Spirito
Mons. Viganò, omelia per l’Epifania di Nostro Signore
Renovatio 21 pubblica questa omelia di Monsignor Carlo Maria Viganò
VIDIMUS STELLAM EJUS IN ORIENTE
Omelia dell’Arcivescovo Carlo Maria Viganò nell’Epifania di Nostro Signore Gesù Cristo
Et adorabunt eum omnes reges terræ;
omnes gentes servient ei.
Ps 71, 11
Sia lodato Gesù Cristo.
Questo giorno solenne è santificato da tre miracoli: l’adorazione dei Magi, la mutazione dell’acqua in vino alle nozze di Cana e il Battesimo di Cristo nel Giordano.
Questi segni prodigiosi ci mostrano la divinità di Nostro Signore e la Sua Signoria universale sul cosmo, sulla natura e su di noi. Non sono più soltanto i pastori ad essere chiamati dagli Angeli a riconoscere il Verbum caro factum, ma è l’intero genere umano, è tutto il creato che la voce di Dio stesso chiama ad adorarLo, ad ascoltarLo, ad obbedirGli.
Una Signoria che alcuni riconoscono con umile Fede e che altri rifiutano per orgoglio.
Nel Martirologio della Vigilia di Natale abbiamo sentito cantare l’annuncio della Nascita del Salvatore secundum carnem, collocata nella Storia con una molteplicità di riferimenti cronologici precisi e dettagliati. Quel Toto orbe in pace composito che il cantore pronuncia con solennità poco prima di elevare il tono della voce per scandire la realtà storica dell’evento salvifico del Natale di Cristo, rimanda al triplice trionfo di Augusto, autore e pacificatore dell’Impero.
Un trionfo umano e pagano, certamente; ma che doveva preparare il trionfo eterno del Rex pacificus, dell’Imperatore immortale, del Sole invitto. Per questo il 6 Gennaio, da festa civile istituita per celebrare la gloria umana di Roma, venne scelto dalla Chiesa per celebrare la gloria imperitura di Cristo Re dei re e Signore dei signori.
In quest’epoca di apostasia, segnata da guerre e da lacerazioni provocate dalla ribellione a Dio, è difficile comprendere come l’autorità terrena dell’Imperatore potesse costituire nel piano della Provvidenza il necessario presupposto alla venuta del Signore.
Ci sembra più «normale» – per così dire – la risposta feroce e spietata di Erode, che nel suo folle tentativo di uccidere il Re Bambino fece sterminare i bambini di Betlemme che pochi giorni fa abbiamo ricordato nella Liturgia. Vita e morte, pace e guerra, luce e tenebre, grazia e dannazione: abbiamo costantemente sotto gli occhi le due grandi alternative per noi stessi, per le nostre famiglie, per la società civile.
Ed è Cristo che Si pone come punto di riferimento, come pietra di inciampo, chiedendoci di compiere la nostra scelta morale, riconoscendoLo come nostra Vita, nostra Pace, nostra Luce, nostro tutto. Se così non fosse; se cioè rinunciassimo a compiere questa scelta, se volessimo dichiararci neutrali dinanzi alla battaglia che combattono le schiere angeliche contro le potenze infernali, compiremmo comunque una scelta da cui dipende la salvezza nostra e del mondo intero.
Lo vediamo oggi: chi non scende in campo sotto i vessilli di Cristo finisce inesorabilmente per essere alleato dei Suoi nemici, rimane a guardare gli innocenti uccisi da Erode, e davanti alla mangiatoia si rifiuta di adorare il Signore, in nome di un concetto pervertito di libertà e di laicità in cui i diritti sovrani di Dio sono negati o taciuti.
Eppure, proprio nel contemplare i misteri di questo giorno santissimo, la Chiesa ci mostra la necessità dell’Epifania, della manifestazione della divinità di Gesù Cristo; una necessità per la quale la Provvidenza non esita a muovere gli astri, se una stella può condurre dei sapienti pagani verso la luce della Grazia e la conversione al vero Dio.
Non bastava infatti l’adorazione semplice e fedele dei pastori, fatta di un’interiorità umile e povera: essa richiama l’atto di Fede del singolo, di ciascuno di noi, ma rimane incompleta per le sorti del mondo se non si accompagna all’adorazione pubblica e ufficiale di chi ricopre in terra l’autorità, dal momento che questa autorità è un riflesso dell’autorità di Dio, sommo Legislatore e Giudice. Come profetizza il Salmo: Et adorabunt eum omnes reges terræ; omnes gentes servient ei.
