Epidemie
Scuola, cosa ci aspetta a settembre

C’è chi si diverte. Gioca con il telecomando che muove le masse a compiere gesti conformi e ha scoperto che funziona a meraviglia. Gli omini telecomandati si muovono secondo impulso da remoto, obbedienti, ligi, e contenti di essere cittadini modello. Per i riottosi basta sventolare la minaccia del TSO e anche loro, obtorto collo, si adeguano. In ogni caso, c’è sempre l’esercito pronto a schierarsi per mantenere l’«ordine», il nuovo ordine.
L’esperimento dunque dimostra che i terminali non soltanto rispondono, ma ormai già hanno introiettato la prima serie di comportamenti conformi, divenuti gesti rituali.
Per entrare in un qualsiasi posto che non sia casa propria – ma presto nel grande panopticon digitale sarà controllata anche quella – ci si mette in fila per uno, socialmente distanziati, e si aspetta il proprio turno per disinfettare le mani, farsi puntare la pistola laser alla fronte, declinare le generalità, fornire i propri recapiti e autocertificare il proprio presunto stato di salute fino a prova contraria.
Il telecomando funziona così bene perché è alimentato dalle pile potenti della paura. Agitare lo spauracchio della malattia potenzialmente mortale risveglia il terrore atavico per la pestilenza e, specie in un popolo privato di ogni appiglio trascendente, riesce a ottenere uno stato di sudditanza perfetta, perché consenziente. Anzi, devota
Se il telecomandante inserisse altre funzioni – tipo fare una piroetta sul posto, cinque flessioni, tre salti su una gamba sola, intonare la prima strofe di bella ciao – il bravo cittadino eseguirebbe, grato a chi vigila sulla sua incolumità senza, bontà sua, trascurare il fitness.
Il telecomando funziona così bene perché è alimentato dalle pile potenti della paura. Agitare lo spauracchio della malattia potenzialmente mortale risveglia il terrore atavico per la pestilenza e, specie in un popolo privato di ogni appiglio trascendente, riesce a ottenere uno stato di sudditanza perfetta, perché consenziente. Anzi, devota.
Ora il telecomando lo stanno programmando per le scuole, che a settembre dovranno riaprire i battenti militarizzate a dovere. Così scolari e insegnanti, oltre a subire le misure sociali e sanitarie che saranno partorite per loro, si dovranno abituare a corrispondere agli ordini dell’autorità costituita o sedicente tale, a prescindere da ogni previo vaglio di legittimità e di ragionevolezza. Saranno educati a obbedire a qualsiasi idiozia venga contrabbandata come civicamente necessaria e guai a chi si manifesti refrattario a replicarla pedissequamente. Già i dirigenti annunciano che l’obbedienza alle regole emergenziali inciderà doppiamente sul rendimento, attraverso il voto in condotta e attraverso quello in educazione civica, e non è uno scherzo.
Riproducendo i connotati della società degli uguali, irenista e omogeneizzata, anche la comunità scolastica degli uguali in divenire non ammette dissidenze né di pensiero né di comportamento. Piccoli schiavi crescono. E mica da oggi
Riproducendo i connotati della società degli uguali, irenista e omogeneizzata, anche la comunità scolastica degli uguali in divenire non ammette dissidenze né di pensiero né di comportamento. Piccoli schiavi crescono. E mica da oggi, ma da ben prima della cosiddetta pandemia, anche se nessuno se n’era accorto.
Il Comitato Tecnico-scientifico e i suoi vaticini
I fenomeni al governo, centrale o locale, emettono suoni in libertà, in una gara di dissennatezza senza precedenti a memoria d’uomo, travolti dal proprio delirio di onnipotenza. La sindrome del kapò si trasmette a cascata ai gradi inferiori e si esprime in misura direttamente proporzionale all’ignoranza, all’opportunismo e alla piaggeria dei suoi portatori. Dunque, nella rete burocratica delle scuole, trova terreno fertile più che mai.
La sindrome del kapò si trasmette a cascata ai gradi inferiori e si esprime in misura direttamente proporzionale all’ignoranza, all’opportunismo e alla piaggeria dei suoi portatori
Ma sopra questa gerarchia di opachi esecutori insiste un’entità intoccabile e sacra: un oracolo che, interpellato, dà segni, indica la direzione e legittima ogni levata di ingegno dei suoi adepti. Tutto infatti si riconduce, religiosamente, al Comitato Tecnico Scientifico, cioè alla accolita di aruspici che gravita tra l’Istituto Superiore di Sanità, il Ministero della salute, l’OMS, l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), il policlinico Gemelli (area vaticana), con anche qualcuno che detiene cariche di vertice in corporazioni professionali.
