Arte
Vittorio Sgarbi Tesoro Nazionale Vivente
In Giappone esiste il termine Ningen Kokuho. È una certificazione che viene assegnata dal Ministero dell’Istruzione, Cultura, Sport, Scienza e Tecnologia di Tokyo. L’espressione, scritta con caratteri chiarissimi («人間国宝») viene tradotta in lingua italiana come «Tesoro Nazionale Vivente».
Un «Tesoro Nazionale Vivente» è colui che ha ottenuto una inarrivabile maestria in un’arte. Tale individuo, sostiene la legge nipponica, va protetto ed aiutato dallo Stato, perché costui è in grado di preservare proprietà culturali intangibili che vanno trasmessi alla posterità giapponese e fors’anche all’umanità tutta, idea trasmessa peraltro dai caratteri «人間», ningen, che si può tradurre, appunto, con «umano».
Il governo edochiano (termine figo con cui potete dire «di Tokyo») assegna a ciascun Tesoro Nazionale Vivente la cifra annua 2 milioni di yen. Il Teatro No, Bunraku (le marionette) e Kabuki – forme diverse della tradizione dello spettacolo in Giappone – vantano nella loro storia recente diversi Tesori Nazionali Viventi.
La modesta proposta di Renovatio 21 è di instaurare il titolo di Tesoro Nazionale Vivente anche in Italia, e insignire immediatamente Vittorio Sgarbi
Ecco, la modesta proposta di Renovatio 21 è di instaurare il titolo di Tesoro Nazionale Vivente anche in Italia, e insignire immediatamente Vittorio Sgarbi.
Ci ritroviamo nella definizione di Camillo Langone di Sgarbi come «il più grande italiano vivente», certo: la passione per l’arte, l’eleganza, la preparazione, il giammai dissimulato amore per la pulcritudine femminile e per la vita vissuta in un impeto che consuma tutto.
Soprattutto, ci ritroviamo nell’importanza fondamentale che, nell’epoca della peste e della menzogna, ha ogni atto pubblico di Vittorio Sgarbi. I suoi discorsi alla camera, le sue arringhe sui social, fino all’inimmaginabile perfezione della multa che come sindaco di Sutri voleva comminare a quanti portavano la mascherina inutilmente.
Ci ritroviamo nell’importanza fondamentale che, nell’epoca della peste e della menzogna, ha ogni atto pubblico di Vittorio Sgarbi
Sgarbi oggi agisce come un oracolo in grado di dire il Vero quando il mondo intero è piegato – per stupidità, per pavidità, per interesse – dal falso. È il bambino della favola, che urla «il Re è nudo» (Il COVID anche) e lo fa però ogni santo giorno, e più volte nell’arco delle stesse 24 ore.
Di fatto, l’unica opposizione frontale al governo del COVID (e, unico ad averlo detto, del presunto stupro) è Vittorio Sgarbi.
Si tratta di un uomo in grado di compiere l’incredibile operazione di trasformare se stesso, portato via a forza dalla Camera, in un quadro di Raffaello, propriamente la cosiddetta «Deposizione Borghese».
Di fatto, l’unica opposizione frontale al governo del COVID è Vittorio Sgarbi
Un uomo in grado di farsi applaudire anche dagli avversari, come quando, ai lontani albori del governo gialloverde, dichiarò che avrebbe votato il governo perché lo voleva vedere fallire. Il discorso, argomentato con citazioni da Jung, pure non faceva una grinza.
Sbaglia, tuttavia, chi crede che qui si sia ammaliati dal puro folclore di questo dandy inarrestabile e raffinatissimo. No, si tratta d’altro, si tratta della verità, dell’unico che al momento non ha paura di gridarla ovunque si trovi. Sgarbi, oggi, ha un valore funzionale inestimabile, un valore metafisico, profetico, apocalittico.
Lo diciamo a chiare lettere: tutti gli anni passati senza di lui in Parlamento sono anni buttati
Abbiamo bisogno di Sgarbi. E lo diciamo a chiare lettere: tutti gli anni passati senza di lui in Parlamento sono anni buttati. Un giorno ci si renderà conto che lo iato tra l’ultima legislatura sgarbiana e l’attuale ha prodotto, causa assenza del Vittorio, danni incalcolabili per la Repubblica Italiana.
Perché una Nazione senza Tesoro Nazionale Vivente è, giocoforza, povera e morta.
Ora, non sarebbe il nostro compito, ma vogliamo cominciare a suggerire all’attuale partito egemone del centrodestra di tenere in considerazione quanto stiamo dicendo: non possiamo lasciare Sgarbi al partito delle Carfagne, delle Brambille, delle Gelmine.
Perché una Nazione senza Tesoro Nazionale Vivente è, giocoforza, povera e morta.
