Pensiero
Stampa e oblio, giornalismo e verità. Ecco la nostra missione per il 2024
Elon Musk ha recentemente pubblicato su Twitter un discorso di Michael Crichton (1942-2008). La lucidità del brano citato lascia sbigottiti.
I lettori conosceranno il personaggio: medico, Crichton è dietro a quantità di romanzi di estremo successo, divenuti poi film di successo. Si tratta di certo di uno degli scrittori più sottovalutati. I suoi libri raccontavano, con gli strumenti della narrativa e della fantascienza, di realtà che abbiamo visto poi materializzarsi sotto i nostri occhi. Andromeda (1969) parlava di una pandemia di provenienza aliena. Il terminale uomo (1972) trattava del controllo mentale. Jurassic Park (1990) ci metteva dinanzi al rischio dell’ingegneria genetica. Stato di Paura (2004) narrava di ecoterroristi pronti all’omicidio di massa pur di portare avanti la loro religione ambientalista. Le trasposizioni cinematografiche hanno avuto enorme fortuna; lui stesso ha diretto il film Coma profondo (1978) che trattava della futura istituzionalizzazione della predazione di organi (Qualcuno può ricordare che fu anche produttore della serie E.R., oggi sconosciuta fuori dalle generazioni Boomer e X)
Musk riporta non un brano di un romanzo, ma di un discorso che Crichton ha tenuto il 26 aprile 2002 all’International Leadership Forum di La Jolla, in California.
«I media portano con sé una credibilità totalmente immeritata. Tutti voi avete sperimentato questo, in quello che io chiamo l’effetto Amnesia Murray Gell-Mann. (Lo chiamo con questo nome perché una volta ne ho discusso con Murray Gell-Mann, e lasciando cadere un nome famoso intendo dare per me una maggiore importanza, e per l’effetto, di quanto avrebbe altrimenti».
«In breve, l’effetto dell’amnesia Gell-Mann è il seguente. Apri il giornale a un articolo su qualche argomento che conosci bene. Nel caso di Murray, la fisica. Nel mio, il mondo dello spettacolo. Hai letto l’articolo e vedi che il giornalista non ha assolutamente alcuna comprensione né dei fatti né delle questioni. Spesso l’articolo è così sbagliato che in realtà presenta la storia al contrario, invertendo causa ed effetto. Io le chiamo storie “le strade bagnate causano la pioggia”. La stampa ne è piena».
«In ogni caso, leggi con esasperazione o divertimento i molteplici errori in una storia, poi giri la pagina per dedicarti ad affari nazionali o internazionali, e leggi come se il resto del giornale fosse in qualche modo più accurato sulla Palestina delle sciocchezze che hai appena letto. Giri la pagina, e dimentichi ciò che sai».
«Questo è l’effetto dell’amnesia Gell-Mann. Vorrei sottolineare che non opera in altri ambiti della vita. Nella vita ordinaria, se qualcuno esagera o ti mente costantemente, presto scarterai tutto dicono. In tribunale vige la dottrina giuridica del falsus in uno, falsus in omnibus, che significa falso in una parte, falso in tutto. Ma quando si tratta dei media, crediamo contro prova che probabilmente vale la pena dedicare del tempo a leggere altre parti del documento».
Sono parole illuminanti, specie ora che i giornali – e più in generale le istituzioni – hanno perduto ogni residua credibilità. Ora che li abbiamo visti mentire su qualsiasi cosa: sull’epidemia, sui vaccini, sull’Ucraina, sulle elezioni americane, perfino sulle corna in casa Totti.
Abbiamo voluto riportare questo brano perché porta con sé un pensiero che abbiamo voluto essere, dal primo momento, alla base del lavoro di Renovatio 21.
Renovatio 21 non ha nulla, se non la fiducia dei suoi lettori. Una fiducia che ci è costato caro – e ci costa tutt’ora – costruire e mantenere. Una fiducia che essi possono, devono toglierci immantinente qualora vedessero che se queste pagine iniziano a comparire menzogne e manipolazioni.
Gli articolo di questo sito sono pubblicati contro il principio essenziale della stampa moderna: l’oblio. I padroni del discorso – i grandi esperti di Madison a New York, che posero le basi per il sistema di pubbliche relazioni, pubblicità e, in guerra, per le operazioni psicologiche – già avevano programmato così: i giornali devono insegnare alle masse non a ricordare, ma a dimenticare, appena si gira pagina, appena il giornale di ieri diventa carta per avvolgere il pesce.
