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Spirito

Arcivescovo polacco attacca il Sinodo

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Mons. Stanisław Gądecki, arcivescovo di Poznań e presidente della Conferenza episcopale polacca, ha rilasciato una lunga intervista a Catholic World Report dove analizza la prima parte del sinodo sulla sinodalità svoltosi a Roma. Fa numerose critiche alla sostanza e alla forma.

 

Sul metodo

«Poiché tutti erano invitati a partecipare, la voce “non cattolica” era talvolta più udibile di quella “cattolica”», nota il presule. «La diversità di opinioni, a volte al limite dell’ortodossia, si è riflessa in parte nel documento finale».

 

Mons. Gadecki ammette che il sistema dei circoli minori, dove «era necessario “ascoltare senza pregiudizi”» non è favorevole al dialogo, «vale a dire alla ricerca razionale della verità». E la distribuzione dei temi «assegnati preventivamente a ciascun tavolo (…) escludeva conversazioni su altri argomenti».

 

L’influenza dei laici sulla natura del sinodo e sulla partecipazione

Il presule rileva che «il Papa ha convocato un sinodo dei vescovi, ma la parola “vescovi” è stata rimossa ed è rimasto solo il “sinodo”». Tuttavia «una realtà del genere non esiste né nel diritto canonico né nella tradizione della Chiesa». Il termine «dei “vescovi” è stato quindi ristabilito».

 

Il presidente della conferenza episcopale polacca riconosce che «probabilmente meno dell’1% dei cattolici ha partecipato all’intero processo di consultazione». Ma «il modo in cui sono stati nominati i non-vescovi solleva interrogativi» sulla loro rappresentatività: chiesa, diocesi o parrocchia?

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I temi più discussi

«Il Sinodo è stato dedicato alla sinodalità, cioè alla ricerca di soluzioni su come organizzare i rapporti tra i diversi stati di vita all’interno della Chiesa, come vescovi, sacerdoti, religiosi e laici», riassume il presule.

 

Intrusione del Cammino sinodale

L’arcivescovo di Poznan rivela che «il giorno dell’inaugurazione abbiamo tutti ricevuto via e-mail i documenti del Cammino sinodale tedesco». Egli accusa: «interpreto questo invio come un tentativo di estendere i problemi tedeschi a tutta la Chiesa. Questi documenti attingono fortemente alla teologia protestante e al linguaggio della politica moderna».

 

I tedeschi hanno «la convinzione che la Chiesa debba conformarsi al mondo adottando un sistema democratico e le norme di una burocrazia liberale». Il prelato afferma: «in Germania la Chiesa è molto burocratica. Da qui la volontà di limitare il potere dei vescovi e costruire una struttura di potere secolare parallela alla struttura gerarchica, nonché di vigilanza sui vescovi».

 

Mons. Gadecki ricorda che in una delle sue dichiarazioni «mons. Georg Bätzing ha affermato di essere riuscito a includere tutti i postulati tedeschi nella bozza finale del Sinodo. C’è il rischio che i Padri sinodali, quando voteranno il documento finale l’anno prossimo, approvino di fatto le istanze del Cammino sinodale, anche se con una formulazione leggermente diversa».

 

Sulla benedizione delle coppie omosessuali

Il vescovo è molto chiaro: «una benedizione (bene-dictio) significa “dire una cosa buona”. La benedizione delle unioni omosessuali significherebbe che la Chiesa approva i rapporti sessuali all’interno di una coppia dello stesso sesso. Ciò che è sempre stato definito peccato diventerebbe allora una cosa positiva».

 

Il prelato ricorda la distinzione tra inclinazioni e atti omosessuali. I primi, anche se disordinati, non sono peccati. Questi ultimi sono e «non saranno in nessun caso approvati dalla Chiesa». La Chiesa chiama le persone con tali inclinazioni ad una vita di castità, sempre possibile con la grazia.

 

Sottolinea che le persone con queste inclinazioni e che seguono i comandamenti di Dio sono ferite: «non trovano più l’insegnamento della Chiesa ma spesso il linguaggio del movimento LGBT che rifiutano». «Si sentono abbandonati dalla Chiesa».

