Connettiti con Renovato 21

Pensiero

Mons. Viganò: il Natale del Re Bambino e la sua Signoria sulla Chiesa e sulle Nazioni

Pubblicato

il

Renovatio 21 pubblica questo testo di Monsignor Carlo Maria Viganò.

 

 

 

 

 

DESIDERATUS CUNCTIS GENTIBUS

L’Incarnazione del Verbo di Dio inaugura la Signoria di Cristo sulla Chiesa e sulle Nazioni. 

 

Discite justitiam moniti, et non temnere divos.

Venditit hic auro patriam, dominumque potentem 

imposuit, fixit leges pretio atque refixit;

hic thalamum invasit natæ vetitosque hymenæos;

ausi omnes immane nefas ausoque potiti.

 

Æn., VI, 620-624

 

I. Premessa

La dottrina della Regalità di Cristo costituisce un discrimen tra la Chiesa Cattolica e la «chiesa conciliare», anzi esso è il punto di separazione tra ortodossia cattolica e eterodossia neomodernista, perché i seguaci del laicismo e del secolarismo liberale non possono accettare che la Signoria di Nostro Signore si estenda alla sfera civile sottraendola all’arbitrio dei potenti o alla volontà della massa manipolabile.

 

Eppure, l’idea stessa che l’autorità abbia il proprio fondamento in un principio trascendente non è nata con il Cristianesimo, ma fa parte della nostra eredità greco-romana.

 

La stessa parola greca ἱεραρχία indica la «amministrazione delle cose sacre» da un lato, ma anche il «sacro potere» dell’autorità, dove gli impegni connessi ad essa costituiscono significativamente una λειτουργία, un ufficio pubblico di cui si fa carico lo Stato.

 

Similmente, la negazione di questo principio è appannaggio del pensiero ereticale e dell’ideologia massonica. La laicità dello Stato costituisce la principale rivendicazione della Rivoluzione Francese a cui il Protestantesimo ha fornito le basi teologiche, mutatesi poi in errore filosofico con il liberalismo e con il materialismo ateo. 

 

Questa visione di un tutto coerente e armonioso che attraversa lo scorrere del tempo e valica i confini dello spazio, conducendo l’umanità alla pienezza della Rivelazione di Cristo fu propria di quella Civiltà che oggi si vuole rimossa e cancellata in nome di una distopia che è disumana perché intrinsecamente empia, in quanto originata dall’inestinguibile odio dell’Avversario, eternamente privato del sommo Bene a causa del proprio orgoglio e della ribellione alla Volontà di Dio. 

 

Non stupisce che i nostri contemporanei non riescano a comprendere le ragioni della crisi presente: essi si sono lasciati defraudare del patrimonio di saggezza e memoria costituitosi nel corso della Storia grazie all’intervento pedagogico della Provvidenza, che ha inscritto nel cuore di ogni uomo i principi eterni che devono orientare ogni aspetto della loro vita

 

Questa mirabile παιδεία ha consentito che popoli lontani da Dio e immersi nelle tenebre del paganesimo potessero purtuttavia predisporsi con mezzi naturali all’irrompere della dimensione soprannaturale nella Storia, all’avvento di Cristo, nel Quale tutto si ricapitola e si mostra come parte del κόσμος divino

 

Quando Augusto ordinò la pubblicazione dell’Eneide – che Virgilio aveva disposto nel proprio testamento di distruggere, considerandola incompleta – era da poco iniziata la pax romana in tutto l’Impero; una pax concessa al mondo per accogliere l’Incarnazione del Figlio di Dio e strappare l’umanità alla schiavitù di Satana.

 

Di quella pace solenne e sacra echeggiano ancor oggi le grandiose parole del Martirologio Romano, che ascolteremo ancora una volta la mattina della Vigilia di Natale: 

 

Ab urbe Roma condita anno septingentesimo quinquagesimo secundo, anno imperii Octaviani Augusti quadragesimo secundo, toto orbe in pace composito… Jesus Christus aeternus Deus aeternique patris Filius, mundum volens adventu suo piissimo consecrare, de Spiritu Sancto conceptus, …in Betlhem Judæ nascitur ex Maria Virgine factus homo.

 

Solo quarant’anni prima della Nascita del Salvatore, Virgilio ebbe modo di frequentare i figli di Erode venuti a studiare a Roma: fu da loro che egli conobbe le profezie messianiche dell’Antico Testamento e l’annuncio dell’imminente nascita del Puer cantato nella Egloga IV: 

 

Jam redit et Virgo, redeunt Saturna regna,

jam nova progenies cœlo demittitur alto. 

Tu modo nascenti Puero, quo ferrea primum

desinet, ac toto surget gens aurea mundo,

casta fave Lucina: tuus jam regnat Apollo. (1)

 

e che Dante fa ricordare a Stazio nel Purgatorio (XXII, 70-72): 

 

Secol si rinova;

torna giustizia e primo tempo umano,

e progenie scende da ciel nova.

 

In questa attesa trepidante dell’avvento di Cristo, Augusto salva dalla distruzione il poema virgiliano, scorgendo in esso quell’anelito ad un mondo in cui viga la pace, dopo un secolo di guerre civili. Egli vide in Enea il modello di chi si riconosce pius in quanto rispettoso del volere divino e dei vincoli che ne derivano verso la Patria e la famiglia, inserito dalla Provvidenza nelle vicende contingenti della Storia, partecipe della volontà di Dio fissata nell’eternità. 

 

Possiamo facilmente comprendere per quale motivo l’anima di una persona retta e onesta, ancorché privata della Fede, potesse sentirsi mossa a un nobile destino, dinanzi al quale tacciono gli dei falsi e menzogneri, rimane muta la Sibilla e si ritira l’Oracolo dell’Aracœli.

 

Scorgiamo allora nel fatofas in latino – il richiamo al verbo fari, che significa «parlare» e rimanda al Verbo di Dio, alla Parola eterna pronunciata dal Padre. Il Cristiano rimane ammirato da tanta paterna bontà, da questa mano provvidente che accompagna l’umanità che vaga nelle tenebre verso la Luce di Cristo, Redentore del genere umano. 

 

Vi è, in questa visione della Storia e dell’intervento di Dio in essa, qualcosa di ineffabile che commuove e sprona al Bene, che risveglia negli animi la speranza di atti eroici, di ideali per cui combattere e dare la vita. 

 

Fu su questa perfetta composizione di temporale ed eterno, di natura e Grazia, che il mondo poté accogliere e riconoscere il Messia promesso, il Principe della pace, il Rex pacificus vincitore del peccato e della morte, il Desideratus cunctis gentibus.

 

Dal Cenacolo alle catacombe, dalle comunità dei primi Cristiani alle basiliche romane convertite al culto del vero Dio, si leva la preghiera che il Signore insegnò agli Apostoli: adveniat regnum tuum, fiat voluntas tua sicut in cœlo et in terra.

 

Così un Impero pagano divenne culla della Cristianità, e con le proprie leggi e la propria influenza civile e sociale rese possibile la diffusione del Vangelo e la conversione delle anime a Cristo.

 

Anime semplici, certamente; ma anche anime di persone erudite, di nobili romani, di funzionari imperiali, di diplomatici e intellettuali, che riuscivano a vedersi – come il pius Æneas – coinvolti in un piano provvidenziale, chiamati a dare un senso a quelle virtù civiche, a quell’anelito alla giustizia e alla pace che senza la Redenzione sarebbe rimasto incompleto e sterile. 

 

 

II. Il ruolo «provvidenziale» dello Stato

L’economia della Salvezza, in questa visione «medievale» e cristiana degli eventi, riconosce ai singoli individui il privilegio di essere essi stessi parte di questo grande piano della divina Provvidenza: una actuosa participatio – mi si perdoni il prestito di una locuzione cara ai Novatori – dell’uomo all’intervento di Dio nella Storia, in cui la libertà di ciascuno si trova dinanzi alla scelta morale, e quindi determinante per il suo destino eterno, tra Bene e Male, tra il conformarsi alla volontà di Dio – fiat voluntas tua – e il seguire la propria – non serviam – disobbedendoGli. 

 

Tuttavia, proprio nell’adesione dei singoli all’azione della Provvidenza, comprendiamo come la società terrena, che da questi individui è composta, assuma a sua volta un ruolo nel piano di Dio, consentendo che le azioni dei suoi membri siano indirizzate con maggiore efficacia dall’autorità dei governanti verso il bonum commune che li unisce nel perseguimento del medesimo fine. 

 

Lo Stato, come società perfetta – ossia che possiede in sé tutti i mezzi necessari al perseguimento del quid unum perficiendum – riveste quindi una funzione propria, principalmente ordinata al bene dei cittadini, alla tutela dei loro legittimi interessi, alla protezione della Patria dai nemici esterni e interni, al mantenimento dell’ordine sociale.

 

Va da sé che, facendo esperienza dei tentativi e dei fallimenti di chi ci ha preceduto – secondo la visione eminentemente cristiana di Giambattista Vico – i popoli civilizzati abbiano saputo cogliere l’importanza dello studio della Storia, consentendo un reale progresso e riconoscendo la validità del pensiero aristotelico-tomista proprio perché sviluppatosi sulla base della conoscenza della realtà e non sulla creazione di teorie filosofiche astratte. 

 

Troviamo questa visione di buon governo emblematicamente rappresentata negli affreschi di Ambrogio Lorenzetti del Palazzo Pubblico di Siena, a conferma della profonda religiosità della società medievale; una religiosità dell’istituzione, certo, ma che era condivisa e fatta propria da coloro che, rivestiti di funzioni pubbliche, consideravano il proprio ruolo come espressione coerente con l’ordine divino – il κόσμος, appunto – impresso dal Creatore al corpo sociale. 

 

Di questo ruolo storico dell’Impero Romano abbiamo un esempio nell’Eneide (VI, 850-853): 

 

Tu regere imperio populos Romane memento 

hæ tibi erunt artes, pacisque imponere morem, 

parcere subjectis et debellare superbos.

 

Fu la consapevolezza di questa missione provvidenziale che rese grande Roma; fu il tradimento di questo compito a causa della corruzione dei costumi a decretarne la caduta.

 

 

III. Il concetto di laicità e la secolarizzazione del potere

Né sarebbe stato possibile altrimenti, dal momento che il concetto di «laicità dello Stato» era del tutto impensabile tanto per i governanti quanto per i sudditi delle Nazioni occidentali di qualsiasi epoca precedente la Pseudoriforma protestante.

 

Solo a partire dal tardo Rinascimento la teorizzazione dell’ateismo consentì di formulare un pensiero filosofico che sottraesse il singolo individuo al dovere di riconoscere e rendere culto pubblico alla divinità; e fu con l’Illuminismo che i principi massonici conobbero una diffusione tramite la secolarizzazione forzata della società civile successiva alla Rivoluzione Francese, al rovesciamento delle Monarchie di diritto divino e alla feroce persecuzione contro la Chiesa Cattolica. 

