Geopolitica
«Non voglio fornire armi mortali all’Ucraina»: Robert Fico, candidato premier slovacco
«Non voglio fornire armi mortali all’Ucraina solo per il bene di una buona immagine tra i paesi occidentali», ha detto il candidato premier slovacco Robert Fico in una dichiarazione dalla sede del suo partito a Bratislava il 25 aprile.
Il partito di Fico, lo SMER – sociálna demokracia (Direzione – Socialdemocrazia) si candida alle elezioni nazionali ed è in testa ai sondaggi.
«Abbiamo il diritto di avere la nostra opinione» ha detto il candidato, che è già stato primo ministro del Paese dal 2006 al 2010 e dal 2012 al 2018. Fico avrebbe quindi già detto agli inviati dei principali Paesi membri della NATO che, se dovesse riprendere il potere, interromperebbe le consegne di armi della nazione all’Ucraina e metterebbe un freno ad alcuni piani per introdurre ulteriori sanzioni alla Russia.
Il potenziale ritorno di Fico è stato aiutato dalla divisione nazionale sull’operazione militare speciale della Russia in Ucraina. Fico ha criticato il governo e i suoi sostenitori filo-statunitensi anche per la gestione di una crisi del costo della vita.
Questa settimana, Fico ha incontrato gli ambasciatori di Stati Uniti, Regno Unito e UE per definire i suoi obiettivi di politica estera. Ha detto loro che se tornasse in carica, la Slovacchia non sosterrebbe la candidatura dell’Ucraina per l’adesione alla NATO perché questa «grande assurdità» provocherebbe un conflitto globale.
«Portare l’Ucraina nella NATO significherebbe l’inizio della Terza Guerra Mondiale ed è per questo che abbiamo un serio problema», ha insistito Fico. I colloqui di pace dovrebbero aver luogo ora prima che si perdano altre vite e anche perché l’Ucraina potrebbe fissare i vantaggi, ha affermato. «I colloqui di pace di domani potrebbero portare l’Ucraina a ottenere molto di più che in sei mesi».
Le parole di Fico non sono piaciute all’ambasciatore degli Stati Uniti in Slovacchia Gautam Rana. «Tali proposte provengono direttamente dalla bocca di Putin e non c’è nulla di neutrale in esse», ha detto poco diplomaticamente il Rana in una dichiarazione pubblicata sulla pagina Facebook dell’ambasciata dopo l’incontro.
«L’allineamento con Putin è una pacificazione, non diversa dalla pacificazione offerta a Hitler. Allora non ha funzionato con Hitler e non funzionerà oggi con Putin» ha continuato il diplomatico statunitense, servendosi dell’oramai stereotipica reductio ad Hitlerum, anzi, reductio ad Putlerum.
Il Fico pare non essere stato troppo turbato dal rimprovero americano, dicendo che era chiaro dall’incontro con gli inviati di questa settimana che le potenze occidentali vogliono continuare a sostenere l’Ucraina nella guerra e nelle consegne di armi, mentre insiste sulla pace.
«Non puoi rimproverare una Nazione per avere una certa opinione», ha detto il candidato primo ministro, respingendo l’idea che potrebbe essere isolato all’interno dell’UE insieme al primo ministro ungherese Viktor Orban.
«Non sono per Putin, sono per la pace», ha detto. «Spero che l’Occidente abbia abbastanza buon senso da non entrare in una guerra aperta con la Federazione Russa»
Come riportato da Renovatio 21, un mese fa Slovacchia e Polonia avevano inviato dei MiG-29 in Ucraina. A inizio conflitto il governo slovacco aveva mandato dei missili S-300 in Ucraina, prontamente sostituiti da missili Patriot forniti dagli USA.
Un anno fa Bratislava aveva inizialmente rifiutato di dover applicare un embargo sul petrolio russo.
Immagine di dominio pubblico CC0 via Flickr.
Geopolitica
Gli Stati Uniti sequestrano una petroliera al largo delle coste del Venezuela
Il procuratore generale statunitense Pam Bondi ha annunciato il sequestro di una petroliera sospettata di trasportare greggio proveniente dal Venezuela e dall’Iran.
L’operazione, condotta al largo delle coste venezuelane, si inserisce in un’escalation delle attività militari americane nella regione, unitamente a raid contro quelle che Washington qualifica come imbarcazioni legate ai cartelli della droga.
«Oggi, l’FBI, la Homeland Security Investigations e la Guardia costiera degli Stati Uniti, con il supporto del Dipartimento della Difesa, hanno eseguito un mandato di sequestro per una petroliera utilizzata per trasportare petrolio greggio proveniente dal Venezuela e dall’Iran», ha scritto Bondi su X mercoledì.
Ha precisato che la nave era stata sanzionata «a causa del suo coinvolgimento in una rete di trasporto illecito di petrolio a sostegno di organizzazioni terroristiche straniere».
Nel video diffuso da Bondi si vedono agenti delle forze dell’ordine, pesantemente armati, calarsi dall’elicottero sulla tolda della nave. Secondo il portale di tracciamento MarineTraffic e vari media, l’imbarcazione è stata identificata come «The Skipper», che batteva bandiera della Guyana. Fonti come ABC News riportano che la petroliera, con una capacità fino a 2 milioni di barili di greggio, era diretta a Cuba.