 

Il prelato nota «che i rappresentanti del gruppo americano Courage – che aiuta le persone con tendenze omosessuali a santificarsi – non sono stati invitati al Sinodo. D’altra parte sono stati inclusi rappresentanti di altre correnti».

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Sul diaconato femminile

Mons. Gadecki ricorda che «il tema viene ripetuto tre volte nel Rapporto. Ma si tratta piuttosto di rifiutare la discriminazione. Ciò suggerisce che non si tratta del diaconato, ma della posizione delle donne nella Chiesa». Il vescovo spiega che le «diaconesse» originarie aiutavano nel battesimo per immersione delle donne, per ragioni di modestia.

 

Quanto alle diaconesse introdotte nella Chiesa maronita nel 1736, le loro funzioni erano caritative. «A loro era proibito avvicinarsi all’altare e amministrare la santa comunione». Nota che le donne oggi sono autorizzate a fare molte più cose delle diaconesse maronite.

 

Il celibato dei preti

Mons. Gadecki difende il celibato sacerdotale. «La radicalità della rinuncia alla forma più bella dell’amore umano: il matrimonio e la famiglia, è il segno che Dio è una necessità assoluta per tutti noi. Chi mostrerà questa verità se non i pastori della comunità?».

 

Inclusione

Nel Sinodo si è usato molto il termine «inclusione», «ma cosa significa?», chiede il vescovo. «Prima del sinodo, il termine era chiaramente definito nel linguaggio politico laico. Deve essere associato alla pianificazione familiare e al programma delle Nazioni Unite per le donne». I documenti di queste istituzioni «minano inequivocabilmente la distinzione tra uomini e donne».

 

La domanda che sorge spontanea è: «L’insegnamento di Cristo era inclusivo o esclusivo?». Cristo ha detto la verità, anche quella che da fastidio. “Voi avete per padre il diavolo” (Gv 8,44). L’inclusione non era la sua priorità. Il discorso sul pane della vita provocò la partenza di molti discepoli (Gv 6,66)».

 

San Paolo ordina ai cristiani di Corinto di escludere gli incestuosi dalla comunità. «”Lasciate quest’uomo a Satana per la morte della carne, affinché il suo spirito sia salvato nel giorno del Signore” (1 Cor 5,5). Aggiunge che non si deve “mangiare con un uomo simile” (1 Cor 5,11). Il Vangelo è stato offerto a tutti. Ma l’invito includeva un appello alla conversione e alla penitenza».

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Le scienze sociali assunte come fonti della fede

Molto giustamente il vescovo, visibilmente turbato, afferma: «l’inclusività non fa assolutamente parte della teologia cristiana. Viene dalle scienze sociali. La Chiesa è infallibile. Ma sembra che alcuni teologi e vescovi credano nell’infallibilità delle scienze sociali, e anche di alcune teorie dominanti, che presto scompariranno».

 

Mons. Gadecki prende di mira il Rapporto (III, 15, g): «frasi come “le categorie antropologiche che abbiamo elaborato non sono sufficienti a cogliere la complessità degli elementi che emergono dall’esperienza o dal sapere delle scienze” o dipendono da un complesso di inferiorità inconscio, o da un approccio superstizioso alla scienza».

 

Confusione dottrinale

Mons. Gadecki spiega i dubia dei cinque cardinali: «Sembra che i dubia siano stati principalmente una reazione ai postulati del Cammino sinodale, criticati più volte dal Vaticano in precedenza. Penso che il loro significato di fondo risieda nei dubbi sul modo in cui i cambiamenti vengono introdotti nell’insegnamento della Chiesa».

 

«Da un lato abbiamo dichiarazioni secondo cui nulla sta cambiando. D’altra parte abbiamo allusioni a papa Francesco, che vengono interpretate diversamente a seconda dei teologi e dei vescovi. I fedeli hanno bisogno di chiarezza in materia di fede e di morale. Il Papa deve affermare chiaramente la sua posizione, non strizzare l’occhio a destra o a sinistra».

