Connettiti con Renovato 21

Spirito

Il documento papale contro la Messa in latino esiste, ma ad impedirne la pubblicazione sarebbe stato un ortodosso russo

Pubblicato

il

Un amico di Bergoglio ha affermato che il Papa gli ha detto che esiste un documento, di cui si è molto parlato durante l’estate, per introdurre nuove restrizioni alla messa in latino, e che non lo ha firmato solo a causa di una conversazione tra i due. Lo riporta PerMariam.

 

La rivelazione sembra confermare che un documento mirato a limitare drasticamente la messa in latino esiste davvero, nonostante le informazioni sulla sua esistenza siano state contrastanti durante l’estate.

 

L’estate passata erano circolate voci su un possibile nuovo documento volto a imporre severe restrizioni alla celebrazione della messa tradizionale in latino. Secondo queste indiscrezioni, il provvedimento avrebbe riguardato in particolare i sacerdoti diocesani, mentre le principali comunità legate alla cosiddetta messa in latino, come la Fraternità di San Pietro e l’Istituto di Cristo Re, sembravano al sicuro da eventuali interventi. Questo perché le loro costituzioni e carismi erano stati recentemente approvati personalmente dal Francesco durante incontri privati, rendendo improbabile un provvedimento che le coinvolgesse direttamente.

Iscriviti al canale Telegram

Come noto, mesi fa fonti vicine a Bergoglio avevano dichiarato di non essere a conoscenza dell’esistenza del presunto documento di cui si è parlato. Anche il sito cattolico di informazione The Pillar, noto per avere contatti influenti e ben informati all’interno del Vaticano, in particolare nella Segreteria di Stato guidata dal cardinale Parolin, non era stato in grado di confermare l’esistenza di tale documento, nonostante la sua reputazione di accedere a informazioni riservate.

 

Voci sostenevano che il documento sarebbe scritto dal segretario della Congregazione per il Culto Divino arcivescovo Vitoria Viola, ma si dice che avrebbe ricevuto anche il sostegno fondamentale del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, del cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, e del nunzio francese, arcivescovo Celestino Migliore.

 

Più tardi l’arcivescovo Migliore, il cardinale Gugerotti e infine il cardinale Parolin avevano negato di essere coinvolti nel progetto vociferato.

 

«Poiché l’estate era trascorsa senza che venisse reso pubblico il tanto vociferato documento, e dato che prelati di alto profilo avevano negato il suo coinvolgimento, sembrava che il testo non sarebbe stato reso pubblico a breve» scrive PerMariam.

 

Quando la questione sembrava archiviata, il vaticanista Robert Moyniha, ha rivelato durante una recente intervista a Inside the Vatican che un amico da lui presentato al papa avrebbe avuto un ruolo chiave nell’impedire la pubblicazione del documento.

 

Intervenendo in un podcast del 7 novembre, Moynihan ha dichiarato: «ho un amico che è ortodosso russo, l’ho presentato a Papa Francesco qualche anno fa, più di dieci anni fa. Si sono scambiati i numeri».

 

«Gli ho sempre detto che siamo molto desiderosi di mantenere uno spazio nella chiesa… per la vecchia liturgia, che era simile in molti modi alla liturgia bizantina. Lui ha apprezzato questo perché anche lui è ortodosso».

 

«Ho detto: “Ditelo al Papa quando comunicate con lui perché ci sono voci secondo cui potrebbe voler abolire la vecchia liturgia, in un modo che Joseph Ratzinger ha suggerito non fosse nemmeno possibile”».

 

«Ha detto di aver comunicato con il Papa la scorsa estate e di avergli detto che c’erano così tante brave persone giovani in America e in altri Paesi che amavano la vecchia liturgia e non la amavano come una specie di segno della loro rabbia contro di lui, ma semplicemente perché amavano Gesù. Volevano avvicinarsi a Lui e la liturgia lo faceva. Ed era molto simile al modo in cui le persone semplici in Russia si avvicinavano alla liturgia nel 1600, quando i vecchi credenti furono condannati perché volevano mantenere la stessa vecchia liturgia e non la liturgia riformata del 1660 in Russia.