 

Oggi il mondo contemporaneo considera un merito rivendicare la propria laicità, mentre nel mondo greco-romano la ribellione agli dei era considerata marchio di empietà e segno di rivolta verso lo Stato, la cui autorità era espressione di un potere sancito e ratificato dall’alto.

 

Discite justitiam moniti, et non temnere divos, ammonisce Flegias, precipitato nel Tartaro e condannato a gridare senza tregua questo avvertimento (Æn., VI, 620). La cultura classica che abbiamo ereditato quale premessa naturale alla diffusione del Cristianesimo, e che il Medioevo riconobbe e valorizzò, si basa quindi sul dovere di non spregiar gli dei, mostrando come l’assenza di religio sia causa della rovina della Nazione, dal tradimento della Patria all’instaurazione della tirannide, dal promulgare o abolire le leggi per interesse economico al violare i più sacri precetti del vivere civile. (2)

 

A dimostrazione di quanto fossero fondati questi timori, possiamo contemplare le macerie della società contemporanea, capace di legittimare orrori inauditi quali l’uccisione degli innocenti nel ventre materno, la corruzione dei bambini con la teoria gender e la sessualizzazione dell’infanzia, il loro utilizzo negli infernali rituali della lobby pedofila, i cui infami componenti ricoprono ruoli di potere e che nessuno, sinora, osa processare e condannare.

 

Il mondo contemporaneo è governato da una setta di servi del demonio, votati al male e alla morte: chiudere gli occhi dinanzi a simili mostruosità rende quanti tacciono colpevolmente complici di quegli orrendi crimini che gridano vendetta al cospetto di Dio.

 

 

IV. La sacralità dell’autorità

Fino alla Rivoluzione Francese i governanti trovavano la propria legittimazione nell’esercizio dell’autorità in nome di Dio, e con essa i governati vedevano tutelati i propri diritti contro gli abusi del potere, dal momento che tutto il corpo sociale era gerarchicamente ordinato sotto la suprema potestà dell’unico Signore, riconosciuto come Rex tremendæ majestatis proprio perché Giudice anche dei Re e dei Principi, dei Papi e dei Prelati. Corone, tiare e mitrie costellano le raffigurazioni dell’inferno nei Giudizi Universali delle nostre chiese. 

 

Questa sacralità dell’autorità non è un concetto aggiunto successivamente ad un potere nato originariamente come neutrale. Al contrario, ogni potestà si è sempre riferita alla divinità, tanto in Israele quanto nelle nazioni pagane, per poi acquisire nel mondo occidentale la pienezza dell’investitura soprannaturale con l’avvento del Cristianesimo e il suo riconoscimento come Religione di Stato ad opera dell’Imperatore Teodosio.

 

Così l’Imperatore d’Oriente era Cæsar in una Corte che a Bisanzio parlava in latino; lo Czar delle Russie e quello dei Bulgari erano parimenti Cesari, per poi giungere al Sacro Romano Impero, il cui ultimo Sovrano, il Beato Carlo d’Asburgo, venne spodestato dalla Massoneria con la Prima Guerra Mondiale. 

 

L’educazione dei futuri sovrani, della nobiltà e del Clero era tenuta nella massima considerazione, e non si limitava a fornire un’istruzione intellettuale e pratica, ma prevedeva necessariamente una specifica formazione morale e spirituale che assicurasse solidi principi, abitudine alla disciplina, capacità di dominare le proprie passioni, pratica delle virtù di governo.

 

Un intero sistema sociale rendeva chi esercitava l’autorità consapevole della propria responsabilità dinanzi a Cristo Re, unico detentore della Signoria temporale e spirituale che i Suoi Ministri in terra dovevano esercitare in forma rigorosamente vicaria.

 

Per questo motivo, come avvenne ad esempio nel caso di Federico II di Svevia, la superiorità dell’Autorità spirituale della Chiesa su quella temporale dei Sovrani consentiva al Romano Pontefice di sciogliere dal vincolo di obbedienza i sudditi di un Re che abusasse del proprio potere. 

 

V. La secolarizzazione estesa a qualsiasi autorità

Alla secolarizzazione dell’autorità civile ha fatto più recentemente seguito quella dell’autorità religiosa, che con il Concilio Vaticano II è stata significativamente spogliata – non solo esteriormente – della propria sacralità a beneficio di una visione profana (e rivoluzionaria) in cui il potere ecclesiastico proviene dal basso, in forza del solo Battesimo, e viene delegato dal «popolo sacerdotale» ai suoi rappresentati, ai quali sono conferiti compiti di presidenza, al pari di quanto avviene nelle sette calviniste. 

 

Il paradosso è qui ancor più evidente, perché porta all’interno della Chiesa – snaturandola – le dinamiche tollerabili in una società civile che non riconosce diritti alla vera Religione, finendo al contempo per legittimarle col farle proprie.

 

In quest’ottica, le gravissime deviazioni oggi propagandate dal Sinodo sulla Sinodalità in chiave democratica e parlamentarista non sono che la messa in pratica dei principi teorizzati dal Concilio, per il quale la laicità – ossia la rottura del legame tra l’autorità terrena e la sua legittimazione soprannaturale – avrebbe dovuto estendersi a qualsiasi società umana, escludendo parimenti qualsiasi tentazione «teocratica» come obsoleta e inopportuna. 

 

A questo processo, inevitabilmente, non fu estranea alcuna autorità, da quella del paterfamilias a quella del maestro, da quella del magistrato a quella dell’ufficiale: il dovere di chi vi era sottoposto di obbedirvi e di chi la esercitava di amministrarla con saggezza e prudenza richiamavano la divina paternità di Dio e come tali dovevano essere delegittimati, poiché la ribellione è anzitutto contro l’autorità di Dio Padre.

 

Il Sessantotto non fu che una propaggine della Rivoluzione, in cui ciò che per utilitarismo o convenienza il liberalismo aveva conservato per garantirsi un minimo di ordine sociale venne infine demolito, portando le Nazioni occidentali all’anarchia. 

 

 

VI. L’azione eversiva delle società segrete

La setta infame, consapevole della potenza dell’alleanza tra Trono e Altare, tramò nell’ombra per corrompere i governanti e attirare la nobiltà nei propri ranghi, iniziando dalla dinastia capetingia.

 

In realtà, già nei Principati tedeschi con l’eresia protestante e poi nell’Inghilterra di Enrico VIII con lo scisma anglicano erano attive conventicole di iniziati di matrice gnostica avversi al Papato e ai legittimi Sovrani ad esso fedeli.

 

È comunque certo e documentato che la Rivoluzione costituì lo strumento principale con cui le società segrete colpirono le Nazioni cattoliche per strapparle alla Fede ed asservirle ai propri scopi ideologici ed economici, e ovunque la Massoneria riuscì ad agire ricorse sempre agli stessi strumenti e alla stessa propaganda, per ottenere la secolarizzazione delle Istituzioni pubbliche, la cancellazione della Religione di Stato, l’abolizione dei privilegi ecclesiastici e dell’insegnamento cattolico, la legittimazione del divorzio, la depenalizzazione dell’adulterio, la diffusione della pornografia e delle altre forme di vizio.

 

Perché quel mondo cristiano in ogni aspetto del vivere quotidiano doveva essere cancellato e sostituito da una società empia, irreligiosa, dedita all’appagamento dei piaceri più bassi, irridente verso la virtù, l’onestà, la rettitudine: sono le «conquiste» dell’ideologia liberale, ciò che l’anticlericalismo più abbietto considera «progresso» e «libertà».

 

Le innumerevoli condanne del Magistero nei confronti delle sette segrete erano ampiamente giustificate dalla minaccia che incombeva sulla pace delle Nazioni e sulla salvezza eterna delle anime. Finché la Chiesa ebbe nell’autorità civile un valido alleato, l’azione della Massoneria procedette a rilento e fu costretta a dissimulare i propri intenti criminali. 

 

Fu solo con la corruzione dell’autorità ecclesiastica, perseguita con paziente opera di infiltrazione e portata a compimento dalla fine dell’Ottocento grazie al Modernismo, che la Massoneria poté contare sulla complicità di chierici ribelli e fornicatori, traviati nell’intelletto e nella volontà, e perciò facilmente asservibili e ricattabili.

 

Le loro carriere nei ranghi della Chiesa, fermate dalla lungimirante vigilanza di San Pio X, ripresero tranquillamente negli ultimi anni del Pontificato di Pio XII allora infermo, e conobbero una spinta sotto Giovanni XXIII, probabilmente membro egli stesso di una Loggia ecclesiastica. Ancora una volta vediamo come la corruzione dei singoli sia strumentale alla dissoluzione dell’istituzione cui essi appartengono. 

 

 

VII. La Rivoluzione in campo civile, sociale ed economico

La Rivoluzione iniziata in Francia nel 1789 ebbe le medesime modalità di attuazione: prima la corruzione dell’aristocrazia e del Clero; poi l’azione delle società segrete infiltrate ovunque; quindi la propaganda mediatica contro la Monarchia e la Chiesa, e parallelamente l’organizzazione e il finanziamento di moti e proteste di piazza per aizzare il popolo, impoverito e oberato di tasse a causa delle speculazioni dell’alta finanza internazionale e della inadeguatezza della risposta dello Stato alle mutazioni del sistema economico europeo.

 

Anche in quel caso la leva principale che consentì alla teoria eversiva della Massoneria di tradursi in vera e propria rivoluzione fu rappresentato dalla classe che maggiormente aveva interesse ad appropriarsi dei beni dei nobili e della Chiesa, non solo per mettere in vendita un patrimonio inestimabile di immobili, arredi e opere d’arte, ma anche per trasformare radicalmente il tessuto socioeconomico tradizionale, ad iniziare dallo sfruttamento dei latifondi, sino ad allora lasciati per lo più produrre secondo ritmi naturali e sistemi arcaici.

 

Infatti, dopo la Rivoluzione Francese, abbiamo avuto la Prima Rivoluzione Industriale, che con l’invenzione del motore a vapore e la meccanizzazione della produzione ha imposto le migrazioni di massa dei braccianti e dei contadini dai campi alle metropoli per convertirli in manodopera a basso costo, dopo averli privati della possibilità di avere mezzi di sostentamento autonomi e indotti alla miseria con nuove tasse e imposte.

 

Tutto l’Ottocento è una conferma che la matrice ideologica della Rivoluzione si fonda su un’eresia dottrinale intrinsecamente legata al profitto economico e al dominio finanziario. 

 

La Seconda Rivoluzione Industriale ebbe luogo nel periodo compreso tra il Congresso di Parigi (1856) e quello di Berlino (1878), coinvolgendo principalmente l’Europa, gli Stati Uniti e il Giappone in nuovi, forzati progressi tecnologici quali l’elettricità e la produzione di massa; la Terza iniziò negli anni Cinquanta e si estese a Cina e India, e riguardò principalmente l’innovazione tecnologica, informatica e telematica, per poi allargarsi alla new economy, alla green economy, al controllo delle informazioni.

