Bioetica
Petizioni pro-vita e firme che non valgono nulla
Renovatio 21 pubblica questo ulteriore intervento di Alfredo De Matteo, attivista pro-life già tra gli organizzatori della Marcia per la Vita, riguardo della recente proposta di legge «Un cuore che batte», portata avanti da diverse realtà pro-life italiane. De Matteo aveva offerto una sua analisi puntuale dell’iniziativa a fine settembre. Renovatio 21 il mese scorso aveva espresso la sua totale contrarietà riguardo all’iniziativa in corso, definendola interamente inaccettabile: l’iniziativa non proponeva l’abolizione della legge dell’autogenocidio nazionale, bensì promuove una sua piccola modifica, sperando ingenuamente che medici e donne inclini all’aborto saranno miracolosamente fermati. Abbiamo sottolineato come nonostante gli sforzi dei gruppi pro-vita – che sono spesso con in contiguità materiale con i partiti dell’attuale maggioranza – il governo è pesantemente, programmaticamente infiltrato da membri del network democristiano che ha giurato di non toccare la legge, e il primo ministro Giorgia Meloni ha dichiarato pubblicamente di essere a favore dell’libero figlicidio per interruzione di gravidanza – e lo ha fatto più volte. Purtroppo, la situazione nel Paese è molto più seria e oscura di quanto gli attivisti pro-vita possano immaginare. Mentre si perde tempo con petizioni per limitare l’aborto, ignoti stanno occultando aborti in barattolo in varie parti d’Italia, e non parliamo dei barili misteriosi contenenti feti abortiti emersi recentemente, una storia ovviamente subito dimenticata da tutti – organizzazioni pro-vita in primis. Questi eventi dovrebbero far riflettere sul fatto che la questione è molto più grande di quanto possano concepire gli attivisti che si prendono la scena a suon di pubblicità. E che il nemico potrebbe essere molto, molto differente da quanto si credeva: un avversario che agisce su un piano ulteriore con astuzia e nequizia preternaturali.
Mancano pochi giorni al 7 novembre, ultimo giorno utile per apporre la propria firma alla proposta di legge di iniziativa popolare «Un cuore che batte».
Nel nostro articolo di critica ragionata pubblicato su Renovatio 21 poco più di un mese fa abbiamo messo in luce tutte le criticità presenti nell’iniziativa, soprattutto dal punto di vista morale e dottrinale. Nell’ennesimo pezzo («Un cuore che batte, ultimi giorni per una firma che vale») apparso su La Nuova Bussola Quotidiana che sponsorizza la raccolta di firme, Tommaso Scandroglio ribadisce che la proposta di legge presenta delle criticità ma che esse vengono in qualche modo sanate dal fatto che tale proposta non vedrà mai la luce, come sanno bene gli stessi organizzatori.
Secondo Scandroglio «chi ha promosso la raccolta firme, con sano realismo, è ben cosciente che la proposta non vedrebbe mai la luce. La raccolta firme, come già appuntavamo, persegue altri scopi: non dare per scontato che la legge 194 sia immodificabile, denunciarne la sua iniquità in un momento in cui anche alti prelati la difendono (come il cardinal Matteo Maria Zuppi e monsignor Vincenzo Paglia), risvegliare le coscienze sull’identità del nascituro, creare dibattito, giocare d’attacco uscendo dal pressing abortista e molto altro. Lo scopo è quindi eminentemente culturale, non giuridico-politico».
Viene da chiedersi come possa una siffatta proposta costituire una denuncia dell’iniquità della 194 se essa non ne mette affatto in discussione la ratio ma anzi tende a confermarla e se il suo obiettivo è solamente quello di rendere la madre del nascituro «correttamente informata».
Del resto, l’dea di giungere all’abrogazione dell’infame norma abortista non viene neppure presa in considerazione da Scandroglio, secondo il quale uscire dal pressing abortista si sostanzierebbe nel riuscire a trasmettere il messaggio che la 194 possa essere modificata (venendo a patti con la norma stessa, dunque), non che essa possa essere spazzata via dal nostro ordinamento giuridico.
Flirtare con la legge abortista (non mettendola in discussione) non significa di fatto difenderla, esattamente come fanno gli alti prelati di cui sopra?
Inoltre, per dimostrare che la proposta di far ascoltare alla donna il battito cardiaco del nascituro salverebbe moltissime vite, Scandroglio cita il Texas che nel 2011 promulgò una legge che obbligava le donne a sottoporsi a tale procedura. Peccato che nella proposta di legge «Un cuore che batte» non c’è alcuna traccia di tale obbligo, come dichiara candidamente lo stesso articolista poche righe più avanti. Ciò significa giocare all’attacco oppure mischiare le carte?
In definitiva, Scandroglio liquida tutte le obiezioni circa la bontà dell’iniziativa (sia quelle provenienti dal fuoco amico che da quello nemico) col fatto che tanto essa è destinata a fallire.