 

«Quindi questo russo ha detto queste cose al Papa e il Papa gli ha detto: “Ho il testo sulla mia scrivania. Mi hanno detto che dovrei firmare, ma siccome mi hai detto tutto questo, non firmerò”».

 


Sostieni Renovatio 21

L’identità dell’amico del Moynihan è tenuta segreta, ma il sito PerMariam, che ha pubblicato la notizia, sostiene trattarsi di una fonte attendibile e autorevole.

 

Se le osservazioni della fonte russa fossero vere, e anche quelle di Francesco, ciò metterebbe in evidenza che il documento di cui si vocifera esisteva davvero e che la Chiesa è stata molto vicina a farlo promulgare.

 

Come noto, il Francesco è già stato accusato di aver causato immense divisioni e sofferenze nella Chiesa attraverso l’emanazione di Traditionis Custodes nel 2021, in cui limitava fortemente la Santa Messa tradizionale in tutto il mondo.

 

L’opposizione alla Messa di sempre da parte di alti funzionari della Congregazione per il Culto è più che documentata.

 

Ad esempio, l’ex Prefetto della CDF, il cardinale Gerhard Müller, aveva rivelato quest’anno che Jun rappresentante di alto rango del Dicastero romano per il Culto divino» è rimasto sgomento quando ha sentito parlare dell’enorme numero di giovani pellegrini nel tradizionale pellegrinaggio tradizionalista a Chartres, dove il cardinale ha officiato la Santa Messa conclusiva.

 

Il cardinale Müller ha affermato che il funzionario «ha obiettato che questo non era affatto motivo di gioia, perché la Santa Messa è stata celebrata secondo l’antico rito latino straordinario».

 

Rispondendo alla recente notizia che la Congregazione per il Culto ha vietato quasi tutte le Messe tradizionali nell’ex diocesi di Tyler del vescovo Strickland, il vescovo Atanasio Schneider l’ha definita una «persecuzione».

 

Mentre i tentativi di infrangere l’insegnamento della Chiesa vengono fatti in un vano tentativo di risolvere le vocazioni, le comunità tradizionali prosperano. Probabilmente anche rafforzate da Traditionis Custodes, i gruppi dediti alla Messa in latino hanno registrato anno dopo anno nuovi record di ammissioni ai loro seminari.

 

La Fraternità San Pio X ha accettato 64 nuovi candidati al sacerdozio nei suoi 4 seminari, portando il numero dei seminaristi a oltre 250.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagini Jeff Culbreath via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0

Continua a leggere

Spirito

Papa Leone incontra le vittime di abuso poco dopo aver lodato don Milani

Pubblicato

il

Da

Papa Leone XIV ha incontrato gli attivisti di ECA (Ending Clergy Abuse), rete costituita da vittime di abusi del clero particolarmente attiva negli Stati Uniti. I giornali mainstream riportano la notizia sottolineando come si tratterebbe di una «prima volta».   Si tratta del primo tra Papa Leone XIV e un gruppo di vittime, nonché il primo con un’associazione dedicata alla lotta contro gli abusi. I suoi predecessori, da Benedetto XVI a Francesco I, avevano incontrato gruppi di vittime, ma mai organizzazioni strutturate come ECA, che ha seguito molti viaggi di papa Francesco con proteste, specialmente nei Paesi più colpiti dagli abusi, senza però essere mai ricevuta. Oggi, invece, l’associazione ha varcato le porte del Vaticano.   Pochi giorni fa, la Pontificia Commissione per la tutela dei minori aveva pubblicato il Rapporto annuale, evidenziando la lentezza di alcune diocesi nel contrastare gli abusi. Tra i casi critici è stato citato l’Italia, con la CEI che ha replicato sottolineando gli sforzi compiuti in formazione e prevenzione.  

