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Geopolitica

Il presidente polacco: sosteniamo l’Ucraina perché lì combattere i russi costa meno

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Il presidente polacco Andrzej Duda ha accusato il suo omologo russo Vladimir Putin di cercare di conquistare l’Europa e ha insistito sul fatto che la Russia deve essere fermata in Ucraina, perché lì è dove è «economico» farlo.

 

In un’intervista al Washington Post pubblicata l’altro ieri, al leader polacco è stato chiesto di rispondere ai conservatori americani che si oppongono all’invio di ulteriori aiuti militari e finanziari all’Ucraina.

 

«È molto semplice», ha detto Duda. «In questo momento, l’imperialismo russo può essere fermato a buon mercato, perché i soldati americani non stanno morendo». A meno che «l’aggressione russa» non venga fermata ora, «ci sarà un prezzo molto alto da pagare», ha aggiunto il vertice dello Stato polacco.

 

Putin sta cercando di ripristinare il «territorio zarista», afferma il Duda, dicendo che l’Occidente deve fermare la Russia ora, prima che «i soldati americani debbano versare il loro sangue e perdere la vita in Europa per riportare la pace e la libertà nel mondo».

 

Duda ha suggerito di accettare l’Ucraina nella NATO come il modo migliore per contrastare il Cremlino. Ha ammesso di essere rimasto deluso dal fatto che Kiev non abbia ricevuto un invito formale al blocco guidato dagli Stati Uniti durante il vertice NATO del mese scorso in Lituania. Il presidente polacco ha quindi dichiarato l’intenzione di spingere l’amministrazione Biden per assicurarsi che Kiev riceva un invito l’anno prossimo.

 

Nel frattempo, il ministro della Difesa russo Sergej Shoigu ha dichiarato mercoledì che Mosca rafforzerà le sue forze lungo i suoi confini occidentali in risposta a quella che ha definito una crescente minaccia da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati in Europa, che stanno aumentando la propria presenza militare nella regione.

 

Il ministro ha sottolineato la recente adesione della Finlandia alla NATO e la potenziale adesione della Svezia, nonché la crescente militarizzazione della Polonia, che ha affermato «è diventata il principale strumento delle politiche anti-russe degli Stati Uniti».

 

Shoigu ha anche dichiarato che Varsavia starebbe cercando attivamente di conquistare parti dell’Ucraina formando una cosiddetta unità militare polacco-ucraina, il cui scopo ufficiale sarà difendere l’Ucraina occidentale, ma in realtà servirà ad occuparla.

 

Il ministro della Difesa ha anche sottolineato che la Russia deve fornire una risposta tempestiva e adeguata alla crescente dimensione delle forze della NATO nelle immediate vicinanze dei confini dello Stato dell’Unione di Russia e Bielorussia.

 

La dichiarazione al giornale americano del presidente polacco lascia intravedere come vi sia una corrente di pensiero sempre più slatentizzata che vede l’Ucraina e gli ucraini come elementi sacrificabili nella scacchiera anti-Mosca.

 

Tale pensiero è perfino interiorizzato da alcuni vertici ucraini. Lo scorso gennaio il ministro della Difesa ucraino Oleksyj Reznikov in un’intervista per un canale televisivo nazionale dichiarava una correlazione tra il sangue ucraino versato e la fornitura di armi da pretendere dai Paesi NATO.

 

«Oggi l’Ucraina sta affrontando questa minaccia. Stiamo svolgendo la missione della NATO oggi, senza versare il loro sangue. Abbiamo versato il nostro sangue, quindi ci aspettiamo che forniscano armi», aveva detto a inizio anno il ministro del regime Zelens’kyj in una trasmissione della rete 1+1, quella dell’oligarca ucro-israeliano Igor Kolomojski, primo puparo di Zelens’kyj che proprio su questa rete arrivò al successo (ora l’oligarca subisce però i raid dei servizi del presidente-attore, che ha trovato produttori più potenti, con evidenza).

 

Nonostante la scoppiettante intervista data al WaPo dal presidente polacco Duda, tra Ucraina e Polonia vi sono in queste ultime settimane tensioni e persino insulti, con tanto di convocazione dell’ambasciatore. Alcuni dettagli, come lo stop alle importazioni di grano ucraino, lasciano pensare che Varsavia si sia stufata di Kiev e della banda Zelens’kyj.

 

Tuttavia, non può farne a meno, se vuole ottenere il jackpot che è nell’aria: l’annessione di vaste porzioni di territorio un tempo anche polacche.

 

Il presidente russo Vladimir Putin ha parlato di queste mire polacche in recenti discorsi pubblici, facendo abbondanza di riferimenti storici.

 

L’idea di un’annessione di porzioni dell’Ucraina occidentale, che sono state storicamente polacche (Leopoli, Ternopoli, Rivne) aleggia sin dall’inizio nel conflitto nelle chiacchiere sui progetti di Varsavia.

 

Un articolo apparso sul quotidiano turco Cumhuriyet di fine 2022 riportava che il presidente ucraino Zelens’kyj avrebbe negoziato con le autorità polacche la partecipazione delle forze armate polacche al conflitto in Ucraina.