I giornali insegnano non a pensare, ma a de-pensare. Sono apparati di gestione dei cervelli in conto terzi: cosa pensate lo sapete quando leggete l’editoriale del vostro «opinionista di riferimento». Con i social, sappiamo, è la stessa cosa: e scordatevi che siano piattaforme libere, sono di fatto – la censura lo prova – degli editori, che vi mostrano con precisione algoritmica quello che vogliono pensiate, e nient’altro.
Quanto lontani siamo da questa realtà: ogni articolo di Renovatio 21 è costruito per accordarsi con una linea di cronaca e pensiero unica ed estesa nel tempo («Come riportato da Renovatio 21…») e non come un apparecchio per indurre nel lettore l’oblio, cioè l’obbedienza narcotica al potere.
Ogni articolo di Renovatio 21 è costruito per evitare il fenomeno delle «strade bagnate causano la pioggia»: la ricerca delle cause vere (dei sommovimenti geopolitici, delle morti improvvise, degli intrighi politico-religiosi, delle stragi di innocenti) è, lo sapete il fine di tanto del nostro lavoro. E mai vi diremo che sono le strade bagnate a causare la pioggia, perché, in ultima analisi, sappiamo che l’origine dei fenomeni umani è sempre il cielo, e come gli uomini si rapportano ad esso…
Abbiamo creato un giornale online che, a volte, potrebbe impressionare: tanti contenuti, tanti pensieri, tanti fatti che non è detto possiate trovare nei giornaloni in edicola o nei siti-portaerei, quelli con business pubblicitari da decine di milioni di euro, quantità immense di giornalisti stipendiati impiegati, magari pure qualche cascatella di danaro pubblico a mantenere l’ambaradan.
Forse anche per questi motivi siamo censurati, non solo sui social principali, ma forse pure nei motori di ricerca (lo sapete, da un po’ abbiamo questo dubbio: a pensar male però si commette peccato…)
Forse anche per questo, abbiamo tanti lettori che ci amano e ci scrivono la loro stima. Noi non vogliamo manipolarvi. Non vogliamo drogarvi. Non vogliamo mentirvi.
Vogliamo dirvi la verità. E dire la verità, significa essere liberi. Dire la verità significa creare la libertà, per sé e per gli altri.
La missione in questo 2024 sarà sempre questa: dirvi la verità. Produrre le condizioni affinché possiamo restare liberi.
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Cari lettori,
affrontiamo insieme questo 2024. Già sapete quanto vi vogliamo bene, quanto siete importanti: perché senza persone come voi non ci sarà, nel futuro immediato, né verità, né libertà, né vita umana.
Buon anno.
Roberto Dal Bosco
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Sterminio e «matrice satanica del piano globalista»: Mons. Viganò invita a «guardare oltre» la farsa psicopandemica
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Pensiero
Verso il liberalismo omotransumanista. Tucker Carlson intervista Dugin
Il giornalista americano Tucker Carlson ha pubblicato una potente intervista con il filosofo russo Aleksandr Dugin. La conversazione è stata pubblicata lunedì sul sito Tucker Carlson Network e sul suo canale YouTube.
L’incontro è avvenuto durante in viaggio di Carlson a Mosca – città nella quale Dugin gli dà il benvenuto – per la notoria intervista che il californiano ha ottenuto con il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin.
Come riportato da Renovatio 21, Dugin in un editoriale aveva sottolineato l’intervista di Carlson a Putin come un evento epocale in grado di riunire due anime della società russa, sia quella tradizionalista che quella filo-occidentale. Durante il suo soggiorno a Mosca – dove secondo alcuni sarebbe pure scampato ad un attentato, cosa di cui non vuole parlare – Tucker ha voluto incontrare Dugin, perché, racconta, curioso delle sue idee.
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Nella sua introduzione, il giornalista statunitense – dopo aver detto di credere ai servizi segreti americani quando dicono che la figlia di Dugin, Darja Dugina, è stata uccisa dagli ucraini – racconta di essere interessato a sentire qualcuno i cui libri sono stati proibiti dall’amministrazione Biden: quando lavorava ancora a Fox, Carlson fece un servizio sull’improvvisa sparizione dei libri di Dugin da Amazon, fenomeno notato da Renovatio 21 due mesi prima.
Parlando con il filosofo, ha quindi deciso di filmare i discorsi. Secondo Alex Jones, Carlson avrebbe filmato molto materiale, di cui è uscito questo segmento editato.
La conversazione pubblicata, della durata di 20 minuti, è stata particolarmente ricca di spunti di pensiero.