Appare subito evidente, quindi, l’assoluta indipendenza dell’organismo dalle istituzioni, la sua distanza dai centri di potere, la sua estraneità a interessi di parte o a compromissioni con, chessò, le multinazionali del farmaco. Davvero nessun dubbio può colpire chi legga nomi e qualifiche dei componenti del consesso che tiene in pugno le sorti di una nazione intera e dei suoi figli, senza peraltro patirne alcuna ricaduta in termini di responsabilità.
Ebbene, dopo il vaticinio dello scorso 28 maggio, l’oracolo si è pronunciato di nuovo il 7 luglio, rispondendo ai quesiti posti dal ministero dell’Istruzione. Se la cantano e se la suonano. Nel frattempo la titolare del dicastero è stata messa sotto tutela, oltre che delle due task force di «esperti» di cui già si era munita da sola, forse cosciente dei suoi limiti, anche di un commissario per la ripartenza, nominato attraverso il c.d. «decreto semplificazioni» nella figura di Domenico Arcuri, homo non novus ad incarichi di emergenza. Ne esce, insomma, un apparato di sostegno all’altezza (numericamente) della levatura della sostenuta.
Tutto infatti si riconduce, religiosamente, al Comitato Tecnico Scientifico, cioè alla accolita di aruspici che gravita tra l’Istituto Superiore di Sanità, il Ministero della salute, l’OMS, l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), il policlinico Gemelli (area vaticana), con anche qualcuno che detiene cariche di vertice in corporazioni professionali
Arcuri – ci è detto – si occuperà delle forniture di mascherine (e ha già annunciato ce ne vorranno dieci milioni al giorno, mentre i seguaci della eco-minorenne scandinava tacciono), di gel, arredi scolastici e ogni altro bene strumentale alla riapertura in sicurezza e con ogni probabilità gli verrà affidata anche la gestione dei test che il Comitato tecnico-scientifico ritiene utili per la prevenzione del contagio. Anche lui, certo, segue l’oracolo e avrà a disposizione la forza pubblica, già allertata per assicurare che le operazioni si svolgano senza intralci, sia mai qualcuno non si sottomettesse volontariamente ai trattamenti sanitari prescritti (sempre dal Comitato dal quale tutto si muove e al quale tutto si riconduce).
Il nuovo responso riguarda in prima battuta la questione delle distanze di sicurezza e merita di essere riportato testualmente, almeno nel suo incipit: «Il previsto distanziamento di un metro è da intendersi, relativamente alla configurazione del layout delle aule, nel senso della necessità di prevedere un’area statica dedicata alla “zona banchi”. Nella zona banchi il distanziamento minimo di 1 metro tra le rime buccali degli studenti dovrà essere calcolato dalla posizione seduta al banco dello studente, avendo pertanto riferimento alla situazione di staticità. Con riferimento alla “zona cattedra”, nella definizione del layout resta imprescindibile la distanza di 2 metri lineari tra il docente e l’alunno nella “zona interattiva” della cattedra, identificata tra la cattedra medesima e il banco più prossimo ad essa […]».
E uno non può nemmeno pensare di prenderla troppo sul ridere, considerando il tutto come una straordinaria prova di umorismo involontario perché, andando avanti nella lettura del documento, la voglia di ridere gli passa: dopo vari sproloqui, che tra le altre belle cose tornano a confermare l’uso obbligatorio della mascherina sopra i sei anni – salvo che per i pasti (sic!) e l’attività fisica – i tecnoscienziati del Comitato sottolineano «il ruolo degli esercenti la responsabilità genitoriale nel preparare e favorire un allenamento preventivo ai comportamenti responsabili degli studenti».
I tecnoscienziati del Comitato sottolineano «il ruolo degli esercenti la responsabilità genitoriale nel preparare e favorire un allenamento preventivo ai comportamenti responsabili degli studenti»
Cioè io «esercente», durante l’estate, dovrei «allenare» lo studente (figlio mio, dell’esercente) alle pratiche demenziali escogitate da venti signori intenti a divertirsi a pagamento sulla pelle degli italiani.
Da notare, peraltro, la beffarda insistenza sulla responsabilità altrui a fronte della propria totale irresponsabilità, sia giuridica sia politica.
