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«Chaos Antichristi in regno Antichristi». Omelia di Mons. Viganò nella Domenica di Pentecoste

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Renovatio 21 pubblica l’omelia dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò per la solennità di Pentecoste 2024.

 

 

Noi T’imploriam! Placabile
Spirto, discendi ancora,
A’ tuoi cultor propizio,
Propizio a chi T’ignora;
Scendi e ricrea; rianima
I cor nel dubbio estinti;
E sia divina ai vinti
Mercede il vincitor.

Manzoni, La Pentecoste, vv. 89-96

 

La devozione popolare celebra questo giorno solenne con il nome di «Pasqua delle rose», a ricordo dell’antica usanza di simboleggiare con una cascata di petali di rosa la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli e su Maria Santissima.

 

È così simile alla Pasqua, che nella Vigilia di Pentecoste veniva solennemente amministrato il Santo Battesimo a coloro che non avevano potuto esservi rigenerati durante la Veglia del Sabato Santo, e come la Pasqua ebraica era figura della Pasqua cristiana, così la Pentecoste ebraica – in cui si celebrava la promulgazione dei Dieci Comandamenti dopo sette settimane dalla fuga dall’Egitto – era figura della nuova Pentecoste, questa volta estesa a tutti i popoli.

 

Nella Pasqua il κόσμος si inchina alla Maestà di Cristo Re e Pontefice, per quem omnia facta sunt; nella Pentecoste la creazione rende omaggio allo Spirito Creatore, al Creator Spiritus che nella sua potenza rinnova la faccia della terra.

 

Nella Pasqua si compiono le promesse messianiche dell’Antica Legge; nella Pentecoste sono le promesse del Messia stesso che si realizzano nel Suo Corpo Mistico, la Santa Chiesa, la Madre de’ Santi – come la chiama Manzoni nel celebre inno sacro.

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Gli Apostoli sono rinchiusi nel Cenacolo propter metum Judæorum (Gv 20, 19): essi non avevano ancora ricevuto lo Spirito Santo e le loro umane paure sarebbero venute meno dieci giorni dopo l’Ascensione del Signore, con la discesa dello Spirito Santo. Oggi quella latitanza si ripete al contrario, con una Gerarchia che ignora colpevolmente, che colpevolmente tace e nasconde e vanifica l’opera santificatrice del Paraclito dopo la Sua discesa, e dopo che duemila anni di Cristianità hanno mostrato la Sua potenza divina nel conquistare anime a Dio e nell’edificare la Santa Chiesa.

 

Non dobbiamo sottovalutare la gravità di questa latitanza: essa è deliberata, scientemente orientata a nuocere, perché i mercenari sono consapevoli che per demolire la società civile e la Chiesa è necessario impedire quanto più possibile che la Grazia si propaghi, che agisca mediante i Sacramenti, che fermi la destra della Giustizia di Dio tramite la Santa Messa.

 

Costoro vogliono fare in modo che sia vanificato il Sacrificio di Cristo, perché seccando i torrenti della Grazia le anime siano fiaccate e muoiano di sete nell’attraversare il deserto di un mondo ostile.

 

La loro – esattamente come abbiamo visto fare ai medici durante la farsa pandemica – non è imperizia o incapacità: è invece una volontà di compiere il male, di servire il Nemico, di assecondare il potere del Nuovo Ordine Mondiale nella vile e abbietta illusione di avere un posto alla corte dell’Anticristo. Miserabili traditori, per i quali l’unica ragione di vita è consumarsi in questa sordida libido serviendi.

 

Quest’opera eversiva – perché tale è a tutti gli effetti, dinanzi a Dio, alla Chiesa e alle anime – ha come scopo l’usurpazione della Signoria di Nostro Signore Gesù Cristo, perché al Suo posto sieda nel luogo santo il figlio della perdizione, l’Anticristo, in una grottesca contraffazione dell’autorità civile e religiosa.

 

Non possiamo credere che un Successore degli Apostoli possa rinnegare e contraddire il mandato ricevuto da Cristo e servire il Suo nemico, senza comprendere che ciò facendo si rende complice del piano satanico della Rivoluzione.

