Politica
Conte va dai massoni. Che difendono il reddito di cittadinanza
L’ex premier pandemico ora leader del M5S Antonio Conte è andato a far visita agli Asili Notturni Umberto I, che il Corriere della Sera definisce «storica istituzione torinese legata alla massoneria».
«Ad accogliere Conte in una sorta di alleanza in difesa del reddito, Sergio Rosso, gran maestro onorario del Grande Oriente d’Italia e tra i fondatori della Federazione Italiana Solidarietà Massonica, di cui è presidente onorario» scrive il Corriere, che d’un tratto sembra trovare la voglia di parlare di cappucci e grembiulini, cosa che in altri momenti non era accaduta – ricordiamo che si tratta la testata, nei secoli appartenente alla «borghesia illuminata» meneghina, ebbe come direttore un nome finito nelle liste della P2.
Tuttavia, il Corriere non può non cogliere l’importanza del segno dato da Conte nel capoluogo piemontese: il grillismo partiva da un rifiuto netto dell’Italia esistente come frutto di politiche occulte attuate da poteri invisibili più o meno fantomatici. Noto è il post del blog di Beppe Grillo sul Club Bilderberg. Meno noti i riferimenti di Casaleggio al Club di Roma di Aurelio Peccei, di fatto organizzazione parallela del consesso dei superpotenti, che erano in genere più o meno gli stessi.
Ricordate? Il grillismo dei primi anni 2010, quello dei «tutti a casa», del potere italiano da aprire come «una scatola di sardine», dei sospetti contro chiunque (il «Vaticano», magari) finito poi con Di Maio incravattato che pranza con i vertici della Trilaterale.
È un bel cambio di marcia.
«Il Movimento però ha fatto della presa di distanza dalla massoneria uno dei suoi tratti distintivi. Una caratteristica che è rimasta costante nel tempo nonostante le molteplici evoluzioni dei Cinque Stelle» ricorda il quotidiano di via Solferino. «Per esempio: è vietato per i massoni candidarsi tra le fila stellate». Viene fatto l’esempio di un ex deputato cacciato dal partito per questo motivo. «Tra le regole per le autocandidature del Movimento contiano alle Politiche 2022 il no secco ai massoni rimane un dogma inviolabile. Non a caso, l’articolo 3 comma h recita che ogni candidato “non dovrà essere iscritto ad associazioni massoniche”»
Ma non è che il M5S ora vada dalla massoneria; è la massoneria stessa che muove verso il grillismo.
Qui il giornalista strabuzza gli occhi. È riportato che il gran maestro onorario del Grande Oriente d’Italia dichiari che «ad oggi sono circa il 20-25% i percettori di reddito che si rivolgono a noi per usufruire dei nostri servizi, che sono anche di natura sanitaria, per esempio l’odontoiatria. Senza questo strumento non potrebbero sopravvivere e noi non saremmo in grado con le nostre mense di far fronte a tutti i bisogni perché i numeri si moltiplicherebbero in misura esponenziale».
È il canto di Conte, all’unisono: «A Torino ho toccato con mano le difficoltà economiche di tanti cittadini che nella struttura di “Asili notturni” trovano una speranza e un sostegno irrinunciabile. Chi ogni giorno affronta e combatte la povertà in prima persona conferma che tagliare il Reddito di cittadinanza vuol dire abbandonare alla disperazione intere famiglie».
C’è da dire che in tanti magari non se l’aspettavano dall’«avvocato di Padre Pio», quello con l’immagine del Santo di Pietrelcina nel portafogli.
Altri invece possono vedere una volta di più la parabola dei 5 stelle: presentatisi come forza rigeneratrice del sistema, tra gaffe e figuri impresentabili sono finiti al tavolo dei potenti, da cui si sono fatti ammansire a suon di poltrone e stipendi, arrivando a fare governi con le forze politiche di cui si dichiaravano nemici giurati.
Forse rammentavate l’onorevole Paola Taverna che dava degli zozzoni a quelli del PD, anzi no: «ve immaginate io che me giro e je dico “zozzoni”… no, rettifichiamo, jò detto mafiosi, schifosi, siete delle merde, ve ne dovete andare, dovete morire»…
Embè, finire con il PD non era ancora niente. Eccoti ora il M5S che va con la massoneria. Che aiuta: difende l’unica raison d’etre elettorale dei Pentastelle: il reddito di cittadinanza, che va fortissimo in certe zone del Sud.
