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Il brutto spettacolo del presidente Macron in Libano

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Renovatio 21 pubblica questo articolo di Réseau Voltaire con traduzione di Rachele Marmetti. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

Nel ruolo di Deus ex machina, il presidente Macron ha dato i voti ai dirigenti libanesi. Sicuro della propria superiorità, ha dichiarato di vergognarsi del comportamento della classe politica libanese. Ma non è altro che una brutta pièce teatrale. Sottobanco s’impegna a distruggere la Resistenza e a trasformare il Libano in un paradiso fiscale.

 

 

Reagendo all’esplosione al porto di Beirut del 4 agosto 2020, il popolo libanese e la stampa internazionale vi hanno visto un incidente imputabile alla corruzione delle autorità portuali. Noi invece, dopo l’analisi dei primi indizi, abbiamo messo immediatamente in dubbio la tesi dell’incidente e privilegiato quella dell’attentato. Il presidente Emmanuel Macron si è recato in tutta fretta in Libano per salvare il Paese. Due giorni dopo, sulla rete televisiva siriana Sama abbiamo ipotizzato che si tratti della continuazione dell’operazione di attuazione della risoluzione 1559.

Nel ruolo di Deus ex machina, il presidente Macron ha dato i voti ai dirigenti libanesi

 

 

L’ipotesi della risoluzione 1559

Di cosa si tratta? È una risoluzione franco-statunitense del 2004, redatta su istruzione del presidente USA, George W. Bush, partendo da un testo dell’allora primo ministro libanese, Rafic Hariri, scritto con l’aiuto del presidente francese, Jacques Chirac. Scopo: ottenere il riconoscimento, da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, degli obiettivi enunciati dal segretario di Stato USA, Colin Powell: − scacciare dal Libano la forza di pace siriana, frutto degli accordi di Taif (1); − mettere fine alla Resistenza libanese all’imperialismo; − impedire la rielezione del presidente libanese Émile Lahoud.

 

Ebbene, il 4 febbraio 2005 Rafic Hariri, che non era più primo ministro e si era riconciliato con lo Hezbollah, fu ucciso in un mega-attentato di cui il presidente Lahoud e il presidente siriano Bashar al-Assad furono accusati d’essere i mandanti. La forza di pace siriana si ritirò e il presidente Lahoud rinunciò alla ricandidatura.

 

Sicuro della propria superiorità, ha dichiarato di vergognarsi del comportamento della classe politica libanese

Retrospettivamente è emerso: − che l’attentato non è stato realizzato con esplosivi classici, trasportati da un camioncino bianco, come invece si finge di continuare a credere, ma per mezzo di un’arma combinazione di nanotecnologie e combustibile nucleare arricchito, che all’epoca possedevano pochissime potenze (2); − che l’inchiesta internazionale dell’ONU fu in realtà un’operazione segreta CIA-Mossad finalizzata a colpire i presidenti Lahoud e Assad, nonché lo Hezbollah. Fu smascherata quando un enorme scandalo fece emergere i falsi testimoni reclutati e pagati dagli inquirenti dell’ONU [3]; − che tutte le accuse contro i sospetti sono state abbandonate e che un organo dell’ONU, abusivamente denominato «Tribunale speciale per il Libano» perché non ne aveva i requisiti giuridici, si è rifiutato di prendere in esame alcune prove e ha condannato in contumacia due membri dello Hezbollah.

 

Sottobanco s’impegna a distruggere la Resistenza e a trasformare il Libano in un paradiso fiscale

Alla fine, nessuno osò più menzionare la fine della Resistenza libanese sancita dalla risoluzione 1559.

 

Questa Resistenza si formò nel 1982, durante l’invasione israeliana (Operazione Pace in Galilea) attorno a gruppi sciiti. Dopo aver sconfitto gli israeliani, questa rete è entrata gradualmente in politica, con il nome di Hezbollah. Quando fu istituito, era affascinato dalla rivoluzione antimperialista iraniana e s’appoggiava all’esercito siriano, come nel 2011 ha rivelato il suo segretario generale, sayyed Hassan Nasrallah.