 

No, cari fedeli: dopo decenni di sistematica dissoluzione della Chiesa – e oltre due secoli di dissoluzione sociale – nessun Pastore in buona fede può ancora pensare che le innovazioni introdotte dal Vaticano II non abbiano nulla a che vedere con lo stato disastroso in cui versa il corpo ecclesiale. A quanti ancor oggi difendono l’indifendibile presunta «ortodossia» del Concilio e della sua liturgia, davanti alla strage di anime degli ultimi sessant’anni, si addicono perfettamente le parole del grande Bossuet: Dieu se rit des hommes qui déplorent les effets dont ils chérissent les causes. [Dio ride degli uomini che deplorano gli effetti di cui ne approvano le cause.]

 

La latitanza della Chiesa – ossia il suo eclissamento da parte della setta conciliare e sinodale, la sua cooperazione attiva al progetto sinarchico della Massoneria – è l’esatto opposto della vigilante trepidazione degli Apostoli, che ancora spiritualmente disarmati attendevano le armi celesti dal loro Signore e sarebbero stati pronti ad impugnarle e a combattere a costo della vita, come poi avvenne.

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Tristes erant Apostoli: il cuore degli Apostoli era gravato dalla recente Ascensione del Signore e la trepidante attesa dello Spirito Consolatore attingeva alla speranza più che all’umana sicurezza. Sola, Nostra Signora custodiva inconcussa (irremovibile) la certezza della Fede e certamente consolava gli Apostoli ricordando loro le parole del divin Figlio.

 

Il cuore dei mercenari non è timoroso: è piuttosto reso folle dall’ostilità a Colui che ha già vinto, per servire e compiacere chi si sa aver già ineluttabilmente perso. Ed è parimenti follia credere che in presenza di un tradimento tanto scandaloso quanto inaudito da parte della Gerarchia, quel medesimo Spirito Santo non possa dispiegare la propria onnipotenza per vie straordinarie, suscitando profeti dalle pietre.

 

Questa è la potenza creatrice e rigeneratrice dello Spirito Santo Paraclito: Egli soffia dove vuole (Gv 3, 8). E come insegna Nostro Signore a Nicodemo il dove vuole non significa dove gli pare, non implica arbitrarietà, ma al contrario la coincidenza dell’atto divino con la divina volontà.

 

Lo Spirito Santo soffia dove vuole: Egli vuole scendere a santificare e benedire con la Sua Grazia il Sacrificio dell’altare: veni, et benedic hoc sacrificium tuo sancto nomini præparatum; vuole scendere su coloro che rinascono nell’acqua del Battesimo, sui milites Christi nella Cresima, sui Ministri dell’Altissimo nell’Ordinazione sacra, sugli sposi nel Matrimonio, sui malati e i morenti nell’estrema Unzione. Soffia anche nelle piccole comunità che resistono allo spirito del mondo, spirito di menzogna che non viene da Dio; soffia nelle chiese in cui si conserva la fiamma della Fede; nel fiorire delle Vocazioni secolari e religiose tradizionali.

 

Al «Dio delle soprese» di Jorge Mario Bergoglio la vera Chiesa e i veri Pastori contrappongono il semper idem dell’eternità divina. Perché la novità della Rivelazione cristiana non è una meta irraggiungibile perseguita dal cosiddetto progresso, soggetta anch’essa alle mode e al passare del tempo; bensì un evento storico che costituisce il discrimen tra prima e dopo, tra l’antico e il nuovo, appunto; tra tenebre e luce.

 

Una Rivelazione che è Nostro Signore Gesù Cristo, Verbo Eterno del Padre, e che il Paraclito suggella con i Suoi Doni, quale divino Amore che procede dal Padre e dal Figlio; lo stesso Spirito che ha parlato per mezzo dei Profeti e che continua a parlarci nelle parole eterne della Santa Chiesa, voce di Cristo che le pecore riconoscono.

 

Il mondo irride e rifiuta la pace che solo Nostro Signore può dare. Pax Christi in regno Christi: chi vuole far regnare Satana non può né comprendere né volere la pace di Cristo, perché sia Chaos Antichristi in regno Antichristi. La pace viene solo da Cristo, e senza Cristo non vi può essere pace. Non vi può essere pace né nel mondo sprofondato nell’apostasia e nel culto di Satana a causa del tradimento dell’autorità civile corrotta e asservita al potere; non vi può essere pace in una Chiesa la cui Gerarchia è non meno apostata, corrotta nella Morale e nella Fede e asservita al medesimo potere.

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Ma se in un mondo che crocifigge quotidianamente il Suo Signore non può esservi né pace né prosperità, vi è però un piccolo santuario in cui questa pace è possibile, in cui il Signore si degna di scegliere la propria dimora, nel quale gli Angeli amano fermarsi: è la nostra anima.