Ep. 99 Aleksandr Dugin is the most famous political philosopher in Russia. His ideas are considered so dangerous, the Ukrainian government murdered his daughter and Amazon won’t sell his books. We talked to him in Moscow. pic.twitter.com/4LrO0Ufg9P
— Tucker Carlson (@TuckerCarlson) April 29, 2024
Carlson chiede a Dugin cosa sta succedendo nei paesi di lingua inglese: «gli Stati Uniti, il Canada, la Gran Bretagna, la Nuova Zelanda, l’Australia hanno deciso all’improvviso di rivoltarsi contro se stessi con questo grande tumulto. E alcuni comportamenti sembrano molto autodistruttivi. Da dove pensa, come osservatore, che provenga questo?»
«Credo che tutto sia iniziato con l’individualismo» risponde Dugin. «L’individualismo era una comprensione sbagliata della natura umana, della natura dell’uomo. Quando si identifica l’individualismo con l’uomo, con la natura umana, si tagliano tutti i suoi rapporti con tutto il resto. Quindi si ha un’idea molto particolare del soggetto, del soggetto filosofico come individuo».
Qui Dugin offre una visione in linea con quella del tradizionalismo cattolico: «tutto è iniziato nel mondo anglosassone con la riforma protestante e prima ancora con il nominalismo: l’atteggiamento nominalista secondo cui non esistono idee, ma solo cose, solo cose individuali» spiega il filosofo.
«Quindi l’individuo, era la chiave ed è tuttora il concetto chiave che è stato posto al centro di un’ideologia liberale e del liberalismo poiché, nella mia lettura, è una sorta di processo storico e culturale, politico e filosofico di liberazione, dell’individuo, di qualsiasi tipo di identità collettiva, collettiva o che trascenda quella individuale».
«Tutto è iniziato con il rifiuto della Chiesa cattolica come identità collettiva, dell’impero, dell’impero occidentale come identità collettiva. Successivamente si è trattato di una rivolta contro uno Stato nazionalista come identità collettiva a favore di una società puramente civile. Dopo quella guerra, nel XX secolo ci fu la grande battaglia tra liberalismo, comunismo e fascismo. E il liberalismo ha vinto ancora una volta. E dopo la caduta dell’Unione Sovietica è rimasto solo il liberalismo».
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«Francis Fukuyama ha giustamente sottolineato che non esistono più ideologie all’infuori del liberalismo… il liberalismo, cioè la liberazione degli individui da ogni tipo di identità collettiva» spiega Dugin, citando il politologo noto negli anni Novanta per la nozione di «fine della Storia» a seguito del crollo del blocco sovietico.
«Erano rimaste solo due identità collettive da cui liberarsi: l’identità di genere perché è identità collettiva. Sei un uomo o una donna collettivamente (…) Quindi una liberazione dal genere. E questo ha portato ai transgender, alla comunità LGBT e a una nuova forma di individualismo sessuale. Quindi il sesso è qualcosa di facoltativo».
«Questa non era solo una deviazione del liberalismo. Erano elementi necessari per l’attuazione e il vincitore di questa ideologia liberale. E l’ultimo passo non ancora compiuto è la liberazione dall’identità umana. L’umanità è facoltativa. E ora stiamo scegliendo te in Occidente. Stai scegliendo il sesso che vuoi, come vuoi».
«L’ultimo passo in questo processo di liberalismo, nell’attuazione del liberalismo, significherà proprio l’umano come opzionale. Quindi puoi scegliere la tua identità individuale per essere umano, e per essere non umano. Questo ha un nome. Transumanesimo. Postumanesimo. Singolarità. Intelligenza artificiale».
«Klaus Schwab, Harari, dichiarano apertamente che il futuro dell’umanità è inevitabile. Arriviamo così alla storica stazione terminale: cinque secoli fa, siamo saliti su questo treno ed ora stiamo finalmente arrivando all’ultima stazione. Quindi questa è la mia lettura».
«Tutti gli elementi, tutte le fasi di questo, tagliano la tradizione con il passato. Quindi non sei più protestante. Sei un materialista ateo laico. Non hai più lo Stato nazionale che servì ai liberali per liberarsi dall’impero. Ora lo Stato nazionale diventa a sua volta un ostacolo. Ti stai liberando dallo Stato nazionale. Infine, la famiglia viene distrutta a favore di questo individualismo».
«E poi l’ultima cosa, il sesso, che è già quasi superato. Sesso facoltativo. E nella politica di genere c’è solo un passo per arrivare agli estremi di questo processo di liberazione, di liberalismo, cioè l’abbandono dell’identità umana come qualcosa di prescritto. Quindi essere liberi dall’essere umani, avere la possibilità di scegliere tra essere e non essere umani».