 

Di fronte al fenomeno ibrido dello Hezbollah, gli occidentali hanno reagito in ordine sparso: gli Stati Uniti l’hanno classificato «terrorista», mentre gli europei nel 2013 hanno sottilmente distinto il versante civile, con cui discutono, dal versante militare, che pure condannano in quanto «terrorista»

Tuttavia, dopo il ritiro della forza di pace siriana del Libano, Hezbollah si volse quasi esclusivamente verso l’Iran. Ritornò a guardare verso la Siria quando si rese conto che una disfatta di Damasco a opera dei Fratelli Mussulmani avrebbe provocato non solo la distruzione della Libia, ma anche del Libano.

 

Negli anni successivi Hezbollah ha messo insieme un gigantesco arsenale e acquisito grande esperienza nell’arte del combattere, sicché oggi è il primo esercito non-statale al mondo. I successi e i mezzi di cui dispone hanno attratto molte persone che non necessariamente condividono i suoi ideali. La parziale trasformazione in partito politico gli ha fatto acquisire i medesimi difetti degli altri partiti politici libanesi, corruzione inclusa.

 

Oggi lo Hezbollah non è uno Stato dentro lo Stato libanese, ma in molte situazioni è lo Stato al posto del caos.

 

Di fronte al fenomeno ibrido dello Hezbollah, gli occidentali hanno reagito in ordine sparso: gli Stati Uniti l’hanno classificato «terrorista», mentre gli europei nel 2013 hanno sottilmente distinto il versante civile, con cui discutono, dal versante militare, che pure condannano in quanto «terrorista».

Per giustificare alle rispettive opinioni pubbliche le loro decisioni, gli Occidentali hanno messo in atto molte operazioni segrete con l’intento di attribuire allo Hezbollah sia attentati avvenuti quando ancora non esisteva (contro i contingenti militari USA e francesi in occasione della riunione generale dei servizi segreti alleati), sia attentati all’estero (in particolare in Argentina e Bulgaria)

 

Per giustificare alle rispettive opinioni pubbliche le loro decisioni, gli Occidentali hanno messo in atto molte operazioni segrete con l’intento di attribuire allo Hezbollah sia attentati avvenuti quando ancora non esisteva (contro i contingenti militari USA e francesi in occasione della riunione generale dei servizi segreti alleati), sia attentati all’estero (in particolare in Argentina e Bulgaria).

 

Portare a termine l’applicazione della risoluzione 1559 (4) oggi significa disarmare lo Hezbollah e trasformarlo in un semplice partito politico, corrotto sia dagli Occidentali che dagli altri.

 

L’intervento francese

Il presidente Macron è stato il primo capo di Stato a recarsi in Libano dopo l’esplosione al porto di Beirut, ben due volte. S’è impegnato a non lasciare da solo il Libano e ad aiutarlo a riformarsi. Ha presentato una «tabella di marcia», accettata da tutti partiti politici. Vi si prevedeva la formazione di un governo di scopo incaricato di portare a termine riforme economiche e finanziarie.

 

Tuttavia, Mustapha Adib, il primo ministro incaricato, preso atto dell’impossibilità di riuscirvi, si è dimesso. Il presidente Macron ha quindi convocato per il 27 settembre una conferenza stampa. Ha schernito l’intera classe politica e ha esplicitamente accusato lo Hezbollah e il movimento Amal, nonché implicitamente il loro alleato, il presidente Michel Aoun, di aver fatto fallire il tentativo di salvataggio del Libano.

 

Le argomentazioni del presidente Macron hanno convinto soltanto chi non conosce la storia del Libano. I nostri lettori invece sanno (5) che questo Paese non è mai stato una nazione e, di conseguenza, non ha mai potuto essere una democrazia.

 

Dai tempi della colonizzazione ottomana è diviso in diverse comunità confessionali, che coesistono senza mescolarsi tra loro

Dai tempi della colonizzazione ottomana è diviso in diverse comunità confessionali, che coesistono senza mescolarsi tra loro. È una divisione istituzionalizzata dalla Costituzione (1926), ispirata dalla Francia, potenza mandataria. In seguito, questo funzionamento è stato scolpito nel marmo a tutti i livelli dell’organizzazione statale da Stati Uniti e Arabia Saudita, con gli accordi di Taif (1989), che misero fine alla guerra civile. Da questo punto di vista, è perlomeno curioso rimproverare ai politici di aver corrotto lo Stato, quando la corruzione è conseguenza diretta e inesorabile delle istituzioni che sono state imposte dall’esterno.

