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Geopolitica

Draghi, Macron e Scholz a Kiev: cosa è successo davvero?

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I tre capi di governo dei principali Paesi UE sono andati a Kiev la settimana scorsa. Si è trattato di un evento cui è stata data massima pubblicità – a differenza di tante visite a Zelens’kyj fatte da personaggi analoghi come Johnson, Von der Leyen o dalla Nancy Pelosi, che si sono materializzati direttamente per le foto con il presidente-attore nella capitale ucraina.

 

Le immagini dei tre in treno (che ricalcavano senza tanta fantasia quella dei capi di Polonia, Slovenia e Repubblica Ceca di qualche settimana fa) hanno fatto il giro del mondo – e noi vogliamo sottolineare come a capotavola ci sia significativamente il Macron nucleare, con Draghi sorridente e Scholz quasi invisibile.

 

Il messaggio all’universo mondo doveva essere chiaro: l’Europa nella sua interezza sostiene il regime di Kiev.

 

Tuttavia, scrive EIRN, «c’è una narrazione pubblica sulla visita del presidente francese Emmanuel Macron, del cancelliere tedesco Olaf Scholz e del primo ministro italiano Mario Draghi a Kiev il 16 giugno, ma ce n’è anche una non pubblica»

 

«Scholz, Macron e Draghi, che sono andati a Kiev, hanno persuaso privatamente Zelens’kyj a negoziare con la Russia» ha scritto la testata tedesca Die Welt.

 

Secondo il quotidiano germanico, i tre hanno sostenuto di fornire all’Ucraina lo status di candidato all’adesione all’UE, ma, «a porte chiuse», molto probabilmente hanno tentato di convincere l’apparente capo ucraino a sedersi al tavolo dei negoziati con Putin.

 

Cioè sarebbe dettato dalla realizzazione che il danno economico subito dai paesi europei a causa della crisi è sempre più forte, e oramai quasi impossibile da compensare.

 

Si tratta di un danno tangibile per tutti i cittadini – con conseguente rischio per la stabilità sociale delle nazioni europee. «La crescita economica è rallentata, l’inflazione ha raggiunto un livello record«, scrive Die Welt.

 

«In effetti, per quanto impressionante possa sembrare, la decisione di dare a Kiev lo “status di candidato” dell’UE non cambia nulla per il momento. I Paesi balcanici aspettano da anni come candidati e stanno ancora aspettando» ricorda EIRN.

 

Il sito web La Tunisie Numérique riportava ieri che «quando Macron dice che sono necessarie “nuove discussioni” con Kiev, è principalmente per dire che l’Europa è disposta ad aiutare, a condizione che Zelens’kyj riconsideri il suo pensiero. E quando il presidente francese lo dice, sta dicendo quello che ha sempre pensato: dobbiamo negoziare con Mosca, dividere la differenza, molto probabilmente piangere per alcuni pezzi di territorio ucraino. Per raggiungere il suo obiettivo, Macron farà una vaga promessa sull’adesione dell’Ucraina all’UE, ma ciò non dovrà essere fatto per altri 15-20 anni. In altre parole rimandare la vicenda alle calende greche, quando si placherà la riconfigurazione geopolitica voluta da Putin».

 

Draghi ha anche fatto un riferimento sibillino al problema, dicendo che le istituzioni dell’UE devono essere profondamente riformate «per semplificare le procedure di accesso».

 

«Ma cosa significa in realtà? Ciascuno dei tre si è recato in Ucraina rappresentando una minoranza sempre più piccola nel proprio paese, che continua a sostenere l’invio di armi a Kiev. Quindi, non rappresentano le loro popolazioni» ricorda EIRN. «Tuttavia, nel suo discorso pubblico a Kiev, Draghi ha proclamato: “Siamo qui per aiutare l’Ucraina nella guerra”! Ha inoltre dichiarato di voler aiutare l’Ucraina a raggiungere la pace, ma che spetta a Kiev decidere come dovrebbe essere la pace (ma l’abbiamo già visto)».

 

Ricordiamo come il presidente del Consiglio italiano è stato tra gli artefici, ha scritto il Financial Times, del primo vero episodio di guerra economica della storia umana, diretto dalle centrali politico-finanziarie di Bruxelles e Washington (Ursula Von der Leyen, Janet Yellen) contro Mosca con l’aiuto dell’esperto ex capo BCE Mario Draghi.

 

Così l’occidente ha sequestrato 300 miliardi di dollari della Banca Centrale di Russia depositati presso le Banche occidentali.

 

Un furto, una catastrofe, un atto di guerra. Che conta forse più delle armi che, illegalmente e ingiustamente, vengono inviate al regime di Kiev e ai suoi gorilla nazisti.

 

 

 

 

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Geopolitica

Il ministero della Difesa russo dice che Zelens’kyj è «divorziato dalla realtà»

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Il ministro della Difesa russo ha affermato mercoledì che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky o è «divorziato dalla realtà» dopo essere stato ingannato dai suoi comandanti militari, oppure sta intenzionalmente mentendo alla propria nazione.

 

La critica è scaturita in risposta alle dichiarazioni dello Zelens’kyj sulla situazione a Kupjansk, dove egli sosteneva che le truppe di Mosca fossero state respinte. L’esercito russo ha sostenuto il contrario.