 

Questa critica di mons. Gadecki conferma quanto detto dal cardinale Gerhard Müller sulla povertà dei contenuti del sinodo e sull’attivismo LGBT. Prende di mira inequivocabilmente l’atteggiamento generale di Francesco che «strizza l’occhio» un po’ qua e un po’ là, e mantiene una calcolata confusione su punti dottrinali.

 

La critica ha il merito della sincerità e della chiarezza.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news

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Immagine di Catholic Church England and Wales via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-NC-ND 2.0)

 

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Gender

Papa Francesco dice alla suora pro-LGBT che i transessuali «devono essere integrati nella società»

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Papa Francesco ha detto alla suor Jeannine Gramick, eterodossa e censurata dal Vaticano, che «le persone transgender devono essere accettate e integrate nella società». Lo riporta LifeSiteNews.   I commenti del romano pontefice sono arrivati ​​in risposta a una lettera inviata da suor Gramick, in cui la religiosa pro-LGBT esprimeva la sua «tristezza e il mio disappunto per l’uso del concetto di “ideologia di genere”» nel documento recentemente pubblicato Dignitas infinita.   Pubblicata l’8 aprile, la dichiarazione vaticana Dignitas infinita critica la «teoria del gender». Citando la controversa enciclica Amoris Laetitia, l’autore della dichiarazione, il cardinale argentino Victor Manuel Fernandez – noto alle cronache, oltre che per encicliche contestate come la omosessualista Fiducia Supplicans, anche per libri di carattere erotico-spirituale come quelli sul bacio e sull’orgasmo – ha scritto che l’ideologia di genere «prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia».

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«La teoria del gender è che essa vuole negare la più grande possibile tra le differenze esistenti tra gli esseri viventi: quella sessuale», scrive la dichiarazione, aggiungendo che sono «da respingere tutti quei tentativi che oscurano il riferimento all’ineliminabile differenza sessuale fra uomo e donna».   Significativamente, tuttavia, il documento non fa menzione dell’omosessualità.   Rivelando i dettagli della comunicazione del Papa con lei, suor Gramick ha sottolineato di aver scritto al pontefice per la prima volta dopo la pubblicazione di Dignitas Infinita. Affermando di essere stata «molto triste» fin dalla sua pubblicazione, Gramick ha affermato che la «sezione del documento sulla teoria del genere, che condanna “l’ideologia di genere”, sta danneggiando» le persone con confusione di genere.   La suora filo-omotransessualista ha rivelato quindi di aver scritto a Francis «per raccontargli la mia tristezza e la mia delusione per l’uso del concetto di «ideologia di genere».   «Ho scritto di nuovo al nostro amato papa, dicendogli che, sfortunatamente negli Stati Uniti (e in altre parti del mondo), “ideologia di genere” ha un significato diverso» scrive la religiosa. «Non significa annullare o non rispettare le differenze. È vero il contrario: chi usa quel termine non considera né rispetta la storia e l’esperienza di genere di una persona. Credo che le persone che usano il termine “ideologia di genere” molto probabilmente non hanno mai accompagnato persone transgender».   Secondo suor Gramick, cofondatrice del gruppo catto-LGBT «New Ways Ministry», il papa avrebbe risposto che «l’ideologia di genere è qualcosa di diverso dalle persone omosessuali o transessuali. L’ideologia di genere rende tutti uguali senza rispetto per la storia personale. Capisco la preoccupazione per quel paragrafo di Dignitas Infinita, ma non si riferisce alle persone transgender ma all’ideologia di genere, che annulla le differenze. Le persone transgender devono essere accettate e integrate nella società».   Suor Gramick ha portato avanti la tesi, ritenuta da alcuni blasfema, secondo la quale Dio crea le persone con una differenza fondamentale nella loro identità fisica e in quella della loro anima, sostenendo che una persona confusa dal genere «si rende conto che il suo corpo non corrisponde alla sua anima».   «Le persone transgender non cancellano né negano le differenze sessuali o di genere. È proprio perché una persona transgender sa che esistono differenze di genere che si rende conto che il suo corpo non corrisponde alla sua anima».

