Spirito
Cuore di una religiosa trovato preservato dopo 160 anni
Deposto in un reliquiario nella chiesa di Saint-Polycarpe a Lione, ai piedi della collina di Fourvière, il cuore di Pauline Jaricot è rimasto – 161 anni dopo la sua morte – in uno stato di conservazione tale da incuriosire scienziati e media.
Quando morì, il 9 gennaio 1862, il suo cuore era stato immediatamente estratto dal suo corpo da un chirurgo, quindi sigillato in un reliquiario d’argento, senza subire alcun trattamento conservativo. Nel 2021 l’organo è stato ritrovato in ottimo stato di conservazione dopo l’apertura della teca.
Nel maggio 2022, la diocesi di Lione ha affidato l’organo a un team di ricercatori dell’Università di Paris-Saclay guidati da Philippe Charlier, medico legale, paleopatologo e direttore del Laboratorio di Antropologia, Archeologia, Biologia.
L’équipe di Philippe Charlier si è posta un duplice obiettivo: osservare le condizioni di conservazione del cuore e identificare una potenziale causa cardiaca che potrebbe spiegare la morte della pia lionese, all’età di 63 anni. Un approfondito esame macroscopico dell’organo, mediante imaging medico, ha inizialmente permesso di convalidarne la natura umana.
Quindi, è stato necessario esaminare l’organo rispettando la condizione della Chiesa per non alterarlo. Philippe Charlier ha utilizzato moderne tecniche molecolari, come la micro-tomografia e la paleoprototipazione che consente ricostruzioni 3D. Il team di ricerca multidisciplinare ha pubblicato i suoi risultati sulla rivista scientifica International Journal of Molecular Sciences, nel febbraio 2023.
Questo studio non è riuscito a spiegare scientificamente le cause della conservazione del cuore. Ma ha fatto un’altra scoperta paradossale. A vedere lo stato del suo cuore, Pauline Jaricot non sembra essere morta di malattie cardiache come pensavano i suoi biografi.
Pauline era in salute fragile, alternando fasi di grave malattia che la lasciavano più volte sull’orlo della morte, che era stata interpretata come insufficienza cardiaca. Cosa nega Philippe Charlier: «Non ci sono tracce, recenti o vecchie, di un infarto miocardico. Questo è un cuore sano e morfologicamente non c’è traccia di invecchiamento dell’organo».
Dal soldo di Pauline al rosario vivente
Pauline Jaricot nasce a Lione il 22 luglio 1799, ultima di sette figli, da una famiglia di lavoratori della seta di Lione, profondamente legati alla Chiesa. Decide di consacrare la sua vita al Signore, e fa voto di castità nella cappella della Vergine di Fourvière nel Natale del 1816, pur rimanendo laica.
Tra il 1819 e il 1820, con alcuni amici tra gli operai della fabbrica paterna o parenti, tutti accomunati dalla stessa vita di preghiera e di azioni caritative, immagina una colletta fatta di mano in mano, «il soldo Pauline» per raccogliere fondi per le missioni. Forma gruppi di dieci membri, dove ciascuno a sua volta costituisce un altro gruppo di dieci, dona un soldo alla settimana e prega quotidianamente per le missioni.
Questo sistema si diffonderà rapidamente in tutto il mondo e diventerà l’Associazione per la Propagazione della Fede, creata il 3 maggio 1822. Paolina è così l’ispiratrice della Propagazione della Fede, una delle quattro Pontificie Opere Missionarie, oggi presenti in 140 paesi.
In risposta alle esigenze spirituali del suo tempo, dopo aver creato la Propagazione della Fede, Pauline Jaricot ha capito che senza preghiera la Chiesa e la Missione non possono vivere. Nel 1826 istituì il Rosario Vivente: la recita del rosario era suddivisa tra gruppi di 15 persone.
Ogni persona si impegna a recitarne una decina al giorno meditando uno dei quindici misteri del rosario. Così ogni giorno il rosario viene recitato integralmente dal gruppo. Quando Pauline Jaricot morì nel 1862, c’erano 2.250.000 associati in Francia. Il Rosario vivente si diffonderà in tutto il mondo fino ad oggi.
Nel 1922 l’opera della Propagazione della Fede fu elevata da Pio XI al rango di opera pontificia e vide il trasferimento della sua sede a Roma. Nel 1926 rese omaggio al genio missionario di Pauline Jaricot e ne introdusse la causa di beatificazione.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
Immagine di Photo des Œuvres Pontificales Missionnaires de France via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0); immagine modificata.