SCB. Sono cose belle.
Al lettore che li ha votati, nel 2013 e magari pure nel 2018 – non crediamo che tra chi segue Renovatio 21 vi siano elettori che hanno perseverato a farlo alle elezioni 2022 – vogliamo dire una volta di più: ma cosa ci avevate in testa?
Tante cose, anche occulte, anche esoteriche, erano note. Da anni. Il fondatore di Renovatio 21 sull’argomento aveva scritto otto anni fa un librone, Incubo a 5 Stelle. Grillo, Casaleggio e la Cultura della Morte. Tante cose erano già chiare.
Tuttavia, la figura di Conte, enigmaticamente emersa dal nulla per metterci in lockdown con l’aiuto di un ex partecipante del Grande Fratello, ancora sa stupirci.
Va così. È bellissimo. Squadra e compasso, il reddito è uno spasso.
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Politica
I detenuti minacciano Sarkozy e giurano vendetta vera per Gheddafi
Un video girato con un cellulare nella prigione parigina La Santé sembra mostrare che i detenuti hanno minacciato l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy di vendicare la morte del defunto leader libico Muammar Gheddafi.
Sarkozy, 70 anni, ha iniziato a scontare la sua condanna a cinque anni martedì, dopo che un tribunale di Parigi lo ha dichiarato colpevole di associazione a delinquere finalizzata a finanziare la sua campagna presidenziale del 2007 con denaro di Gheddafi, contro il quale in seguito guidò un’operazione di cambio di regime sostenuta dalla NATO che distrusse la Libia e portò alla morte di Gheddafi.
Martedì hanno iniziato a circolare video ripresi da La Sante, in cui presunti detenuti minacciavano e insultavano Sarkozy, che sta scontando la sua pena nell’ala di isolamento del carcere.
«Vendicheremo Gheddafi! Sappiamo tutto, Sarko! Restituisci i miliardi di dollari!», ha gridato un uomo in un video pubblicato sui social media. «È tutto solo nella sua cella. È appena arrivato… se la passerà brutta».
A viral video shows a prisoner confronting Nicolas Sarkozy, saying, “We’ll avenge Gaddafi. Give back the billions.” The former French president, jailed for conspiracy, is accused of taking Libyan money before leading NATO’s 2011 war that killed Gaddafi. pic.twitter.com/KlAISnFVSX
— comra (@comrawire) October 22, 2025
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Il ministro degli Interni francese Laurent Nunez ha sottolineato che, a causa del pericolo, due agenti di polizia della scorta di sicurezza assegnata agli ex presidenti saranno di stanza in modo permanente nelle celle adiacenti a quella di Sarkozy.
«L’ex presidente della Repubblica ha diritto alla protezione in virtù del suo status. È evidente che sussiste una minaccia nei suoi confronti, e questa protezione viene mantenuta durante la sua detenzione», ha dichiarato Nunez mercoledì alla radio Europe 1.
Sarkozy, che ha guidato la Francia tra il 2007 e il 2012, ha negato tutte le accuse a suo carico, sostenendo che siano di matrice politica. Il suo team legale ha presentato una richiesta di scarcerazione anticipata, in attesa del procedimento di appello.
L’inchiesta su Sarkozy è iniziata nel 2013, in seguito alle affermazioni del figlio di Gheddafi, Saif al-Islam, secondo cui suo padre aveva fornito alla campagna dell’ex presidente circa 50 milioni di euro.
A dicembre 2024, la Corte Suprema francese ha confermato una condanna del 2021 per corruzione e traffico di influenze, imponendo a Sarkozy un dispositivo elettronico per un anno. È stato anche condannato per finanziamento illecito della campagna per la rielezione fallita del 2012, scontando la pena agli arresti domiciliari.
Nel 2011, Sarkozy ha avuto un ruolo di primo piano nell’intervento della coalizione NATO che ha portato alla cacciata e alla morte di Gheddafi, facendo sprofondare la Libia in un caos dal quale non si è più risollevata.
