Geopolitica
Libano, il patriarca maronita attacca i nemici che «non vogliono un presidente cristiano»

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il porporato torna sul difficile iter per la scelta del successore di Aoun. Già cinque sessioni parlamentari si sono chiuse con un nulla di fatto. Si fa sempre più profonda la frattura – pur senza nominarlo – con Hezbollah. I contrasti sull’articolo 49. Patriarchi e vescovi libanesi lanciano speciale commissione «Verità e riconciliazione».
Sono gravi, e destinati a far discutere, i sospetti avanzati dal patriarca maronita: durante l’ultima omelia della messa domenicale, il porporato ha parlato di avversari del Libano «che non vogliono eleggere un presidente, considerando poi non necessario o di relativa importanza il fatto che sia un cristiano maronita» come da tradizione e Costituzione. Parole che giungono a distanza di due settimane dalla scadenza del mandato del presidente Michel Aoun (31 ottobre), senza che il Parlamento sia stato in grado di eleggere un successore.
Il nostro auspicio, queste in sintesi le parole del capo della Chiesa maronita, è quello di un presidente eletto in modo consensuale, ma il capo dello Stato «che noi vogliamo è colui il quale sfiderà tutti quelli che sfidano i libanesi e il Libano, e che vanificherà tutti gli sforzi nascosti e visibili di stravolgere l’identità nazionale e storica» del Paese dei cedri.
Così facendo, il cardinale Raï ha redatto il ritratto tipo di un particolare avversario «con molteplici fedeltà» che, secondo gli osservatori, finisce col corrispondere a Hezbollah. Il grande movimento filo-iraniano libanese, che egli continua ad attaccare pur senza nominarlo in modo esplicito.
«Noi non permetteremo la distruzione della sua specificità, dell’identità [del Libano] e del suo pluralismo, e di tutto ciò che rappresenta in questo Oriente, una patria che ha rappresentato un rifugio nazionale sicuro per i cristiani come per tutti gli altri […] in un quadro di nazione democratica e civilizzata. Ed è su questi nobili obiettivi, che il Libano ha preso forma nel 1920 e su di essi continuerà a fondarsi».
«Non rinnegheremo i sacrifici fatti per il Libano e tutti i libanesi, né quelli dei martiri che sono caduti per difendere – ha proseguito – questo modello di civiltà e per salvare il partenariato nazionale».
Nel corso dell’omelia, egli non ha risparmiato attacchi anche a coloro i quali «inventano a ogni elezione presidenziale delle giustificazioni per controllarne lo svolgimento», mentre a questo riguardo «la Costituzione è chiara».
Controversia sull’art. 49
Il patriarca maronita ha alluso alla «controversia» relativa all’interpretazione dell’art. 49 della Costituzione, il quale prevede che al secondo turno il capo dello Stato possa essere eletto a maggioranza assoluta dei deputati (65 su 128) e non più sui due terzi degli eletti, come al primo turno (cioè 86 deputati su 128).
A suo dire, al secondo turno il quorum richiesto per l’elezione deve cambiare; ed è anche ciò che il presidente della Camera, Nabih Berry, capo del movimento sciita Amal, si rifiuta di concedere, imponendo per ogni scrutinio che sia raggiunto il quorum dei due terzi dei deputati.
Riferendosi alle cinque sessioni che si sono già tenute per eleggere un presidente, il patriarca ha ritenuto che un nuovo capo dello Stato possa essere eletto solo grazie a «successivi scrutini giornalieri» accompagnati, in parallelo, da «consultazioni tra blocchi parlamentari».
Inoltre, persistendo l’impossibilità di eleggere un successore mediante consenso e in grado di reggere di fronte all’imperativo di un Libano sovrano, il capo della chiesa maronita ha invocato di nuovo lo svolgimento di un «congresso internazionale» sotto l’egida ONU. «Le Nazioni Unite, così come qualsiasi Paese che si considera amico del Libano, sono interessate – ha insistito il porporato – a tenere un tale congresso».
«Quelli che fanno la storia sono i gruppi parlamentari e nessun’altra entità» ha sostenuto invece il muftì jafarita Ahmad Kabalan, vicino a Hezbollah, il giorno stesso della messa del patriarca, quasi a farne da contraltare. «Il congresso internazionale – ha replicato, seppur indirettamente, al primate maronita – diluisce la sovranità libanese […] ecco perché la soluzione […] passa solo attraverso il Parlamento, e non mediante l’intervento di un congresso internazionale».
In precedenza, l’11 novembre scorso il segretario generale di Hezbollah Hassan Nasrallah aveva affermato che il suo partito vuole un presidente «che non tradirà la Resistenza, non complotterà contro di essa e non la pugnalerà alle spalle».