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Suor Gramick, scrive LifeSite, «ha una lunga storia di dissenso dall’insegnamento cattolico sull’omosessualità e l’aborto ed è stato ufficialmente censurata da papa Giovanni Paolo II e dal cardinale Joseph Ratzinger nel 1999 ma ha ignorato l’ordine». Recentemente la suora «ha sostenuto che la Chiesa dovrebbe aiutare ad affermare gli individui che si identificano come transgender nella le loro identità sbagliate, suggerendo che Dio “intende” che tali persone abbraccino le loro tendenze disordinate e si presentino falsamente come il sesso opposto», secondo il sito prolife canadese.   «La Chiesa dovrebbe aiutare a rimuovere il dolore in modo che la persona possa diventare una cosa sola nella mente e nel corpo come Dio intende», ha detto la suora, accusando la Chiesa di imporre un «serio fardello» alle persone che hanno confusione riguardo al proprio sesso affermando la realtà della loro natura sessuata.   Nonostante la sua lunga storia di eterodossia e di sostegno a posizioni che contravvengono all’insegnamento cattolico, Gramick ha trovato negli ultimi anni il favore di Papa Francesco, ricevendo numerose lettere da lui a sostegno del suo gruppo pro-LGBT e del suo attivismo personale.   Durante l’incontro del Sinodo sulla sinodalità del 2023, è stata ricevuta dal Papa in un’udienza privata concessa a lei e ai suoi colleghi della New Ways Ministry, il gruppo che ha co-fondato nel 1977 con il sacerdote dissidente Robert Nugent. L’udienza papale è stata descritta come l’occasione per evidenziare una «nuova apertura» al lavoro della Gramick.   Nel 1999 il Prefetto della Congregazione della Fede cardinale Joseph Ratzinger, futuro papa Benedetto XVI, firmava la notifica sul caso di suor Gramick e di padre Nugent.   «La diffusione di errori ed ambiguità non è coerente con un atteggiamento cristiano di vero rispetto e compassione: le persone che stanno combattendo con l’omosessualità hanno, non meno di altre, il diritto di ricevere l’autentico insegnamento della Chiesa da coloro che li seguono pastoralmente», scriveva il documento co-firmato dall’allore Segretario della CDF Tarcisio Bertone.   «Le ambiguità e gli errori della posizione di padre Nugent e di suor Gramick hanno causato confusione fra i Cattolici ed hanno danneggiato la comunità della Chiesa. Per questi motivi a Suor Jeannine Gramick, SSND, ed a Padre Robert Nugent, SDS, è permanentemente vietata ogni attività pastorale in favore delle persone omosessuali ed essi non sono eleggibili, per un periodo indeterminato, ad alcun ufficio nei loro rispettivi Istituti religiosi.   «Penso che nel lungo termine… Papa Francesco stia gettando le basi per un cambiamento nella sessualità», aveva detto Gramick lo scorso autunno, in risposta a una domanda sulla possibilità di «un cambiamento sostanziale nell’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità».

