Geopolitica
I vescovi dell’Africa occidentale contro un’azione militare dell’ECOWAS in Niger
La Riunione delle Conferenze Episcopali dell’Africa occidentale (RECOWA) della Chiesa cattolica, composta da cardinali, arcivescovi e vescovi dell’Africa occidentale, ha inviato una lettera dell’8 agosto contro l’intervento militare in Niger da parte dei Paesi ECOWAS.
La missiva dei prelati africani è indirizzata al presidente nigeriano Bola Tinubu e ad altri capi di Stato dell’ECOWAS, nonché alla giunta salita al potere in Niger.
«Noi, Cardinali, Arcivescovi e Vescovi della Riunione delle Conferenze Episcopali dell’Africa Occidentale, previa consultazione, siamo profondamente preoccupati per le tensioni sub-regionali legate alla situazione politica in Niger. Di fronte agli avvenimenti in atto nella nostra sub-regione, è nostro dovere morale, spirituale e pastorale rivolgere questa lettera di esortazione a tutti coloro che sono coinvolti, direttamente o indirettamente, nella gestione di questa crisi, invitando tutti alla moderazione, al discernimento e responsabilità. Sono in gioco le vite dei popoli dell’Africa occidentale».
I religiosi consigliano agli Stati ECOWAS (Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale) di non schierare forze militari in Niger per evitare di creare un’altra Libia, esortando, invece, alla moderazione e al discernimento.
«Il caso della Libia rimane un tragico esempio delle conseguenze disastrose sulla vita, sulla dignità e sul futuro delle popolazioni» scrivono i vescovi. «Non possiamo rimanere in silenzio di fronte a tali situazioni e dobbiamo trarre insegnamenti affinché tali eventi non si ripetano, soprattutto con il Niger come potenziale epicentro di una crisi simile».
La lettera, datata dell’8 agosto, tradotta in francese, inglese e portoghese e firmata dal presidente della conferenza episcopale monsignor Alexis Touabli Youlo, vescovo di Agboville (Costa d’Avorio), racconta della già difficile situazione in Africa occidentale dovuta al terrorismo islamista – che ora, aggiungiamo noi, può godere anche delle armi occidentali per l’Ucraina, come dichiarato dallo stesso presidente del Burkina Faso.
«Sono in gioco le vite dei popoli dell’Africa occidentale (…) Il terrorismo ha già un macabro tributo di vedove, orfani, sfollati, affamati, mutilati e così via. La gente non si aspetta che le istituzioni regionali, africane e di altro tipo si aggiungano a questo tributo».
La gerarchia cattolica africano-occidentale mette in guardia l’ECOWAS, l’Unione Africana e altre parti coinvolte nel conflitto in Niger rispetto al mettere gli interessi geopolitici e di altro tipo davanti alla vita delle persone in Africa occidentale.
«Mantenere come nostra visione centrale “l’integrità del popolo” e sottolineare il rispetto per la dignità umana e un alto senso di responsabilità nei confronti dell’umanità, della storia e di Dio creatore, affermiamo che nulla può giustificare la creazione o l’agevolazione di un ambiente distruttivo per il nostro popolo».
«Nessun interesse o progetto individuale, nazionale, regionale, geopolitico o confessionale dovrebbe avere la precedenza sulla conservazione della vita, della dignità umana e del benessere delle generazioni future in Africa occidentale e oltre».
«Noi, vostri pastori, siamo convinti, e la storia dei popoli ce lo insegna, che la violenza non risolve nessun problema, nemmeno quello che l’ha scatenata» tuonano i discendenti degli apostoli.
La maggior parte dei cattolici dell’Africa occidentale si trova in Nigeria: il 18% (44 milioni) dei nigeriani sono igbo, che sono quasi interamente cattolici. Le massime autorità islamiche in Nigeria avevano precedentemente messo in guardia contro un intervento militare in Niger in termini duri. La popolazione della Nigeria è per il 50% musulmana.
Speriamo che, a differenza di quanto avviene in Ucraina ai sacerdoti cattolici, gli appelli alla pace dei prelati africani non suscitino scandalo e repressione conseguente da parte dei poteri del secolo – nel silenzio assordante del Vaticano, che nemmeno osa difendere un suo presbitero che, a Uzhgorod, chiede al Signore la pace.
Come riportato da Renovatio 21, due giorni fa vi era stata voce di 25 mila soldati nigeriani pronti a colpire il Niger, che temendo l’invasione ha chiuso lo spazio aereo. La giunta nigerina avrebbe chiesto aiuto alla Wagner, scatenando un’immediata visita da parte del vicesegretario del Dipartimento di Stato Victoria Nuland – la donna che ha lavorato anni per incendiare l’Ucraina, e alla fine ce l’ha fatta.
Immagine dal sito Recowa.org
Geopolitica
Orban: il piano dell’UE per rubare i beni russi costituisce una «dichiarazione di guerra»
Qualsiasi tentativo da parte dell’Unione Europea di confiscare i fondi russi congelati senza l’approvazione di Budapest e in contrasto con il diritto europeo rappresenterebbe una «dichiarazione di guerra», ha dichiarato il primo ministro ungherese Viktor Orban.
La settimana scorsa, l’UE ha approvato il mantenimento a tempo indeterminato del congelamento dei beni della banca centrale russa, ricorrendo a poteri di emergenza per bypassare il requisito di unanimità, nonostante le opposizioni di alcuni Stati membri.