 

Ciò avrebbe dovuto creare un clima culturale di fiducia neopositivista nelle possibilità della scienza e della tecnica di provvedere al benessere materiale dell’umanità; l’azione di manipolazione delle masse diede ampio spazio all’immaginazione di ciò che la società sarebbe potuta diventare, suggestionandola con il tema cinematografico della fantascienza. 

 

Con l’anno 2011 inizia infine la Quarta Rivoluzione Industriale, che consiste nella crescente compenetrazione tra mondo fisico, digitale e biologico. È una somma dei progressi in intelligenza artificiale (IA), robotica, Internet delle Cose (IoT), stampa 3D, ingegneria genetica, computer quantistici ed altre tecnologie.

 

Teorizzatore di questo processo distopico è il famigerato Klaus Schwab, fondatore e direttore esecutivo del World Economic Forum.

 

 

VIII. La secolarizzazione dell’autorità premessa del totalitarismo

Separare artificialmente l’armonia e la complementarietà gerarchica tra autorità spirituale e autorità temporale fu un’operazione sciagurata che creò la premessa, ogniqualvolta venne realizzata, alla tirannide o all’anarchia.

 

Il motivo è sin troppo evidente: Cristo è Re tanto della Chiesa quanto delle Nazioni, perché ogni autorità viene da Dio (Rom 13, 1). Negare che i governanti abbiano il dovere di sottomettersi alla Signoria di Cristo è un errore gravissimo, perché senza la Legge morale lo Stato può imporre la propria volontà prescindendo dalla volontà di Dio, e quindi sovvertendo il κόσμος divino della Civitas Dei per sostituirvi l’arbitrio e il χάος infernale della civitas diaboli

 

Oggi le Nazioni occidentali sono ostaggio di potentati che non rispondono né a Dio né al popolo delle loro decisioni, perché non traggono la propria legittimazione né dall’alto né dal basso.

 

Il colpo di stato che è stato preparato e compiuto dalla lobby eversiva del World Economic Forum ha di fatto spodestato i governi della propria indipendenza da pressioni esterne e gli Stati della propria sovranità. Ma questo processo dissolutorio è ormai scoperto per l’arroganza con cui i satrapi del Nuovo Ordine Mondiale – tutto è nuovo, quando riguarda loro, e tutto è vecchio quando è da abbattere – hanno rivelato i loro piani, credendosi ormai prossimi alla vittoria definitiva. Al punto che anche intellettuali non certo tacciabili di conservatorismo iniziano a denunciare le intollerabili ingerenze di Klaus Schwab e dei suoi minion nel governo delle Nazioni.

 

Alcuni giorni fa il prof. Franco Cardini ha dichiarato: «Le forze che gestiscono economia e finanza ora scelgono, corrompono e determinano la classe politica, che così diventa un comitato d’affari» (qui). E sappiamo bene che dietro questo «comitato d’affari» si perseguono scopi di cieco profitto ai danni dell’economia degli Stati, ma anche inquietanti progetti di controllo capillare della popolazione, di depopolamento forzato, di cronicizzazione delle patologie in vista della privatizzazione totale dei servizi pubblici.

 

La mentalità che presiede a questo Great Reset è la stessa che animava i borghesi e gli usurai dei secoli scorsi, preoccupati di sfruttare i latifondi che la nobiltà e il Clero non consideravano come fonte di lucro. 

 

Lo aborro perché è cristiano e ancor più perché ha la goffa semplicità di prestare denaro gratis, e così fa diminuire i frutti che si potrebbero ottenere. (3)

 

Per costoro l’umanità è un fastidioso impaccio che occorre razionalizzare e rendere strumentale al perseguimento dei propri scopi criminali e la Morale cristiana un odioso intralcio all’instaurazione di un governo in mano alla finanza: se questo è oggi possibile, è perché non vi è alcun riferimento morale trascendente che ponga un freno ai loro deliri, né un potere che sfugga a questo vile asservimento a interessi privati. E qui comprendiamo come la situazione presente sia essenzialmente una crisi dell’autorità, al di là della comprensione dei singoli circa la minaccia rappresentata dal colpo di stato globale dell’élite usuraia. 

 

 

IX. Il Natale di Cristo

 

La Nascita del Salvatore ha rappresentato l’irruzione dell’eternità nel tempo e nella Storia, con l’Incarnazione della Seconda Persona della Santissima Trinità nel grembo virginale di Maria Santissima. Nella persona di Nostro Signore, vero Dio e vero uomo, si somma l’autorità di Dio a quella del discendente della stirpe regale di Davide, e la Redenzione del genere umano mediante il Sacrificio della Croce ripristina nell’economia della Grazia l’ordine divino infranto dal peccato originale ispirato dal Serpente. 

 

Il Re Bambino, adagiato nella mangiatoia, si mostra all’adorazione dei pastori e dei Magi avvolto in fasce, com’era prerogativa dei sovrani: et hoc vobis signum (Lc 2, 6). (4)

 

Egli muove le stelle e viene onorato dagli Angeli, ma sceglie come trono il presepe, come reggia terrena la povera capanna di Betlemme, così come sul Golgota – e nella visione dell’Apocalisse – è la Croce ad essere trono di gloria. Nostro Signore riceve l’omaggio dei saggi d’Oriente in riconoscimento dei titoli di Re, Sacerdote e Profeta; ma già deve fuggire da chi vede in Lui una minaccia al proprio potere. Stolto e crudele Erode, che non comprende che non eripit mortalia, qui regna dat cœlestia. (5)

 

Stolti e crudeli i potenti di oggi, che nella strage di milioni di innocenti – una strage compiuta sui loro corpi e sulle loro anime – vogliono consolidare la propria tirannide di morte, e che nella schiavitù dei popoli rinnovano la propria ribellione al Re dei re e al Signore dei governanti, che quelle anime ha redento col proprio Sangue. 

 

Ma è nell’umile affermazione della propria Signoria che il Bambino di Betlemme manifesta la divinità del Figlio di Dio nell’unione ipostatica dell’Uomo-Dio. Una divinità che unisce l’onnipotenza del Pantocratore alla fragilità del lattante, il tremendo giudizio del sommo Giudice al vagito del neonato, l’eternità immutabile del Verbo di Dio al silenzio dell’infante, lo splendore della gloria della Maestà divina con lo squallore di un ricovero per animali nella gelida notte della Palestina. 

 

In questa apparente contraddizione che unisce mirabilmente divinità e umanità, potenza e debolezza, ricchezza e povertà troviamo anche l’insegnamento che tutti noi, e soprattutto coloro che sono costituiti in autorità, dobbiamo trarre per la nostra vita spirituale e per la nostra stessa sopravvivenza. 

 

Anche il Sovrano, il Principe, il Pontefice, il Vescovo, il magistrato, l’insegnante, il medico e il padre godono di un potere che attinge alla sfera dell’eternità, alla divina Regalità del Figlio di Dio, perché nell’esercizio della loro autorità essi agiscono in nome di Colui che la legittima finché rimane fedele a ciò per cui essa è stata voluta.

 

Chi ascolta voi, ascolta Me. E chi disprezza Me disprezza Colui che mi ha mandato (Lc 10, 16).

 

Per questo obbedire all’autorità civile ed ecclesiastica significa obbedire a Dio, nell’ordine gerarchico che Egli ha decretato. Per questo disobbedire a chi abusa della propria autorità è altrettanto doveroso, per salvaguardare quell’ordine che ha il proprio centro in Dio, e non nel potere terreno che ne è vicario. Altrimenti si finisce per adorare il potente, per prestargli l’ossequio cui egli ha diritto solo in quanto a sua volta sottomesso a Dio. Oggi invece l’ossequio a chi ricopre incarichi di potere non solo non ha alcun vincolo di doverosa subordinazione a Cristo Re e Pontefice, ma anzi Gli è nemico. E dove la presunta sovranità popolare propagandata dalla chimera della democrazia si è rivelata un colossale inganno ai danni di quel popolo che non ha nessuno cui appellarsi per veder tutelati i propri diritti.

 

D’altra parte, quali «diritti» potrebbe rivendicare chi ha tollerato di lasciarli usurpare a Dio?

 

Come potremmo stupirci che il potere si muti in tirannide, quando accettiamo che esso non abbia più alcun legame con il trascendente, unica garanzia di giustizia per il povero, l’esule, l’orfano e la vedova?

 

 

X.Instaurare omnia in Christo

L’apparente trionfo dei malvagi – dai criminali del World Economic Forum agli eretici del «cammino sinodale» – ci pone dinanzi alla cruda realtà del Male, destinato sì alla sconfitta finale, ma anche permesso dalla Provvidenza come strumento di castigo per l’umanità traviata.

 

Perché la povertà, le epidemie, la miseria indotta da crisi pianificate, le guerre spietate mosse da interessi economici, la corruzione dei costumi, la strage degli innocenti riconosciuta come un «diritto umano», la dissoluzione della famiglia, la rovina dell’autorità, la dissoluzione della civiltà, l’imbarbarimento della cultura e dell’arte, l’annichilimento di ogni slancio verso la virtù e il Bene sono solo necessarie conseguenze di un tradimento compiuto gradualmente ma sempre nella medesima direzione e la premessa al peggio che dovrà venire: il disprezzo di Dio, la sfida sciagurata del non serviam nei confronti della Maestà divina, tanto più spietata e furiosa quanto maggiore è la presunzione satanica di poter vincere una battaglia da cui Satana uscirà eternamente sconfitto. 

 

Dormi, o Fanciul; non piangere;

dormi, o Fanciul celeste:

sovra il tuo capo stridere

non osin le tempeste,

use sull’empia terra,

come cavalli in guerra,

correr davanti a Te. (6)

 

Ricapitolare in Cristo tutte le cose (Ef 1, 10), significa ricomporre l’ordine infranto dal peccato, tanto nell’ordine naturale quanto in quello soprannaturale, tanto nella sfera privata quanto in quella pubblica, restituendo la Corona regale al Re dei re, al Quale in un delirio di ὕβρις la Rivoluzione l’ha sottratta; ed ancor prima restituendo la triplice Corona al Sommo Pontefice, strappata con l’ideologia del Vaticano II e con l’apostasia di questo «pontificato». 

 

Papi e Re, Prelati e governanti delle Nazioni, fedeli della Chiesa e cittadini degli Stati devono tornare, in una palingenesi mossa dalla Grazia, a Cristo, a Cristo Re e Pontefice, all’unico Vindice dei veri diritti del Suo popolo, all’unico Protettore dei deboli e degli oppressi, all’unico Vincitore della morte e del peccato. E in questo cammino di ritorno a Cristo, sarà l’umiltà a guidarci nel saper ripercorrere a ritroso, la comoda via della perdizione che abbiamo intrapreso abbandonando la via verso il Calvario segnataci dal Signore. Una via che Egli ha percorso per primo, e sulla quale ci accompagna tramite la Grazia dei Sacramenti, che conduce alla Croce come unica premessa per la gloria della Resurrezione. 

