Spirito
Presentazione della Beata Vergine Maria
Il racconto della Presentazione di Maria al Tempio ci è giunto attraverso i vangeli apocrifi, in particolare attraverso il protovangelo di Giacomo (dove viene narrata la nascita della Vergine e di Cristo) e attraverso il vangelo dello Pseudo-Matteo (VII secolo) che si ispira alle testimonianze della tradizione orale.
Messaggero divino, l’Angelo del Signore appare prima a Gioacchino, per annunciargli il concepimento e la futura nascita di Maria nonostante l’età avanzata della madre, poi ad Anna, alla quale indica che, quando avrà compiuto i tre anni, la bambina dovrà essere condotta al Tempio per servire il Signore giorno e notte con il digiuno e la preghiera.
È quindi una bambina che deve salire i quindici gradini del Tempio (secondo i Salmi dal 119 al 133, conosciuti come «Canti dell’Ascesa»). Mentre i suoi genitori, ai piedi della montagna, si vestono con abiti festivi, come è consuetudine, Maria sale da sola questi gradini, cosa che fu interpretata come un segno della perfezione della sua anima.
Una volta compiuto il sacrificio e pronunciato il voto, Gioacchino e Anna tornano a casa da soli. Maria fu poi cresciuta tra altre giovani vergini fino all’età di quattordici anni.
***
Celebrata per la prima volta in Oriente a partire dal VI secolo, questa festa ha le sue origini a Gerusalemme: la data del 21 novembre corrisponde alla dedicazione della basilica di Santa Maria la Nea (Nuova) nel 543. Viene poi celebrata in Costantinopoli nel VII secolo.
Come spesso accade, la Provvidenza si servirà allora di una persona provvidenziale per portare avanti il piano divino.
Grande viaggiatore, cavaliere mistico e consigliere di principi, il cancelliere del re di Cipro Filippo di Mézières approfittò di un soggiorno a Venezia per perorare la celebrazione della festa della Presentazione di Maria al Tempio nel 1369. Trovò indegno che fosse osservata in Oriente e non in Occidente, per la sua importanza nella vita della Beata Vergine. Per lui si trattava di cantare nuove lodi a Maria e di ottenere la sua intercessione.
La sua impresa fu presto coronata dal successo perché, dal 1369, la festa venne celebrata a Venezia, sicuramente prima in privato. Fu accompagnata da una rappresentazione liturgica. Due anni dopo, con grande gioia del nostro cavaliere, venne ufficialmente adottata dagli ambienti francescani della città, probabilmente per la loro grande devozione mariana.
L’azione di Filippo di Mézières continuò ad Avignone, nel 1372, nell’ambito di una missione diplomatica per conto del re di Cipro. Convinse Gregorio XI a promuovere questa celebrazione. Prudente, il Sommo Pontefice la tollerò, preferendo non approvarla troppo in fretta.
Alla messa parteciparono nove cardinali su ventotto, oltre a numerose personalità religiose e un gran numero di fedeli: fu un grande successo che si spiega anche come desiderio di riavvicinamento con i greci ortodossi, per favorire un’unione tra i cristiani. Filippo di Mézières era infatti un ardente militante per la crociata e la riconquista dei Luoghi Santi, soprattutto in un contesto di minaccia per l’Europa da parte dei turchi.
Chiamato dal re di Francia per consigliarlo e partecipare all’educazione del delfino, Filippo di Mézières lasciò Avignone per Parigi. Riuscì rapidamente a conquistare Carlo V alla sua causa e, il 21 novembre 1373, fu celebrata per la prima volta la Presentazione di Maria alla Sainte-Chapelle. La diffusione di questa celebrazione continuò in Europa, grazie all’azione congiunta dei due uomini.
Istituzionalizzata definitivamente nel 1585 sotto Sisto V, questa festa della Madonna viene celebrata il 21 novembre dalla Chiesa cattolica.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine: Presentazione della Vergine (1552-1553)di Jacopo Tintoretto, Madonna dell’Orto, Venezia, di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Spirito
Due nuovi «santi» venezuelani riaccendono le tensioni tra Chiesa e Stato
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Spirito
Omelia relativista di Papa Leone XIII: «nessuno possiede tutta la verità»
Papa Leone XIV ha dichiarato che «nessuno possiede la verità assoluta» e che «nessuno è escluso» dalla Chiesa, durante la sua omelia domenicale del 26 ottobre, pronunciata in occasione della messa giubilare per i gruppi sinodali e gli organismi partecipativi.
Le sue parole, che potrebbero essere interpretate come relativistiche rispetto alla proclamazione della fede unica della Chiesa cattolica, hanno sconvolto moltissimi.
L’amore è la «regola suprema della Chiesa». «Nessuno è chiamato a comandare», ma «tutti sono chiamati a servire»; nessuno deve «imporre le proprie idee», tutti sono invitati all’ascolto reciproco; e «nessuno è escluso» poiché «tutti siamo chiamati a partecipare».
«Nessuno possiede la verità tutta intera, tutti dobbiamo umilmente cercarla, e cercarla insieme»: un’affermazione scioccante per chi è il vicario di colui che è la Via, la Verità e la Vita..
Essere Chiesa sinodale significa riconoscere che la verità non si possiede, ma si cerca insieme, lasciandosi guidare da un cuore inquieto e innamorato dell’Amore.
Leone ha enfatizzato il concetto di Chiesa «sinodale», termine spesso usato dal suo predecessore, Papa Francesco, pur rimanendo vago nel significato. «Le équipe sinodali e gli organi di partecipazione sono immagine di questa Chiesa che vive nella comunione», ha aggiunto oscuramente il romano pontefice.
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«Dobbiamo sognare e costruire una Chiesa umile. Una Chiesa che non sta dritta in piedi come il fariseo, trionfante e gonfia di sé stessa, ma si abbassa per lavare i piedi dell’umanità; una Chiesa che non giudica come fa il fariseo col pubblicano, ma si fa luogo ospitale per tutti e per ciascuno; una Chiesa che non si chiude in sé stessa, ma resta in ascolto di Dio per poter allo stesso modo ascoltare tutti».
«Impegniamoci a costruire una Chiesa tutta sinodale, tutta ministeriale, tutta attratta da Cristo e perciò protesa al servizio del mondo» ha esortato il sommo pontefice con linguaggio sempre più tecnico e cervellotico.
Sebbene nessun individuo possegga la pienezza della verità, la Chiesa cattolica, in quanto Corpo mistico di Cristo guidato dallo Spirito Santo, ha sempre sostenuto di essere la custode del deposito della fede, ossia la verità rivelata da Dio.
I commenti di papa Leone appaiono ambigui e potenzialmente relativistici, poiché non ha chiarito la distinzione tra i membri fallibili della Chiesa, che possono errare nella comprensione della verità, e la Chiesa stessa, che custodisce e proclama l’unica vera fede.
Le parole di Prevost sembrano andare contro il Catechismo della Chiesa Cattolica: «Il Magistero della Chiesa si avvale in pienezza dell’autorità che gli viene da Cristo quando definisce qualche dogma, cioè quando, in una forma che obbliga il popolo cristiano ad un’irrevocabile adesione di fede, propone verità contenute nella rivelazione divina, o anche quando propone in modo definitivo verità che hanno con quelle una necessaria connessione» (CCC, I dogmi della fede, 88).
La Sacra Scrittura parla della «casa di Dio, che è la chiesa del Dio vivente, colonna e base della verità» (1Tim 3,15).
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Immagine di Edgar Beltrán via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Pensiero
Miseria dell’ora legale, contro Dio e la legge naturale
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