 

Il nervosismo di Varsavia è comprensibile: si è aperto ora un fronte ulteriore, quello con la Bielorussia.

 

Come riportato da Renovatio 21la Polonia ospiterebbe campi di addestramenti di bielorussi in esilio per un preparare un colpo di Stato a Minsk.

 

Varsavia  nelle scorse settimane scorsa aveva chiesto una reazione della NATO al programma di Mosca di piazzare le sue atomiche anche in Bielorussia – un programma peraltro nel pieno stile di condivisione internazionale degli armamenti atomici in stile NATO.

 

Di qui le mezze minacce del presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko che ha detto durante un incontro con l’omologo di Mosca che ora i combattenti della Wagner vorrebbero «visitare» la Polonia.

 

In queste ore cresce la tensione nel corridoio di Suwalki, tra Polonia e Lituania, unica via di terra tra i Baltici e il resto della NATO, con aumento significativo delle truppe polacche nell’area in risposta alle tensioni con Minsk.

 

 

 

Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

 

 

 

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Geopolitica

Trump annuncia attacchi terrestri in Venezuela «presto»

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato che gli USA potrebbero avviare «molto presto» operazioni terrestri contro presunte reti di narcotraffico collegate al Venezuela, dopo aver quasi completamente interrotto i flussi di stupefacenti via mare. Caracas ha respinto con forza ogni accusa di legami con i cartelli della droga.

 

Parlando venerdì con i giornalisti alla Casa Bianca, Trump ha annunciato che il traffico di droga marittimo legato al Venezuela è calato del 92%, sostenendo che le forze americane stanno «eliminando la droga a livelli mai visti prima». «Abbiamo bloccato il 96% degli stupefacenti che arrivavano via mare», ha precisato, per poi aggiungere: «Presto le operazioni inizieranno anche sulla terraferma».

 

Il presidente statunitense non ha tuttavia fornito indicazioni su eventuali obiettivi o sull’estensione di tali azioni.

 

Da settembre le forze USA hanno intensificato sensibilmente la presenza militare nei Caraibi e nel Pacifico orientale, conducendo oltre 20 interventi contro imbarcazioni sospette di traffico di droga e causando la morte di decine di persone. Trump ha affermato che queste operazioni hanno salvato decine di migliaia di vite americane, impedendo l’ingresso di narcotici nel Paese.

 

Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha sempre rigettato le accuse di Trump su presunti rapporti tra Caracas e i narcocartelli, sostenendo che Washington utilizzi la campagna antidroga come pretesto per destabilizzare e rovesciare il suo governo.

 

Come riportato da Renovatio 21, Maduro, che avrebbe offerto ampie concessioni economiche agli USA per restare al potere, sarebbe stato oggetto di un tentativo di rapimento tramite il suo pilota personale.

 

Il Venezuela ha stigmatizzato il rinforzo militare come violazione della sovranità e tentativo di golpe. Il governo venezuelano starebbe cercando appoggio da Russia, Cina e Iran. Mosca ha di recente riaffermato la sua alleanza con Caracas, esprimendo pieno sostegno alla leadership del Paese nella difesa della propria integrità. Mosca ha accusato il mese scorso Washington di preparare il golpe in Venezuela.

 

Questa settimana le autorità statunitensi hanno sequestrato anche la petroliera Skipper al largo delle coste venezuelane, una nave cargo che secondo gli USA trasportava petrolio dal Venezuela e dall’Iran. Le autorità di Caracas hanno condannato l’operazione definendola «furto manifesto» e «pirateria navale criminale».

 

Come riportato da Renovatio 21, nel frattempo, la Russia – da tempo alleata stretta del Venezuela – ha rinnovato pubblicamente il suo sostegno a Maduro. Secondo il Cremlino, il presidente Vladimir Putin «ha espresso solidarietà al popolo venezuelano e ha ribadito il proprio appoggio alla ferma determinazione del governo Maduro nel difendere la sovranità nazionale e gli interessi del Paese dalle ingerenze esterne». I due leader hanno inoltre confermato l’impegno a dare piena attuazione al trattato di partenariato strategico siglato a maggio.

 

Trump nelle scorse settimane ha ammesso di aver autorizzato le operazioni CIA in Venezuela. Di piani CIA per uccidere il presidente venezuelano il ministro degli Interni del Paese aveva parlato lo scorso anno.

 

Come riportato da Renovatio 21, Maduro aveva denunciato l’anno scorso la presenza di mercenari americani e ucraini in Venezuela. «Gli UA finanziano Sodoma e Gomorra» aveva detto.