«Questa è l’agenda politica, l’agenda ideologica di domani. Ecco perché, come vedo il mondo anglosassone che mi ha chiesto» dice Dugin a Carlson. «Penso che sia solo avanguardia, perché è iniziato con gli anglosassoni, l’empirismo, il nominalismo, il protestantesimo. E ora siete in vantaggio con gli anglosassoni che sono più prosciugati dal liberalismo rispetto agli altri europei».
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Carlson procede con una domanda di approfondimento: «quindi le opzioni – per come le concepivo crescendo – erano l’individuo che può seguire la propria coscienza, dire quello che pensa, difendersi dallo Stato contro lo statalismo, il totalitarismo incarnato nel governo contro cui si lottava: il governo sovietico. E penso che la maggior parte degli americani la pensi in questo modo. Qual è la differenza?»
«Penso che il problema risieda in due definizioni di liberalismo» puntualizza Dugin. «C’è il vecchio liberalismo, il liberalismo classico. E nuovo liberalismo. Quindi il liberalismo classico era a favore della democrazia. Democrazia intesa come potere della maggioranza, del consenso, della libertà individuale. Ciò dovrebbe essere combinato in qualche modo con la libertà dell’altro».
«Ora siamo già completamente nella prossima stazione, nella fase successiva: il nuovo liberalismo. Ora non si tratta del governo della maggioranza, ma del governo delle minoranze. Non si tratta di libertà individuale, ma di wokismo. Quindi puoi essere così individualista da criticare non solo lo Stato, ma anche l’individuo, la vecchia concezione dell’individuo. Quindi ora hai bisogno di essere invitato a liberarti dall’individualità per andare oltre in quella direzione».
Dugin ricorda di averne parlato con Fukuyama in TV, «Come ha già detto in precedenza, la democrazia significa il governo della maggioranza. E ora si tratta del dominio delle minoranze contro la maggioranza, perché la maggioranza potrebbe scegliere Hitler o Putin. Quindi dobbiamo stare molto attenti con la maggioranza, e la maggioranza dovrebbe essere tenuta sotto controllo e le minoranze dovrebbero governare sulla maggioranza. Non è democrazia, è già totalitarismo».
«Ora non si tratta della difesa della libertà individuale, ma della prescrizione di essere woke, di essere moderni, di essere progressisti. Non è un tuo diritto essere o non essere progressista. È tuo dovere essere progressisti e seguire questo programma. Quindi sei libero di essere un liberale di sinistra. Non sei più abbastanza libero per essere un liberale di destra. Devi essere un liberale di sinistra. E questo è una sorta di dovere. È una prescrizione. Il liberalismo ha lottato nel corso della sua storia contro ogni tipo di prescrizione. E ora è diventato a sua volta totalitario, prescrittivo e non più libero com’era».
«E le crede che questo processo sia stato inevitabile? Sarebbe comunque successo?» domanda il Tucker.
«Percepisco qui una sorta di logica. Quindi un tipo di logica che non è solo un ritorno o una deviazione. Inizi con uno scopo: vuoi liberare l’individuo. Quando arrivi al punto in cui è possibile, viene realizzato. Quindi è necessario andare oltre. Da questo momento inizia la liberazione dalla vecchia comprensione dell’individuo in favore di concetti più progressisti. Non ci si poteva fermare qui. Questa è la mia visione».
«Quindi se dici “Oh, preferisco il vecchio liberalismo”, direbbero, i progressisti, direbbero, non si tratta del vecchio liberalismo, ma di fascismo: divieni il difensore del tradizionalismo, del conservatorismo, del fascismo. Quindi fermati qui. O divieni progressista liberale o sei finito, o ti cancelleremo. Questo è ciò che osserviamo».
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«E vedere i sedicenti liberali bandire il suo libro, che non è un manuale per fabbricare bombe o invadere l’Ucraina» dice Carlson. «Sai, queste sono opere filosofiche. Ti dice che non è, ovviamente, non è liberale in alcun senso. Mi chiedo però, quando si arriva al punto in cui l’individuo non riesce più a liberarsi da nulla, quando non è nemmeno più umano. Qual è il prossimo passo?»
«Ciò è descritto nei film, nei film americani, nei film, in molti modi. Quindi penso che, sai, tutta la fantascienza, quasi tutta quella del XIX secolo, è stata realizzata nella realtà negli anni Venti. Quindi non c’è niente di più realistico della fantascienza. E se consideriamo Matrix o Terminator, abbiamo tantissime versioni del futuro più o meno coincidenti, il futuro con la situazione post-umana o umana opzionale o con l’Intelligenza Artificiale», replica Dugin.