Sostieni Renovatio 21

«È stata una conversazione profondamente significativa», ha dichiarato Gemma Hickey, presidente di ECA e sopravvissuta agli abusi in Canada. «Riflette un impegno comune per la giustizia, la guarigione e un cambiamento autentico. I sopravvissuti hanno a lungo cercato un posto al tavolo, e oggi ci siamo sentiti ascoltati». ECA definisce l’incontro «un passo storico e pieno di speranza verso una maggiore cooperazione».   Non è chiaro se tale organizzazione di vittime, premiata con l’udienza papale a favore di telecamere, abbia presente che solo pochi giorni fa il papa ha lodato, per la seconda volta, un sacerdote, diciamo così, controverso, definendolo perfino ripetutamente «profeta».   Il quadretto edificante avviene infatti a poche ore da un riferimento entusiastico fatto nei confronti di Don Milani. L’11 ottobre, parlando ai pellegrini delle diocesi toscane, Prevost ha citato in modo molto benevolo il controverso prete-maestro della Barbiana: «Don Lorenzo Milani, profeta della Chiesa toscana, che Papa Francesco ha definito “testimone e interprete della trasformazione sociale ed economica”, aveva come motto “I care“, cioè “mi importa”, mi interessa, mi sta a cuore».   Non è la prima volta. Il 12 giugno all’incontro con il clero della diocesi di Roma aveva definito di Don Lorenzo Milani come di «un profeta di pace e giustizia».   Scandali vari – il più grosso esploso sui giornali nel 2017, all’altezza dell’uscita del romanzo di Walter Siti Bruciare tutto, che faceva a partire dalla sua dedica un pesante ammiccamento – hanno portato alla luce lettere scritta da Don Milani dal contenuto fortemente inquietante.   In un lettera di Don Milani a Giorgio Pecorini, contenuta nel libro di quest’ultimo Don Milani! Chi era Costui? (Baldini&Castoldi, 1996, pp. 386-391), il presbitero autore del celebre Lettera ad una professoressa scriveva:   «… Come facevo a spiegare che amo i miei parrocchiani più che la Chiesa e il Papa? E che se un rischio corro per l’anima mia non è certo quello di aver poco amato, ma piuttosto di amare troppo (cioè di portarmeli anche a letto!) (…) E chi potrà mai amare i ragazzi fino all’osso senza finire col metterglielo anche in culo se non un maestro che insieme a loro ami anche Dio e tema l’Inferno e desideri il Paradiso?». Il corsivo è nostro.   In un’altra lettera ad un amico vi sarebbe scritto «Vita spirituale? Ma sai in che consiste oggi per me? Nel tenere le mani a posto».

Aiuta Renovatio 21

Nonostante questi fatti, e voci ricorrenti sul personaggio che non circuitavano solo nei circoli tradizionalisti a lui ostili, negli anni scorsi la chiesa toscana sembrava indirizzata a tentare il processo di beatificazione del Milani, processo che, con evidenza, davanti a questi macigni subì una battuta d’arresto.   Ciononostante, il 20 giugno 2017 Bergoglio – che aveva avuto pure i suoi scandali con il caso della «Casita de Dios», ma anche col presbitero cileno Karadima, col prete ciellino don Inzoli etc. – effettuò un «pellegrinaggio» (sic – proprio come per i viaggi presso santuari e luoghi sacri) a Barbiana, per onorare don Milani. Un segnale che per molti è apparso chiaro, e terrificante.   Ora, papa Prevost si rivela, come in tanti altri temi, dalla sin0dalità all’omotransessualismo alla farsa climatica – totalmente in linea con il predecessore, lasciando intendere un papato di continuità totale con la catastrofe conciliare in generale e la catastrofe bergogliana in particolare.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine screenshot da YouTube
Continua a leggere

Spirito

«Persecuzione feroce e genocida contro i cattolici» e «vile e cortigiana complicità». Mons. Viganò contro Parolin sulle persecuzioni in Nigeria

Pubblicato

il

Da

L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha pubblicato su X una dura accusa alle parole del cardinale segretario di Stato vaticano Pietro Parolin che sembrano sminuire la persecuzione anticristiana che sta insanguinando da anni la Nigeria.

 

«Conosco bene e porto quotidianamente nel cuore la situazione di sofferenza e di persecuzione dei Cattolici nigeriani, essendo vissuto in Nigeria per sei anni, dal 1992 al 1998, come Nunzio Apostolico» scrive Viganò ricordando la sua esperienza diplomatica.