La Commissione Europea, guidata dalla presidente Ursula von der Leyen, intende impiegare i circa 210 miliardi di euro per finanziare un «prestito per riparazioni» destinato a Kiev, un’iniziativa contrastata da vari Paesi, inclusi Ungheria e Slovacchia. La Russia ha definito illegale il congelamento e ha qualificato come «furto» qualsiasi impiego dei fondi, minacciando ripercussioni economiche e legali.
In un post sui social media, Orban ha affermato sabato che i responsabili UE stanno tentando di appropriarsi dei beni russi congelati «aggirando l’Ungheria» e «violando il diritto europeo alla luce del sole», un’azione che, secondo lui, equivarrebbe a una «dichiarazione di guerra», accusando Bruxelles di protrarre il conflitto, precisando che l’Ungheria «non parteciperà» a quello che ha descritto come uno schema «contorto».
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«Non ho mai visto un sequestro di 200-300 miliardi di euro da parte di un Paese che non abbia provocato qualche tipo di reazione», ha aggiunto lo Orban.
Secondo il premier ungherese, «sono tre i tedeschi a comandare». Ha puntato il dito contro il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il capogruppo del Partito Popolare Europeo Manfred Weber e von der Leyen, rei di aver guidato l’UE «in un vicolo cieco» o «dritta contro un muro».
La proposta di voto avanzata da von der Leyen ha riqualificato la gestione dei beni russi congelati come emergenza economica anziché politica sanzionatoria, permettendo alla Commissione di applicare l’articolo 122 dei trattati UE per decidere a maggioranza qualificata invece che all’unanimità, eludendo così possibili veti.
Anche il Belgio, dove è custodita la maggior parte dei fondi, ha espresso riserve per i potenziali rischi legali e finanziari. Il congelamento indefinito è concepito in parte per esercitare pressione su Bruxelles e ottenere il suo appoggio al piano UE di utilizzo dei fondi russi.
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Immagine di Elekes Andor via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
Geopolitica
Trump annuncia attacchi terrestri in Venezuela «presto»
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Geopolitica
La Slovacchia «non sosterrà nulla» che contribuisca a prolungare il conflitto in Ucraina
Il primo ministro slovacco Robert Fico ha annunciato che la Slovacchia si opporrà a qualsiasi misura che permetta di impiegare i beni russi congelati per fornire armi all’Ucraina, mettendo in guardia sul fatto che ulteriori sostegni militari non farebbero che protrarre l’«insensata uccisione quotidiana di centinaia di migliaia di russi e ucraini».
In seguito all’escalation del conflitto nel 2022, gli alleati occidentali di Kiev hanno bloccato circa 300 miliardi di dollari di asset della banca centrale russa, in gran parte depositati nell’UE. Da quel momento è divampata una disputa tra i Paesi intenzionati a usare tali fondi come collaterale per un «prestito di riparazione» a favore di Kiev e quelli che si oppongono fermamente. La decisione finale spetterà ai membri dell’UE nel voto previsto per la prossima settimana.
Fico, da sempre critico del piano, ha illustrato la propria posizione in dettaglio in una lettera inviata all’inizio della settimana al Presidente del Consiglio europeo António Costa. In un post su X pubblicato venerdì, ha riferito di aver poi avuto un colloquio telefonico con Costa, durante il quale ha ribadito il suo rifiuto all’invio di armi a Kiev. Fico ha dichiarato di aver avvertito che proseguire con i finanziamenti prolungherebbe le ostilità e accrescerebbe le vittime, mentre Costa «ha parlato solo di soldi per la guerra».
«Se per l’Europa occidentale la vita di un russo o di un ucraino non vale un cazzo, non voglio far parte di un’Europa occidentale del genere», ha affermato Fico. «Non appoggerò nulla, anche se dovessimo restare a Bruxelles fino al nuovo anno, che comporti il sostegno alle spese militari dell’Ucraina».
Today I held an almost hour-long phone conversation with the President of the European Council, A. Costa. I fully respect him, but while he spoke about money for the war in Ukraine, I kept repeating the senseless daily killing of hundreds to thousands of Russians and Ukrainians.… pic.twitter.com/0f9JiitWjG
— Robert Fico 🇸🇰 (@RobertFicoSVK) December 12, 2025
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Vari Stati membri dell’UE hanno manifestato riserve sul programma di prestiti, evidenziando rischi di natura legale e finanziaria. Secondo Politico, venerdì Italia, Belgio, Bulgaria e Malta hanno sollecitato la Commissione europea a considerare opzioni alternative al sequestro degli asset, quali un meccanismo di prestito comunitario o soluzioni temporanee. Obiezioni sono arrivate anche da Ungheria, Germania e Francia.
Venerdì la Commissione Europea ha dato il via libera a una norma controversa che potrebbe prorogare indefinitamente il congelamento dei beni russi, qualificando la materia come emergenza economica e non come misura sanzionatoria. Questo passaggio è interpretato come propedeutico all’attuazione del «prestito di riparazione», in quanto permette decisioni a maggioranza qualificata invece che all’unanimità, eludendo così i veti dei Paesi dissidenti.
Mosca ha stigmatizzato come illegittimo ogni tentativo di appropriarsi dei suoi asset. La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha affermato questa settimana che, con il programma di «prestiti di riparazione», l’Europa sta adottando un comportamento «suicida». Riferendosi al voto di venerdì, ha etichettato l’UE come «truffatori».
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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
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