Stupisce, in qualche modo, che siano dei saggi provenienti dall’Oriente a rendere omaggio al Dio Bambino, mentre i rappresentanti dell’autorità imperiale sono assenti, così come non compaiono né il re di Israele né i Sommi Sacerdoti; i quali pure ebbero un ruolo determinante nel processare e condannare a morte il Signore. Presenti nel momento della morte, ma assenti nel momento della vita.
Perché non vediamo il Procuratore romano, Erode, Anna e Caifa, i funzionari del Sinedrio e gli scribi del popolo intorno alla mangiatoia, mentre contempliamo Gaspare, Melchiorre e Baldassarre inginocchiati dinanzi al Bambino intenti ad offrire i loro doni?
La risposta è evidente in tutta la sua semplicità. I pastori adorarono Cristo con il fiducioso abbandono del semplice, che nulla ha da offrire se non se stesso e le povere cose della vita quotidiana e del suo umile lavoro. I Magi adorarono Cristo grazie alla Sua manifestazione prodigiosa nel corso degli astri, e la loro sapienza umana, la loro capacità di scrutare nel cosmo li condusse al Sole intramontabile perché anch’essi, con umiltà, seppero riconoscere la nascita di Dio nel mondo. Entrambi furono illuminati dalla Grazia, i primi tramite l’annuncio dell’Angelo, i secondi tramite i segni del cielo.
Invece Erode e i Sommi Sacerdoti, che pure avrebbero dovuto conoscere benissimo le profezie messianiche custodite da Israele, non seppero vedere né credere, perché la loro prima preoccupazione era il potere.
Da un lato, il potere temporale, esercitato sotto la dominazione della Roma pagana e dimenticando che i Sovrani ebrei erano vicari dell’unico Re di Israele, il Signore Dio degli eserciti; dall’altro, il potere spirituale, esercitato in quella che oggi chiameremmo «autoreferenzialità», ossia per conservare se stesso e mantenere nell’ignoranza il popolo. Ce lo confermano gli aspri rimproveri ed i severi ammonimenti dei profeti, per bocca dei quali il Signore richiamava i Suoi sacerdoti ai loro doveri, mentre essi erano impegnati ad allungare i denti delle forchette con cui trattenevano parte delle carni sacrificali per sé stessi, o mentre lucravano sui traffici dei cambiavalute e dei mercanti introdotti nel Tempio.
Sordi alla Grazia! Sordo Erode, che avrebbe dovuto vedere nel piccolo Gesù il ratificatore della propria autorità; sordi i Sommi Sacerdoti, che in Lui avrebbero dovuto riconoscere il Messia promesso, il Desiderato di tutti i popoli. Entrambi, significativamente, avevano preferito sottomettersi all’invasore, piuttosto di inchinarsi a Colui che tiene nella Sua mano le sorti del mondo e del tempo. Non habemus regem nisi Cæsarem.
La situazione presente non è in questo molto diversa da allora. Anche oggi le autorità civili ed ecclesiastiche si rifiutano di adorare Gesù Cristo, o lo fanno solo a parole tramando per la Sua uccisione, nel timore di perdere il proprio potere. Anche oggi vediamo i semplici e i capi di Nazioni lontane riconoscere il Salvatore, e a Lui conformare la propria vita privata e pubblica, mentre i leader mondiali preferiscono riunirsi a Davos per la loro agenda globalista, e i Prelati della setta bergogliana pensano a nascondere i propri scandali, a propagandare la sinodalità e incoraggiare i vizi più innominabili. Entrambi si sostengono l’un l’altro, si riconoscono reciproca legittimità.
Entrambi considerano Gesù Cristo uno scomodo ostacolo al perseguimento dei loro piani di potere e di dominio. Eppure, come cantiamo nell’inno dell’Epifania, non eripit mortalia qui regna dat cœlestia. Non rapisce i regni terreni Colui che ci da quelli celesti.
Ma se da un lato i Magi, con il loro tributo di Fede hanno saputo adorare pubblicamente il Re dei re, non avendo nulla da temere per la propria autorità; dall’altro i governanti ribelli e indocili a Dio, non riconoscendo l’origine divina del potere che esercitano, si pongono contro la Sua Signoria e contro i propri sudditi, trasformando il saggio e giusto governo in strumento di odiosa tirannide. Contro costoro così si esprime il profeta Geremia:
«Poiché tra il mio popolo vi sono malvagi che spiano come cacciatori in agguato, pongono trappole per prendere uomini. Come una gabbia piena di uccelli, così le loro case sono piene di inganni; perciò diventano grandi e ricchi. Sono grassi e pingui, oltrepassano i limiti del male; non difendono la giustizia, non si curano della causa dell’orfano, non fanno giustizia ai poveri. Non dovrei forse punire queste colpe? Oracolo del Signore. Di un popolo come questo non dovrei vendicarmi? Cose spaventose e orribili avvengono nel paese. I profeti predicono in nome della menzogna e i sacerdoti governano al loro cenno; eppure il mio popolo è contento di questo. Che farete quando verrà la fine?»