Today, the Federal Bureau of Investigation, Homeland Security Investigations, and the United States Coast Guard, with support from the Department of War, executed a seizure warrant for a crude oil tanker used to transport sanctioned oil from Venezuela and Iran. For multiple… pic.twitter.com/dNr0oAGl5x
— Attorney General Pamela Bondi (@AGPamBondi) December 10, 2025
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Gli Stati Uniti avevano sanzionato la The Skipper già nel 2022, accusandola di aver contrabbandato petrolio a beneficio del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica iraniana e del gruppo militante libanese Hezbollah.
Un gruppo di parlamentari statunitensi ha di recente sollecitato un’inchiesta sugli attacchi condotti su oltre 20 imbarcazioni da settembre, ipotizzando che possano configurare crimini di guerra.
Il senatore democratico Chris Coons, intervistato martedì su MSNBC, ha accusato Trump di «trascinarci come sonnambuli verso una guerra con il Venezuela». Ha argomentato che l’obiettivo reale del presidente sia l’accesso alle risorse petrolifere e minerarie del paese sudamericano.
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha rigettato le affermazioni di Trump sul presunto ruolo del suo governo nel narcotraffico, ammonendo Washington contro l’avvio di «una guerra folle».
Il Venezuela ha denunciato gli Stati Uniti per pirateria di Stato dopo che la Guardia costiera americana, coadiuvata da altre forze federali, ha abbordato e sequestrato una petroliera sanzionata nel Mar dei Caraibi.
Caracas ha reagito con durezza, definendo l’intervento «un furto manifesto e un atto di pirateria internazionale» finalizzato a sottrarre le risorse energetiche del Paese.
«L’obiettivo di Washington è sempre stato quello di mettere le mani sul nostro petrolio, nell’ambito di un piano deliberato di saccheggio delle nostre ricchezze», ha dichiarato il ministro degli Esteri Yvan Gil.
Il governo venezuelano ha condannato gli «arroganti abusi imperiali» degli Stati Uniti e ha giurato di difendere «con assoluta determinazione la sovranità, le risorse naturali e la dignità nazionale».
Da anni Caracas considera le sanzioni americane illegittime e contrarie al diritto internazionale. Il presidente Nicolas Maduro le ha definite parte del tentativo di Donald Trump di rovesciarlo e ha respinto come infondate le accuse di legami con i narcos, avvertendo che qualsiasi escalation militare condurrebbe a «una guerra folle».
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Immagine screenshot da Twitter
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Geopolitica
Putin: la Russia raggiungerà tutti i suoi obiettivi nel conflitto ucraino
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Geopolitica
Lavrov elogia la comprensione di Trump delle cause del conflitto in Ucraina
Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha dichiarato che il presidente statunitense Donald Trump rappresenta l’unico leader occidentale in grado di cogliere le vere motivazioni alla base del conflitto ucraino.
Parlando mercoledì al Consiglio della Federazione, la camera alta del parlamento russo, Lavrov ha spiegato che, mentre gli Stati Uniti manifestano una «crescente impazienza» verso il percorso diplomatico mirato a cessare le ostilità, Trump è tra i pochissimi esponenti occidentali a comprendere le dinamiche che hanno originato la crisi.
«Il presidente Trump… è l’unico tra tutti i leader occidentali che, subito dopo il suo arrivo alla Casa Bianca nel gennaio di quest’anno, ha iniziato a dimostrare di aver compreso le ragioni per cui la guerra in Ucraina era stata inevitabile», ha dichiarato.
Lavrov ha proseguito sottolineando che Trump possiede una «chiara comprensione» delle dinamiche che hanno forgiato le politiche ostili nei confronti della Russia da parte dell’Occidente e dell’ex presidente statunitense Joe Biden, strategie che, a suo dire, «erano state coltivate per molti anni».
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Il ministro ha indicato che «si sta avvicinando il culmine dell’intera saga» ucraina, affermando che Trump ha sostanzialmente ammesso che «le cause profonde identificate dalla Russia devono essere eliminate».
Il vertice della diplomazia russa ha menzionato in modo specifico le storiche riserve di Mosca sull’aspirazione ucraina all’adesione alla NATO e la persistente violazione dei diritti della popolazione locale.
Lavrov ha poi precisato che Trump resta «l’unico leader occidentale a cui stanno a cuore i diritti umani in questa situazione», contrapposto ai governi dell’UE che, secondo Mosca, evadono il tema. Ha svelato che la roadmap statunitense per un’intesa includeva esplicitamente la tutela dei diritti delle minoranze etniche e delle libertà religiose in Ucraina, «in linea con gli obblighi internazionali».
Tuttavia, sempre secondo Lavrov, tali clausole sono state indebolite nel momento in cui il documento è stato sottoposto all’UE: il testo è stato modificato per indicare che l’Ucraina dovrebbe attenersi agli standard «adottati nell’Unione Europea».
Da tempo Mosca denuncia la soppressione della lingua e della cultura russa da parte di Kiev, oltre ai sforzi per limitare i diritti delle altre minoranze nazionali, e al contempo accusa i leader ucraini di fomentare apertamente il neonazismo nel paese.
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Immagine dell’Ufficio stampa della Duma di Stato della Federazione Russa via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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