Come è ovvio, egli col termine «Resistenza» fa riferimento al suo stesso partito.
«Verità e riconciliazione»
Al contempo, la scorsa settimana l’Assemblea dei patriarchi e vescovi cattolici del Libano (APECL) ha commemorato – durante la 55ª sessione, dal 7 all’11 novembre – il 25mo anniversario dell’Esortazione apostolica «Una speranza nuova per il Libano».
Il tema di questa sessione era «la purificazione della memoria», come richiesto da papa Giovanni Paolo II nell’esortazione stessa. E, a tal fine, l’APECL ha deciso di creare una speciale «Commissione verità e riconciliazione» composta da «saggi» che sarà chiamata a prendere contatti con tutte le parti libanesi – siano esse religiose, politiche o civili – e con le quali preparare il terreno per finalizzare questo lavoro di memoria.
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Immagine di Kocsis Fülöp via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0); immagine modificata.
Geopolitica
«Li prenderemo la prossima volta» Israele non esclude un altro attacco al Qatar

Israele è determinato a uccidere i leader di Hamas ovunque risiedano e continuerà i suoi sforzi finché non saranno tutti morti, ha dichiarato martedì a Fox News l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti Yechiel Leiter.
In precedenza, attacchi aerei israeliani hanno colpito un edificio residenziale a Doha, in Qatar, prendendo di mira alti esponenti dell’ala politica di Hamas. Il gruppo ha affermato che i suoi funzionari sono sopravvissuti, mentre l’attacco è stato criticato dalla Casa Bianca e condannato dal Qatar.
«Se non li abbiamo presi questa volta, li prenderemo la prossima volta», ha detto il Leiter.
L’ambasciatore ha descritto Hamas come «nemico della civiltà occidentale» e ha sostenuto che le azioni di Israele stavano rimodellando il Medio Oriente in modi che gli Stati «moderati» comprendevano e apprezzavano. «In questo momento, potremmo essere oggetto di qualche critica. Se ne faranno una ragione», ha detto riferendosi ai Paesi arabi.
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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che, sebbene smantellare Hamas sia un obiettivo legittimo, colpire un alleato degli Stati Uniti mina gli interessi sia americani che israeliani.
Leiter ha osservato che Israele «non ha mai avuto un amico migliore alla Casa Bianca» e che Washington e lo Stato Ebraico sono rimaste unite nel perseguire la distruzione del gruppo militante.
Il Qatar, che ospita funzionari di Hamas nell’ambito del suo ruolo di mediatore, ha dichiarato che tra le sei persone uccise nell’attacco israeliano c’era anche un agente di sicurezza del Qatar.
L’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani, ha denunciato l’attacco come un «crimine atroce» e un «atto di aggressione», mentre il ministero degli Esteri di Doha ha accusato Israele di «terrorismo di Stato».
Israele ha promesso di dare la caccia ai leader di Hamas, ritenuti responsabili del mortale attacco dell’ottobre 2023, lanciato da Gaza verso il sud di Israele. L’ambasciatore ha giurato che i responsabili «non sopravviveranno», ovunque si trovino.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Attacco israeliano in Qatar. La condanna di Trump

#Qatar / #Palestine / #Israel 🇶🇦🇵🇸🇮🇱: Israeli Air Forces carried out air strikes to assassinate Senior officials of #HAMAS in the city of #Doha.