Ascoltando queste parole della Sacra Scrittura, ci chiediamo se non siano rivolte ai potenti di questo mondo, ai membri dell’élite globalista e a coloro che li servono per pavidità, per interesse, per complicità cortigiana. E a quanti, costituiti in autorità nella Chiesa per pascere il gregge loro affidato dal Signore, abusano del proprio potere per governare al cenno dei profeti del Nuovo Ordine Mondiale, che profetizzano pandemie ed emergenze di cui sono spietati artefici.
Che farete quando verrà la fine?, chiede il Signore. Creerete nuove emergenze, nuove crisi, nuove pandemie, nuove guerre con cui tenere soggiogato il popolo?
Continuerete a sterminare bambini innocenti, a render sterili i padri e le madri, a defraudare l’operaio della mercede, a corrompere i giovani, a uccidere il malato e l’anziano perché considerati inutili per i vostri turpi interessi? Vi asserraglierete nelle vostre fortezze, sperando di sfuggire all’ira di Dio e al vostro giusto castigo?
Cosa farete voi, servi del Grande Reset, quando i vostri padroni dovranno fuggire nelle loro tane, nascondersi nelle viscere della terra?
Credete di potervi vendere a un nuovo padrone come avete fatto sinora?
Poveri, miserabili illusi. Il giorno tremendo del Signore verrà per tutti, ed anche per voi: prima con il Giudizio particolare, e poi con quello universale. Se la giustizia terrena assiste inerte ai vostri crimini perché vi è asservita, la Giustizia divina sarà inesorabile e terribile, perché non rimangano impunite le vostre pubbliche colpe contro la Maestà di Dio e contro l’uomo che Egli ha creato a Sua immagine e somiglianza, e che ha redento con il proprio Sangue.
E se le nostre povere forze non riescono a vincere le vostre congiure, sappiate che ciascuno di noi, ogni fedele della Santa Chiesa, ogni anima buona prega, digiuna e fa penitenza per invocare l’intervento del Signore, Re delle Nazioni, che voi vi rifiutate di riconoscere, adorare e servire.
Che farete quando verrà la fine?
Figli carissimi: in questo giorno dell’Epifania, in cui celebriamo la manifestazione pubblica della divina Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo e il pubblico tributo dei Re Magi alla Sua universale ed eterna Signoria, rinnoviamo anche noi la nostra offerta. Un’offerta povera e misera, perché viene da noi che nulla abbiamo se non quanto la Provvidenza ci ha concesso; un’offerta preziosa, se presentata dalla Nostra Signora, Maria Santissima, Regina Madre e nostra Avvocata presso il Trono del Figlio.
Un’offerta infinita, quando sale alla Maestà del Padre per le mani della Vittima pura e santa, il Sommo Sacerdote, l’Eterno Pontefice che rinnova il Sacrificio della Croce nel Santo Sacrificio della Messa.
Deponiamo ai piedi dell’Altare le nostre penitenze, perché diventino l’oro dei re; le nostre preghiere, perché salgano al cielo come l’incenso che i sacerdoti bruciano a Dio; i nostri digiuni, perché la Santa Messa li converta nella mirra del sacrificio. E chiediamo al Re Bambino di convertire coloro che costituiti in autorità nella società civile e nella Chiesa, si trovano oggi a dover scegliere se seguire la stella verso Betlemme per adorarLo, o ignorare la Sua Nascita per sottrarsi alla Sua volontà e muoverGli guerra.
E così sia.
+ Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
6 Gennaio 2023
Epifania di Nostro Signore Gesù Cristo
Immagine di Miguel Hermoso Cuesta via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)
Intelligenza Artificiale
Sacerdozio virtuale, errore reale
«Father Justin» è stato «ridotto allo stato laicale» pochi giorni dopo l’inizio del suo ministero. Non per una storia di abusi, perché «Father Justin» è l’avatar digitale dato a un algoritmo. La vicenda d’oltreoceano potrebbe sembrare aneddotica se non mostrasse, implicitamente, i limiti dell’uso dell’intelligenza artificiale (IA) negli ambiti della fede e della pastorale cristiana.
