Geopolitica
Gruppo finanziato da Soros chiede alla Mongolia di arrestare Putin
L’organizzazione Human Rights Watch (HRW), finanziata da George Soros, ha chiesto al governo della Mongolia di arrestare il presidente russo Vladimir Putin durante la sua visita nel Paese, il che sarebbe conforme agli obblighi dello Stato asiatico in quanto membro della Corte penale internazionale (CPI).
Putin è arrivato in Mongolia lunedì su invito del presidente del Paese, Ukhnaa Khurelsukh, per partecipare a una cerimonia commemorativa della battaglia di Khalkhin Gol del 1939, in cui le forze sovietiche e mongole sconfissero l’esercito imperiale giapponese.
In vista della visita, HRW, che ha ricevuto oltre 100 milioni di dollari dalla Open Society Foundations di Soros, ha rilasciato una dichiarazione sul suo sito web in cui metteva in guardia la Mongolia dal consentire a Putin di entrare nel Paese.
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L’anno scorso, la CPI ha emesso un mandato di arresto per Putin, accusandolo di «deportazione illegale di popolazione (bambini)» e di «trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle aree occupate dell’Ucraina» in Russia, nel contesto del conflitto in corso tra Mosca e Kiev.
La Russia ha respinto le accuse della CPI come assurde, sottolineando che l’evacuazione di civili da una zona di combattimento non è un crimine di guerra. Mosca ha anche sottolineato di non aver mai firmato lo Statuto di Roma, su cui si basa la CPI, il che significa che la corte non ha giurisdizione in materia.
Nel frattempo, secondo quanto riportato da Bloomberg, che ha citato due fonti a conoscenza della questione, le autorità mongole, nonostante abbiano firmato lo Statuto di Roma su cui si basa la CPI, avrebbero dichiarato di non avere alcuna intenzione di arrestare Putin.
Putin è arrivato nella capitale mongola ieri ed è stato accolto da una guardia onoraria all’aeroporto di Ulaanbaatar. Secondo l’assistente presidenziale Yuri Ushakov, martedì avrà un «programma ricco» come parte della sua visita di Stato, che includerà un incontro con la sua controparte mongola, negoziati in vari formati dedicati alle relazioni bilaterali, nonché una cerimonia di firma di documenti intergovernativi russo-mongoli.
Prima del viaggio, il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov ha dichiarato che Mosca non aveva «alcuna preoccupazione» in merito alla visita di Putin e al mandato della CPI, affermando che «abbiamo ottimi rapporti con i nostri amici della Mongolia» e che tutte le questioni relative al viaggio del presidente russo erano state «risolte» in anticipo.
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Geopolitica
La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco
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Geopolitica
Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset
La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.
Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.
Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».
Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.
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Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».
«Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.
Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.
Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».
«La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.
Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.
Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania
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