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Birmania, i combattimenti al confine cinese svelano la vastità del business delle truffe online
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Secondo le milizie etniche che hanno lanciato l’offensiva nella regione, si tratta di un giro di affari che vale 14 miliardi di dollari all’anno e che è controllato da quattro clan cinesi insieme alla giunta golpista birmana. Pechino di recente ha chiesto ai militari di chiudere i call center in cui circa 100mila persone sarebbero trattenute in condizioni di moderna schiavitù.
Con lo svilupparsi dell’offensiva lanciata lo scorso ottobre dalle milizie etniche in aree a ridosso del confine cinese, vanno chiarendosi le dimensioni dell’industria delle truffe online. Si tratta di un business ha posto radici in Myanmar grazie al sostegno dei generali, che il primo febbraio 2021 hanno condotto un colpo di Stato. Il controllo sulla regione Kokang è diventato ancora più difficile per i militari dall’inizio del conflitto civile.
Secondo Peng Deren, comandante dell’Esercito dell’alleanza nazionale democratica del Myanmar (Myanmar National Democratic Alliance Army), che coordina le forze di tre gruppi tribali dello Stato Shan settentrionale, il giro di affari si avvale di un gran numero di individui costretti a lavorare in condizioni di moderna schiavitù in call center che hanno come bersaglio la popolazione cinese ma anche altri Paesi dell’Asia, inclusa la confinante Thailandia e lo stesso Myanmar.
Il valore del business, ha spiegato Peng Dareng, si aggirerebbe intorno ai 14 miliardi di dollari all’anno ed è controllato da quattro clan cinesi in accordo con la giunta militare birmana che il primo febbraio 2021 ha condotto un colpo di Stato e dato avvio al conflitto civile.
Con la presa di Laukkai, città perlopiù abitata dall’etnia Kokang, sarebbe stata smantellata una rete che sarebbe arrivata a coinvolgere 100 mila «schiavi», di cui oltre 41 mila sono stati espulsi lo scorso anno su richiesta di Pechino. Altri sono stati costretti nelle ultime settimane alla fuga dai combattimenti, ma secondo fonti della resistenza i responsabili del network criminale sono stati evacuati con elicotteri dell’esercito birmano prima della caduta della città e della resa di centinaia di soldati.
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Una conferma indiretta dell’estensione di questo business illegale e della determinazione delle autorità cinesi di sradicarlo (anche esercitando una forte pressione sule autorità di Yangon, importante fornitore di materie prime oltre che partner commerciale di Pechino), è stata la recente comunicazione di almeno 70 mila arresti all’interno della Repubblica popolare cinese.
Tra gli stranieri salvati dal racket, segnalano le autorità di Bangkok, ci sono anche più di 500 cittadini thailandesi, rimpatriati durante i combattimenti. Di questi, 174 sono sicuramente vittime del traffico di esseri umani al cui vertice sarebbero esponenti dei clan Bai, Wei e i due clan omologhi Liu, da lungo tempo in affari con i militari birmani.
Dopo il loro ritorno al potere della giunta golpista, i quattro clan sono anche responsabili della ripresa su vasta scala della produzione di oppio che lo scorso anno ha riportato il Myanmar al primo posto nella classifica mondiale.
Per un regime in forti difficoltà sul piano militare, paria nei rapporti internazionali (con poche eccezioni), la difficile scelta che si pone è se accogliere le richieste cinesi di debellare un business lucroso, ma socialmente pericoloso, oppure di rischiare di peggiorare i rapporti con uno dei principali alleati internazionali insieme alla Russia.
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Giovane maggiorata di Onlyfans afferma di essere stata pagata per fare «propaganda politica totale» per Biden
Un’influencer famosa sulla controversa piattaforma parapornografica OnlyFans ha affermato che l’amministrazione Biden voleva assumerla per diffondere contenuti, specificando tuttavia che facesse in modo che non si capisse che era una pubblicità a pagamento.
La giovane Farha Khalidi, nota come tante altre per il seno prorompente, ha descritto il contenuto che le è stato chiesto di promuovere come «propaganda politica totale».
La ragazza, cresciuta in una famiglia musulmana e bisessuale dichiarata, ha anche dichiarato che la multinazionale dell’aborto Planned Parenthood la stava pagando.
Durante un’intervista podcast, la curvacea fanciulla– che evidentemente nella prospettiva neorazzista della sinistra americana deve etichettarsi come non-bianca – ha affermato che la Casa Bianca le ha chiesto di dire ai suoi seguaci che si sentiva rappresentata dall’allora giudice Ketanji Brown Jackson dopo che Biden l’aveva nominata alla Corte Suprema degli Stati Uniti. La Jackson, nera con le treccine, rimane alla storia per non aver saputo rispondere, durante le udienze di conferma della nomina, alla semplice domanda «che cos’è una donna». La donna replicò oscuramente che non era una biologa.
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La Khalidi, che ha anche milioni di follower su TikTok, ha osservato: «la cosa divertente è che dicono, “non rivelare che questa è una pubblicità” perché, sai, dicono, “tecnicamente non è un prodotto, quindi tu non c’è bisogno di rivelare che si tratta di un annuncio”».
An OnlyFans influencer claims that the Biden Administration wanted to pay her to spread ‘political propaganda,’ asking her to say that as a ‘person of color’ she ‘felt reflected.’ She says they wanted her to hide the fact it was a paid for ad. Full report: https://t.co/jWdDfDhmNc pic.twitter.com/8C85ms3UHY
— m o d e r n i t y (@ModernityNews) April 30, 2024
«Penso che volessero solo che una ragazza di colore d’avanguardia lo dicesse alla gente – quando hanno nominato Ketanji Brown Jackson, hanno detto, “puoi dire come persona di colore, che ti senti rappresentata?”», ha aggiunto la popputa ragazzina dell’internetto, apparentemente realizzando gli intenti razzisti della situazione.
Notando che l’amministrazione aveva impiegato una società di media di terze parti per contattarla, Khalidi ha detto di non averlo fatto perché non si sentiva rappresentata.
«Ed è una donna bianca che mi ha mandato un’e-mail e mi sta dando questa sceneggiatura. E io dico, no, mi piacerà parlare delle novità a riguardo. Ma non permetterò che una persona bianca mi dica di dire: “Sai, è così che mi sento come persona di colore”». A quanto sembra, il complesso neorazzista è installato anche nella mente della tettonica ragazzetta che lo lamenta.
«Il fatto che gli assistenti di Biden sappiano anche chi è Farha Khalidi la dice lunga di per sé» nota Modernity News.
Come riportato da Renovatio 21, l’alleanza combinata tra Biden e influencer – per lo più trans, fluidi, o giù di lì – di TikTok e social vari ha già prodotto esiti allucinanti e fortemente lesivi per la reputazione della Casa Bianca: pensiamo alle clip con influencer LGBTQ che, dal palazzo presidenziale, invitavano alla vaccinazione.
In alcuni casi, si è scoperto che dietro i gruppi di produttori di contenuti filo-Biden vi erano i finanziamenti di Giorgio Soros.
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