 

Soprattutto è inammissibile sentire un presidente straniero dare lezioni e dichiarare di provare vergogna per i dirigenti libanesi. Tanto più che si tratta di uno straniero che rappresenta una nazione che ha una pesante responsabilità per la situazione attuale.

 

È perlomeno curioso rimproverare ai politici di aver corrotto lo Stato, quando la corruzione è conseguenza diretta e inesorabile delle istituzioni che sono state imposte dall’esterno. è inammissibile sentire un presidente straniero dare lezioni e dichiarare di provare vergogna per i dirigenti libanesi. Tanto più che si tratta di uno straniero che rappresenta una nazione che ha una pesante responsabilità per la situazione attuale

Sembra che, nei fatti, i padrini del Libano abbiano intenzione di rovesciare la classe politica corrotta che hanno messo al potere e sostituirla con un governo di tecnocrati formato nelle loro scuole migliori. Questo governo avrà l’incarico di riformare le Finanze, restaurare il paradiso fiscale dell’età dell’oro libanese, ma soprattutto di non rompere il sistema confessionale in modo che il Paese continui a dipendere dai propri padrini. In questo modo il Libano è destinato a rimanere colonizzato senza ammetterlo e a decapitare alcuni dei suoi dirigenti ogni trenta o quarant’anni.

 

Nella mente degli sponsor del presidente Macron, i torbidi che agitano l’Arabia Saudita hanno fatto fallire il progetto d’una zona franca per miliardari, Neom. Conviene perciò utilizzare di nuovo il Libano per sfuggire agli obblighi fiscali.

 

Ricordiamo del resto che quando la Francia si è dotata d’istituzioni laiche, le ha però negate alle colonie, ritenendo che la religione fosse il solo modo di pacificare i popoli sottomessi. Il Libano è il solo Paese al mondo dove un mollah sciita, poi un mufti sunnita e infine un patriarca cristiano possono imporre i propri punti di vista ai partiti politici.

 

Infatti, secondo Macron, lo Hezbollah è al tempo stesso «milizia», «organizzazione terroristica», nonché partito politico. Invece, e l’abbiamo visto, è in realtà al tempo stesso il primo esercito non -governativo che lotta contro l’imperialismo e un partito politico che rappresenta la comunità sciita. Non si è mai reso responsabile di azioni terroristiche all’estero. Invece secondo Macron lo Hezbollah ha instaurato «un clima di terrore», che blocca le altre formazioni politiche. Ora, lo Hezbollah non ha mai utilizzato il proprio gigantesco arsenale contro i propri rivali libanesi. La breve guerra del 2008 non l’ha opposto a sunniti e drusi, bensì a chi ospitava centri di spionaggio di potenze straniere (in particolare nei locali d’archivio di Futur TV).

 

Nella mente degli sponsor del presidente Macron, i torbidi che agitano l’Arabia Saudita hanno fatto fallire il progetto d’una zona franca per miliardari, Neom. Conviene perciò utilizzare di nuovo il Libano per sfuggire agli obblighi fiscali.

Nella conferenza stampa Macron ha anche fatto riferimento alla pretesa dello Hezbollah e di Amal di scegliere il ministro delle Finanze. Questa richiesta apparentemente bislacca è invece vitale per la Resistenza. Non per saccheggiare lo Stato, come alcuni lasciano intendere, ma per aggirare le sanzioni statunitensi contro la Resistenza. Quando ha colto la portata della posta in gioco, Saad Hariri, che prima si era opposto alla richiesta, l’ha appoggiata. Quindi, diversamente da quanto affermato dal presidente Macron, il fallimento della formazione del governo non è imputabile allo Hezbollah o ad altre formazioni libanesi, ma alla volontà francese di spezzare la Resistenza.

 

Il mandatario saudita Rafic Hariri finanziò copiosamente la campagna elettorale del presidente Jacques Chirac, provocando un memorabile incidente al Consiglio Costituzionale francese.