 

Chi crede che continuando su questo percorso sia possibile cambiare le cose; che si possa porre un limite all’ideologia di morte e di peccato del Nuovo Ordine Mondiale; che si possa impedire agli empi di diffondere gli orrori della pedofilia, della perversione, della cancellazione dei sessi, dell’uccisione dei bambini, dei deboli e degli anziani si illude.

 

Se il mondo è diventato un inferno grazie alla Rivoluzione, esso potrà tornare ad essere meno malvagio e mortifero solo con un’azione controrivoluzionaria. Se la Gerarchia è diventata un ricettacolo di eretici, di corrotti e di fornicatori grazie al Vaticano II e alla liturgia riformata, essa potrà tornare ad essere immagine della Gerusalemme celeste solo tornando a ciò che gli Apostoli, i Padri e i Dottori, i Santi, i Papi e i Vescovi hanno fatto fino a prima del Concilio. Proseguire sulla via della perdizione conduce, appunto, alla perdizione: la differenza sta solo nella velocità della corsa verso l’abisso. 

 

Quanto prima ciascuno di noi saprà rinforzare la propria appartenenza a Cristo, tanto prima inizierà il ritorno della società al suo Signore. E questa appartenenza incondizionata a un Dio che si è incarnato per redimerci deve avvenire iniziando dall’umile adorazione del Re Bambino, ai piedi della mangiatoia, assieme ai pastori e ai Magi. 

 

Dormi, o Celeste: i popoli

chi nato sia non sanno;

ma il dì verrà che nobile

retaggio tuo saranno;

che in quell’umil riposo,

che nella polve ascoso,

conosceranno il Re. (7)

 

Venga dunque, per tutti noi, il benedetto momento in cui, toccati dalla Grazia e mossi dalla salutare visione dell’inferno in terra che va preparandosi se assisteremo inerti all’instaurazione della distopia globalista, riconosciamo il Re.

 

E in cui, riconosciutoLo, possiamo combattere sotto le Sue sante insegne insieme alla terribile Vincitrice di Satana – l’Immacolata – la battaglia epocale contro il Nemico del genere umano.

 

Sarà una creatura, una Donna, una Vergine, una Madre a schiacciare il capo dell’antico Serpente, e con esso quello dei suoi maledetti seguaci.

 

E così sia. 

 

 

+ Carlo Maria Viganò

Arcivescovo

 

 

17 Dicembre 2022

Sabbato Quattuor Temporum Adventus

 

 

NOTE

1) La Vergine ormai torna, tornano i regni di Saturno,

già una nuova stirpe scende dall’alto dei cieli.

Tu, pura Lucina, sii propizia al Fanciullo che sta per nascere, 

per il Quale per la prima volta finirà il periodo delle guerre 

e sorgerà l’età dell’oro; già il tuo Apollo regna sul trono.

Virgilio, Egloga IV, 6-10.

2) Ecco l’esempio mio!

Ama giustizia e non spregiar gli dei!

Vendé questi la Patria e fier tiranno

ai cittadini impose; altri le leggi

fece e disfece a prezzo; quello il letto

invase della figlia a sconce nozze:

empie cose ad osar tutti fur pronti

e dell’audacia consumar l’estremo!

3) W. Shakespeare, Il mercante di Venezia, Atto I, Scena III, Shylock, a parte.

4)  Si veda a tal proposito lo studio esegetico di Mons. Francesco Spadafora, in Dizionario biblico, Studium, 1963.

5) Inno Crudelis Herodes per i Vespri dell’Epifania.

6) A. Manzoni, Il Natale, versi 99-105.

7) A. Manzoni, Il Natale, versi 106, 112.

 

Continua a leggere

Pensiero

Verso il liberalismo omotransumanista. Tucker Carlson intervista Dugin

Pubblicato

il

Da

Il giornalista americano Tucker Carlson ha pubblicato una potente intervista con il filosofo russo Aleksandr Dugin. La conversazione è stata pubblicata lunedì sul sito Tucker Carlson Network e sul suo canale YouTube.

 

L’incontro è avvenuto durante in viaggio di Carlson a Mosca – città nella quale Dugin gli dà il benvenuto – per la notoria intervista che il californiano ha ottenuto con il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin.

 

Come riportato da Renovatio 21, Dugin in un editoriale aveva sottolineato l’intervista di Carlson a Putin come un evento epocale in grado di riunire due anime della società russa, sia quella tradizionalista che quella filo-occidentale. Durante il suo soggiorno a Mosca – dove secondo alcuni sarebbe pure scampato ad un attentato, cosa di cui non vuole parlare – Tucker ha voluto incontrare Dugin, perché, racconta, curioso delle sue idee.

Sostieni Renovatio 21

Nella sua introduzione, il giornalista statunitense – dopo aver detto di credere ai servizi segreti americani quando dicono che la figlia di Dugin, Darja Dugina, è stata uccisa dagli ucraini – racconta di essere interessato a sentire qualcuno i cui libri sono stati proibiti dall’amministrazione Biden: quando lavorava ancora a Fox, Carlson fece un servizio sull’improvvisa sparizione dei libri di Dugin da Amazon, fenomeno notato da Renovatio 21 due mesi prima.

 

Parlando con il filosofo, ha quindi deciso di filmare i discorsi. Secondo Alex Jones, Carlson avrebbe filmato molto materiale, di cui è uscito questo segmento editato.

 

La conversazione pubblicata, della durata di 20 minuti, è stata particolarmente ricca di spunti di pensiero.

 

 

Carlson chiede a Dugin cosa sta succedendo nei paesi di lingua inglese: «gli Stati Uniti, il Canada, la Gran Bretagna, la Nuova Zelanda, l’Australia hanno deciso all’improvviso di rivoltarsi contro se stessi con questo grande tumulto. E alcuni comportamenti sembrano molto autodistruttivi. Da dove pensa, come osservatore, che provenga questo?»

 

«Credo che tutto sia iniziato con l’individualismo» risponde Dugin. «L’individualismo era una comprensione sbagliata della natura umana, della natura dell’uomo. Quando si identifica l’individualismo con l’uomo, con la natura umana, si tagliano tutti i suoi rapporti con tutto il resto. Quindi si ha un’idea molto particolare del soggetto, del soggetto filosofico come individuo».

 

Qui Dugin offre una visione in linea con quella del tradizionalismo cattolico: «tutto è iniziato nel mondo anglosassone con la riforma protestante e prima ancora con il nominalismo: l’atteggiamento nominalista secondo cui non esistono idee, ma solo cose, solo cose individuali» spiega il filosofo.

 

«Quindi l’individuo, era la chiave ed è tuttora il concetto chiave che è stato posto al centro di un’ideologia liberale e del liberalismo poiché, nella mia lettura, è una sorta di processo storico e culturale, politico e filosofico di liberazione, dell’individuo, di qualsiasi tipo di identità collettiva, collettiva o che trascenda quella individuale».

 

«Tutto è iniziato con il rifiuto della Chiesa cattolica come identità collettiva, dell’impero, dell’impero occidentale come identità collettiva. Successivamente si è trattato di una rivolta contro uno Stato nazionalista come identità collettiva a favore di una società puramente civile. Dopo quella guerra, nel XX secolo ci fu la grande battaglia tra liberalismo, comunismo e fascismo. E il liberalismo ha vinto ancora una volta. E dopo la caduta dell’Unione Sovietica è rimasto solo il liberalismo».

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

«Francis Fukuyama ha giustamente sottolineato che non esistono più ideologie all’infuori del liberalismo… il liberalismo, cioè la liberazione degli individui da ogni tipo di identità collettiva» spiega Dugin, citando il politologo noto negli anni Novanta per la nozione di «fine della Storia» a seguito del crollo del blocco sovietico.

 

«Erano rimaste solo due identità collettive da cui liberarsi: l’identità di genere perché è identità collettiva. Sei un uomo o una donna collettivamente (…) Quindi una liberazione dal genere. E questo ha portato ai transgender, alla comunità LGBT e a una nuova forma di individualismo sessuale. Quindi il sesso è qualcosa di facoltativo».

 

«Questa non era solo una deviazione del liberalismo. Erano elementi necessari per l’attuazione e il vincitore di questa ideologia liberale. E l’ultimo passo non ancora compiuto è la liberazione dall’identità umana. L’umanità è facoltativa. E ora stiamo scegliendo te in Occidente. Stai scegliendo il sesso che vuoi, come vuoi».

 

«L’ultimo passo in questo processo di liberalismo, nell’attuazione del liberalismo, significherà proprio l’umano come opzionale. Quindi puoi scegliere la tua identità individuale per essere umano, e per essere non umano. Questo ha un nome. Transumanesimo. Postumanesimo. Singolarità. Intelligenza artificiale».

 

«Klaus Schwab, Harari, dichiarano apertamente che il futuro dell’umanità è inevitabile. Arriviamo così alla storica stazione terminale: cinque secoli fa, siamo saliti su questo treno ed ora stiamo finalmente arrivando all’ultima stazione. Quindi questa è la mia lettura».

 

«Tutti gli elementi, tutte le fasi di questo, tagliano la tradizione con il passato. Quindi non sei più protestante. Sei un materialista ateo laico. Non hai più lo Stato nazionale che servì ai liberali per liberarsi dall’impero. Ora lo Stato nazionale diventa a sua volta un ostacolo. Ti stai liberando dallo Stato nazionale. Infine, la famiglia viene distrutta a favore di questo individualismo».

 

«E poi l’ultima cosa, il sesso, che è già quasi superato. Sesso facoltativo. E nella politica di genere c’è solo un passo per arrivare agli estremi di questo processo di liberazione, di liberalismo, cioè l’abbandono dell’identità umana come qualcosa di prescritto. Quindi essere liberi dall’essere umani, avere la possibilità di scegliere tra essere e non essere umani».

 

«Questa è l’agenda politica, l’agenda ideologica di domani. Ecco perché, come vedo il mondo anglosassone che mi ha chiesto» dice Dugin a Carlson. «Penso che sia solo avanguardia, perché è iniziato con gli anglosassoni, l’empirismo, il nominalismo, il protestantesimo. E ora siete in vantaggio con gli anglosassoni che sono più prosciugati dal liberalismo rispetto agli altri europei».

Aiuta Renovatio 21

Carlson procede con una domanda di approfondimento: «quindi le opzioni – per come le concepivo crescendo – erano l’individuo che può seguire la propria coscienza, dire quello che pensa, difendersi dallo Stato contro lo statalismo, il totalitarismo incarnato nel governo contro cui si lottava: il governo sovietico. E penso che la maggior parte degli americani la pensi in questo modo. Qual è la differenza?»