Catholic Answers è un’associazione dedicata alla difesa della fede cattolica, con sede a El Cajon, California. Gli apologeti che la gestiscono hanno subito capito il vantaggio di investire nell’universo digitale, utilizzando le inesauribili risorse dell’intelligenza artificiale.
È così che è stato sviluppato un algoritmo chiamato Father Justin, ornato da un’immagine generata al computer, che lo rappresenta come un prete barbuto che indossa una talare, in altre parole una sequenza matematica adatta a rispondere alle domande degli internauti sulla fede e sull’insegnamento della Chiesa.
Ma il prete virtuale – o meglio i suoi ideatori, l’IA non produce, in termini di qualità dell’informazione, nulla che non sia in linea con il suo database – non ha seguito un percorso teologico tradizionale: così, Father Justin non vede nessun problema nel battezzare con «Gatorade», una bevanda energetica, quando solo l’acqua costituisce la materia valida per questo sacramento.
Quando un utente chiede la forma del sacramento della penitenza, il robot propone online una formula per l’assoluzione dei peccati, che sarebbe totalmente invalida, poiché l’assoluzione richiede la presenza fisica di un sacerdote validamente ordinato e con giurisdizione per compiere questo atto.
Tuttavia, a una richiesta diretta di essere ascoltato in confessione e assolto, Father Justin spiega: «anche se vorrei aiutarti, non sono in grado di amministrare il sacramento della riconciliazione con questo mezzo. È un sacramento che richiede un incontro personale. Ti incoraggio a trovare una chiesa cattolica e a parlare con un prete».
Di fronte allo scalpore suscitato da questa vicenda, Catholic Answers ha fatto marcia indietro rivestendo il buon Father Justin da laico e promettendo di correggere il suo «chatbot» – il programma informatico che simula ed elabora una conversazione umana, permettendo di interagire con gli utenti – in un senso più coerente con la fede e la moralità cattolica.
Catholic Answers avrà presto un bot affidabile? Possiamo dubitarne, perché un progetto del genere pone un problema: immaginare che un «chatbot» possa svolgere a pieno titolo il ruolo di catechista o di missionario non rivela forse una profonda incomprensione del modo in cui si trasmette la fede?
Se l’Intelligenza Artificiale può rendere accessibile una quantità impressionante di informazioni in tempi record, la nozione di «chatbot» nasconde un’ambiguità: quella di far credere alle persone in una reale interazione personale.
Quando un fedele, o una persona che cerca la verità, si avvicina alla Chiesa, ha diritto di ascoltare delle risposte trasmesse in un vero spirito di fede teologale e di prudenza soprannaturale che supera le capacità numeriche di un algoritmo, anche il più elaborato.
Di fronte alle critiche, Catholic Answers si è difesa in modo poco convincente: «Comprendiamo che alcuni non si sentano a proprio agio con l’intelligenza artificiale. Ma dato che esiste, ci sforziamo di metterlo al servizio del Regno di Dio». Un modo per evitare la radice del problema.
Perché gli strumenti fabbricati dall’uomo hanno uno scopo solo nella misura in cui facilitano la vita veramente umana, permettendo così di risparmiare tempo, non per essere pigri, ma per esercitare le nostre facoltà di conoscenza e le nostre virtù, ed elevare la nostra umanità.
In questo contesto, vogliamo affidare le capacità umane, come la comprensione, il giudizio, le relazioni umane e l’autonomia d’azione, ai software di Intelligenza Artificiale senza conoscere il valore reale di questi sistemi che pretendono di essere intelligenti e cognitivi?
Questa è la sfida etica dei prossimi anni riguardo all’Intelligenza Artificiale, e di cui Father Justin, questa volta, ha pagato il prezzo.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Pensiero
Sterminio e «matrice satanica del piano globalista»: Mons. Viganò invita a «guardare oltre» la farsa psicopandemica
Sostieni Renovatio 21
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Aiuta Renovatio 21
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Geopolitica
La polifonia vaticana sulla guerra in Ucraina
Mentre il conflitto tra Ucraina e Russia entra nel suo terzo anno, nelle dichiarazioni ufficiali della Santa Sede sono emersi diversi punti di vista, sia da parte del Santo Padre che dei servizi diplomatici della Segreteria di Stato.
Sinfonia? Cacofonia? Dissonanza intenzionale? Che si sia entusiasti o meno dell’attuale pontificato, varia notevolmente l’apprezzamento delle differenze di tono che si osservano al di là del Tevere nella trattazione del conflitto russo-ucraino.
Da parte del Papa, Papa Francesco ripete da mesi costantemente i suoi appelli alla pace per la ragione che «la guerra è sempre una sconfitta» e che coloro che vincono sono i “fabbricanti di armi”. È una posizione che ha il merito di restare immutata.
