco

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L’Unione Europea potrebbe registrare un aumento del traffico di stupefacenti a causa della «guerra alla droga» del presidente statunitense Donald Trump, mirata a colpire i presunti trafficanti nei Caraibi e nel Pacifico, secondo l’avvertimento di un funzionario tedesco. Lo riporta il tabloide Bild.   Il commissario tedesco per le droghe Hendrik Streeck ha dichiarato giovedì alla Bild che un’azione più severa degli Stati Uniti contro i cartelli in Colombia e Venezuela potrebbe aggravare il problema degli stupefacenti in Europa.   Lo Streeck ha messo in guardia sul rischio che i trafficanti modifichino le rotte marittime e terrestri, espandendosi anche online. «La criminalità organizzata è già molto dinamica, soprattutto nel digitale», ha affermato, segnalando una «crisi imminente» in Germania, citando il calo dei prezzi della cocaina, l’abbassamento dell’età dei consumatori e l’aumento dei decessi legati alla droga tra gli under 30.   Venerdì, presentando il rapporto annuale sulla criminalità legata agli stupefacenti, lo Streeck ha descritto un incremento «allarmante» nel consumo di droghe pesanti. Il ministro degli Interni Alexander Dobrindt ha sottolineato che la Germania sta affrontando un «grave problema di droga».

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La disponibilità di cocaina continua a crescere nell’UE: nel 2023, gli Stati membri hanno registrato sequestri record per il settimo anno consecutivo, secondo i dati dell’Agenzia per le droghe dell’Unione.   Washington ha intensificato le operazioni contro il traffico di droga, presentandole come parte di una strategia per bloccare le rotte di contrabbando e le reti di produzione legate alla crisi degli oppioidi negli Stati Uniti. Le forze americane hanno colpito presunte imbarcazioni dedite al traffico nei Caraibi e nel Pacifico, alcune delle quali, secondo Washington, legate al Venezuela, causando decine di morti. Caracas smentisce ogni coinvolgimento e accusa gli Stati Uniti di perseguire un «cambio di regime».   Le tensioni sono aumentate dopo che Trump ha dichiarato di aver autorizzato operazioni segrete della CIA in Venezuela, suggerendo che le azioni militari potrebbero estendersi dalle operazioni marittime a quelle terrestri. Il presidente Nicolas Maduro ha definito la dichiarazione «senza precedenti» e «disperata», mettendo in allerta le forze armate.   Martedì, le forze statunitensi hanno attaccato una presunta nave di contrabbando al largo della costa occidentale della Colombia, uccidendo due persone. Bogotà ha condannato gli attacchi, avvertendo che potrebbero alimentare tensioni e compromettere la cooperazione regionale. Altri attacchi avrebbero esteso il teatro dell’operazione USA anche al Pacifico.   Il presidente Gustavo Petro ha descritto la campagna come «un’aggressione contro l’intera America Latina e i Caraibi», accusando Washington di voler controllare le riserve petrolifere della regione e di aver ucciso un innocente pescatore. Trump, che ha dichiarato che gli attacchi alle barche della droga costituiscono «un atto di gentilezza», ha risposto che «Petro è uno spacciatore».   Come riportato da Renovatio 21, nelle ultime ore è emerso che Trump starebbe puntando ad un attacco alle «strutture della cocaina» in Venezuela.  

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Droga

Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela

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Il presidente statunitense Donald Trump sta esaminando proposte per operazioni militari americane contro presunte «strutture per la produzione di cocaina» e altri bersagli legati al narcotraffico all’interno del Venezuela. Lo riporta la CNN, che cita fonti anonime.

 

Due funzionari non identificati hanno dichiarato alla rete che Trump non ha scartato l’ipotesi di un negoziato diplomatico con Nicolás Maduro, nonostante recenti indicazioni secondo cui gli Stati Uniti avrebbero interrotto del tutto i colloqui con Caracas, mentre valutano una possibile campagna per destituire il leader venezuelano.

 

Tuttavia, una fonte della CNN ha precisato che «ci sono piani sul tavolo che il presidente sta esaminando» per azioni mirate all’interno del Venezuela. Un terzo funzionario ha indicato che l’amministrazione Trump sta considerando varie opzioni, ma al momento si concentra sulla «lotta alla droga in Venezuela».