Ri-educazione civica
Ma questa particolare «responsabilità» a cui tutti saremmo chiamati, e che costituisce conditio sine qua non per essere ammessi nel consesso sociale pacificato, non nasce dal nulla: è figlia della obbedienza a cui deve essere forgiato fin dalla prima infanzia lo scolaro programmato per diventare il «cittadino globale» (ovvero l’apolide cosmopolita) del terzo millennio.
In tal senso, l’apparato pseudo-educativo preesistente nelle scuole di ogni ordine e grado, già intasato di diversivi ideologici trasportati dentro il carro delle «competenze trasversali», o della c.d. educazione alla cittadinanza, alla legalità, eccetera eccetera, si arricchirà dal prossimo settembre della nuova educazione civica di Stato.
Nessuno pare rendersi conto del processo prepotente attraverso il quale si sta svuotando la scuola italiana di ogni contenuto propriamente culturale, cannibalizzando tempo e spazio all’insegnamento e allo studio delle materie fondamentali, per incrementare correlativamente l’indottrinamento obbligatorio al pensiero unico e al suo incondizionato ossequio.
Nessuno pare rendersi conto del processo prepotente attraverso il quale si sta svuotando la scuola italiana di ogni contenuto propriamente culturale, cannibalizzando tempo e spazio all’insegnamento e allo studio delle materie fondamentali, per incrementare correlativamente l’indottrinamento obbligatorio al pensiero unico e al suo incondizionato ossequio.
Tutto quanto serve (è sempre servito) a costruire le fondamenta per strutturare un patrimonio di conoscenze che permetta di sviluppare pensiero critico e autonomia di giudizio viene spazzato via dall’ammasso di paccottiglia beota, farcitura standard per il bravo ominide omologato. L’automa incolto, ma inconsapevole di esserlo perché «imparato» di tecnologia, di problem-solving e altre abilità, infatti, non è in grado di intralciare in nessun modo le simmetrie del potere. È il suddito perfetto.
Con la riforma che introduce la nuova educazione civica obbligatoria (legge 20 agosto 2019 n. 92) è stato ufficialmente creato uno straordinario ulteriore veicolo di propaganda. Sfruttando una etichetta familiare associata nel comune sentire a un significato buono e a un insegnamento edificante si introdurrà, di fatto, tutto il pacchetto di dogmi del vangelo globalista.
La nuova materia scolastica condivide solo il nome di battesimo con la vecchia educazione civica che era abbinata alla storia e riguardava i rudimenti del diritto costituzionale (forma di governo, poteri dello Stato, organi istituzionali): quel contenitore sarà riempito di tutt’altro contenuto, e si materializzerà in un polpettone ad alta carica ideologica.
Tutto quanto serve (è sempre servito) a costruire le fondamenta per strutturare un patrimonio di conoscenze che permetta di sviluppare pensiero critico e autonomia di giudizio viene spazzato via dall’ammasso di paccottiglia beota, farcitura standard per il bravo ominide omologato. L’automa incolto, ma inconsapevole di esserlo perché «imparato» di tecnologia, di problem-solving e altre abilità, infatti, non è in grado di intralciare in nessun modo le simmetrie del potere. È il suddito perfetto
Sarà articolato in tre filoni fondamentali: la Costituzione, lo sviluppo sostenibile, la cittadinanza digitale.
Quanto all’insegnamento della Costituzione, dal ministero ci spiegano che «l’obiettivo sarà quello di fornire a studentesse e studenti (rigorosamente così declinati) gli strumenti per conoscere i propri diritti e doveri, di formare cittadini responsabili e attivi che partecipino pienamente e con consapevolezza alla vita civica, culturale e sociale della loro comunità». I soliti ingredienti buoni per tutte le ricette della nuova pseudo-etica mondialista. Che la Costituzione, che è una legge positiva, sia scritta in un linguaggio tecnico (com’è quello giuridico) e che la sua comprensione richieda quantomeno una conoscenza, da parte di chi la insegna, delle categorie corrispondenti, al legislatore à la page, quello che verga capolavori come la “buona scuola”, non passa nemmeno per la testa. Per lui la Costituzione è un simpatico manualetto delle giovani marmotte, buono per tutte le età e per tutte le stagioni.
Quanto invece allo sviluppo sostenibile, «alunne e alunni (rigorosamente così declinati) saranno formati su educazione ambientale, conoscenza e tutela del patrimonio e del territorio, tenendo conto degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU. Rientreranno in questo asse anche l’educazione alla salute, la tutela dei beni comuni, principi di protezione civile».