 

Allo stesso modo, il figlio di Rafic Hariri, Saad, finanziò la campagna elettorale del presidente Macron, benché su scala minore. Così, quando Macron ha annunciato che, se il Libano avesse applicato la sua «tabella di marcia», la comunità internazionale lo avrebbe finanziariamente salvato, Saad Hariri ha preteso un rientro del proprio investimento, ossia il 20% delle somme future. Dopo aver consultato il suo principale donatore, l’israeliano-statunitense Henri Kravic (6), Macron ha rifiutato e minacciato di sanzioni i tre presidenti del Libano (della Repubblica, del Parlamento e del Governo).

La Francia fa i propri calcoli a partire dalla conoscenza storica della regione, ma non ha compreso alcuni dei cambiamenti intervenuti, come attestano i fallimenti in Libia, Siria e nei negoziati Iran-USA. Si preoccupa dell’influenza della Turchia in Libano, ma sovrastima quella dell’Arabia Saudita e dell’Iran, minimizza quella della Siria e ignora quella della Russia.

 

La Francia fa i propri calcoli a partire dalla conoscenza storica della regione, ma non ha compreso alcuni dei cambiamenti intervenuti, come attestano i fallimenti in Libia, Siria e nei negoziati Iran-USA. Si preoccupa dell’influenza della Turchia in Libano, ma sovrastima quella dell’Arabia Saudita e dell’Iran, minimizza quella della Siria e ignora quella della Russia.

 

Per chi osserva con attenzione quel che accade, la Francia non è onesta nella sollecitudine verso il Libano. Così i viaggi in Libano del presidente Macron sono stati preceduti dalla diffusione di una petizione che si appellava al ristabilimento del mandato della Francia sul Libano, con l’intento di colonizzarlo di nuovo. È stato subito accertato che la petizione spontanea era in realtà un’iniziativa dei servizi segreti francesi

 

Ancora, il secondo viaggio del presidente ha coinciso con il centenario della proclamazione del Grande Libano da parte del generale Henri Gouraud, leader del Partito coloniale francese. Non è difficile capire come la Francia speri di ottenere una remunerazione della propria azione contro la Resistenza.

 

 

Per chi osserva con attenzione quel che accade, la Francia non è onesta nella sollecitudine verso il Libano
NOTE

(1) « Accord de Taëf », Réseau Voltaire, 23 octobre 1989.

(2) “Rivelazioni sull’assassinio di Rafiq Hariri”, di Thierry Meyssan, Traduzione di Alessandro Lattanzio, Оdnako (Russia) , Rete Voltaire, 29 novembre 2010.

(3) « La commission Mehlis discréditée », par Talaat Ramih, Réseau Voltaire, 9 décembre 2005.

(4) « Résolution 1559 du Conseil de sécurité de l’ONU (Texte et débats) », Réseau Voltaire, 2 septembre 2004.

(5) “I libanesi prigionieri della loro Costituzione”, “Il Libano di fronte alle proprie responsabilità”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 22 ottobre 2019 & 21 luglio 2020.

(6) “Verso chi è debitore Emmanuel Macron?”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 11 dicembre 2018.

Articolo ripubblicato su licenza Creative Commons CC BY-NC-ND

 

 

 

Fonte: «Il brutto spettacolo del presidente Macron in Libano», Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 15  settembre 2020

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Geopolitica

Charlie Kirk una volta si era chiesto se se l’Ucraina avrebbe cercato di ucciderlo

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L’attivista conservatore Charlie Kirk, ucciso in un attentato, aveva dichiarato di essere minacciato di morte ogni giorno per le sue posizioni critiche, in particolare contro il sostegno finanziario degli Stati Uniti al conflitto ucraino. Si dice che almeno una minaccia di omicidio, attribuita a un portavoce ucraino, potrebbe essere stata diretta personalmente a lui.

 

Nel 2023, il Centro per il contrasto alla disinformazione di Kiev ha accusato Kirk di promuovere la «propaganda russa». Nel 2024, un sito ucraino aveva incluso Kirk e la sua organizzazione, Turning Point USA, in una lista nera comprendente 386 individui e 76 gruppi americani contrari al finanziamento dell’Ucraina.