 

«Penso che il problema risieda in due definizioni di liberalismo» puntualizza Dugin. «C’è il vecchio liberalismo, il liberalismo classico. E nuovo liberalismo. Quindi il liberalismo classico era a favore della democrazia. Democrazia intesa come potere della maggioranza, del consenso, della libertà individuale. Ciò dovrebbe essere combinato in qualche modo con la libertà dell’altro».

 

«Ora siamo già completamente nella prossima stazione, nella fase successiva: il nuovo liberalismo. Ora non si tratta del governo della maggioranza, ma del governo delle minoranze. Non si tratta di libertà individuale, ma di wokismo. Quindi puoi essere così individualista da criticare non solo lo Stato, ma anche l’individuo, la vecchia concezione dell’individuo. Quindi ora hai bisogno di essere invitato a liberarti dall’individualità per andare oltre in quella direzione».

 

Dugin ricorda di averne parlato con Fukuyama in TV, «Come ha già detto in precedenza, la democrazia significa il governo della maggioranza. E ora si tratta del dominio delle minoranze contro la maggioranza, perché la maggioranza potrebbe scegliere Hitler o Putin. Quindi dobbiamo stare molto attenti con la maggioranza, e la maggioranza dovrebbe essere tenuta sotto controllo e le minoranze dovrebbero governare sulla maggioranza. Non è democrazia, è già totalitarismo».

 

«Ora non si tratta della difesa della libertà individuale, ma della prescrizione di essere woke, di essere moderni, di essere progressisti. Non è un tuo diritto essere o non essere progressista. È tuo dovere essere progressisti e seguire questo programma. Quindi sei libero di essere un liberale di sinistra. Non sei più abbastanza libero per essere un liberale di destra. Devi essere un liberale di sinistra. E questo è una sorta di dovere. È una prescrizione. Il liberalismo ha lottato nel corso della sua storia contro ogni tipo di prescrizione. E ora è diventato a sua volta totalitario, prescrittivo e non più libero com’era».

 

«E le crede che questo processo sia stato inevitabile? Sarebbe comunque successo?» domanda il Tucker.

 

«Percepisco qui una sorta di logica. Quindi un tipo di logica che non è solo un ritorno o una deviazione. Inizi con uno scopo: vuoi liberare l’individuo. Quando arrivi al punto in cui è possibile, viene realizzato. Quindi è necessario andare oltre. Da questo momento inizia la liberazione dalla vecchia comprensione dell’individuo in favore di concetti più progressisti. Non ci si poteva fermare qui. Questa è la mia visione».

 

«Quindi se dici “Oh, preferisco il vecchio liberalismo”, direbbero, i progressisti, direbbero, non si tratta del vecchio liberalismo, ma di fascismo: divieni il difensore del tradizionalismo, del conservatorismo, del fascismo. Quindi fermati qui. O divieni progressista liberale o sei finito, o ti cancelleremo. Questo è ciò che osserviamo».

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

«E vedere i sedicenti liberali bandire il suo libro, che non è un manuale per fabbricare bombe o invadere l’Ucraina» dice Carlson. «Sai, queste sono opere filosofiche. Ti dice che non è, ovviamente, non è liberale in alcun senso. Mi chiedo però, quando si arriva al punto in cui l’individuo non riesce più a liberarsi da nulla, quando non è nemmeno più umano. Qual è il prossimo passo?»

 

«Ciò è descritto nei film, nei film americani, nei film, in molti modi. Quindi penso che, sai, tutta la fantascienza, quasi tutta quella del XIX secolo, è stata realizzata nella realtà negli anni Venti. Quindi non c’è niente di più realistico della fantascienza. E se consideriamo Matrix o Terminator, abbiamo tantissime versioni del futuro più o meno coincidenti, il futuro con la situazione post-umana o umana opzionale o con l’Intelligenza Artificiale», replica Dugin.

 

«Hollywood ha realizzato molti, molti, molti film. Penso che rappresentino correttamente la realtà del prossimo futuro. Ad esempio, se consideriamo l’uomo, la natura umana, come una specie di animale razionale, allora con la nostra tecnologia si può produrli, così da poter creare animali razionali o combinarli o costruirli con l’Intelligenza Artificiale».

 

«È una specie di re del mondo. Direi che non solo può manipolare, ma creare realtà perché le realtà sono solo immagini, solo sensazioni, solo sentimenti. Quindi penso che il futurismo post-umanista sia non solo una sorta di descrizione realistica di un futuro molto possibile e probabile, ma anche una sorta di manifesto politico. Questo è un pio desiderio».

 

«Il fatto che i film non descrivono un brillante futuro tradizionale. Non conosco nessun film sul futuro e sull’Occidente che dipinga un ritorno alla vita tradizionale, alla prosperità, alle famiglie con molti figli… e tutto è abbastanza nell’ombra, abbastanza oscuro. Quindi, se sei abituato a dipingere tutto di nero soprattutto nel futuro, quindi questo futuro nero una volta arriva e penso che sia il fatto che non abbiamo altra scelta. O Matrix o Intelligenza Artificiale o qualcosa del genere o Terminator. Quindi la scelta è già fuori dai limiti dell’umanità. E questa non è solo fantasia, credo. Questo è una sorta di progetto politico. Ed è facile immaginarlo, poiché abbiamo visto i film, seguono più o meno da vicino questa agenda progressista, direi».

Aiuta Renovatio 21

Carlson procede con un’ultima domanda, chiedendo del fenomeno per cui «per oltre 70 anni un gruppo di persone in Occidente e negli Stati Uniti, liberali, hanno difeso efficacemente il sistema sovietico e lo stalinismo, e molti vi hanno partecipato personalmente spiando per Stalin, lo ha sostenuto nei nostri media» dice il giornalista. «Amavano Boris Eltsin perché era ubriaco. Ma nel 2000, la leadership di questo Paese è cambiata e la Russia è diventata il loro principale nemico. Quindi, dopo 80 anni e passa di difesa della Russia, si sono messi ad odiare la Russia. Che cosa è tutto questo? Perché il cambiamento?»

 

«Penso che, prima di tutto, Putin sia un leader tradizionale. Quando Putin salì al potere, fin dall’inizio, ha cominciato a sottrarre il nostro Paese, la Russia, all’influenza globale. Così ha iniziato a contraddire l’agenda progressista globale. E queste persone che sostenevano l’Unione Sovietica erano progressisti, che hanno avuto la sensazione di avere a che fare con qualcuno che non condivide l’agenda progressista e che ha tentato con successo di restaurare i valori tradizionali, la sovranità dello Stato, il cristianesimo, la famiglia tradizionale».

 

«Questo non era evidente fin dall’inizio, da fuori. Ma quando Putin ha insistito sempre di più su questa agenda tradizionale, direi, sulla particolarità e spiritualità della civiltà russa come un tipo speciale di regione del mondo che aveva e ha ora, pochissime somiglianze con i progressisti, gli ideali progressisti. Quindi penso che abbiano scoperto, abbiano identificato cosa esattamente è Putin. È una sorta di leader, un leader politico che difende i valori tradizionali».

 

Solo di recente, un anno fa, Putin ha emanato un decreto di difesa politica dei valori tradizionali. É stato un punto di svolta, direi. Ma gli osservatori del campo progressista in Occidente, penso che lo abbiano capito correttamente fin dall’inizio del suo governo. Quindi, questo odio non è solo casuale, qualcosa di casuale o uno stato d’animo. Non lo è… È metafisico».

 

«Quindi, se il tuo compito principale e il tuo obiettivo principale è distruggere i valori tradizionali, la famiglia tradizionale, gli stati tradizionali, le relazioni tradizionali, le credenze tradizionali e qualcuno con l’arma nucleare – questo non è l’argomento più piccolo, ma nemmeno il meno importante – può resistere e difendere i valori tradizionali che stai per abolire… Ecco, penso che ci sia qualche fondamento per questa russofobia e per l’odio per Putin. Quindi non è solo un caso. Non si tratta di un cambiamento irrazionale dal filosovietismo alla russofobia. È qualcosa di più profondo direi. Questa è la mia ipotesi».

 

Tanto, tanto materiale su cui riflettere.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

 

Immagine screenshot da Tucker Carlson Network

Continua a leggere

Pensiero

Vi augurano buona festa del lavoro, ma ve lo vogliono togliere. Ed eliminare voi e la vostra discendenza

Pubblicato

il

Da

Buona festa dei lavoratori! Ve lo ripetono da tutte le parti, del resto è una festa importantissima per la Repubblica: il Venerdì Santo, il giorno in cui Dio muore per l’umanità secondo quella che in teoria è la religione maggioritaria del Paese, si lavora. Il giorno dei morti, pure. Il Primo maggio, invece, no: vacanza.   Questo basterebbe a far comprendere qual è la vera religione che lo Stato italico vuole imporre alla sua popolazione – del resto, il suo libro sacro, la Costituzione, scrive al suo primo articolo che la Repubblica stessa è fondata sul lavoro – espressione incomprensibile, se non comprendendo la smania sovietica che avevano i comunisti e la sciocca acquiescenza dei democristiani che glielo hanno lasciato scrivere, accettando pure di lasciare fuori dalla Carta la parola «Dio».   Il dio della Costituzione, il dio della Repubblica è il lavoro?