Tutto ruota, appunto, intorno a quella Agenda ONU 2030 sullo sviluppo sostenibile alla quale i vari fu ministri della fu pubblica istruzione si sono tutti votati con inusitato trasporto. Già la signora Fedeli – che ora siede nel CdA della Fondazione Agnelli e da lì può continuare con profitto la sua opera su quella scuola da lei non troppo frequentata – aveva stanziato qualche centinaio di milioni di euro per il potenziamento della educazione alla cittadinanza globale all’interno della Agenda 2030, statuendo con solennità degna del tema che «l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite impegna tutte e tutti (rigorosamente così declinati) a correggere la rotta dello sviluppo […] Ci impegna a farlo non in un orizzonte nazionale, ma in un’ottica globale. Ci ricorda che, ben prima di essere cittadine e cittadini (rigorosamente così declinati) di una nazione, siamo cittadine e cittadini (ancora) del mondo. Questo investimento è un passo importante verso l’obiettivo di fare del sistema di istruzione uno dei principali agenti di cambiamento per la realizzazione degli obiettivi della Agenda 2030».
L’emergenza sanitaria oggi è il pretesto per consolidare un impianto già steso da decenni grazie a un’opera sistematica di annientamento culturale e di demolizione identitaria e per renderlo coercitivo, senza via di scampo, attraverso un nuovo potente ricatto sociale e terapeutico
Quanto infine alla«cittadinanza digitale», la locuzione parla da sé.
Quella di cui sopra, dunque, sarà la desolante cornice che connoterà insegnamenti e apprendimenti nella scuola che verrà, per ogni suo ordine e grado, ovvero dai tre anni in su, secondo la nota filosofia del Life Long Learning (cioè TreeLLLe). E sarà una nuova autostrada di accesso per una pletora di «esperti» esterni, personaggi senza arte né parte ma organici al sistema, a libro paga del contribuente, con licenza di entrare nelle classi e pontificare la propria «esperienza» rapinando ore alle materie curricolari (insegnanti, vi va bene così?).
L’emergenza sanitaria oggi è il pretesto per consolidare un impianto già steso da decenni grazie a un’opera sistematica di annientamento culturale e di demolizione identitaria e per renderlo coercitivo, senza via di scampo, attraverso un nuovo potente ricatto sociale e terapeutico.
Catechesi e omiletica globalista
Inutile pensare che il mondo delle scuole paritarie sia in tutto o in parte al riparo da questa deriva. Anzi, ne è capofila.
La saldatura tra tecnocrazie e neochiesa, da tempo perseguita e ormai ermeticamente compiuta, si manifesterà presto nel grande evento in programma per il prossimo 15 ottobre in Vaticano, il Global Compact on Education, ovvero il patto educativo globale espresso nella nuova lingua sacra che ha sostituito il latino. Esso non è altro che la copertina patinata di un lavoro certosino partito da molto lontano e che ha portato le gerarchie della chiesa che fu cattolica a professare pubblicamente, in toto, la religione dell’ONU e dei suoi magnati, a parlare la stessa lingua dei potentati sovranazionali e a spartire la stessa torta.
La saldatura tra tecnocrazie e neochiesa, da tempo perseguita e ormai ermeticamente compiuta, si manifesterà presto nel grande evento in programma per il prossimo 15 ottobre in Vaticano, il Global Compact on Education
Una bella cartolina di questa santa alleanza ritrae il segretario di stato Parolin al Bilderberg 2018, così come tante istantanee immortalano la corrispondenza di amorosi sensi tra Bergoglio e la Fedeli coltivata durante tutto il ministero della intraprendente signora diversamente istruita, autrice tra l’altro della prefazione del saggio di Bergoglio sulla educazione dal suggestivo titolo Imparare a imparare (edito dalla Marcianum Press fondata dal cardinale ciellino Angelo Scola).
Ecco che ora finalmente il capo della chiesa postcattolica mette a tema la necessità di «ricostituire il patto educativo globale per costruire il futuro del pianeta», come da decalogo mondialista risultante dal combinato disposto della Agenda ONU 2030 e della enciclica Laudato sì, due facce della stessa medaglia.
Egli invita dunque in Vaticano «i rappresentanti delle principali religioni, gli esponenti degli organismi internazionali e delle istituzioni umanitarie, scienziati e pensatori, economisti, educatori, sociologi e politici, artisti e sportivi», per sottoscrivere «un patto educativo globale che educhi alla solidarietà universale, a un nuovo umanesimo». «Per capire quanto urgente sia la sfida che abbiamo davanti – dice – bisogna puntare sulla educazione» poiché «dobbiamo fondare i processi educativi sulla consapevolezza che tutto nel mondo è intimamente connesso ed è necessario trovare altri modi di intendere l’economia, la politica, la crescita e il progresso». E conclude: «Faccio appello a tutte le personalità pubbliche che a livello mondiale sono già impegnate nel delicato settore della educazione delle nuove generazioni, occupano posti di responsabilità e hanno a cuore il futuro delle nuove generazioni. Ho fiducia che accolgano il mio invito. E faccio appello anche a voi giovani a partecipare all’incontro e a sentire tutta la responsabilità nel costruire un mondo migliore».