 

Un prezioso santuario che per volontà di Dio nessuno ha il potere di violare, nemmeno i demoni e i loro servi, inebriati del delirio dell’intelligenza artificiale. Lo stato dell’anima in Grazia di Dio la fa crescere nella santità, e quanto più essa si abbandona fiduciosa alla volontà del Signore, tanto più questa crescita spirituale procede spedita. È quello il cenacolo in cui spesso ci rifugiamo, chiedendo al Consolatore di darci forza e di sostenerci nel momento della prova. Ed è un analogo rifugio la famiglia, «chiesa domestica», dove non entrano gli orrori del mondo corrotto, e che si salverà al passaggio dell’Angelo sterminatore.

 

Se la Santissima Trinità dimora nella nostra anima, la pace interiore non ci mancherà nei momenti più difficili, perché sapremo che è proprio in quei frangenti che il Signore viene in nostro aiuto come un divino Cireneo.

 

Non ci mancherà neppure quando dovremo rispondere, come di una colpa, di professare integralmente la Fede cattolica. Quando vi condurranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi come discolparvi o che cosa dire; perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che dovrete dire (Lc 12, 11-12).

 

Questo è il senso della parola Paraclito: avvocato, consigliere e difensore di chi è sotto accusa, di chi il diavolo – διάβολος, l’accusatore – calunnia con i suoi falsi argomenti. Ecco perché nel Veni Creator chiediamo al Paraclito: Hostem repellas longius, scaccia lontano il nemico; ecco perché a quell’invocazione uniamo la richiesta di pace, pacemque dones protinus.

 

Invochiamo dunque, carissimi fratelli, il divino Consolatore, dulcis hospes animæ, perché nel santuario del nostro cuore, nelle nostre famiglie e comunità regni Cristo, Principe della pace; così che dove regna il Figlio, vi regnino anche il Padre e lo Spirito Santo, ripristinando l’ordine divino infranto dal peccato.

 

E così sia.

 

+ Carlo Maria Viganò

Arcivescovo

 

19 Maggio 2024
Dominica Pentecostes

 

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Immagine: affresco di Johann Michael Rottmayr (1656-1730) presso la cupola della Chiesa di San Carlo Borromeo a Vienna

Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

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Spirito

Il cardinale Zen risponde alle critiche del sacerdote cinese e avverte che la Chiesa potrebbe imitare il crollo anglicano

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Il cardinale Joseph Zen, 93enne vescovo emerito di Hong Kong, ha risposto a un articolo di un sacerdote cinese che accusava coloro che, come Zen, criticano l’ultima nomina episcopale nella Cina continentale di mostrare «stupidità», «malizia» o una «personalità distorta». Lo riporta LifeSite.   Nel suo articolo che celebrava il ritiro del vescovo Zhang Weizhu dalla diocesi di Xinxiang e la consacrazione del vescovo Li Jianlin, padre Han Qingping ha accusato Zen in termini appena velati: «se qualcuno, semplicemente perché la sceneggiatura non si sviluppa secondo le proprie aspettative, allora “nega o addirittura ricorre a dicerie e calunnie” (della bella scena sopra menzionata)… questa è puramente una manifestazione del fatto che “non è stupido” ma “malvagio” o “ha un disturbo della personalità”, proprio come un certo cardinale».   «Questo mi ha toccato nel profondo», ha risposto il cardinale Zen sul suo blog personale, pubblicato in lingua inglese su X. «Non ammetto di essere una “cattiva persona” o di avere un “disturbo della personalità”, ma sono davvero abbastanza “stupido” da “prenderla sul personale”».