 

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La Slovacchia «non sosterrà nulla» che contribuisca a prolungare il conflitto in Ucraina

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Il primo ministro slovacco Robert Fico ha annunciato che la Slovacchia si opporrà a qualsiasi misura che permetta di impiegare i beni russi congelati per fornire armi all’Ucraina, mettendo in guardia sul fatto che ulteriori sostegni militari non farebbero che protrarre l’«insensata uccisione quotidiana di centinaia di migliaia di russi e ucraini».   In seguito all’escalation del conflitto nel 2022, gli alleati occidentali di Kiev hanno bloccato circa 300 miliardi di dollari di asset della banca centrale russa, in gran parte depositati nell’UE. Da quel momento è divampata una disputa tra i Paesi intenzionati a usare tali fondi come collaterale per un «prestito di riparazione» a favore di Kiev e quelli che si oppongono fermamente. La decisione finale spetterà ai membri dell’UE nel voto previsto per la prossima settimana.   Fico, da sempre critico del piano, ha illustrato la propria posizione in dettaglio in una lettera inviata all’inizio della settimana al Presidente del Consiglio europeo António Costa. In un post su X pubblicato venerdì, ha riferito di aver poi avuto un colloquio telefonico con Costa, durante il quale ha ribadito il suo rifiuto all’invio di armi a Kiev. Fico ha dichiarato di aver avvertito che proseguire con i finanziamenti prolungherebbe le ostilità e accrescerebbe le vittime, mentre Costa «ha parlato solo di soldi per la guerra».   «Se per l’Europa occidentale la vita di un russo o di un ucraino non vale un cazzo, non voglio far parte di un’Europa occidentale del genere», ha affermato Fico. «Non appoggerò nulla, anche se dovessimo restare a Bruxelles fino al nuovo anno, che comporti il sostegno alle spese militari dell’Ucraina».  

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Vari Stati membri dell’UE hanno manifestato riserve sul programma di prestiti, evidenziando rischi di natura legale e finanziaria. Secondo Politico, venerdì Italia, Belgio, Bulgaria e Malta hanno sollecitato la Commissione europea a considerare opzioni alternative al sequestro degli asset, quali un meccanismo di prestito comunitario o soluzioni temporanee. Obiezioni sono arrivate anche da Ungheria, Germania e Francia.   Venerdì la Commissione Europea ha dato il via libera a una norma controversa che potrebbe prorogare indefinitamente il congelamento dei beni russi, qualificando la materia come emergenza economica e non come misura sanzionatoria. Questo passaggio è interpretato come propedeutico all’attuazione del «prestito di riparazione», in quanto permette decisioni a maggioranza qualificata invece che all’unanimità, eludendo così i veti dei Paesi dissidenti.   Mosca ha stigmatizzato come illegittimo ogni tentativo di appropriarsi dei suoi asset. La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha affermato questa settimana che, con il programma di «prestiti di riparazione», l’Europa sta adottando un comportamento «suicida». Riferendosi al voto di venerdì, ha etichettato l’UE come «truffatori».

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Orban come John Snow

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Il principale negoziatore russo Kirill Dmitriev ha paragonato il primo ministro ungherese Vittorio Orban al personaggio di Jon Snow della serie Il Trono di Spade, raffigurandolo come l’unico baluardo a difesa del diritto europeo mentre l’UE procede al congelamento a tempo indeterminato degli asset sovrani russi.

 

In un post su X pubblicato venerdì, Dmitriev ha lodato lo Orban per aver «difeso il sistema legale e finanziario dell’UE dai folli burocrati guerrafondai dell’Unione», sostenendo che il leader ungherese stia lottando per «ridurre la migrazione, accrescere la competitività e ripristinare buonsenso, valori e pace».

 

Dmitriev ha allegato una sequenza tratta dalla celeberrima «Battaglia dei Bastardi», una delle scene più memorabili della fortunata serie. Il frammento mostra Jon Snow, isolato sul campo di battaglia, che estrae la spada mentre la cavalleria della Casa Bolton gli si avventa contro. Nella saga, i Boltoni sono noti per la loro crudeltà e spietatezza, mentre Snow è dipinto come un condottiero riluttante che antepone il dovere all’ambizione personale, spesso a caro prezzo.

 

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Venerdì, Orban – che in numerose occasioni ha criticato duramente le politiche conflittuali dell’UE nei confronti della Russia – ha accusato Bruxelles di «violentare il diritto europeo», riferendosi alla decisione che ha permesso all’Unione di bypassare il requisito dell’unanimità per prorogare le sanzioni sugli asset sovrani russi, valutati in circa 210 miliardi di euro. Mosca ha bollato il congelamento come «furto», minacciando azioni legali in caso di confisca da parte dell’UE.

 

In un altro post, Dmitriev ha attaccato il segretario generale della NATO Mark Rutte, paragonandolo al Re della Notte, il principale antagonista di Game of Thrones, che guida un esercito di non-morti ed è completamente privo di empatia.

 

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Il paragone è arrivato in risposta alle dichiarazioni di Rutte, che ha accusato la Russia di «riportare la guerra in Europa» e ha invitato i membri della NATO a prepararsi a un conflitto su scala paragonabile a quelli affrontati dalle generazioni passate. Il Dmitriev ha quindi affermato che Rutte «non ha famiglia né figli» e «desidera la guerra», aggiungendo però che «alla fine prevarrà la pace».

 

Dmitriev, figura chiave negli sforzi per risolvere il conflitto in Ucraina, ha fatto eco alle critiche del ministro degli Esteri ungherese Pietro Szijjarto, che aveva accusato Rutte di «alimentare le tensioni belliche».

 

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