Con il Global Compact on Education – un nome, un programma – ci viene fornita ora una summa teologica ufficiale di quel pedagogismo globalista in salsa umanitaria che già da tempo pervade il sistema scolastico ed educativo italiano, garantendo agli scolari un sicuro e confortevole stato di analfabetismo, funzionale alla pacifica imposizione di qualsiasi comando sia diramato dalla centrale
A occhio accorreranno in molti a Roma, molti infatti hanno «a cuore» il futuro delle nuove generazioni, di sicuro anche noti filantropi pieni di buona volontà e tanto attivi sul fronte sanitario ed educativo.
Per inciso, il «nuovo umanesimo» è la stessa parola d’ordine, per combinazione, adottata dal tenutario di palazzo Chigi, che ci ha costruito intorno il discorso di insediamento in tenuta giallofucsia.
Di fatto, quindi, con il Global Compact on Education – un nome, un programma – ci viene fornita ora una summa teologica ufficiale di quel pedagogismo globalista in salsa umanitaria che già da tempo pervade il sistema scolastico ed educativo italiano, garantendo agli scolari un sicuro e confortevole stato di analfabetismo, funzionale alla pacifica imposizione di qualsiasi comando sia diramato dalla centrale.
La teologia globalista si presenta al mondo in veste egualitaria, pacifista, ecologista, scientista e genderista, e diventa un programma contro-culturale (e a-culturale) da imporre alle masse a uso e consumo del Potere; di qui, la sua implacabile vocazione fondamentalista, nel senso che quanti non vi si convertano sono ipso facto rigettati dal consesso civile.
Nel tempo di tutte le libertà, abbiamo felicemente conquistato un forziere pieno di obblighi inderogabili, primo tra i quali quello al monopensiero destinato a coprire ogni esigenza di ragione.
Nel tempo di tutte le libertà, abbiamo felicemente conquistato un forziere pieno di obblighi inderogabili, primo tra i quali quello al monopensiero destinato a coprire ogni esigenza di ragione
Modello autunno-inverno?
A settembre dunque partirà un nuovo modello di scuola, o meglio si realizzerà nella sua forma compiuta il modello in cantiere da decenni e finalmente giunto, grazie all’evento incrociatore della epidemia, al capolinea programmato.
La scuola della DAD, delle app e delle piattaforme; la scuola delle mascherine e dei corridoi a senso unico alternato; la scuola adibita a presidio sanitario in cui somministrare test a tappeto e magari farmaci obbligatori; la scuola della nuova educazione civica di Stato; la scuola degli «esperti» esterni muniti di patente a norma europea e di certificato di sana e robusta fede politica e religiosa; la scuola del voto in devozione ai dogmi del komitato tecnico-scientifico; la scuola dell’ONU e della cittadinanza globale; la scuola di Bergoglio, del suo culto e dei suoi affiliati; la scuola dei burocrati, dei nani e delle ballerine; questo carrozzone da circo che caricherà a bordo i nostri figli, semplicemente non è più una scuola: è un allevamento intensivo di umanoidi senz’anima, pronti per essere fagocitati dal dispositivo elettronico che viene loro graziosamente fornito in dotazione.
Un allevamento intensivo di umanoidi senz’anima, pronti per essere fagocitati dal dispositivo elettronico che viene loro graziosamente fornito in dotazione
Da questo scempio si salvi chi può e salvi chi riesce.
Elisabetta Frezza
Immagine di James Vaughn via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-NC-SA 2.0)
Epidemie
La Russia sottoporrà a test per l’epatite tutti i lavoratori immigrati. E l’Italia?

A partire da marzo 2026, la Russia imporrà ai lavoratori migranti di sottoporsi a test per l’epatite B e C, ampliando le attuali disposizioni di screening medico. Le nuove regole si applicheranno ai cittadini stranieri e agli apolidi che entrano in Russia per lavoro, oltre a coloro che richiedono lo status di rifugiato o asilo temporaneo.