Sappiamo che, tra quadri e dirigenti del partito in questione, Renovatio 21 ha vari lettori. Signori, pensateci: di Vittorio Sgarbi, in tutti questi anni, non ne abbiamo visti capitare più.
Lo diciamo a quelli ligi, quelli con l’idea del decoro di partito, quelli che stupidamente non credono alla politica-spettacolo, o alla verità detta tutta quanta tutta di fila: sì, ci rendiamo conto, i Tesori Nazionali Viventi sono difficili a gestirsi.
Il Vittorio è un continuo, inesausto inno alla Vita; l’esatto contrario di quello che fa il mondo, di quello che sono i suoi avversari: alfieri della Cultura della Morte
Prendiamo il caso di Bando Mitsugoro VIII (1906-1975). Si tratta di uno dei più grandi attori del Teatro Kabuki, dove dominò la scena per un quarantennio. Nel 1973 divenne Tesoro Nazionale Vivente. Mitsugoro era senza eguali. Nel gennaio 1975, entrò in un ristorante di Kyoto specializzato nel fugu kimo, il fegato di pesce palla, una pietanza talvolta vietata da leggi locali, perché può cagionare la morte del goloso consumatore. Basta un errore nella preparazione da parte del cuoco, ed ecco che l’organo del pesce viene invaso da un veleno mortale. In pratica, mangiare fegato di fugu è come giuocare alla roulette russa. Mitsugoro disse che poteva sopravvivere al veleno, e ordinò quattro porzioni. Mangiò, e ne morì. Prima però fu paralizzato agli arti ed ebbe problemi respiratori per otto ore.
Voi capite che, in tutta la sua intemperanza, Sgarbi è un caso mille volte più facile di quello di Mitsugoro. Anzi, quando gli è pigliato il malore, l’onorevole si è ripigliato al volo, e ha dato pure della «capra» al coccolone che lo portò in ospedale. C’è una impareggiabile testimonianza di vitalismo – se non un barlume di immortalità – anche in questo episodio.
Vittorio Sgarbi, Tesoro Nazionale Vivente – e testimone eterno dell’Italia e della Vita
È forse questo il motivo per cui lo amiamo così tanto: perché il Vittorio è un continuo, inesausto inno alla Vita; l’esatto contrario di quello che fa il mondo, di quello che sono i suoi avversari: alfieri della Cultura della Morte.
Per cui, vi prego, conservate indefinitamente Vittorio Sgarbi, Tesoro Nazionale Vivente – e testimone eterno dell’Italia e della Vita.
Roberto Dal Bosco
Immagine di Marco Musumeci via Wikipedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)
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La nona di Beethoven trasformata nel canto banderista «Slava Ukraini»
La direttrice Keri-Lynn Wilson, moglie del direttore generale del Metropolitan Opera di Nuova York Peter Gelb, ha annunciato che la sua «Ukrainian Freedom Orchestra» eseguirà la famosa nona sinfonia di Beethoven, quella ispirata all’ode Inno alla gioia (An die Freude) del drammaturgo tedesco Friedrich Schiller. Lo riporta EIRN.
Tuttavia, secondo quanto si apprende, la Wilson starebbe sostituendo la parola «Freude» nel testo con «Slava». «Slava ukraini» o «Gloria all’Ucraina» era il famigerato canto delle coorti ucraine di Hitler guidate dal collaborazionista Stepan Bandera durante la Seconda Guerra Mondiale. Da allora è stato conservato come canto di segnalazione dalle successive generazioni di seguaci di Bandera, i cosiddetti «nazionalisti integrali», chiamati più semplicemente da alcuni neonazisti ucraini o ucronazisti.
A causa di quanto accaduto nella prima metà del secolo, in Germania non si può cantare «Heil!» in tedesco senza invocare «Heil Hitler!», né si può dichiarare ad alta voce «Slava!» in Ucraina senza invocare lo «Slava Ukraini» canto dei sanguinari collaboratori locali del Terzo Reich, in particolare il Bandera.
La Wilson, che si vanta delle sue origini ucraine via nonna materna e della sua comunità ucraina di Winnipeg, Canada (Paese, come è emerso scandalosamente con il caso Trudeau-Zelens’kyj, pieno di rifugiati ucronazisti), ha rilasciato ieri il suo comunicato stampa.
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«La decisione di cantare il grande testo di Schiller per la Nona Sinfonia di Beethoven in ucraino è stata per noi un’importante dichiarazione artistica e culturale più ampia» ha dichiarato il direttore. «Putin sta letteralmente cercando di mettere a tacere una nazione. Non saremo messi a tacere. Il nostro unico emendamento a Schiller è che invece di cantare “Freude” (Gioia) canteremo “Slava” (Gloria), dal grido della resistenza ucraina di fronte alla spietata aggressione russa, Slava Ukraini! (Gloria all’Ucraina!)».
