Economia
Fitch declassa anche Israele: è la terza agenzia di rating a farlo
Fitch Ratings ha declassato il rating di credito a lungo termine di Israele martedì, citando l’impatto della guerra a Gaza. Anche Moody’s e S&P Global hanno tagliato i loro rating di credito per lo Stato ebraico all’inizio di quest’anno, citando elevati rischi geopolitici.
Fitch ha declassato Israele da A+ ad «A» e ha mantenuto l’outlook negativo, suggerendo che è possibile un’ulteriore riduzione.
«Secondo noi, il conflitto a Gaza potrebbe durare fino al 2025 e ci sono rischi che si estenda ad altri fronti. Oltre alle perdite umane, potrebbe comportare spese militari aggiuntive significative, distruzione di infrastrutture e danni più sostenuti all’attività economica e agli investimenti, portando a un ulteriore deterioramento delle metriche di credito di Israele», ha affermato l’agenzia in una dichiarazione.
Fitch ha inoltre evidenziato il crescente deficit di bilancio e il debito pubblico di Israele come tra le principali ragioni del declassamento.
Il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich è andato su X martedì per descrivere il declassamento come «naturale» dati i «rischi geopolitici» che la guerra «più lunga e costosa» nella storia del Paese crea. Ha anche promesso di gestire l’economia «correttamente e responsabilmente».
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Il presidente del Partito laburista israeliano ed ex vice ministro dell’economia, Yair Golan, ha tuttavia avvertito che il declassamento, unito al crescente deficit di bilancio, «danneggerà le tasche di ogni» cittadino, facendo aumentare il costo della vita. In un post su X, Golan ha descritto Smotrich come un «ministro infantile che non capisce nulla di economia».
I declassamenti del rating creditizio possono rendere più difficile o costoso per un paese ottenere il denaro necessario a finanziare le proprie spese.
Fitch è la terza grande agenzia di rating statunitense a declassare Israele. A febbraio, Moody’s ha tagliato il rating del paese a «A2» e ha mantenuto l’outlook negativo. Ad aprile, S&P Global ha tagliato il rating di credito sovrano a lungo termine in valuta estera e locale dello Stato ebraico a «A+» da «AA-» e il rating a breve termine a «A-1» da «A-1+».
L’economia israeliana si è ridotta del 21,6% nell’ultimo trimestre dell’anno scorso, in quella che è stata una delle contrazioni più grandi nella storia del paese. L’economia è rimbalzata, tuttavia, nei primi tre mesi di quest’anno, mostrando una crescita del 14,1% trimestre su trimestre.
I timori che la guerra a Gaza possa estendersi a un più ampio conflitto in Medio Oriente sono aumentati dopo l’uccisione del leader di Hamas Ismail Haniyeh in Iran e del comandante militare di Hezbollah Fuad Shukr a Beirut a fine luglio. Iran e Hezbollah hanno entrambi minacciato rappresaglie contro lo Stato Ebraico.
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Immagine di Ynhockey via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Economia
Fico: le politiche dell’UE costringeranno gli slovacchi a «riscaldarsi a legna»
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Economia
Gli Stati UE potrebbero prendere in prestito denaro per l’Ucraina
Agli Stati membri dell’UE potrebbe essere richiesto di emettere decine di miliardi di dollari in debito congiunto per finanziare l’Ucraina, qualora fallisse il piano di utilizzare i beni russi congelati per un «prestito di riparazione». Lo riporta Politico, che cita fonti diplomatiche.
Il reportage del sito indica che diversi leader hanno esaminato questa alternativa durante il vertice UE della settimana scorsa, dopo che il Belgio ha respinto un prestito di 140 miliardi di euro all’Ucraina garantito dai beni russi immobilizzati.
Sebbene i dettagli del nuovo piano non siano ancora definiti, il debito congiunto si riferisce generalmente a prestiti condivisi attraverso obbligazioni emesse collettivamente da più Paesi, con responsabilità di rimborso distribuita tra tutti i partecipanti.
Alcune fonti rivelano che la Commissione Europea presenterà il piano di prestito in un documento imminente, insieme a una versione rivista del «prestito di riparazione», e includerà una terza opzione: interrompere i finanziamenti all’Ucraina. Hanno ipotizzato che l’idea del debito congiunto possa servire da «spauracchio» per convincere le nazioni UE, già oberate dal debito, ad approvare l’uso dei beni russi.
Nel 2022, i Paesi occidentali hanno congelato 300 miliardi di dollari in asset sovrani russi e hanno cercato di destinare gli interessi generati per sostenere lo sforzo bellico di Kiev.
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In precedenza, il G7 aveva appoggiato l’impiego dei fondi immobilizzati per garantire prestiti da 50 miliardi di dollari, ma la settimana scorsa i leader UE non sono riusciti a raggiungere un accordo su un «prestito di riparazione» analogo, principalmente a causa dell’opposizione belga.
Il primo ministro Bart De Wever ha messo in guardia sul rischio che il Belgio, che detiene la maggior parte dei beni congelati, subisca ritorsioni sproporzionate dalla Russia, e ha richiesto una solida base giuridica per la misura e una responsabilità condivisa.
Fonti hanno riferito a Politico che, nonostante le preoccupazioni legali, Bruxelles considera l’utilizzo dei beni russi congelati l’opzione «più preferibile» per continuare a finanziare Kiev. Una decisione definitiva è attesa per il vertice della Commissione Europea di dicembre.
Mosca ha condannato il congelamento dei beni e i tentativi di deviare i fondi russi come «furti», promettendo contromisure e avvertendo che tali azioni mineranno la fiducia nel sistema finanziario occidentale. Il Cremlino ha inoltre sostenuto che gli aiuti occidentali a Kiev servono solo a prolungare il conflitto senza alterarne l’esito.
Come riportato da Renovatio 21, il Fondo Monetario Internazionale il mese scorso ha parlato di grave deficiti nelle finanze dell’Ucraina, che nel frattempo ha perso il 60% della produzione di gas.
L’UE solo pochi mesi fa parlava di un’altra fornitura di 100 miliardi di euro a Kiev, mentre il vicepresidente USA JD Vance annunciava che gli USA hanno finito di finanziare l’Ucraina.
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Immagine di Tony Webster via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Economia
La povertà energetica si aggrava in Francia
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