Sostieni Renovatio 21

La divinizzazione politica di un concetto astratto, di un’attività umana, non solo l’indice della volontà di laicizzazione dello Stato. Poggia, essenzialmente, nel rigetto di avere per la cosa pubblica il fondamento del Cristianesimo.   Non è un caso che la festa del dio-lavoro avvenga l’indomani della notte di Valpurga, ritenuta nei secoli un momento di vertice dell’ attività del male sulla Terra – in genere, su Renovatio 21, facciamo ogni anno un articolo sull’argomento, annotando gli eventi concomitanti. La realtà è che la festa del Primo maggio è un tentativo di inculturazione, o meglio, di reintroduzione di usanze pagane – in particolare la festa celtica chiamata Beltane, di cui parla anche J.G. Frazer nel suo studio su magia e religione dell’antichità europea Il ramo d’oro.   La prima menzione di Beltane è nella letteratura irlandese antica dell’Irlanda gaelica. Secondo i testi altomedievali Sanas Cormaic (scritto da Cormac mac Cuilennáin) e Tochmarc Emire, Beltane si teneva il 1° maggio e segnava l’inizio dell’estate. I testi dicono che, per proteggere il bestiame dalle malattie, i druidi accendevano due fuochi «con grandi incantesimi» e guidavano il bestiame in mezzo a loro.   La vulgata progressista del Primo maggio, nata nel secondo Ottocento, si attacca quindi a questo sostrato antico, non cristiano, alla guisa di come ha fatto la Chiesa con alcune festività nel corso dell’anno.   Quindi: un nuovo dio, una nuova religione. Ma il problema è che neanche i suoi stessi sacerdoti ci credono. I loro discorsi – i loro incantesimi – sono inganni, sempre più infami, sempre più ridicoli.   Abbiamo sentito ieri il segretario generale CGIL Maurizio Landini dichiarare che «il governo Meloni difende il fossile e nega il cambiamento climatico, come si può pensare di cambiare modello di produzione?». Lo ha detto ad un evento dell’«Alleanza Clima Lavoro», di cui apprendiamo l’esistenza. Stendiamo un velo pietoso sull’attacco ai combustibili fossili, che fossili non sono (no, il petrolio non è succo di dinosauro!), che dimostra un allineamento con i gruppi ecofascisti più estremi e grotteschi visti negli ultimi anni – e pagati da chi, possiamo intuirlo.   Quindi: prima il «clima», poi i lavoratori. L’intero sistema industriale va cambiato per favorire l’ambiente, non l’uomo che lavora: conosciamo questa solfa, ora condita automaticamente dal terrorismo climatico. Si tratta di un’idea che avanza da tanto tempo, e si chiama deindustrializzazione.   Come abbiamo ripetuto tante volte su questo sito, la deindustrializzazione altro non è che deumanizzazione. Cioè, riduzione non dei lavoratori, ma della quantità stessa di esseri umani che camminano sul pianeta. Ciò era chiaramente esposto nelle opere di Aurelio Peccei e compagni oligarchi, quando l’élite – la stessa che stava dietro al Club di Roma, Club Bilderberg, WWF, etc. – cominciò a lavorare decisamente alla riduzione della popolazione.   Non è possibile diminuire il numero di esseri umani sul pianeta se si continua a produrre. Perché l’industria – il lavoro – dà cibo, e il cibo dà la vita, e la vita si moltiplica. La filiera dell’essere deve essere interrotta, molto prima. Niente industria, niente lavoro, niente vita. Niente persone. Niente umanità. Ora potete capire da dove vengono la povertà e la fame, che sembrano di ritorno anche nel Primo Mondo.   In alcuni testi risalenti a più di mezzo secolo fa, la cosa era messa nera su bianco: avrebbero creato deliberatamente un concetto prima sconosciuto, quello di inquinamento, per avere uno strumento di controllo del comportamento di popoli e Nazioni. Se ci pensate, anche questa è una scopiazzatura del cattolicesimo: non il peccato, ma l’impronta carbonica. Non il peccato originale, ma l’essere umano in sé, alla cui nascita c’è già un debito ecologico personale importante. Non la Santa Trinità, non l’Incarnazione, ma Gaia, dea terrifica che si fa pianeta.   Non ci sorprende, ma nondimeno continua a riempirci di orrore, vedere che chi è pagato per difendere i lavoratori è in realtà alleato delle forze che ne vogliono l’eliminazione. Lo aveva capito, con decenni di anticipo, il filosofo marxista Gianni Collu, che nel libro Apocalisse e rivoluzione notava che il paradigma non era più quello rivoluzionario della crescita operaia, cioè industriale, ma quello di una contrazione dell’intera società produttiva.   In pratica, Collu aveva compreso che stava venendo innestato, specie presso partiti, sindacati, intellettuali di sinistra, l’odio per l’uomo – in una parola, era stata avviata la Necrocultura. Non per niente il filosofo cominciò a scoprire, e rivelare, l’interesse crescente che molti circoli goscisti cominciavano a sentire verso un tema divenuto tabù nei millenni cristiani, cioè il sacrificio umano.

Aiuta Renovatio 21

Ora, guardate celebrare il vostro lavoro da chi è inserito, con stipendio, nel disegno per togliervelo – ed eliminare la vostra esistenza e la vostra discendenza. Non dobbiamo ricordare qui gli sforzi, fatti anche in sede europea, che i sindacati hanno fatto per il feticidio.   Nessuno dei vostri lavori è al riparo dal disegno mortale che avanza: se vi hanno detto che imparando a programmare avreste avuto sempre lavoro, provatelo a ripetere alle migliaia di licenziati alla IBM, come in tantissimi altri colossi tecnologici, sostituiti dall’Intelligenza Artificiale.   Nessuno è al sicuro: i grafici, cosa pensano di fare davanti alla presenza di incredibili programmi text-to-image, dove digiti cosa vuoi vedere e ti viene servito in un’immagine perfetta?   Attori, registi, produttori cinetelevisivi, cosa potranno di fronte ai software come Sora di ChatGPT, che promette di generare sequenze video a partire da semplici richieste? Sappiamo che l’ultimo sciopero ad Hollywood verteva su questo, e che già operano società di computer grafica talmente ultrarealista da aver disintermediato regioni immense della filiera.   Domani, cioè già oggi, tocca agli insegnanti. Ai bancari. Ai lavoratori dei fast food. A qualsiasi lavoratore. Alla realtà stessa.   Tuttavia, notatelo, nessun sindacato parla di fermare l’Intelligenza Artificiale. Vi parlano di cambiamento climatico, combustibili fossili, etc.   Lo fanno dopo aver assistito all’assassinio, con il green pass e l’obbligo al vaccino genico, dell’articolo 1 del loro libro sacro, il dogma primigenio della loro religione: ve lo abbiamo detto, non ci credono nemmeno loro.   E quindi, se anche quest’anno un boss sindacale, dinanzi al milione di ebeti ammassati per il concertone del Primo maggio, dovesse d’improvviso farsi scappare di nuovo l’espressione «Nuovo Ordine Mondiale», beh, sappiamo bene di cosa si tratta.   Non c’entrano le ricorrenze druidiche primaverili, qui siamo altrove nel calendario, in un’altra festa importante: sotto sotto, negli auguri ai bravi lavoratori, vi stanno dicendo che arriva il Natale. E che voi siete i tacchini.   Buon lavoro.   Roberto Dal Bosco

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
 
Continua a leggere

Pensiero

I biofascisti contro il fascismo 1.0: ecco la patetica commedia dell’antifascismo

Pubblicato

il

Da

Ho sempre provato un certo disagio di fronte agli eroi di cartapesta creati dalla filiera economica della «cultura» nazionale. È l’apparato industrial-intellettuale che passa dai grandi editori (una volta soprattutto Feltrinelli, ma in realtà un po’ tutti, specie in era marinaberlusconiana), si innerva sui giornali (Repubblica, a seguire, come sempre il Corriere, e giù gli altri), corre per le librerie di tutta Italia (con incontri dove vanno, magari, trenta persone pensionate in tutto) e si riversa, oltre che nei teatri, nella TV pubblica a tutte le ore, soprattutto quelle notturne.

 

Avete presente: gli «intellettuali», gli «scrittori», quelli che hanno pubblicato un libro, a volte, tragicamente, un «romanzo». I giornalisti, i librai, gli enti teatrali, i dirigenti televisivi ve li indicano come persone da ascoltare, da seguire. Sono dei contenuti importanti, cui dovete dare la vostra attenzione.

 

Basta leggere qualche pagina delle loro opere per capire di trovarsi davanti al vuoto pneumatico, e quindi tornare con la mente all’ineludibile legge di Marshall McLuhan: il medium è il messaggio.

 

Cioè, qualsiasi «scrittore» vi propongano – in libreria, in televisione, al teatro comunale, sul giornale – non è che vogliano davvero portarvi un suo messaggio, una sua riflessione, un suo pensiero (di solito, anzi, non ce n’è traccia), ma vogliono semplicemente tenervi incollati al medium, cioè al sistema. Consuma questo importante autore di libri, ti dicono, ma in verità quello che stanno davvero chiedendo è che non cambi canale: resta con noi, non staccarti dal continuum dell’industria culturale nazionale.

Sostieni Renovatio 21

È una questione di rinforzo della dipendenza sistemica, camuffata da nobile impulso illuminista all’educazione: leggi qui, sarai migliore. O con più sincerità: fatti intrattenere da noi, è l’unica via.

 

Una questione di identità, di classe sociale. Ecco perché ci ritroviamo, tra i tanti scrittori che ci infliggono, un discreto numero di professori. Essi divengono la proiezione del famigerato «ceto medio riflessivo», cioè di quantità di insegnanti di elementari, medie e superiori (e università: vertice della sottocasta dell’istruzione statale) che si sentono migliori perché leggono i libri, e che sperano che, un giorno, leggendo Repubblica e collane Feltrinelli magari anche a loro un giorno daranno 15 minuti di gloria letteraria.

 

La cultura di sinistra – cioè la cultura italiana – vive di fatto su un grande ricatto identitario: se non consumi il prodotto culturale nazionale, se quindi non credi a tutti gli assiomi che vi sono inseriti (civili, storici, politici, religiosi, «laici»), se fuori dalla storia. Impresentabile, invisibile. Questa cesura, come in ogni altro campo della vita, si è rivelata in tutta la sua oscenità durante il COVID.

 

Ricordate, infatti, dove stavano gli intellettuali, durante il biennio di lockdown e sieri genici? Ricordate gli editoriali sui giornali? Gli inni al generale vaccinaro, e magari pure l’occhiolino fatto ad un possibile «golpe» pro-siero? Ricordate gli articoli in cui lo scrittore diceva, sconsolato, di aver trovato tra i suoi amici dei no-vax? Ricordate le preghiere dei saggi affinché nel Paese fosse realizzata l’apartheid biotica, che poi di fatto è stata concretata?

 

Per questo sul «caso Scurati», che tiene banco sui giornali ancora adesso, ho delle idee un po’ diverse da quelle che avrete letto in giro.

 

Diciamo intanto, che la figura dello Scurati ce la ho in qualche modo presente, perché rammento quando fu inserita nel circuito culturale ancora anni fa. Nel 2005, ad un premio letterario – il gateway per far entrare nel sistema-Paese nuovi personaggi cartonati con le loro idee sincero-democratiche – attaccò Bruno Vespa: di suo una cosa per cui, visti gli ultimi anni di mRNA e Zelens’kyj, sarebbe da stringergli la mano, ma il tono sarebbe stato un po’ pesante: «se dovessi uccidere qualcuno, questo sarebbe lei», avrebbe detto criticando il conduttore di Porta a Porta.

 

Il personaggio del resto pare essere focoso: nei giorni scorsi ha accusato, in un’intervista su un giornale straniero, il TG1, per poi scusarsi, e dare la colpa a tutta questa situazione che lo turba molto.

 

La simpatia a pelle che mi sale subito: le foto che lo ritraggono, alto e severo, mostrano questo sguardo duro e non centratissimo, e profili dove pare mancare il mento – cosa che potrebbe essere, in realtà, un preciso messaggio politico, ma è un pensiero che butto lì, come altro, per satira.

 

Perché l’uomo ha pubblicato una serie di libri sul mento più pronunciato del secolo – quello del Duce Benito Mussolini. Migliaia e migliaia di libri intitolati tutti grottescamente M., come se fosse M il Mostro di Duesseldorf, in realtà è uno dei babau assiomatici che servono al sistema culturale italiano per tenersi in piedi.