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I segni del favore di Bergoglio nei confronti dei transessuali si sono moltiplicati negli anni del suo enigmatico papato.   Come riportato da Renovatio 21, nel 2015 il Dicastero aveva risposto negativamente alla stessa richiesta.   I segni di avvicinamento al transgenderismo, in effetti, si sono moltiplicati lungo tutto il papato bergogliano.   A fine gennaio 2015, un «uomo transgender» – nato in Ispagna come donna – dichiarò di aver avuto un’udienza privata con il papa, dove, secondo alcuni articoli di giornale, Bergoglio avrebbe «abbracciato» il 48enne transessuale.   A Napoli, sempre nel 2015, il romano pontefice, fu riportato dai media globali mangiò con «carcerati gay e transessuali».   Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso il pontefice ha incontrato dei trans in «pellegrinaggio» in Vaticano. «Gli ho baciato la mano, lui ha baciato la mia» avrebbe detto il trans paraguagio Laura. Nel 2020 invece aveva devoluto un obolo una tantum a dei trans sudamericani del litorale romano che a causa del lockdown si erano dovuto rivolgere in parrocchia. Arrivò l’elemosiniere, il polacco cardinale Krajewski, già noto per aver ridato la corrente ad un centro sociale, per saldare bollette e affitti e procurare generi di prima necessità. Nel 2015 papa Francesco aveva invece ricevuto in Vaticano un transessuale spagnuolo.   Come riportato da Renovatio 21l’ambasciata USA presso la Santa Sede sei mesi fa ha celebrato il «Transgender Day of Remembrance», il «giorno del ricordo transgender che offre un omaggio «a quelli della comunità transgender che sono stati assassinati a causa dell’odio». Durante il mese di giugno, l’ambasciata statunitense issò una grande bandiera omotransessualista – e immaginiamo abbiano fatto lo stesso anche all’ambasciata di Riyadh o di Islamabad. Ad ogni modo, non è noto se la Santa Sede abbia protestato.   Lo scorso novembre, in un segno ulteriore e sempre più definitivo, papa Francesco ha presieduto un pasto in Aula Paolo VI dove erano presenti anche «quarantaquattro individui transgender e quattro volontari» provenienti dalla parrocchia di Torvajanica (Roma), che da alcuni anni si dedica all’accoglienza e all’instaurazione di amicizia con queste persone.     L’agenzia Associated Press ha pubblicato un video dell’evento che seguiva i trans sin da quando sono saliti in pulmino. Il filmato si chiude con un’immagine della Basilica di San Pietro vista da via della Conciliazione e la scritta «Papa Francesco ha fatto dell’apertura alla comunità LGBTQ+ uno dei segni principali del suo papato».   Come riportato da Renovatio 21, il cardinale Fernandez aveva fatto un’ulteriore «apertura» magisteriale nei confronti dell’omotransessualismo firmando per Dicastero della Dottrina della Fede, assieme al pontefice un documento in cui apriva per i transgender la possibilità di fare da padrini (madrine, o quello che è) ai battesimi.  

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Spirito

Il Vaticano riforma il suo sistema giudiziario

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Attraverso un nuovo motu proprio reso pubblico il 19 aprile 2024, il Sommo Pontefice ha modificato molte leggi che regolano l’ordinamento giudiziario della Santa Sede, armonizzandolo con il vicino ordinamento italiano. È questo un modo per trarre insegnamento da numerose questioni nate all’indomani del «processo del secolo», la cui onda d’urto continua a scuotere le mura del recinto leonino.

 

69 è il numero delle Lettere apostoliche in forma di motu proprio promulgate sotto l’attuale pontificato.

 

Questo atto giuridico è un motu proprio che, in sei articoli, modifica le norme giudiziarie dello Stato Pontificio. Il documento riguarda in parte l’attività dei magistrati ordinari fino ai 75 anni, e fino agli 80 anni per i giudici cardinali. Resta inoltre aperta la possibilità da parte del Sommo Pontefice di prolungare caso per caso il mandato dei magistrati, fissando modalità di remunerazione, di fine rapporto e di pensioni.

 

Altri provvedimenti hanno suscitato una reazione più forte da parte dei giuristi italiani, come quelli riguardanti la responsabilità civile dei magistrati o il potere conferito al Papa di intervenire nel corso di un processo nominando un vicepresidente o cessando dal servizio di un magistrato il quale, «per comprovata incapacità», non sarebbe più in grado di esercitare le sue funzioni.

 

D’ora in poi chi ritiene di aver subito un danno potrà avviare un procedimento giudiziario contro lo Stato della Città del Vaticano, che potrà a sua volta rivolgersi a un magistrato se sarà dimostrato che ha causato un danno.

 

Questo è un modo per allineare il sistema del microStato a quanto avviene in Italia, dove la responsabilità del magistrato è indiretta, per far sì che un cittadino non possa agire direttamente contro un giudice che gli ha fatto torto nel corso di un processo. Si tratta di una misura intesa a garantire la libertà, l’indipendenza e la tutela dei magistrati contro eventuali pressioni esterne.