Le visite mediche sono obbligatorie per i migranti: senza di esse, non è possibile ottenere permessi di lavoro, residenza temporanea o permanente. I lavoratori migranti devono completare gli esami entro 30 giorni dall’arrivo, mentre chi non intende lavorare ha 90 giorni di tempo. Attualmente, gli screening includono test per droghe e malattie gravi come HIV, tubercolosi, sifilide e lebbra.
Le modifiche al processo di controllo sanitario per gli stranieri in visita sono state proposte all’inizio dell’anno da un gruppo di lavoro sulle politiche migratorie, guidato dalla vicepresidente della Duma di Stato, Irina Yarovaya. La vicepresidente ha chiarito che l’obiettivo è rafforzare il monitoraggio sanitario degli stranieri in arrivo e prevenire la diffusione di malattie pericolose.
I lavoratori migranti sono fondamentali per l’economia russa, occupando ruoli chiave in settori come edilizia, agricoltura e servizi. Milioni di migranti, soprattutto dall’Asia centrale, sono attratti da salari più alti rispetto ai loro paesi d’origine. Tuttavia, questo afflusso ha sollevato dibattiti su salute pubblica e stabilità sociale. Per questo, le autorità russe hanno introdotto rigidi controlli sanitari e requisiti per i migranti, cercando di bilanciare i benefici economici con la sicurezza sanitaria.
Nell’ultimo anno, la Russia ha anche intensificato la lotta contro l’immigrazione illegale. Il presidente Vladimir Putin ha firmato un decreto che istituisce una nuova agenzia statale all’interno del Ministero dell’Interno, incaricata di migliorare la gestione dei flussi migratori.
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Il Cremlino ha dichiarato che l’iniziativa punta a razionalizzare il processo migratorio, promuovere il rispetto delle leggi russe tra i migranti e ridurre le attività illegali.
In Italia la situazione epidemiologica dell’immigrazione è un grande tabù del discorso pubblico.
«In base ai dati epidemiologici in nostro possesso, risulta che in Italia il 34,3% delle persone diagnosticate come HIV positive è di nazionalità straniera» diceva in un’intervista a Renovatio 21 il dottor Paolo Gulisano sette anni fa. «Considerato che gli stranieri rappresentano circa il 10% della popolazione italiana, questo dato vuole dire che la diffusione dell’HIV tra gli stranieri è oltre il triplo che negli italiani».
«Un dato che fa pensare. Molti immigrati provengono da Paesi dove la diffusione dell’HIV, così come quella della TBC, è molto più alta che in Europa. Basta far parlare i dati. Il numero dei decessi correlati all’AIDS nel 2016 per grandi aree è il seguente: Africa Sud-Orientale: 420 mila; Africa Centro-Orientale: 310 mila; Nord Africa e Medio Oriente: 11 mila; America Latina: 36 mila, più il dato dei soli Caraibi che è di 9400. Europa dell’Est e Asia centrale: 40 mila; Europa Occidentale e Nord America: 18 mila; Asia e Pacifico: 170 mila. Ora, la lettura di questi numeri ci fornisce delle evidenze molto chiare».
«È quindi chiaro quali siano i rischi di una immigrazione di massa, incontrollata anche dal punto di vista sanitario, e i rischi legati al fatto che un numero impressionante di immigrate africane viene gettato nel calderone infernale della prostituzione, che diventa veicolo di diffusione di malattie veneree».