 

«Le parole vergognose del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin sul presunto “conflitto sociale” in Nigeria mistificano la realtà di una persecuzione feroce e genocida contro i Cattolici, martirizzati mentre Roma vaneggia di sinodalità e inclusività».

 

«Mentre la Gerarchia si schiera apertamente in favore dell’islamizzazione dell’Europa cristiana e osa definire “diritto umano” la libertà religiosa del Vaticano II, migliaia di fedeli continuano a testimoniare eroicamente il Vangelo di Cristo, e il loro sangue grida vendetta al Cielo» tuona il prelato lombardo.

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

«No, Eminenza: i Cattolici nigeriani sono uccisi in odio alla Fede che essi professano, da parte di mussulmani e in obbedienza al Corano. Quegli stessi mussulmani che stanno trasformando le vostre chiese in moschee, con la vostra vile e cortigiana complicità, e che presto rovesceranno i governi per imporre la sharia agli “infedeli”» continua l’arcivescovo.

 

«La responsabilità della chiesa bergogliana e post-bergogliana in questo crimine contro Dio e contro l’uomo rimarrà a perenne esecrazione del tradimento dei Pastori».

 

La persecuzione anticristiana in Nigeria si è aggravata dopo il 1999, quando 12 stati del Nord hanno adottato la sharia. L’ascesa di Boko Haram nel 2009 ha segnato un’ulteriore escalation, con il gruppo noto per il rapimento di centinaia di studentesse nel 2014, di cui 87 risultano ancora disperse.

 

Recentemente, attacchi nel Paese hanno incluso rapimenti e omicidi di sacerdoti e seminaristi cattolici. A luglio, la diocesi di Auchi, nello Stato di Edo, ha riferito che uomini armati hanno attaccato il Seminario Minore dell’Immacolata Concezione, uccidendo una guardia e rapendo tre seminaristi.

 

Come riportato da Renovatio 21rapporto pubblicato quest’estate dalla Commissione statunitense per la libertà religiosa internazionale (USCIRF) ha evidenziato numerosi attacchi sponsorizzati dallo Stato contro i cristiani in Nigeria.

 

La situazione è deteriorata al punto che il rapporto 2025 della Lista Rossa di Global Christian Relief (GCR) ha indicato la Nigeria come uno dei luoghi più pericolosi per i cristiani. Nella primavera del 2023, la Società Internazionale per le Libertà Civili e lo Stato di Diritto ha riferito che oltre 50.000 persone sono state uccise nel Paese per la loro fede cristiana dal 2009.

Iscriviti al canale Telegram

Nel suo rapporto del 2025, l’USCIRF ha esortato il governo statunitense a designare la Nigeria come «paese di particolare preoccupazione», esprimendo delusione per la lentezza, e a volte apparente riluttanza, del governo nigeriano nel rispondere a questa violenza, creando un clima di impunità per gli aggressori.

 

Come riportato da Renovatio 21, gli ultras della nazionale romena, a quanto pare più cristiani di Parolin, durante una recente partita di qualificazione ai mondiali a Bucarest hanno esposto un grande striscione con la scritta «DIFENDETE I CRISTIANI NIGERIANI».

 


 