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Per motivare questa evoluzione, Francesco evoca «gli anni di esperienza che hanno fatto sentire la necessità di una serie di cambiamenti». È difficile non vedere in ciò una scossa di terremoto provocata dal processo del secolo conclusosi provvisoriamente nel dicembre 2023. Provvisoriamente, perché, oltre alla Segreteria di Stato e all’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA), tutti gli altri attori, imputati e parti civili, hanno impugnato la decisione dei giudici.

 

Molti giuristi italiani sottolineano che l’attuale pontificato ha riscritto le regole quattro volte durante la fase istruttoria del recente grande processo, sia come modo per colmare un vuoto normativo per alcuni, sia come modo per il Romano Pontefice di mantenere il controllo sullo svolgimento del processo.

 

Inoltre, il Tribunale vaticano – che è stato teatro di diverse riforme negli ultimi anni – resta composto prevalentemente da avvocati e pubblici ministeri che hanno ricoperto o ricoprono incarichi in Italia e che, di conseguenza, non sempre hanno una perfetta conoscenza della normativa usi e consuetudini della Santa Sede, né del diritto della Chiesa.

 

In un contributo scritto dopo la sentenza, uno dei legali degli imputati nel processo del secolo, Cataldo Intrieri, ha denunciato le «contraddizioni» del sistema giudiziario vaticano e gli «esorbitanti poteri» concessi ai pubblici ministeri che, a suo dire, aveva portato ad una procedura giudiziaria «molto lontana dai criteri adottati in uno Stato di diritto».

 

È una critica che il nuovo motu proprio tenta forse di disarmare, anche se non è realistico pretendere dal papato – che resta nella sua essenza monarchico – una separazione assoluta dei poteri.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Capitano della squadra campione di pallavolo entra in un ordine cattolico tradizionale

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Un noto giocatore di pallavolo francese ha annunciato che intende unirsi a una piccola e tradizionale comunità di canonici. Si tratta di Ludovic Duée, 32 anni, capitano della sua squadra vincitrice del campionato nazionale francese di pallavolo. Lo riporta LifeSiteNews.   Il Duée ha annunciato a Ouest France la sua intenzione di entrare a far parte dei Canonici Regolari della Madre di Dio, un istituto religioso maschile di diritto pontificio dedito alla liturgia latina. Il campione ha dichiarato che sta scegliendo tra la «vocazione e la professione».   Nei giorni scorsi, il pallavolista professionista capitano della sua squadra del Saint-Nazaire Volley-Ball Atlantique, ha vinto il titolo nazionale di pallavolo francese. Tuttavia la partita del campionato nazionale sarà anche l’ultima, secondo le sue stesse dichiarazioni ai media.

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Duée entrerà quest’anno tra i Canonici Regolari, dove trascorrerà i primi mesi come postulante. Con sede nel sud della Francia, la comunità relativamente giovane segue la Regola di Sant’Agostino e ha una spiritualità mariana basata su San Luigi Maria di Montfort e San Massimiliano Kolbe.   Cresciuto cattolico ma senza prestare molta attenzione alla sua fede da adolescente, Duée ha detto che vedeva Dio come qualcuno «con una pistola, pronto a colpirmi se mi fossi allontanato».   La sua scoperta dei Canonici è avvenuta durante gli anni di restrizioni legate al COVID-19, durante i quali è stato costretto a un periodo di riflessione più intensa. Dopo aver incontrato i Canonici, che erano vicini a dove viveva, la stella della pallavolo ha dichiarato che la sua percezione di Dio è cambiata. Ha abbandonato la sua idea di «un padre minaccioso che era lì per colpire», a favore di «un Dio amorevole».   «Ho scoperto che Dio mi amava e che aspettava solo una cosa, che anch’io lo amassi». Questa, ha detto, «è stata la base di questo viaggio».   Fondata nel 1971, la comunità conta circa 39 religiosi maschi, con un ramo femminile dell’ordine stabilito a circa 30 chilometri di distanza. I suoi membri sono dediti alla celebrazione della Messa tradizionale.   Dopo aver completato il postulato, presumendo che sia lui che la comunità esprimano un discernimento di continuazione, Duée vestirà l’abito ed entrerà nel noviziato che dura almeno un anno. I voti temporanei vengono emessi al termine del noviziato, ed è circa cinque anni dopo l’ingresso nella comunità e l’assunzione dell’abito che un membro prende i voti permanenti.   Gli stessi Canonici affermano che la loro vita spirituale «è quella della vita cristiana: appartenere a Cristo e vivere nella Chiesa. Ciò richiede naturalmente la devozione alla Beata Vergine, modello e Madre della Chiesa». Notano che nella loro comunità la devozione mariana si avvale in modo particolare della consacrazione a Maria.   In quanto canonici, i membri della comunità hanno il carisma speciale di vivere in comunità e di basarsi sulla loro chiesa particolare. La loro vita canonica è costruita sulla liturgia, vivendo una vita comune sia nel lavoro che nella preghiera, e nel loro apostolato.   «L’obiettivo è diventare prete. Rispondo a quella che considero una chiamata interiore», ha detto Duée. Ha descritto i Canonici come «molto dinamici e molto aperti al mondo, con un lato apostolico molto pronunciato».   In effetti, la giovane comunità ha attirato attorno a sé numerose famiglie e giovani, offrendo ritiri per uomini e donne, preparazione al matrimonio e un luogo in cui gli studenti possano trascorrere del tempo nello studio tranquillo e nella preghiera.