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Epidemie
Paura e profitto, dall’AIDS al COVID

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Le opinioni dissenzienti sull’AIDS «abilmente represse per decenni»
Shenton era una reporter della BBC, l’emittente pubblica nazionale del Regno Unito, quando sviluppò il lupus indotto da farmaci, dopo essere stata sottoposta a un’eccessiva terapia farmacologica in Spagna negli anni ’70. «Mi hanno dato tutto quello che c’era scritto nel libro», ha detto Shenton. «Certo, sono imploso e mi sono sentito gravemente male. Sono stato al Westminster Hospital per due mesi. Sono quasi morto». L’esperienza ha suscitato in lei l’interesse per le indagini sulle lesioni causate dai trattamenti medici. In seguito è entrata a far parte dell’emittente nazionale britannica Channel 4, producendo una serie di documentari, Kill or Cure. La serie si concentrava sulla riluttanza delle grandi aziende farmaceutiche a ritirare trattamenti pericolosi o inefficaci. «Quello mi ha davvero dato la carica», ha detto Shenton. Nei primi anni ’80, Shenton e il suo produttore vennero a conoscenza della ricerca del dottor Peter Duesberg, un biologo molecolare tedesco che sosteneva che l’HIV non causava l’AIDS. Iniziò a mettere in discussione le narrazioni dominanti. «Abbiamo continuato a realizzare 13 documentari sull’AIDS», ha detto Shenton. Il documentario Positively False si concentra sulla «manipolazione delle aziende farmaceutiche e delle organizzazioni [mediche] interessate in tutto il mondo, che manipolano il terrore della peste», ha affermato Shenton. Il film rivela «la scienza imperfetta che circonda l’AIDS e le conseguenze di seguire ipotesi sbagliate», ha affermato Shenton nell’introduzione. Tra queste, la convinzione che l’AIDS sia infettivo, che sia causato dall’HIV e che l’HIV sia contagioso. «Molti scienziati e ricercatori non sono d’accordo. Queste opinioni sono state abilmente represse per decenni dall’ortodossia scientifica prevalente e dai media mainstream», ha affermato Shenton nel documentario. I ricercatori che mettevano in discussione la narrazione dominante sull’HIV/AIDS sono stati repressi e messi a tacere, così come gli scienziati che mettevano in discussione la narrazione prevalente sul COVID-19, ha affermato Shenton.Sostieni Renovatio 21
Test PCR «completamente inutili» per AIDS e COVID
In entrambi i focolai, sono stati utilizzati test PCR per determinare l’infezione, ha affermato. «Il test [PCR] è completamente e totalmente inutile», ha detto Shenton. I test non possono «distinguere tra particelle infettive e non infettive». Shenton ha affermato che i diversi Paesi utilizzano standard diversi per determinare una diagnosi positiva di HIV. «Si potrebbe fare il test per l’HIV, per esempio in Sudafrica, e risultare positivi, e volare in Australia e risultare negativi», ha detto Shenton. All’inizio dell’epidemia di AIDS, molti scienziati ritenevano che fattori legati allo stile di vita, tra cui la dipendenza da droghe ricreative e l’uso di nitriti come i «poppers», fossero la causa dell’AIDS a causa dei danni che provocavano al sistema immunitario. Allo stesso tempo, i funzionari sanitari e i media hanno erroneamente attribuito la diffusione della malattia in Africa all’AIDS, quando in realtà era la mancanza di accesso all’acqua potabile a far ammalare le persone, ha detto Shenton. Queste narrazioni sono cambiate quando le agenzie sanitarie governative hanno iniziato a interessarsi alla ricerca sull’AIDS, ha affermato Shenton. «Quando il CDC [Centers for Disease Control and Prevention] è intervenuto e ha riunito tutti i suoi rappresentanti per esaminare questo gruppo di giovani uomini che erano molto, molto malati… l’intera teoria secondo cui l’AIDS era causato dallo stile di vita o dalla tossicità è scomparsa», ha detto Shenton.Iscriviti al canale Telegram
Fauci ha promosso trattamenti mortali per AIDS e COVID
Shenton ha affermato che i trattamenti medici dannosi sono stati al centro sia dell’epidemia di AIDS che di quella di COVID-19. Nel 1987, la Food and Drug Administration statunitense approvò l’AZT (azidotimidina) per le persone sieropositive. L’AZT si rivelò pericoloso per molti pazienti affetti da AIDS. Durante la pandemia di COVID-19, i vaccini e il remdesivir hanno danneggiato le persone. E in entrambi i casi – l’epidemia di AIDS e la pandemia di COVID-19 – Fauci ha svolto un ruolo chiave. «Eravamo profondamente, profondamente critici nei confronti di Fauci, per il modo in cui ha gestito gli studi multicentrici di fase due sull’AZT. Voglio dire, erano corrotti, e tutta la prima fase è stata finanziata dall’azienda farmaceutica [Burroughs Wellcome, ora GSK ], e avevano dei rappresentanti, e questo è noto attraverso i documenti sulla libertà di informazione, che sono andati lì e hanno portato a casa i risultati del gruppo trattato con il farmaco e del gruppo placebo, eliminando gli effetti collaterali nel gruppo trattato con il farmaco» ha detto la Shenton. Nel film Positively