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«Per sfogare il suo risentimento verso questo malvagio cardinale, padre Han improvvisamente devia dall’argomento nel paragrafo finale per parlare del cosiddetto sinodo sulla “sinodalità”», ha osservato Sua Eminenza.   «Ciò che ho definito “comportamento suicida della Chiesa” non si riferisce all’intero cosiddetto sinodo, né all’intera questione della “sinodalità”; si riferisce solo all”attuazione della cosiddetta fase esecutiva del Sinodo basata sul cosiddetto Documento conclusivo”», ha spiegato il porporato.   Il cardinale Zen ha affermato che l’attuazione del documento finale rischia di creare disunità nella Chiesa.   «Sia il segretario generale del sinodo che il suo relatore ammettono che diverse diocesi possono avere interpretazioni molto diverse di quel documento (da un sostegno entusiastico a una forte opposizione); secondo queste diverse interpretazioni, diverse regioni avranno “prove” diverse», ha scritto il principe di Santa Romana Chiesa.   «In definitiva, la nostra Chiesa non ha forse accettato lo stesso tipo di ‘diversità’ della Comunione anglicana?», ha chiesto il cardinale, avvertendo che la Chiesa cattolica romana potrebbe presto trovarsi ad affrontare un futuro disastroso simile: «di conseguenza, la Chiesa d’Inghilterra conserva solo circa il 10% dei credenti anglicani del mondo; il restante ottanta percento si è separato per formare la Global Anglican Future Conference, non accettando più la guida spirituale dell’arcivescovo di Canterbury!»   Papa Francesco si è lasciato alle spalle «caos e divisione», aveva scritto il porporato di Hong Kongo in un post sul blog di novembre. «La nostra più grande speranza è che papa Leone unisca la Chiesa sul fondamento della verità, radunandoci tutti nella missione dell’evangelizzazione. Dobbiamo offrire le nostre preghiere e i nostri sacrifici per papa Leone».

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Il cardinale Zen non ha esitato a condividere le sue preoccupazioni sul processo sinodale. Dopo la morte di Francesco, Sua Eminenza aveva avvertito gli elettori prima del conclave che la Chiesa si trova ad affrontare una «questione di vita o di morte» mentre si confronta con esso. In un commento pubblicato nel febbraio 2024, Sua Eminenza aveva affermato di sperare che «questo Sinodo sulla “sinodalità” possa concludersi con successo».   Per molti anni, lo Zen ha rimproverato il Vaticano per la sua indulgenza nei confronti del Partito Comunista Cinese in merito alla nomina dei vescovi. Allo stesso tempo, ha concluso il suo post sottolineando la sua devozione alla Cattedra di San Pietro.   «La mia critica a certe azioni papali nasce proprio dalla mia profonda riverenza per il Papa», ha affermato, citando diversi versetti del Vangelo, tra cui Matteo 14 e Luca 22, che fanno riferimento al momento in cui San Pietro – che non era ancora papa – dubitò di Nostro Signore mentre camminava sulle acque e quando Cristo gli disse che lo avrebbe rinnegato tre volte, rispettivamente.   A ottobre, il cardinale Zen ha denunciato il pellegrinaggio LGBT all’interno della Basilica di San Pietro. «Il Vaticano era a conoscenza di questo evento in anticipo, ma non ha emesso alcuna condanna in seguito. Lo troviamo davvero incomprensibile!», ha esclamato, chiedendo che venissero compiuti sacrifici di preghiera e digiuno.  

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Spirito

L’arcivescovo Gänswein esorta papa Leone a porre fine alle restrizioni sulle messe in latino

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L’arcivescovo Georg Gänswein, nunzio apostolico in Lituania, Estonia e Lettonia, in un’intervista rilasciata lo scorso fine settimana ha auspicato che papa Leone XIV rimuova le restrizioni sulla Messa tradizionale e ripristini le disposizioni del motu proprio Summorum Pontificum di papa Benedetto XVI, in quanto avevano favorito l’unità nella Chiesa. Lo riporta LifeSite.

 

Nel corso dell’intervista trasmessa il 7 dicembre dalla rete televisiva cattolica tedesca Katholisches Fernsehen (K-TV), monsignor Gänswein ha osservato che la Messa tridentina, che per secoli ha alimentato la fede della Chiesa, non può d’un tratto essere considerata invalida o priva di valore. Si è quindi interrogato sulle ragioni che hanno portato papa Francesco a emanare Traditionis Custodes, quando la maggior parte dei vescovi si dichiarava soddisfatta del motu proprio Summorum Pontificum del suo predecessore.

 

L’ex segretario personale di papa Benedetto XVI ha poi ribadito che Summorum Pontificum rappresentava la via corretta per promuovere la pace liturgica nel rito romano e ha espresso la speranza che papa Leone ne ripristini l’applicazione.

 

Gänswein è l’ultimo tra i prelati a manifestare l’auspicio che il motu proprio di papa Francesco del 2021 venga revocato, in favore di un ritorno al Summorum Pontificum.

 

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È proprio la Messa tradizionale che «ha permesso alla Chiesa non solo di vivere, ma di vivere bene per secoli, e il sacro da essa e da essa nutrito», ha affermato il prelato tedesco. «Non può essere che fosse valido e prezioso ieri e poi non lo sia più domani. Quindi questa è una situazione innaturale».