 

Eccerto: Roberto Saviano, uno dei principi del sistema culturale nazionale, scrive libri contro la Camorra, anche se gli effetti – visibili soprattutto in TV – hanno fatto esclamare a qualcuno che alla fine, eterogenesi dei fini, quello che si ottiene è la sua apologia.

 

Quindi: addosso – ancora – al cadavere appeso a Piazzale Loreto (che Renovatio 21 un anno fa ha modestamente chiesto di ribattezzare come «Piazzale Angleton»). Scriviamoci sopra un romanzo, anzi dei romanzi, una saga che Il Trono di Spade deve spostarsi. Ma quale banalità del male: fatecelo scrivere, fatecelo vendere, ‘sto male!

 

Mi viene in mente l’articolo di ferocia assoluta che gli riservò, sul Corriere, Ernesto Galli della Loggia, che descrisse il suo senso di sgomento di fronte ad errori storici incredibili – perché provenienti da uno scrittore, un intellettuale, un editore, e la ridda di correttori di bozze, consulenti, editor del caso – contenuti nel testo.

 

Il Gallo della Loggia non fu tenero: «Voglio sperare che ancora oggi se a un esame di licenza liceale uno studente attribuisse a Carducci l’espressione «la grande proletaria» (invece che a Giovanni Pascoli, che la coniò per l’Italia che si accingeva a occupare la Libia ), e definisse Benedetto Croce un «professore» (lui che per tutta la vita gratificò di tutto il disprezzo immaginabile l’Università e i suoi professori, che fu l’antiaccademismo vivente), voglio sperare, dicevo, che lo sciagurato correrebbe seri rischi di essere bocciato».

 

Giù duro: «Non si tratta di due errori qualunque, infatti. Sommati significano in pratica non essere in grado di orientarsi nella storia culturale italiana della prima metà del Novecento. Non possedere alcuni punti di riferimento essenziali. Se poi il medesimo studente avesse pure sbagliato la data di Caporetto, avesse detto che Antonio Salandra, presidente del Consiglio che decise l’ingresso dell’Italia nella Prima guerra mondiale, “porta sulla coscienza sei milioni di morti” (un antesignano pugliese di Hitler insomma), avesse poi definito Antonio Gramsci “un politologo”, avesse scritto che alla Scala nel 1846 lavoravano degli «elettricisti» e che nel 1922 al Viminale ticchettavano «le telescriventi», e poi ancora, come se non bastasse, a commento della marcia su Roma avesse riportato alcune righe attribuendole a “Monsignor Borgongini Duca, ambasciatore inglese presso la Santa Sede” (!!) , e a commento della seduta della Camera sulla fiducia al governo Mussolini avesse citato una lettera di Francesco De Sanctis datandola 17 novembre 1922 (quando l’autore avrebbe avuto 105 anni!), beh: spero proprio che a questo punto il suddetto studente sarebbe sicuro di prendersi una solenne bocciatura».

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Tanta roba. Tuttavia soprattutto uno di questi inguardabili errori ci sembra interessante: nel suo romanzone mussoliniano, lo Scurati scrive che gli italiani morti durante la Prima Guerra Mondiale erano sei milioni. Secondo i calcoli storici, i morti sono stati – compresi quelli della pandemia della Spagnola (chiamata così anche se può darsi che venga, come tante altre epidemie, dai vaccini) – un milione. Tuttavia, come resistere alla coazione a ripetere la cifra fatale dei sei milioni? Difficile: l’industria culturale, i sei milioni te li ripete ogni cinque minuti.

 

Ma che importa, alla fine. Rileva – ribadiamolo bene – solo che il canale resti saldo. Qualche refrain, qualche tormentone piazzato magari anche in modo errato, fa giuoco alla tenuta dell’impianto di trasmissione. Tenetelo sempre a mente: il medium è il messaggio.

 

Ecco perché quando è scoppiato lo scandalo della RAI melonica che «censura» il tizio, non è che ci siamo scomposti più di tanto.

 

In primis, perché sappiamo da dove arriva, che cosa rappresenta, qual è il messaggio – cioè il medium. Il mezzo dell’industria cultura italiana deve ripetere i suoi triti dogmi (perché agli intellettuali non è richiesta la fantasia, né l’estro, né il genio: anzi) con cui è stata imbastita da quando, durante il famoso patto racconto da Ettore Bernabei nel libro L’uomo di fiducia, De Gasperi cedette la cultura a Togliatti e al PCI – e le banche a Mattioli e alla massoneria.

 

Che ci volete fare: mica la mela può cadere lontano dall’albero. Piante cresciute con decadi di letame «laico» e sincero-democratico, che frutti possono dare?

 

Il problema, quindi, è più profondo di un’eventuale museruola ad un intellettuale sistemico: è l’esistenza del sistema, e la sua persistenza nonostante qualsiasi governo di destra sperimentato dal 1994 ad oggi.

 

Non è questo, il punto che ci interessa sviluppare qui, purtuttavia.

 

La cosa che ci sconvolge, e vedere, a quattro anni dalla catastrofe di Wuhan, quanti anni luce il sistema politico-culturale sia distante dalla nostra visione – cioè dalla realtà. La politica, la storia, la letteratura dei normaloidi è a tal punto divorziata dalla sostanza dalle cose, che lo spettacolino delle sue beghe interne ci crea imbarazzo, malessere, se non ci fa vomitare punto e basta.

 

È stato ricordato che Scurati, quello della lettera «antifascista» da leggere alla TV pubblica, aveva scritto sul Corriere un editoriale in cui osannava il premier Draghi, lo implorava di tornare al suo posto: massì, il tecnocrate che nessuno aveva votato, calato per motivi imperscrutabili in luoghi fondamentali – il panfilo Britannia, dove salutò con affetto gli «Invisibili Britannici»; l’Eurotorre di Francoforte, luogo dove i tedeschi mai dovrebbero volere un italiano, e invece – piace tanto all’intellettuale antifascista.

 

Scommettiamo che, se lo sapesse, godrebbe anche al pensiero del ruolo primario del Draghi nel primo vero atto di guerra economica della storia umana, ovvero il congelamento dei beni della Banca di Russia detenuti all’Estero. Contro ogni legge internazionale, contro ogni decoro diplomatico (nemmeno durante la Seconda Guerra Mondiale…), contro ogni prospettiva a medio termine (l’effetto subitaneo: l’accelerazione della de-dollarizzazione): ma che importa, al cervello antifascistico? Bisogna applaudire i Draghi della palude, sempre, e spellarsi le mani.

 

Non solo. In una clip del novembre 2020 proveniente da La7 – lo sfogo televisivo del gruppo di via Solferino – lo Scurati affrontava di petto l’altra grande questione democratica degli ultimi anni. «Il 25% degli italiani, che secondo un sondaggio SVG sono complottisti o negazionisti» incalzava Lili Gruber. «Un dato assolutamente inquietante» replicava Scurati (mentre, a lato, l’idolo grillino Andrea Scanzi scuoteva la testa con vigore). Dice che il dato deve far riflettere «su cosa è stata l’Italia negli ultimo 10, 20 anni (…) su quale piccolo e significativo arretramento di civiltà abbiamo patito in questi decenni».

 

Aiuta Renovatio 21

L’esitazione davanti al siero genico sperimentale è un segno della decadenza della civiltà italiana – quella, di cui parlava imperialmente Mussolini, o quella della Costituzione, calpestata in ogni sua parte dall’obbligo vaccinale? Un attimo, questi ultimi sono pensieri nostri.

 

«Il discorso ha a che fare con l’educazione, con l’istruzione, con la cultura», dice ancora lo scrittore. Insomma, sei no-vax, perché sei ignorante – non hai studiato a scuola, né letto i libri propostiti dalla libreria, compresi magari quelli fondamentali dello stesso Scurati.

 

«Il fatto che un italiano su quattro stia arretrando su posizioni oscurantiste premoderne di ignoranza arrogante e professa, non nascosta, nella diffidenza dei riguardi dei vaccini, che sono una delle grandi invenzioni dell’umanità, nella diffidenza nei riguardi della scienza, ci deve far ricordare che la scuola, l’istruzione e l’educazione sono fondamentali per il Paese, non solo durante l’emergenza» continua lo Scurato.

 

Sì davvero: sta parlando della scuola, dove abbiamo visto ogni sorta di discriminazione biologica (il green pass anche per entrare nel sito dell’Università!), dove è penetrato il proselitismo omotransessualista più agghiacciante, dove ai bambini di otto anni vengono lette lettere anti-femminicidio sull’onda di casi di cronaca ancora tecnicamente irrisolti, dove sono in corso programmi rivoltanti di digitalizzazione tecnocratica della vita dei ragazzi?

 

Sta parlando sul serio di arretramento della civiltà, per poi tirare fuori, come esempio, la scuola, distruttrice della civiltà?

 

È così. Parlano per ritornelli sempreverdi («vaccini grande conquista»… «la scuola è importante»… «sei milioni di morti»), discorsi che non aggiungono nulla, non hanno un pensiero alcuno da offrire. Non dati, non riflessioni, né profondità di alcun tipo – niente.

 

È chiaro, soprattutto, che la nostra idea di civiltà è oramai incompatibile con quella che loro chiamano «civiltà», che per noi è invece dissoluzione, è anti-civiltà, è Cultura della Morte. E non è questione solo di idee – si tratta della nostra stessa esistenza quotidiana, della vita nostra, e di quella dei nostri figli.

 

Perché quelli che si dicono «democratici», quelli che ci vendono i loro discorsi «antifascisti», sono gli stessi che hanno inflitto alle nostre vite gli orrori più atroci, perfino a livello biomolecolare.

 

Gli «antifascisti», hanno spinto affinché la nostra esistenza personale e famigliare fosse devastata. Vi ritorna in mente? C’è chi ha perso il lavoro, c’è chi ha perso i parenti, c’è chi ha perso tutto – mentre tutti quanti perdevamo la libertà.

 

Però scusate: ma se la parola «fascista» è semanticamente riferibile a ciò che è autoritario, soverchiante, incapace di discutere, irriguardoso della dignità della persona, altamente discriminante (fino al razzismo), violento… allora, che cos’è, quella che abbiamo vissuto in pandemia, se non una piccola era fascista?

 

È meglio chiamarli con un termine più appropriato: essendo alla base dell’immane processo di sottomissione subìto un fattore biologico – la malattia, il siero genico sperimentale – è il caso di definirli, più che fascisti, «biofascisti». Gli antifascisti – come esattamente i fascisti ipoteticamente ancora in circolazione ed i postfascisti al governo – sono, esattamente, biofascisti.