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A giudizio di alcuni esponenti dell’amministrazione statunitense, una campagna antidroga nel Paese sudamericano potrebbe accrescere la pressione per un cambio di regime a Caracas. Trump ha pubblicamente smentito l’intenzione di rimuovere Maduro dal potere.

 

Nelle scorse settimane, le forze armate americane hanno condotto vari raid contro imbarcazioni sospettate di narcotraffico e, secondo Washington, collegate al Venezuela, causando decine di vittime.

 

 

Giovedì, Trump – che aveva già confermato l’autorizzazione di operazioni della CIA in Venezuela – ha dichiarato che gli Stati Uniti potrebbero estendere la loro campagna antidroga dal mare alla terraferma, senza entrare in dettagli. Inoltre, la portaerei USS Gerald R. Ford è stata inviata nei Caraibi per sostenere l’operazione antidroga.

 

Maduro ha respinto ogni legame del suo governo con il traffico di stupefacenti, insinuando che gli Stati Uniti stiano usando le accuse come copertura per un cambio di regime. Dopo le notizie sul dispiegamento della portaerei, il presidente venezuelano ha accusato Washington di perseguire «una nuova guerra eterna».

 

Secondo un reportaggio del New York Times, Maduro stesso avrebbe proposto agli Stati Uniti significative concessioni economiche, inclusa la possibilità per le aziende americane di acquisire una quota rilevante nel settore petrolifero, durante negoziati segreti durati mesi. Tuttavia, Washington avrebbe rifiutato l’offerta, con il futuro politico del presidente Nicolas Maduro come principale ostacolo.

 

Un precedente articolo del quotidiano neoeboraceno riportava che Trump avesse ordinato l’interruzione dei colloqui con il Venezuela, «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere. Il giornale suggeriva anche che gli Stati Uniti stessero pianificando una possibile escalation militare.

 

Nel frattempo, Maduro ha avvertito che il Venezuela entrerebbe in uno stato di «lotta armata» in caso di attacco, aumentando la prontezza militare in tutto il Paese.

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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso, gli Stati Uniti hanno inviato almeno otto navi della Marina, un sottomarino d’attacco e circa 4.000 soldati vicino alla costa venezuelana, dichiarando che la missione mirava a contrastare i cartelli della droga. Washington ha sostenuto che l’armata ha affondato tre imbarcazioni venezuelane, senza però fornire prove che le persone a bordo fossero criminali.

 

La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.

 

Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.

 

Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.

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Droga

Altri sei morti in un attacco USA su una barca della droga nei Caraibi

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Sei persone sono morte in un raid statunitense su un’imbarcazione nel Mar dei Caraibi, descritto dal Segretario alla Difesa Pete Hegseth come un’operazione antidroga.   L’attacco è l’ultimo di una serie di interventi militari americani nei Caraibi e nel Pacifico, parte di quella che il presidente Donald Trump presenta come una campagna per debellare il traffico di stupefacenti proveniente da Venezuela e Colombia. Entrambi i Paesi hanno categoricamente smentito le accuse.   Il Dipartimento della Difesa ha condotto un «attacco cinetico letale» contro una nave legata al Tren de Aragua (TdA), un’organizzazione criminale transnazionale venezuelana, in acque internazionali nella notte di giovedì, ha annunciato Hegseth su X venerdì.  

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«Se sei un narcoterrorista che traffica droga nel nostro emisfero, ti tratteremo come trattiamo Al-Qaeda», ha dichiarato, promettendo di continuare a «dare la caccia» e «neutralizzare» altri presunti trafficanti.   Solo il giorno prima, Trump aveva elogiato quello che ha definito un grande successo delle forze armate statunitensi contro le presunte «imbarcazioni della droga» venezuelane, sostenendo che il flusso di narcotici via mare si è ridotto a «circa il 5% rispetto a un anno fa». Aveva poi aggiunto che «la terra sarà il prossimo obiettivo», senza specificare ulteriori dettagli su tempi e luoghi di eventuali attacchi americani.   Sia Caracas che Bogotà hanno sostenuto che le operazioni degli Stati Uniti nella regione rappresentino l’inizio di un tentativo di appropriazione delle risorse, piuttosto che una lotta al traffico di droga.  

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