Reportedly HAMAS negotiation team was targeted with Air-To-Surface Missiles while discussing the ceasefire in the capital of Qatar. pic.twitter.com/WdWuqY6rXq — War Noir (@war_noir) September 9, 2025
🚨🇮🇱🇶🇦🇵🇸 BREAKING: ISRAEL just AIRSTRIKED Hamas’s negotiation team in DOHA, QATAR pic.twitter.com/cTdA5fT4gP
— Jackson Hinkle 🇺🇸 (@jacksonhinklle) September 9, 2025
BREAKING:
Israeli fighter jets struck Qatar’s capital, Doha. An Israeli airstrike in Doha killed Hamas leader in Gaza, Khalil al-Hayya, and three senior members of the group’s leadership, Al Arabiya reports, citing sources. Al Hadath states those in the targeted building… pic.twitter.com/03rwdUbvZ5 — Visegrád 24 (@visegrad24) September 9, 2025
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NEW: Qatar reserves the right to retaliate for the Israeli attack against Doha, Qatari PM says
“We’ve reached a decisive moment; There should be retaliation from the whole region” pic.twitter.com/dKHnqEHNqN — Ragıp Soylu (@ragipsoylu) September 9, 2025
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Nel suo post Trump ha affermato che il bombardamento israeliano all’interno di «una nazione sovrana e stretto alleato degli Stati Uniti» non ha «favorito gli obiettivi di Israele o dell’America». «Considero il Qatar un forte alleato e amico degli Stati Uniti e mi dispiace molto per il luogo dell’attacco», ha scritto, sottolineando che l’attacco è stato «una decisione presa dal primo ministro Netanyahu, non una decisione presa da me». Trump ha affermato che, non appena informato dell’operazione, ha incaricato l’inviato speciale statunitense Steve Witkoff di avvertire i funzionari del Qatar, ma ha osservato che l’allerta è arrivata «troppo tardi per fermare l’attacco». Il presidente ha affermato che eliminare Hamas era un «obiettivo degno», ma ha espresso la speranza che «questo sfortunato incidente possa servire come un’opportunità per la PACE». Da allora Trump ha parlato con Netanyahu, che gli ha detto di voler fare la pace, e con i leader del Qatar, che ha ringraziato per il loro sostegno e ha assicurato che «una cosa del genere non accadrà più sul loro territorio». La Casa Bianca ha definito l’attacco un incidente «sfortunato». Trump ha dichiarato di aver incaricato il Segretario di Stato Marco Rubio di finalizzare un accordo di cooperazione per la difesa con il Qatar, designato come «importante alleato non NATO».( @realDonaldTrump – Truth Social Post ) ( Donald J. Trump – Sep 09, 2025, 4:20 PM ET )
This morning, the Trump Administration was notified by the United States Military that Israel was attacking Hamas which, very unfortunately, was located in a section of Doha, the Capital of… pic.twitter.com/axQSlL46gW — Fan Donald J. Trump 🇺🇸 TRUTH POSTS (@TruthTrumpPosts) September 9, 2025
“The president views Qatar as a strong ally and friend of the United States and feels very badly about the location of this attack.”
White House press sec. Karoline Leavitt read a statement after Israel’s strike on Hamas leadership in Doha. https://t.co/X3EkiIHoZ7 pic.twitter.com/OdDyR4QcgF — ABC News (@ABC) September 9, 2025
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Geopolitica
Lavrov: la Russia non ha voglia di vendetta

La Russia non ha intenzione di vendicarsi dei paesi occidentali che hanno interrotto i rapporti e fatto pressioni su Mosca a causa del conflitto in Ucraina, ha affermato il ministro degli Esteri Sergej Lavrov.
Intervenendo lunedì all’Istituto statale di relazioni internazionali di Mosca, Lavrov ha sottolineato che la Russia non intende «vendicarsi o sfogare la propria rabbia» sulle aziende che hanno deciso di sostenere i governi occidentali nel loro tentativo di sostenere Kiev e imporre sanzioni economiche a Mosca, aggiungendo che l’ostilità è generalmente «una cattiva consigliera».
«Quando i nostri ex partner occidentali torneranno in sé… non li respingeremo. Ma… terremo conto che, essendo fuggiti su ordine dei loro leader politici, si sono dimostrati inaffidabili», ha affermato il ministro.
Secondo Lavrov, qualsiasi futuro accesso al mercato dipenderà anche dalla possibilità che le aziende rappresentino un rischio per i settori vitali per l’economia e la sicurezza della Russia.
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Il ministro ha sottolineato che la Russia è aperta alla cooperazione e non ha alcuna intenzione di isolarsi. «Viviamo su un piccolo pianeta. Costruire i muri di Berlino è stato in stile occidentale… Non vogliamo costruire alcun muro», ha affermato, riferendosi al simbolo della Guerra Fredda che ha diviso la capitale tedesca dal 1961 al 1989.
«Vogliamo lavorare onestamente e se i nostri partner sono pronti a fare lo stesso sulla base dell’uguaglianza e del rispetto reciproco, siamo aperti al dialogo con tutti», ha affermato, indicando il vertice in Alaska tra il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo statunitense, Donald Trump, come esempio di impegno costruttivo.
Il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov ha dichiarato sabato che le aziende occidentali sarebbero state benvenute se non avessero sostenuto l’esercito ucraino e avessero rispettato gli obblighi nei confronti dello Stato e del personale russo, tra cui il pagamento degli stipendi dovuti.
Questo mese Putin ha anche respinto l’isolazionismo, sottolineando che la Russia vorrebbe evitare di chiudersi in un «guscio nazionale», poiché ciò danneggerebbe la competitività. «Non abbiamo mai respinto o espulso nessuno. Chi vuole rientrare è il benvenuto», ha aggiunto.
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