Intelligenza Artificiale
Sacerdozio virtuale, errore reale
«Father Justin» è stato «ridotto allo stato laicale» pochi giorni dopo l’inizio del suo ministero. Non per una storia di abusi, perché «Father Justin» è l’avatar digitale dato a un algoritmo. La vicenda d’oltreoceano potrebbe sembrare aneddotica se non mostrasse, implicitamente, i limiti dell’uso dell’intelligenza artificiale (IA) negli ambiti della fede e della pastorale cristiana.
Catholic Answers è un’associazione dedicata alla difesa della fede cattolica, con sede a El Cajon, California. Gli apologeti che la gestiscono hanno subito capito il vantaggio di investire nell’universo digitale, utilizzando le inesauribili risorse dell’intelligenza artificiale.
È così che è stato sviluppato un algoritmo chiamato Father Justin, ornato da un’immagine generata al computer, che lo rappresenta come un prete barbuto che indossa una talare, in altre parole una sequenza matematica adatta a rispondere alle domande degli internauti sulla fede e sull’insegnamento della Chiesa.
Ma il prete virtuale – o meglio i suoi ideatori, l’IA non produce, in termini di qualità dell’informazione, nulla che non sia in linea con il suo database – non ha seguito un percorso teologico tradizionale: così, Father Justin non vede nessun problema nel battezzare con «Gatorade», una bevanda energetica, quando solo l’acqua costituisce la materia valida per questo sacramento.
Quando un utente chiede la forma del sacramento della penitenza, il robot propone online una formula per l’assoluzione dei peccati, che sarebbe totalmente invalida, poiché l’assoluzione richiede la presenza fisica di un sacerdote validamente ordinato e con giurisdizione per compiere questo atto.
Tuttavia, a una richiesta diretta di essere ascoltato in confessione e assolto, Father Justin spiega: «anche se vorrei aiutarti, non sono in grado di amministrare il sacramento della riconciliazione con questo mezzo. È un sacramento che richiede un incontro personale. Ti incoraggio a trovare una chiesa cattolica e a parlare con un prete».
Di fronte allo scalpore suscitato da questa vicenda, Catholic Answers ha fatto marcia indietro rivestendo il buon Father Justin da laico e promettendo di correggere il suo «chatbot» – il programma informatico che simula ed elabora una conversazione umana, permettendo di interagire con gli utenti – in un senso più coerente con la fede e la moralità cattolica.
Catholic Answers avrà presto un bot affidabile? Possiamo dubitarne, perché un progetto del genere pone un problema: immaginare che un «chatbot» possa svolgere a pieno titolo il ruolo di catechista o di missionario non rivela forse una profonda incomprensione del modo in cui si trasmette la fede?
Se l’Intelligenza Artificiale può rendere accessibile una quantità impressionante di informazioni in tempi record, la nozione di «chatbot» nasconde un’ambiguità: quella di far credere alle persone in una reale interazione personale.
Quando un fedele, o una persona che cerca la verità, si avvicina alla Chiesa, ha diritto di ascoltare delle risposte trasmesse in un vero spirito di fede teologale e di prudenza soprannaturale che supera le capacità numeriche di un algoritmo, anche il più elaborato.
Di fronte alle critiche, Catholic Answers si è difesa in modo poco convincente: «Comprendiamo che alcuni non si sentano a proprio agio con l’intelligenza artificiale. Ma dato che esiste, ci sforziamo di metterlo al servizio del Regno di Dio». Un modo per evitare la radice del problema.
Perché gli strumenti fabbricati dall’uomo hanno uno scopo solo nella misura in cui facilitano la vita veramente umana, permettendo così di risparmiare tempo, non per essere pigri, ma per esercitare le nostre facoltà di conoscenza e le nostre virtù, ed elevare la nostra umanità.
In questo contesto, vogliamo affidare le capacità umane, come la comprensione, il giudizio, le relazioni umane e l’autonomia d’azione, ai software di Intelligenza Artificiale senza conoscere il valore reale di questi sistemi che pretendono di essere intelligenti e cognitivi?