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Ai visitatori dell’abbazia viene anche offerta l’opportunità di prendere direzione spirituale con uno dei canonici, e i canonici vengono regolarmente visti guidare e prendere parte a vari pellegrinaggi agli antichi santuari in tutta la Francia.   I canonici vendono parte dei loro prodotti per sostenere la loro vita quotidiana, fanno affidamento sul sostegno dei donatori per i loro bisogni e per l’attuale restauro dell’abbazia stessa.   La cosiddetta Opus Mariæ fu fondata nella diocesi di Gap nel 1969 da Roger Péquigney. Nel 1988, i suoi membri abbracciarono lo stile di vita dei canonici regolari, che coniugava contemplazione e attività pastorali. L’8 maggio 1997, la comunità fu ufficialmente eretta come abbazia, seguendo la regola di sant’Agostino, e adottò il nome di «canonici regolari della Madre di Dio».   La comunità ha mantenuto la liturgia latina come definita nella riforma promulgata da papa Giovanni XXIII nel 1962.   Nel 2004, la comunità si trasferì a Lagrasse, nella diocesi di Carcassonne.   L’ordine ricevette l’approvazione della Santa Sede l’18 ottobre 2002 ed è sotto la giurisdizione della Pontificia Commissione «Ecclesia Dei».   All’ordine è associato il ramo femminile delle canonichesse regolari della Madre di Dio, residenti nel monastero Mater Dei ad Azille.

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Caso di devozione da parte dei giovani francesi non compaiono nelle cronache, ma esistono eccome. Ne è prova una storia annessa al dramma di Annecy dello scorso anno.   Come riportato da Renovatio 21, quando un immigrato siriano si era messo ad accoltellare i passanti, tra cui dei bambini, in riva al lago, era intervenuto per fermarlo Henri d’Anselme, un giovane pellegrino che stava facendo un tour delle cattedrali francesi. Intervistato dalla tv di «informazione continua» BFM TV, un canale molto popolare in Francia, il ragazzo in 14 minuti di conversazione era riuscito ad inserire nel suo racconto dell’accaduto parole come «cattedrale», «cristianità», «Santa Vergine», «Cristo», «preghiera», «spirito cavalleresco».     Qualcosa sta accadendo all’ultima generazione, anche nella laicissima – cioè dominata da massoni – Francia.   Se a Parigi vi sono personaggi che parlano con nonchalance di guerra anche atomica, se al vertice potrebbero aver instaurato programmaticamente un abominio oscuro e indicibile, nelle valli e nelle campagne, nelle cittadine e perfino nelle isole lontane, un ritorno della purezza potrebbe manifestarsi – e trascinare rispedire l’élite malvagia all’Inferno.   E allora: vive la France. Dieu le Roi!

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Immagine di Mathieu MD via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported  
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