Come riportato da Renovatio 21, all’inizio del 2025 gli era stata revocata la Legion d’Onore. In Italia alcuni hanno scherzato dicendo che ora «Sarkozy non ride più», un diretto riferimento a quando una sua risata fatta con sguardo complice ad Angela Merkel precedette le dimissioni del premier Silvio Berlusconi nel 2011 e l’installazione in Italia (sotto la ridicola minaccia dello «spread») dell’eurotecnocrate bocconiano Mario Monti.
Nell’affaire Gheddafi finì accusata di «falsificazione di testimonianze» e «associazione a delinquere allo scopo di preparare una frode processuale e corruzione del personale giudiziario» anche la moglie del Sarkozy, l’algida ex modella torinese Carla Bruni, la quale, presentatole il presidente dall’amico comune Jacques Séguela (pubblicitario autore delle campagne di Mitterand e Eltsin) secondo la leggenda avrebbe confidato «voglio un uomo dotato della bomba atomica».
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Politica
Il Giappone elegge una donna conservatrice come primo ministro
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Politica
Elezioni in Bolivia, il Paese si sposta a destra
Domenica si è svolto in Bolivia il ballottaggio per le elezioni presidenziali, che ha visto contrapporsi due candidati di destra: il senatore centrista Rodrigo Paz Pereira e l’ex presidente conservatore Jorge Quiroga.
I risultati preliminari indicano che Paz ha ottenuto il 54,6% dei voti, mentre Quiroga si è fermato al 45,4%. Sebbene sia prevista un’analisi manuale delle schede, è improbabile che il risultato definitivo differisca significativamente dal conteggio iniziale, basato sul 97% delle schede scrutinate.
Le elezioni segnano la fine del ventennale dominio del partito di sinistra Movimiento al Socialismo (MAS), che ha subito una pesante sconfitta nelle elezioni di fine agosto. Il presidente uscente Luis Arce – che ha recentemente accusato gli USA di controllare l’America latina sotto la maschera della «guerra alla droga» – non si è ricandidato, e il candidato del MAS, il ministro degli Interni Eduardo del Castillo, ha raccolto solo il 3,16% dei voti, superando di poco la soglia necessaria per mantenere lo status legale del partito.
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Nel primo turno, la destra ha dominato: Paz ha ottenuto il 32,1% dei voti e Quiroga il 26,8%. Il magnate di centro-destra Samuel Doria Medina, a lungo favorito nei sondaggi, si è classificato terzo con il 19,9% e ha subito appoggiato Paz per il ballottaggio.
Entrambi i candidati hanno basato la loro campagna sullo smantellamento dell’eredità del MAS, differendo però nei metodi. Paz ha promesso riforme graduali, mentre Quiroga ha sostenuto cambiamenti rapidi, proponendo severe misure di austerità per affrontare la crisi.
Il MAS non si è mai ripreso dai disordini del 2019, quando l’ex presidente Evo Morales fu deposto da un colpo di Stato subito dopo aver ottenuto un controverso quarto mandato. In precedenza, Morales aveva perso di misura un referendum per modificare la norma costituzionale che limita a due i mandati presidenziali e vicepresidenziali. Più di recente, Morales ha accusato tentativi di assassinarlo ed è entrato in sciopero della fame, mentre i suoi sostenitori hanno dato vita ad una ribellione. Il Morales, recentemente accusato anche di stupro (accuse che lui definisce «politiche»), in una lunga intervista aveva detto che dietro il suo rovesciamento nel 2019 vi erano «la politica dell’impero, la cultura della morte» degli angloamericani.
Il colpo di Stato portò al potere la politica di destra Jeanine Áñez, seconda vicepresidente del Senato. Tuttavia, il MAS riconquistò terreno nelle elezioni anticipate dell’ottobre 2020, mentre Áñez fu incarcerata per i crimini commessi durante la repressione delle proteste seguite al golpe.
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Il passaggio storico è stato definito da alcuni come la prima «guerra del litio», essendo il Paese ricco, come gli altri Stati limitrofi, della sostanza che rende possibile la tecnologia di computer, telefonini ed auto elettriche.
Come riportato da Renovatio 21, un tentato colpo di Stato vi fu anche l’anno scorso quando la polizia militare e veicoli blindati hanno circondato il palazzo del governo nella capitale La Paz.
Sotto il presidente Arce la Bolivia si era avvicinata ai BRICS e aveva iniziato a commerciare in yuan allontanandosi dal dollaro.
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