 

Il transessuale americano Sarah Ashton-Cirillo, già responsabile della comunicazione in lingua inglese per le Forze di Difesa Territoriali ucraine, aveva dichiarato di voler «dare la caccia» a quelli che aveva definito «propagandisti del Cremlino», annunciando un imminente attacco contro una figura vicina al presidente russo Vladimir Putin.

 

Aveva in seguito minacciato anche giornalisti americani, e dichiarato che «i russi non sono esseri umani».

 

 


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«Proveranno a uccidere Steve Bannon, Tucker Carlson o forse me?» si era chiesto Kirk, citando altre note figure conservatrici dei media americani.

 

«Noi non siamo burattini di Putin né propagandisti russi, eppure il New York Times ci etichetta così, Twitter ci etichetta così», aveva affermato Kirk nel suo programma. «E quella persona, finanziata dal Tesoro degli Stati Uniti, dichiara: vi troveremo e vi uccideremo».

 

La questione se il governo degli Stati Uniti stesse finanziando Ashton-Cirillo è diventata oggetto di dibattito pubblico dopo che la sua dichiarazione è diventata virale, interessando anche l’allora senatore dell’Ohio JD Vance, oggi vicepresidente USA. Il transessuale statunitense fu quindi prontamente rimosso dalle forze armate ucraine.

 

Kirk è stato un critico costante dello Zelens’kyj, descrivendolo come «un bambino ingrato e capriccioso», un «go-go dancer» che non merita nemmeno un dollaro delle tasse americane e «un burattino della CIA che ha guidato il suo popolo verso un massacro inutile».

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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International 

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Geopolitica

Mosca critica Israele per l’attacco al Qatar

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La Russia ha condannato l’attacco israeliano alla capitale del Qatar, Doha, definendolo una palese violazione del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite, affermando che l’attacco mina gli sforzi per raggiungere un accordo pacifico tra Israele e Hamas, ha affermato mercoledì il Ministero degli Esteri di Mosca.   Martedì Israele ha colpito un edificio residenziale a Doha in un’operazione che ha coinvolto circa 15 aerei da guerra e almeno dieci missili. Il raid, che avrebbe causato la morte di diversi membri di Hamas, tra cui il figlio dell’alto funzionario Khalil al-Hayya, aveva come obiettivo quello di eliminare l’ala politica del gruppo, secondo le IDF.   Hamas ha affermato che i suoi vertici sono sopravvissuti a quello che ha definito un tentativo di assassinio dei negoziatori coinvolti nei colloqui per un accordo.   Il ministero degli Esteri russo ha affermato che l’attacco al Qatar, «un Paese che svolge un ruolo chiave di mediazione nei colloqui indiretti tra Hamas e Israele per porre fine alla guerra di Gaza, che dura da quasi due anni, e garantire il rilascio degli ostaggi», non può che essere visto come un tentativo di indebolire gli sforzi di pace internazionali. Mosca ha esortato tutte le parti ad agire responsabilmente e ad astenersi da azioni che potrebbero aggravare ulteriormente il conflitto.