Viene anche da chiedersi, a questo punto, se gli organizzatori della raccolta firme abbiano correttamente informato tutti coloro che sono stati chiamati ad apporre la firma e/o a darsi da fare per promuovere e raccogliere le adesioni: è stato loro chiaramente comunicato che la proposta di legge «Un cuore che batte» non ha alcuna speranza di riuscita e, soprattutto, che gli organizzatori non hanno nessuna intenzione nemmeno di tentare di portarla in Parlamento, visto che il suo scopo è eminentemente culturale?
Sembra proprio di no, a giudicare dalle reazioni scomposte di tanti attivisti pro-vita nei confronti di chi tenta di portare la discussione circa i contenuti dell’iniziativa sul piano razionale anziché su quello emotivo-sentimentale.
Una domanda sorge spontanea: se la proposta di legge è destinata al fallimento certo e gli organizzatori non hanno nessuna intenzione di portarla avanti, anche qualora riuscissero a raccogliere le 50.000 firme, perché limitarsi a proporre di aggiungere un comma giuridicamente inefficace alla legge 194 (colludendo con essa) anziché la totale abrogazione della stessa?
Se gli obiettivi sono quelli di stimolare il dibattito sull’aborto, di incrinare le certezze degli abortisti e di «mostrare i muscoli», perché limitarsi a blandire la norma abortista anziché a contrastarla apertamente ed integralmente?
In conclusione, ad essere un po’ confusi sembrano piuttosto coloro che sponsorizzano ad ogni piè sospinto una proposta di legge che presenta molteplici criticità e a cui non crede nessuno, nemmeno coloro che la sponsorizzano.
Alfredo De Matteo
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Immagine su licenza Envato
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La Bioetica riflette sulla cooperazione dei dottori con il male
Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.
Il bioeticista Carl Elliott sembra apprezzare la provocazione dei colleghi bioeticisti e della professione medica. Nel suo ultimo libro, The Occasional Human Sacrifice: Medical Experimentation and the Price of Saying No, esamina il ruolo degli informatori nello scoprire gli scandali medici.
Lo sa per esperienza. Ha lottato per anni affinché la sua stessa istituzione, l’Università del Minnesota, riconoscesse il suo ruolo nel suicidio di un uomo in uno studio clinico finanziato dall’industria sui farmaci antipsicotici.
Il New York Times ha recentemente pubblicato un breve estratto dal suo libro in cui si chiede perché i medici finiscono per partecipare ad atrocità come i processi sulla sifilide di Tuskegee [studio condotto tra il 1932 e il 1972 dal Servizio sanitario pubblico degli Stati Uniti (PHS) e dai Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) su un gruppo di quasi 400 uomini afroamericani affetti da sifilide con lo scopo dello studio di osservare gli effetti della malattia quando non veniva trattata, anche se alla fine dello studio i progressi della medicina la resero completamente curabile, con i soggetti uomini non informati della natura dell’esperimento; di conseguenza morirono più di 100 persone, ndt] o lo studio sull’epatite di Willowbrook [uno studio in un’istituzione per bambini disabili mentali dove si arrivò a somministrare virus vivi dell’epatite prelevati da altri campioni di feci a sessanta bambini sani, ndt].
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Elliott è feroce. Dice che studenti e medici possono essere socializzati affinché accettino situazioni moralmente indifendibili. Gli informatori coraggiosi sono essenziali per rompere la bolla di competenza sicura di sé.
«Le tradizioni mediche sono notoriamente difficili da sradicare e la medicina accademica non tollera facilmente il dissenso etico. Dubito che si possa avere fiducia che la professione medica possa riformarsi».
«Intraprendere la carriera medica è come trasferirsi in un Paese straniero di cui non si comprendono gli usi, i rituali, le buone maniere o la lingua. La tua principale preoccupazione all’arrivo è come integrarti ed evitare di offendere. Questo è vero anche se le usanze locali sembrano arretrate o crudeli. Inoltre, questo particolare Paese ha un governo autoritario e una rigida gerarchia di status in cui il dissenso non è solo scoraggiato ma anche punito. Per vivere felicemente in questo paese devi convincerti che qualunque disagio provi deriva dalla tua ignoranza e mancanza di esperienza. Col tempo impari ad assimilare. Potresti anche arrivare a ridere di quanto eri ingenuo quando sei arrivato».
«Uno dei grandi misteri del comportamento umano è il modo in cui le istituzioni creano mondi sociali in cui pratiche impensabili arrivano a sembrare normali. Questo vale tanto per i centri medici accademici quanto per le carceri e le unità militari. Quando ci viene detto di un terribile scandalo della ricerca medica, presumiamo che lo vedremmo proprio come l’informatore Peter Buxtun vide lo studio sulla sifilide di Tuskegee: un abuso così scioccante che solo un sociopatico potrebbe non percepirlo».
«Eppure raramente accade in questo modo. Buxtun ha impiegato sette anni per convincere gli altri a vedere gli abusi per quello che erano. Ad altri informatori ci è voluto ancora più tempo. Anche quando il mondo esterno condanna una pratica, le istituzioni mediche in genere insistono sul fatto che gli esterni non la capiscono veramente».
Michael Cook
Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
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Immagine dello studio sulla sifilide Tuskegee di pubblico dominio CC0 via Wikimedia.
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