«Hollywood ha realizzato molti, molti, molti film. Penso che rappresentino correttamente la realtà del prossimo futuro. Ad esempio, se consideriamo l’uomo, la natura umana, come una specie di animale razionale, allora con la nostra tecnologia si può produrli, così da poter creare animali razionali o combinarli o costruirli con l’Intelligenza Artificiale».
«È una specie di re del mondo. Direi che non solo può manipolare, ma creare realtà perché le realtà sono solo immagini, solo sensazioni, solo sentimenti. Quindi penso che il futurismo post-umanista sia non solo una sorta di descrizione realistica di un futuro molto possibile e probabile, ma anche una sorta di manifesto politico. Questo è un pio desiderio».
«Il fatto che i film non descrivono un brillante futuro tradizionale. Non conosco nessun film sul futuro e sull’Occidente che dipinga un ritorno alla vita tradizionale, alla prosperità, alle famiglie con molti figli… e tutto è abbastanza nell’ombra, abbastanza oscuro. Quindi, se sei abituato a dipingere tutto di nero soprattutto nel futuro, quindi questo futuro nero una volta arriva e penso che sia il fatto che non abbiamo altra scelta. O Matrix o Intelligenza Artificiale o qualcosa del genere o Terminator. Quindi la scelta è già fuori dai limiti dell’umanità. E questa non è solo fantasia, credo. Questo è una sorta di progetto politico. Ed è facile immaginarlo, poiché abbiamo visto i film, seguono più o meno da vicino questa agenda progressista, direi».
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Carlson procede con un’ultima domanda, chiedendo del fenomeno per cui «per oltre 70 anni un gruppo di persone in Occidente e negli Stati Uniti, liberali, hanno difeso efficacemente il sistema sovietico e lo stalinismo, e molti vi hanno partecipato personalmente spiando per Stalin, lo ha sostenuto nei nostri media» dice il giornalista. «Amavano Boris Eltsin perché era ubriaco. Ma nel 2000, la leadership di questo Paese è cambiata e la Russia è diventata il loro principale nemico. Quindi, dopo 80 anni e passa di difesa della Russia, si sono messi ad odiare la Russia. Che cosa è tutto questo? Perché il cambiamento?»
«Penso che, prima di tutto, Putin sia un leader tradizionale. Quando Putin salì al potere, fin dall’inizio, ha cominciato a sottrarre il nostro Paese, la Russia, all’influenza globale. Così ha iniziato a contraddire l’agenda progressista globale. E queste persone che sostenevano l’Unione Sovietica erano progressisti, che hanno avuto la sensazione di avere a che fare con qualcuno che non condivide l’agenda progressista e che ha tentato con successo di restaurare i valori tradizionali, la sovranità dello Stato, il cristianesimo, la famiglia tradizionale».
«Questo non era evidente fin dall’inizio, da fuori. Ma quando Putin ha insistito sempre di più su questa agenda tradizionale, direi, sulla particolarità e spiritualità della civiltà russa come un tipo speciale di regione del mondo che aveva e ha ora, pochissime somiglianze con i progressisti, gli ideali progressisti. Quindi penso che abbiano scoperto, abbiano identificato cosa esattamente è Putin. È una sorta di leader, un leader politico che difende i valori tradizionali».
Solo di recente, un anno fa, Putin ha emanato un decreto di difesa politica dei valori tradizionali. É stato un punto di svolta, direi. Ma gli osservatori del campo progressista in Occidente, penso che lo abbiano capito correttamente fin dall’inizio del suo governo. Quindi, questo odio non è solo casuale, qualcosa di casuale o uno stato d’animo. Non lo è… È metafisico».
«Quindi, se il tuo compito principale e il tuo obiettivo principale è distruggere i valori tradizionali, la famiglia tradizionale, gli stati tradizionali, le relazioni tradizionali, le credenze tradizionali e qualcuno con l’arma nucleare – questo non è l’argomento più piccolo, ma nemmeno il meno importante – può resistere e difendere i valori tradizionali che stai per abolire… Ecco, penso che ci sia qualche fondamento per questa russofobia e per l’odio per Putin. Quindi non è solo un caso. Non si tratta di un cambiamento irrazionale dal filosovietismo alla russofobia. È qualcosa di più profondo direi. Questa è la mia ipotesi».
Tanto, tanto materiale su cui riflettere.
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Immagine screenshot da Tucker Carlson Network
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