False, diversi scienziati e ricercatori hanno spiegato come l’AZT impedisca la sintesi del DNA, impedisca la replicazione delle cellule e contribuisca alla generazione di cellule cancerose. Tuttavia, secondo il documentario, i pazienti che mettevano in dubbio la sicurezza e l’efficacia dell’AZT venivano stigmatizzati e la loro sanità mentale veniva messa in discussione. Holland ha fatto riferimento al libro del 2021 del Segretario alla Salute degli Stati Uniti Robert F. Kennedy Jr., The Real Anthony Fauci : Bill Gates, Big Pharma, and the Global War on Democracy and Public Health che contiene una sezione sul lavoro di Fauci durante l’epidemia di AIDS. «Solleva tutti questi interrogativi il fatto che in realtà sembra la stessa truffa e gli stessi giocatori… non è cambiato molto», ha detto Holland.Aiuta Renovatio 21
Il «terrore della peste» esisteva molto prima dell’AIDS o del COVID
Secondo Shenton, le epidemie di AIDS e COVID-19 sono esempi di «terrore della peste», che è esistito nel corso della storia. All’inizio del XX secolo, negli Appalachi, fu diagnosticata un’epidemia di pellagra. La malattia, che causava una mortalità diffusa e si diceva fosse infettiva, si rivelò essere una carenza nutrizionale. «Negli Appalachi, la popolazione molto povera viveva con una dieta completamente priva di nutrienti», ha detto Sheton. «Si trattava di una varietà di mais, ma lo cucinavano eliminandone tutti i nutrienti e dipendevano solo da quello». La gente aveva così tanta paura di contrarre la pellagra che coloro che si pensava fossero infetti venivano ricoverati in istituti o «gettati fuori dalle navi», ha affermato. Un infettivologo di New York, il dottor Joseph Goldberger, stabilì che la pellagra non era contagiosa, ma era causata da malnutrizione e carenza di niacina (vitamina B), ha detto Shenton. Fu emarginato per le sue scoperte. «È stato ridotto allo stato laicale, privato dei fondi, ridicolizzato. È morto. E cinque anni dopo la sua morte, hanno detto che aveva assolutamente ragione: non era contagioso, era tossico», ha detto. Secondo Shenton, in Giappone dagli anni ’50 agli anni ’70 la mielo-ottico-neuropatia subacuta (SMON) era comune. «Centinaia di migliaia di giapponesi sono rimasti paralizzati dalla vita in giù e ciechi, e nessuno riusciva a capire il perché. E ovviamente pensavano: “Oh, è un virus”», ha detto. Un neurologo giapponese, il dottor Tadao Tsubaki, ha studiato i pazienti affetti da SMON e ha stabilito che la condizione non era infettiva, ma era causata da un farmaco antidiarroico ampiamente somministrato, il cliochinolo. «Ci sono voluti 30 anni e squadre di avvocati per respingere in tribunale l’idea che la causa della SMON fosse un virus», ha affermato Shenton. Michael Nevradakis Ph.D. © 7 ottobre 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD. Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Epidemie
Le restrizioni COVID in Spagna dichiarate incostituzionali, annullate oltre 90.000 multe

Oltre 90.000 multe per violazioni delle norme anti-COVID sono state annullate dopo che la Corte costituzionale spagnola ha dichiarato incostituzionali le severe misure adottate nel 2020.
Secondo il quotidiano spagnuolo The Objective, al 3 settembre 2025 sono state revocate 92.278 sanzioni, in seguito alla sentenza che ha giudicato incostituzionali alcune disposizioni del decreto sullo stato di emergenza del 2020, in vigore durante il primo lockdown per il COVID-19.
Queste sanzioni rappresentano solo la prima tranche di multe destinate all’annullamento, con altre che probabilmente seguiranno. Durante il rigido lockdown del 2020, imposto con lo stato di allarme, sono state emesse oltre 1 milione di sanzioni a livello nazionale, con circa 1,3 milioni di persone multate per aver violato le restrizioni.
La Corte Costituzionale ha stabilito che alcune parti dell’articolo 7 del Regio Decreto 463/2020, relative al divieto generale di circolazione, comportavano una sospensione ingiustificata del diritto fondamentale alla libertà di movimento, andando oltre una semplice limitazione. Tale misura superava i limiti dello stato di allarme, secondo la Corte, che ha precisato che una restrizione così drastica sarebbe stata giustificabile solo con uno stato di emergenza più severo, soggetto a un iter parlamentare più rigoroso.
La sentenza si applica retroattivamente a tutte le multe emesse durante il lockdown del 2020, creando un notevole onere per l’amministrazione statale. The Objective riferisce che «l’applicazione è stata lenta e disuniforme a seconda delle regioni», suggerendo che i rimborsi potrebbero richiedere mesi o anni.
Il quotidiano sottolinea che i 92.278 casi annullati finora rappresentano «solo la punta dell’iceberg di una crisi normativa» derivante dalle severe politiche di lockdown imposte dal governo spagnolo nel 2020.
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Immagine di Javier Perez Montes via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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