 

Monsignor Gänswein, che sembra citare il rapporto della giornalista vaticana Diane Montagna, pubblicato durante l’estate, sui risultati complessivi del sondaggio del 2020 sui vescovi condotto dall’allora Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF), che si ritiene abbia spinto Papa Francesco a promulgare la Traditionis Custodes, ha sottolineato che la stragrande maggioranza dei vescovi era in definitiva soddisfatta dell’attuazione della Summorum Pontificum.

 

«I risultati non sono mai stati pubblicati ufficialmente, ma, naturalmente, la gente ne è a conoscenza, e il risultato finale è stato che è stata raggiunta la soddisfazione», ha detto il nunzio. Il Summorum Pontificum è stato visto come «una via verso la pace, soprattutto nella liturgia, il luogo importante della vita religiosa, e non dovrebbero esserci cambiamenti».

 

«Il motivo per cui papa Francesco (abbia imposto queste restrizioni) è e rimane per me un mistero», ha aggiunto.

 

Alla domanda su cosa vorrebbe vedere nel futuro della Messa tridentina, monsignor Gänswein ha risposto che papa Leone dovrebbe ripristinare il Summorum Pontificum, che consentirà l’unità nel rito romano.

 

«Considero la saggia disposizione di papa Benedetto» del Summorum Pontificum «la strada giusta, e lo è ormai da oltre 10 anni, e dovremmo continuare su questa strada senza lamentele, senza restrizioni», ha affermato. «Posso solo sperare che anche papa Leone si muova in questa direzione e continui semplicemente la pacificazione, così che possiamo poi semplicemente guardare avanti alla collaborazione».

 

Infatti, dall’elezione di Papa Leone a maggio, diversi prelati hanno esortato il nuovo pontefice a porre fine alle ampie restrizioni alla celebrazione della Messa vetus ordo e a tornare alle norme stabilite dal Summorum Pontificum.

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A giugno, il cardinale Raimondo Leone Burke, che pochi mesi dopo celebrò una messa in latino nella Basilica di San Pietro per il pellegrinaggio annuale Summorum Pontificum, affermò di aver già parlato con papa Leone della persecuzione dei fedeli che partecipano alla messa in latino:

 

«Spero che Leone XIV ponga fine all’attuale persecuzione contro i fedeli nella Chiesa che desiderano adorare Dio secondo l’uso più antico del Rito Romano, questa persecuzione dall’interno della Chiesa».

 

«Ho già avuto occasione di esprimerlo al Santo Padre. Spero che egli – appena possibile – riprenda lo studio di questa questione e cerchi di ripristinare la situazione esistente dopo il Summorum Pontificum e persino di sviluppare ciò che Papa Benedetto XVI aveva così saggiamente e amorevolmente legiferato per la Chiesa».

 

Il cardinale Robert Sarah, durante un’intervista di ottobre, ha rivelato di aver avuto anche lui l’opportunità di parlare con papa Leone riguardo alla fine delle restrizioni imposte alla Messa in latino durante un’udienza privata di settembre. Il cardinale Kurt Koch, recentemente nominato presidente di Aiuto alla Chiesa che Soffre da Papa Leone, ha dichiarato ad agosto che è «auspicabile» che il 267° pontefice ponga fine alle restrizioni alla Messa in latino e torni al Summorum Pontificum.

 

«Personalmente, apprezzerei molto se potessimo trovare una buona soluzione», ha detto il prelato svizzero. «Papa Benedetto XVI ha mostrato un modo utile di procedere, credendo che qualcosa che è stato praticato per secoli non possa essere semplicemente proibito. Questo mi ha convinto».

 

«Papa Francesco ha scelto una strada molto restrittiva in questo senso. Sarebbe certamente auspicabile che la porta ora chiusa tornasse ad aprirsi di più», ha aggiunto il cardinale Koch.

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Ecône, 17 nuovi membri ammessi alla FSSPX

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L’8 dicembre 2025, festa dell’Immacolata Concezione, 17 seminaristi del secondo anno del Seminario San Pio X di Ecône hanno pronunciato il loro primo impegno nella FSSPX alla presenza di Padre Davide Pagliarani, Superiore Generale.   Questi seminaristi sono ora membri della Fraternità e riceveranno la tonsura il prossimo febbraio, un passo preliminare prima di ricevere gli ordini sacri. Tra loro ci sono uno spagnolo, quindici francesi e uno svizzero.         Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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