 

Dal ventennio fascista, al biennio biofascista: che non è finito, perché nessuno, né al governo né all’opposizione, ha accettato di rivedere lo stupro della supposta democrazia popolare visto col COVID. Anzi: rilanciano, la Meloni firma a Bali per i passaporti vaccinali elettronici transnazionali, mentre masnade di operatori sanitari e trafficanti politici lavorano alacremente – pagati da voi – per l’approvazione sottotraccia del Trattato Pandemico OMS, che sarà un bel capitolo della fine certificata delle democrazie costituzionali.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

E già, la Costituzione. Gli intellettuali credono sia un testo importantissimo, ce lo hanno ripetuto ad nauseam, e il motivo è semplicissimo: avendo cacciato per ordine massonico il sacro dalla politica, non resta che basare lo Stato su un libro.

 

Abbiamo visto quanto ci credono: la Costituzione è stata tradita perfino nel suo primo, ridicolmente sovietico, articolo, quello della Repubblica fondata sul lavoro – se hai il green pass, ovvio, e i sindacati sono d’accordo con Draghi, gli scrivono lettere d’amore in concerto con i padroni di Confindustria, mentre dal palco, circondati da mascherine, i lider maximos sindacalisti parlano veramente di Nuovo Ordine Mondiale.

 

Diventa a questo punto definitivamente insopportabile guardare la pantomima «democratica» dei personaggi TV.

 

Palano di popolo, e sono quelli che una parte consistente del popolo italiano – qualcuno dice, dal 1978, sei milioni, sul serio – lo ha sterminato per legge, con l’aborto di Stato.

 

Parlano di democrazia, ma il popolo lo hanno chiuso in casa, sottomesso, capovolgendo lo Stato di Diritto: non più il cittadino latore di diritti, ma obbligato a coercizioni che riguardano la sua stessa biologia.

 

Parlano di Costituzione, e hanno tradito l’articolo 1, l’articolo 16, l’articolo 21, l’articolo 32 e tutti gli altri che il lettore vorrà aggiungere.

 

Parlano di antifascismo, dopo aver inflitto alla popolazione anni di terrore biofascista, dove se non accettavi di modificare la tua genetica cellulare non potevi entrare nei negozi – sì, come gli ebrei dopo le leggi razziali, come mostrano tutti quei filmetti strappalacrime come La vita è bella, che certamente in parte avete pagato sempre voi.

 

Parlano di antifascismo, e sono gli stessi che finanziano ed armano un regime dove i collaborazionisti del Terzo Reich sono celebrati pubblicamente come eroi (anche fuori dai confini: ricorderete il caso di Trudeau che porta l’ex SS al Parlamento canadese per farlo applaudire) e dove armi e danari finiscono a Reggimenti provenienti da gruppi dove la svastica e le lettere runiche sono la norma, come simbolo, come tatuaggio, come ideologia.

 

Gli antifascisti, oggi, sostengono i neonazisti. Lo spettacolo lugubre degli ultimi cortei 25 aprile con tripudi di bandiere ucraine e della NATO rimarrà negli annali per i posteri che giustamente si gratteranno la testa cercando di capire.

 

I biofascisti, del resto, non è che si tirano indietro nei confronti dei paradossi. Prendiamo, ad esempio, il grande tema «antifascista» della provetta. Un idolo, per la sinistra: libertà riproduttiva, che vuol dire che anche gli LGBT si possono produrre la prole che la natura non consentirebbe loro di avere – si chiama progresso, bellezza.

 

Arrivano, tuttavia, tante storie aneddotiche interessanti. Per esempio: coppie lesbiche che spesse volte si rivolgono a banche del seme… in Danimarca. Essì: il bimbo lo vogliono biondo dolicocefalo occhioceruleo, esattamente come prescritto da Zio Adolf, che, poverino, lui la biotecnologia per farlo non ce l’aveva, limitandosi nel fallito programma Lebensborn a fare montare ragazzotte di paese ben disposte a giovinotti dai chiari capelli scelti tra le SS, per poi ucciderli subito dopo gettandoli nella fornace della guerra. È così: infatti quello si chiamava, appunto, «nazismo», e non «bionazismo», come invece dobbiamo chiamarlo oggi.

Sostieni Renovatio 21

E chiedetevi pure anche, cari antifascisti biofascisti: quanti dei politici gay, magari con figlio prodotto via utero in affitto all’estero fatto entrare in Italia in spregio alla legge 40/2004 (i giudici, dove sono?), secondo voi hanno sfogliato un bel catalogo delle «donatrici» di ovulo, scegliendo magari una bella ragazza bionda e atletica, come ad esempio l’Ucraina – capitale mondiale della surrogata anche sotto le bombe – offre a bizzeffe?

 

È difficile rendersi conto di cosa si tratta? La parola è conosciuta, in verità: eugenetica.

 

È più arduo capire che l’eugenetica biofascista opera ogni giorno anche al di fuori dei casi arcobalenati: la selezione degli embrioni, compiuta dagli «esperti della fertilità» che ora sono pagati dal contribuente (la FIVET è nei LEA) è, molto semplicemente un’altra forma di eugenetica, solo che invece dei cataloghi delle «biobanche» qui si usa il microscopio.

 

La sostanza non cambia, ed è quello che andiamo da sempre ripetendo su Renovatio 21. La continuità tra il nazismo e la moderna società riprogenetica è assoluta. Hitler ha perso la guerra cinetica, ha vinto quella bioetica. O meglio: i padroni di Hitler – quelli che ne hanno finanziato l’ascesa – sono esattamente gli stessi che hanno, da più di un secolo, elargito danari affinché si instaurasse l’eugenetica in America, in Europa, perfino in Cina.

 

E sono gli stessi – un nome lo vogliamo fare: la famiglia Rockefeller – che hanno suscitato e foraggiato quantità di movimenti fondamentali per la sinistra antifascista, cioè biofascista: il femminismo, ad esempio, o il movimento globale per l’aborto.

 

Capite, cari lettori, che questa è una visione della Storia abissalmente distante da quella che possono avere Scurati o la Meloni e chiunque altro vi propongano TV e giornali.

 

Perché quello che possono fare, loro, è farvi rimasticare quello che è stato dato loro da masticare, ricordando che a nessuno di loro è stata chiesta originalità e profondità di pensiero. La Storia, vi dicono, è fatta così… i fascisti, gli antifascisti, etc.

 

Qui abbiamo una visione radicalmente diversa. L’unico modo possibile per vedere il mondo, l’universo stesso, è quello che ha al suo centro il fenomeno più fondamentale del cosmo tutto: la vita.

 

Non comprendere che la Storia si sta rivelando semplicemente come una danza, fisica e metafisica, tra la Vita e la Morte – con lo Stato moderno e le sue schiere a combattere per quest’ultima – significa non aver compreso nulla. E quindi, accettare ogni possibile angheria che l’Impero della Morte prepara: l’aborto, la provetta, il vaccino… tutte realtà che qui abbiamo dimostrato essere intimamente interrelate, tutte questioni che toccano direttamente, carnalmente, le vostre esistenze, e soprattutto quelle dei vostri figli.

 

Così, in questa ignoranza invincibile, quella per lo stesso dono più alto che si è ricevuti dal creatore, l’antifascismo può trasformarsi tranquillamente in biofascismo, e continuare la sua patetica sceneggiata di lamento contro il fascismo 1.0.

 

In un articolo per il 25 aprile di diversi anni fa («Quello che Mussolini non ha capito: il dominio della Cultura della Morte»), scrivevamo parole che ci va qui di ripetere.

 

«Non è il capitale, non è il danaro ad essere in gioco. Non è nemmeno la terra, lo spazio, la geopolitica che interessa ai potenti dell’universo, oggi come allora. Ai principi di questo mondo interessa la distruzione dell’uomo. La sua umiliazione, il suo controllo, la sua riduzione».

 

«Non è visibile, per chi pensa ancora con le categorie ideologiche pubbliche dell’Ottocento o del Novecento, il cambio del paradigma già avvenuto. Non siamo più in una fase espansiva dell’essere (la produzione dell’acciaio dei sovietici, il Lebensraum dei nazisti, il natalismo dei fascismi, il consumismo delle democrazie liberali) ma in una fase di contrazione programmata, forzata. Meno figli, meno lavoro, meno esseri umani: decrescita».

Aiuta Renovatio 21

«Mussolini non poteva capire che è l’ascesa del biopotere il vero verso della Storia; i suoi oppositori nemmeno: anzi, ora sono divenuti kapò di qualcosa di molto peggiore del fascismo, il biofascismo: tutti i tuoi diritti sono sospesi, perfino il lavoro, la censura è operata su tutti i livelli, ogni libertà, perfino quella di spostamento, perfino quella di vedere i famigliari, è distrutta».

 

Già, Mussolini non aveva capito che il fascismo non serviva più al programma: il signore del mondo non voleva controllare più solo gli imperi e le nazioni, ma il corpo umano stesso, perfino nel codice più sacro contenuto dentro le sue cellule. Il Duce non poteva capire che il fascismo andava sostituito con il biofascismo. Lo hanno fatto, tra bandiere arcobaleno e ghigni pannelliani, facendo pure continuare l’oscena commedia dell’antifascismo militante, televisivo, autistico – perché altre sceneggiature, con evidenza, non ne hanno, né ne saprebbero scrivere.

 

Il programma è più vasto, ad ogni modo, di quello visibile tra Mussolini e gli intellettuali prodotti dal sistema culturale nazionale. Il programma è contenuto in un grande bestseller, nell’ultimo testo che lo compone. Si chiama Sacra Bibbia, da leggersi soprattutto quello che è definito Il libro della Rivelazione. Ci rendiamo conto che pochi scrittori e professori lo hanno fatto, ancora meno ci hanno creduto, o anche lo hanno preso sul serio per un secondo.

 

Qui noi lo facciamo, eccome. Il programma finale non riguarda la politica partigiana, riguarda l’umanità, la vita e la morte, il mistero dell’iniquità, la catastrofe globale, la fine dei tempi – insomma la vostra anima, e il vostro corpo.

 

Non è che chiediamo a chicchessia di accettarne i segni – i nostri lettori già lo fanno, a giudicare dalle lettere che ci arrivano.

 

Quello che domandiamo, è: non prestate attenzione a nessuna polemica, né alla voce degli intellettuali di cartapesta, né a quella dei politici.

 

Pensate, piuttosto, quanto è lontana da loro, oramai, la vostra concezione del mondo, la vostra visione della Storia, la vostra percezione della realtà, la vostra fede nella Verità.

 

È così: scrittori, deputati, giornalisti, professori, ministri, editori, fascisti, antifascisti, non hanno capito un cazzo.

 

Evitate, cari lettori, di perderci tempo, e concentratevi su ciò che è importante: onorate il Vero, e, soprattutto, cercate la pace interiore – perché a breve, quando sarà la tribolazione, servirà davvero.

 

Roberto Dal Bosco

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

Continua a leggere

Più popolari