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

Continua a leggere

Spirito

Una donna a presiedere il declino definitivo dell’anglicanesimo

Pubblicato

il

Da

La nomina di Sarah Mullally ad «arcivescovo» di Canterbury, annunciata il 3 ottobre 2025, ha sconvolto l’anglicanesimo, esacerbando le crescenti divisioni che affliggono questo protestantesimo surrogato da decenni.   Prima donna a ricoprire questa posizione emblematica, succedendo a Justin Welby, che si dimetterà nel gennaio 2026, Sarah Mullally, leader dell’anglicanesimo londinese, intende incarnare il «progresso verso la parità di genere» all’interno di una confessione protestante che sembra più che mai allo stremo delle forze.   La decisione, approvata da Re Carlo III, di insediare questa donna nella sede primaziale di Canterbury ha suscitato scalpore in tutto il mondo, soprattutto nel continente africano, e in tutta la religione anglicana, che conta circa 85 milioni di fedeli distribuiti in 42 province autonome in tutto il mondo.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Non sorprende che per decenni l’anglicanesimo si sia fratturato a causa di mode progressiste: l’ordinazione delle donne, le benedizioni per le coppie dello stesso sesso e l’interpretazione della Bibbia. Finora, tuttavia, l’«arcivescova» di Canterbury, considerato un «primus inter pares», uno «strumento di comunione», ha svolto un ruolo tanto simbolico quanto cruciale nel mantenere una parvenza di coesione all’interno di questa religione nata dallo scisma di Re Enrico VIII nel XVI secolo.   Sotto la guida di Justin Welby, le tensioni si sono intensificate, in particolare dopo che il Sinodo generale della Chiesa d’Inghilterra ha approvato le benedizioni per le coppie dello stesso sesso nel 2023, una mossa considerata dai conservatori come un tradimento degli insegnamenti biblici. La nomina di Sarah Mullally, che ha sostenuto queste misure come un «faro di speranza per la Chiesa», ha ulteriormente radicato queste divisioni.   Anche gruppi conservatori come la Global Anglican Future Conference (GAFCON) e la Global South Fellowship of Anglican Churches (GSFA) hanno reagito immediatamente alla nomina di Mullally: la GAFCON, un’alleanza di province anglicane prevalentemente africane e asiatiche, ha espresso il suo «dispiacere» per la scelta ratificata da Re Carlo III.   In una dichiarazione, il suo presidente, Laurent Mbanda del Ruanda, ha affermato che la Chiesa d’Inghilterra (anglicana) ha scelto una guida che «dividerà ulteriormente una Comunione già frammentata». E accusa Sarah Mullally di promuovere «insegnamenti non biblici e revisionisti sul matrimonio e sulla moralità sessuale», citando il suo sostegno alle benedizioni per le coppie LGBT.   Il GAFCON insiste sul fatto che la maggioranza della Comunione anglicana aderisce a un episcopato esclusivamente maschile, negando qualsiasi legittimità al nuovo «arcivescovo» di Canterbury. La dichiarazione ribadisce la Dichiarazione di Kigali del 2023, che affermava come l’arcivescovo di Canterbury avesse perso il suo ruolo storico di «strumento della Comunione anglicana».   Lo stesso tono è stato espresso dal GSFA, presieduto da Justin Badi, leader anglicano del Sud Sudan, che ha descritto la promozione di Sarah Mullally come «grave» e «un ulteriore sintomo della crisi di fede e autorità» che sta dilagando nella comunità anglicana.   Queste dichiarazioni sottolineano una frattura formale e sempre più ampia: le province del Sud del mondo, che rappresentano oltre 60 milioni di anglicani – la maggioranza – stanno ancora una volta rifiutando l’autorità della Sede di Canterbury, che avevano già dichiarato «scomunicata» nel 2023, optando per strutture alternative come la GAFCON e la GSFA.

Iscriviti al canale Telegram

Queste fratture sono più pronunciate in Africa, dove l’anglicanesimo sta vivendo una crescita che contrasta con il suo declino nel Vecchio Continente. L’Africa subsahariana ospita le province anglicane più prospere, come la Chiesa di Nigeria, con 20 milioni di fedeli, e quelle di Uganda, Kenya e Ruanda, che sostengono tutte un’interpretazione più tradizionale della Bibbia.   La disintegrazione della «comunione» anglicana non sorprende, e la storia ha sufficientemente documentato il destino delle comunità che hanno scelto di separarsi dall’unità romana.   Ciò che sta accadendo sulle rive del Tamigi può, in ogni caso, servire da esempio ai prelati cattolici progressisti, spinti da un mal indirizzato zelo riformista: più ci separiamo dalla Rivelazione – e dalle sue due fonti, Scrittura e Tradizione – più ci prepariamo a un futuro disilluso…   Articolo previamente apparso su FSSPX.News   SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di Roger Harris via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported; immagine tagliata
Continua a leggere

Più popolari