Questa è la sfida etica dei prossimi anni riguardo all’Intelligenza Artificiale, e di cui Father Justin, questa volta, ha pagato il prezzo.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Pensiero
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Geopolitica
La polifonia vaticana sulla guerra in Ucraina
Mentre il conflitto tra Ucraina e Russia entra nel suo terzo anno, nelle dichiarazioni ufficiali della Santa Sede sono emersi diversi punti di vista, sia da parte del Santo Padre che dei servizi diplomatici della Segreteria di Stato.
Sinfonia? Cacofonia? Dissonanza intenzionale? Che si sia entusiasti o meno dell’attuale pontificato, varia notevolmente l’apprezzamento delle differenze di tono che si osservano al di là del Tevere nella trattazione del conflitto russo-ucraino.
Da parte del Papa, Papa Francesco ripete da mesi costantemente i suoi appelli alla pace per la ragione che «la guerra è sempre una sconfitta» e che coloro che vincono sono i “fabbricanti di armi”. È una posizione che ha il merito di restare immutata.
In un’intervista alla televisione svizzera RTS del 2 febbraio 2024, andata in onda a marzo, il Papa ha invitato l’Ucraina ad avere «il coraggio di negoziare»: «credo che il più forte sia chi vede la situazione, chi pensa del popolo, che ha il coraggio della bandiera bianca, di negoziare», ha dichiarato, chiedendo che la mediazione venga effettuata da un paese che lo ha offerto, come la Turchia.
Sarà un negoziato necessario per evitare il «suicidio» del Paese. Il Papa ha poi risposto a una domanda sul tema del «bianco», parlando delle virtù del bianco ma anche della «bandiera bianca». Le sue dichiarazioni hanno innescato una crisi diplomatica tra Santa Sede e Ucraina, ma che avrebbero lo scopo di sottolineare la posizione pacifista di un Papa che mette la sacralità della vita al di sopra di ogni altra cosa.
Per il capo della diplomazia ucraina, a cui si uniscono le voci più critiche all’interno della Chiesa nei confronti dell’attuale Romano Pontefice, si tratterebbe di un atteggiamento che evoca la «neutralità osservata da Pio XII durante la Seconda Guerra Mondiale».
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Il Vaticano ha tentato di chiudere la polemica: «il Papa usa il termine bandiera bianca, e risponde riprendendo l’immagine proposta dall’intervistatore, per indicare una cessazione delle ostilità, una tregua raggiunta con il coraggio del negoziato», ha spiegato il direttore della Lo ha affermato la Sala Stampa della Santa Sede.
Il 24 aprile Francesco insisteva e affermava in una nuova intervista concessa al canale americano CBS: «cercate di negoziare. Cerca la pace. Una pace negoziata è meglio di una guerra senza fine», sottolinea il Sommo Pontefice, alludendo sia alla guerra in Ucraina che alla situazione a Gaza.
Da parte della Segreteria di Stato i toni non sono esattamente gli stessi. Dall’inizio del conflitto, la diplomazia vaticana non ha mai difeso una capitolazione dell’Ucraina. In più occasioni, i suoi due più alti funzionari, il cardinale Pietro Parolin e l’arcivescovo Paul Gallagher, hanno ammesso pubblicamente la legittimità di una guerra difensiva, inviando anche armi per realizzarla.
In una recente intervista con la rivista America del 25 marzo 2024, l’arcivescovo Gallagher ha affermato di ritenere che «la Russia non stabilisce le condizioni necessarie [per negoziare]. Le condizioni necessarie, che sono nelle mani della Russia, sono fermare gli attacchi, fermare i missili». Afferma anche della Santa Sede che «non sosteniamo che i confini dei paesi debbano essere modificati con la forza».
I gesuiti della Civiltà Cattolica – rivista influente in Italia, e teoricamente vidimata dalla Santa Sede prima della pubblicazione – hanno difeso una posizione diversa da quella di Papa Francesco e della Segreteria di Stato, sostenendo una futura controffensiva ucraina e un sostegno più forte dall’Europa e dalla NATO per l’Ucraina. Cosa si può dire di questo concerto a più voci?
Un funzionario vaticano, citato in condizione di anonimato da La Croix, riassume la situazione dipingendo un quadro sfumato della più antica diplomazia del mondo: «Siamo neutrali ma senza indifferenza etica. La storia è più complessa di un mondo in bianco e nero. Per noi Ucraina e Russia non sono due realtà sociopolitiche completamente separate…»
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di Catholic Church England and Wales via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
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