In un’intervista alla televisione svizzera RTS del 2 febbraio 2024, andata in onda a marzo, il Papa ha invitato l’Ucraina ad avere «il coraggio di negoziare»: «credo che il più forte sia chi vede la situazione, chi pensa del popolo, che ha il coraggio della bandiera bianca, di negoziare», ha dichiarato, chiedendo che la mediazione venga effettuata da un paese che lo ha offerto, come la Turchia.
Sarà un negoziato necessario per evitare il «suicidio» del Paese. Il Papa ha poi risposto a una domanda sul tema del «bianco», parlando delle virtù del bianco ma anche della «bandiera bianca». Le sue dichiarazioni hanno innescato una crisi diplomatica tra Santa Sede e Ucraina, ma che avrebbero lo scopo di sottolineare la posizione pacifista di un Papa che mette la sacralità della vita al di sopra di ogni altra cosa.
Per il capo della diplomazia ucraina, a cui si uniscono le voci più critiche all’interno della Chiesa nei confronti dell’attuale Romano Pontefice, si tratterebbe di un atteggiamento che evoca la «neutralità osservata da Pio XII durante la Seconda Guerra Mondiale».
Sostieni Renovatio 21
Il Vaticano ha tentato di chiudere la polemica: «il Papa usa il termine bandiera bianca, e risponde riprendendo l’immagine proposta dall’intervistatore, per indicare una cessazione delle ostilità, una tregua raggiunta con il coraggio del negoziato», ha spiegato il direttore della Lo ha affermato la Sala Stampa della Santa Sede.
Il 24 aprile Francesco insisteva e affermava in una nuova intervista concessa al canale americano CBS: «cercate di negoziare. Cerca la pace. Una pace negoziata è meglio di una guerra senza fine», sottolinea il Sommo Pontefice, alludendo sia alla guerra in Ucraina che alla situazione a Gaza.
Da parte della Segreteria di Stato i toni non sono esattamente gli stessi. Dall’inizio del conflitto, la diplomazia vaticana non ha mai difeso una capitolazione dell’Ucraina. In più occasioni, i suoi due più alti funzionari, il cardinale Pietro Parolin e l’arcivescovo Paul Gallagher, hanno ammesso pubblicamente la legittimità di una guerra difensiva, inviando anche armi per realizzarla.
In una recente intervista con la rivista America del 25 marzo 2024, l’arcivescovo Gallagher ha affermato di ritenere che «la Russia non stabilisce le condizioni necessarie [per negoziare]. Le condizioni necessarie, che sono nelle mani della Russia, sono fermare gli attacchi, fermare i missili». Afferma anche della Santa Sede che «non sosteniamo che i confini dei paesi debbano essere modificati con la forza».
I gesuiti della Civiltà Cattolica – rivista influente in Italia, e teoricamente vidimata dalla Santa Sede prima della pubblicazione – hanno difeso una posizione diversa da quella di Papa Francesco e della Segreteria di Stato, sostenendo una futura controffensiva ucraina e un sostegno più forte dall’Europa e dalla NATO per l’Ucraina. Cosa si può dire di questo concerto a più voci?
Un funzionario vaticano, citato in condizione di anonimato da La Croix, riassume la situazione dipingendo un quadro sfumato della più antica diplomazia del mondo: «Siamo neutrali ma senza indifferenza etica. La storia è più complessa di un mondo in bianco e nero. Per noi Ucraina e Russia non sono due realtà sociopolitiche completamente separate…»
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine di Catholic Church England and Wales via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
-
Bioetica2 settimane fa
Medico argentino incarcerato per essersi rifiutato di praticare un aborto
-
Salute2 settimane fa
I malori della 18ª settimana 2024
-
Spirito2 settimane fa
Stati Uniti, un disegno di legge dichiara antisemita il Nuovo Testamento
-
Reazioni avverse1 settimana fa
Psicosi dopo il vaccino COVID: le rivelazioni di una revisione sistematica degli studi
-
Cancro1 settimana fa
Finestra di Overton mRNA e turbocancro: il pubblico è pronto per la verità sui vaccini COVID?
-
Geopolitica2 settimane fa
Macron dice che con l’Ucraina sconfitta i missili russi minacceranno la Francia. Crosetto parla di «spiralizzazione del conflitto»
-
Pensiero2 settimane fa
Verso il liberalismo omotransumanista. Tucker Carlson intervista Dugin
-
Comunicati6 giorni fa
L’idra dalle cinquecento teste. Elogio dei refusi di Renovatio 21