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Mosca ha ribadito la sua posizione, chiedendo un «cessate il fuoco immediato a Gaza» e sollecitando una risoluzione globale della questione palestinese. Il Ministero degli Esteri russo ha affermato che «tali metodi di lotta contro coloro che Israele considera suoi nemici e oppositori meritano la più ferma condanna».   Il Qatar, che ospita funzionari di Hamas nell’ambito dei suoi sforzi di mediazione, ha affermato che tra le sei persone uccise nell’attacco c’era anche un agente di sicurezza locale.   Il primo ministro del Qatar, lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman al-Thani, ha condannato l’attacco definendolo un atto di «terrorismo di Stato» e ha avvertito che il suo Paese si riserva il diritto di rispondere. Ha accusato il suo omologo israeliano Benjamin Netanyahu di minare la stabilità regionale e ha affermato che l’incidente ha vanificato gli sforzi di mediazione promossi dagli Stati Uniti.   Israele, che incolpa Hamas per il mortale attacco dell’ottobre 2023 nel sud di Israele, ha promesso di dare la caccia ai leader del gruppo «ovunque si trovino».   Le autorità di Gaza affermano che gli attacchi sferrati da Israele dal 7 ottobre 2023 hanno causato la morte di almeno 64.000 persone. Gli osservatori per i diritti umani hanno accusato Israele di aver commesso un genocidio rendendo l’enclave inabitabile e peggiorando le condizioni di carestia attraverso restrizioni agli aiuti.   Il rapporto tra Russia e Qatar, nato negli anni ’90 da interessi energetici condivisi, è un’alleanza pragmatica tra giganti del gas, con Mosca che vede Doha come partner contro la dominanza USA nel mercato globale. Collaborano in forum come OPEC+ e BRICS+, con scambi per miliardi in LNG e armamenti.  
Il 29 novembre 2011, l’ambasciatore russo in Qatar, Vladimir Titorenko, sarebbe stato aggredito dagli ufficiali di sicurezza e doganali dell’aeroporto del Qatar quando si è rifiutato di sottoporsi alla scansione della sua valigia in aeroporto.
  Le relazioni si inasprirono il 7 febbraio 2012, quando, secondo quanto riferito, dopo che un diplomatico del Qatar aveva avvertito la Russia di perdere il sostegno della Lega Araba in merito all’imminente risoluzione sulla rivolta siriana, a cui Russia e Cina avevano poi posto il veto, la risposta arrivò dura dall’ambasciatore russo all’ONU Vitaly Churkin, che affermò: “Se mi parli in questo modo, oggi non ci sarà nessun Qatar” e si vantò della superiorità militare russa sul Qatar. In seguito, la Russia negò tutte queste accuse.     Il culmine si era avuto nel 2004: l’autobomba che uccise Zelimkhan Yandarbiyev, ex presidente ceceno in esilio a Doha. La Russia negò coinvolgimento, ma due agenti FSB furono arrestati; uno morì in custodia, l’altro estradato. Il Qatar condannò l’attentato come «terrorismo di Stato», sospendendo legami per mesi, ma pragmatismo prevalse: accordi energetici ripresero presto.   Oggi, nonostante frizioni, il sodalizio resiste, bilanciato da interessi economici.

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Geopolitica

«Li prenderemo la prossima volta» Israele non esclude un altro attacco al Qatar

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Israele è determinato a uccidere i leader di Hamas ovunque risiedano e continuerà i suoi sforzi finché non saranno tutti morti, ha dichiarato martedì a Fox News l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti Yechiel Leiter.

 

In precedenza, attacchi aerei israeliani hanno colpito un edificio residenziale a Doha, in Qatar, prendendo di mira alti esponenti dell’ala politica di Hamas. Il gruppo ha affermato che i suoi funzionari sono sopravvissuti, mentre l’attacco è stato criticato dalla Casa Bianca e condannato dal Qatar.

 

«Se non li abbiamo presi questa volta, li prenderemo la prossima volta», ha detto il Leiter.

 

L’ambasciatore ha descritto Hamas come «nemico della civiltà occidentale» e ha sostenuto che le azioni di Israele stavano rimodellando il Medio Oriente in modi che gli Stati «moderati» comprendevano e apprezzavano. «In questo momento, potremmo essere oggetto di qualche critica. Se ne faranno una ragione», ha detto riferendosi ai Paesi arabi.

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che, sebbene smantellare Hamas sia un obiettivo legittimo, colpire un alleato degli Stati Uniti mina gli interessi sia americani che israeliani.

 

Leiter ha osservato che Israele «non ha mai avuto un amico migliore alla Casa Bianca» e che Washington e lo Stato Ebraico sono rimaste unite nel perseguire la distruzione del gruppo militante.

 

Il Qatar, che ospita funzionari di Hamas nell’ambito del suo ruolo di mediatore, ha dichiarato che tra le sei persone uccise nell’attacco israeliano c’era anche un agente di sicurezza del Qatar.

 

L’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani, ha denunciato l’attacco come un «crimine atroce» e un «atto di aggressione», mentre il ministero degli Esteri di Doha ha accusato Israele di «terrorismo di Stato».

 

Israele ha promesso di dare la caccia ai leader di Hamas, ritenuti responsabili del mortale attacco dell’ottobre 2023, lanciato da Gaza verso il sud di Israele. L’ambasciatore ha giurato che i responsabili «non sopravviveranno», ovunque si trovino.

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