Notiamo l’interessante inversione in corso presso la sinistra e l’establishment: la «resistenza», oggi, la fanno i nazisti…
«Mentre l’Ucraina continua la sua lotta a nome del mondo libero, ha bisogno più che mai del nostro sostegno e porteremo con orgoglio il nostro messaggio in tutta Europa e negli Stati Uniti» ha continuato la Wilsona, che ha eseguito per la prima volta la sua versione banderizzata di Beethoven il 9 nel dicembre 2022 a Leopoli con la sua Ukraine Freedom Orchestra.
Nel 2023, l’importante casa discografica della classica Deutsche Grammophon ha registrato l’esecuzione del suo primo tour europeo a Varsavia, e quest’anno vi sarà la pubblicazione, proprio nel bicentenario dell’opera di Beethoven. Vi sarà quindi una tournée quest’estate che toccherà Parigi, Varsavia, Londra, Nuova York e Washington.
Secondo quanto riporta EIRN, «si dice inoltre che il prossimo progetto della Wilson coinvolga la sostituzione della parola “agape”» (cioè, in greco, amore disinteressato, infinito, universale), termine contenuto nella lettera di San Paolo ai Corinzi (capitolo 13), «con «agon» o «eris» (cioè, contesa, lotta, conflitto)».
Se fosse vero, sarebbe un altro tassello del quadro che si sta dipanando dinanzi ai nostri occhi. Dalla gioia alla guerra. Da Cristo a Nietzsche.
Va così, perfino nella musica classica.
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Immagine screenshot da YouTube
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La Russia di Alessandro I e la disfatta di Napoleone, una lezione attuale
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Microsoft vuole bandire le donne formose dai videogiuochi?
Il colosso tecnologico statunitense Microsoft scoraggia l’utilizzo di figure femminili eccessivamente formose nei videogiochi, secondo le linee guida aggiornate pubblicate martedì dalla società.
Nell’ambito della sua iniziativa di inclusività, Microsoft ha offerto agli sviluppatori un elenco di domande da considerare mentre lavorano sui loro prodotti per verificare se stanno rafforzando eventuali stereotipi di genere negativi.
La guida, denominata «Azione per l’inclusione del prodotto: aiutare i clienti a sentirsi visti», include vari stereotipi che il gigante dei giochi ritiene sia meglio tralasciare.
Secondo la guida, i progettisti di giochi dovrebbero verificare se non stanno introducendo inutilmente barriere di genere e dovrebbero assicurarsi di creare personaggi femminili giocabili che siano uguali in abilità e capacità ai loro coetanei maschi, e dotarli di abiti e armature adatti ai compiti.
«Hanno proporzioni corporee esagerate?» chiede la linea guida.
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I personaggi femminili svolgono un ruolo significativo nell’industria dei giochi e sono diventati i preferiti dai fan nel corso degli anni. Il capostipite della genìa è sicuramente Lara Croft, protagonista della fortunata serie Tomb Raider, che iniziò a spopolare negli anni Novanta sulla piattaforma della Playstation 1.
Il personaggio aveva come caratteristica fisica incontrovertibile seni straripanti, che la grafica dell’epoca rendeva grottescamente attraverso poligoni piramidali. Secondo un meme che circola su internet, tale grafica potrebbe essere alla base dell’enigmatico, estremista design della nuova automobile di Tesla, il Cybertruckko.
tesla cybertruck is just ps1 lara croft boobs pic.twitter.com/W6BXuGzMRq
— scene celebrity (@whackkat) May 12, 2021
Di recente è emerso che esistono società di consulenza che portano le case produttrici di videogiochi a inserire elementi politicamente corretti nelle loro storie: più personaggi non-bianchi, gay, trans, più lotta agli stereotipi maschili – un vasto programma nel mondo dell’intrattenimento giovanile.
In un recente videogioco sono arrivati a dipingere una criminale parafemminista uccidere Batman.
L’incredibile sviluppo, lesivo non solo delle passioni dei fan ma propriamente del valore dell’IP (la proprietà intellettuale; i personaggi di film, fumetti e videogiochi questo sono, in termini legali ed economici) è stato letto come una dichiarazione di guerra del sentire comune, con l’esecuzione del Batmanno come chiaro emblema del patriarcato e della concezione del crimine come qualcosa da punire.
Sorveglia e punire: non l’agenda portata avanti negli USA dai procuratori distrettuali eletti con finanziamenti di George Soros, nelle cui città, oramai zombificate, ora governa il caos sanguinario e il disordine più tossico.
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