 

«Il capo del regime di Kiev è completamente estraneo alla realtà e, dopo aver ascoltato rapporti falsi dal [comandante in capo delle forze armate Aleksandr] Syrsky, non ha alcun controllo sulla situazione operativa sul terreno», si legge nella nota russa.

 

«In alternativa, è consapevole della situazione disperata e della vera posizione delle forze armate ucraine a Kupyansk. Per questo cerca di continuare a occultare la verità al popolo ucraino e ai suoi sponsor occidentali, a costo della morte ignobile di migliaia di soldati ucraini.»

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Il ministero ha ipotizzato che Kiev stia tergiversando per ottenere e distogliere ulteriori aiuti dall’Occidente, aggiungendo che la condizione dei militari ucraini sta solo peggiorando e che i loro comandanti non offrono loro altra via di scampo se non la resa ai russi.

 

Zelens’kyj aveva in precedenza dichiarato che la presenza militare russa vicino a Kupyansk si limitava a sole 60 truppe e che l’esercito ucraino aveva un piano per completare un «colpo» nella zona, di cui si era rifiutato di rivelare i dettagli.

 

Il governo ucraino ha respinto le notizie russe secondo cui le sue forze sarebbero accerchiate in due settori specifici del fronte, con oltre 10.000 soldati intrappolati. La settimana scorsa Kiev ha schierato unità d’élite vicino a Krasnoarmijs’k (nota in Ucraina nel 2016 come Pokrovsk), che avrebbero subito gravi perdite nel tentativo di consolidare le posizioni.

 

A fine ottobre, il presidente russo Vladimir Putin aveva evidenziato la situazione critica degli ucraini nei pressi di Kupjansk e Krasnoarmijs’k , invitando Kiev ad accettare la resa onorevole delle truppe assediate.

 

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La polizia fa irruzione in una discoteca in Ucraina per una canzone russa

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Secondo i media locali, la polizia ha perquisito nel fine settimana una discoteca nella città portuale ucraina di Odessa, dopo la segnalazione della riproduzione di una canzone in lingua russa e del fatto che numerosi ospiti la stessero cantando in coro.   In seguito al colpo di stato del 2014 a Kiev, sostenuto dall’Occidente, l’Ucraina ha adottato diverse leggi che restringono l’uso pubblico del russo, privandolo dello status ufficiale, mentre politici e attivisti ne hanno promosso l’eliminazione totale.   Un video dell’esibizione, diffuso da Strana.ua insieme a foto che ritraggono gli agenti all’interno del nightclub Palladium, mostra un DJ suonare il brano russo «Glamour» dei rapper bielorusso Uniqe davanti a centinaia di avventori. Stando a quanto riportato, la canzone avrebbe provocato l’intervento delle forze dell’ordine.  

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Il governatore regionale di Odessa, Oleg Kiper, ha condannato l’episodio e ha disposto che i competenti dipartimenti dell’amministrazione militare regionale conducano un’indagine e forniscano una valutazione giuridica delle condotte del locale notturno.   «Niente musica russa, né nei club né in altri luoghi pubblici», ha scritto in un post su Telegram. «Odessa è una città ucraina. Per chiunque se ne fosse dimenticato, questo è un promemoria».   Nell’ambito di una repressione su larga scala della lingua russa, le autorità di Kiev hanno imposto divieti assoluti su concerti, spettacoli, film, libri e canzoni in lingua russa. Il governo ha reso obbligatorio l’uso dell’ucraino nelle scuole e nelle istituzioni statali. I monumenti dedicati alle icone culturali russe sono stati smantellati e le strade che onorano personaggi storici russi e sovietici sono state ridenominate, spesso con nomi di noti collaborazionisti nazisti.   Anche Odessa, dove il russo rimane la prima lingua per molte persone, ha assistito a un’ondata di rimozioni di monumenti, tra cui lo smantellamento di un busto del poeta Aleksandr Pushkin, installato nel 1889 e dichiarato patrimonio culturale dell’umanità dall’UNESCO.   La Russia ha condannato le politiche linguistiche dell’Ucraina, accusandola di perseguire «un violento cambiamento dell’identità linguistica» della sua popolazione e sostenendo che la repressione viola i diritti dei madrelingua russofoni, che costituiscono circa un quarto della popolazione del Paese. Ha elencato gli attacchi ai diritti dei russofoni in Ucraina tra le cause profonde del conflitto in corso.   Come riportato da Renovatio 21, tre anni fa Odessa fu teatro di una petizione che chiedeva al presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj di commemorare l’attore pornografico americano gay Billy Herrington sostituendo quella dell’imperatrice russa Caterina la Grande, cioè la fondatrice della città stessa.  

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Geopolitica

Orban: Tusk ha trasformato la Polonia in vassallo di Bruxelles

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Secondo il primo ministro ungherese Vittorio Orban, il leader polacco Donald Tusk ha trasformato il suo paese in un «vassallo di Bruxelles» ed è diventato «uno dei più rumorosi guerrafondai» d’Europa, nonostante la crescente stanchezza dei polacchi nei confronti del conflitto in Ucraina.

 

Sabato Orban ha pubblicato queste dichiarazioni su X, sostenendo che la retorica bellicosa di Tusk sul conflitto era un tentativo di distrarre i polacchi dai problemi interni.

 

«È diventato uno dei più rumorosi guerrafondai d’Europa, eppure la sua politica di guerra sta fallendo: l’Ucraina sta esaurendo i fondi europei e il popolo polacco è stanco della guerra», ha scritto l’Orban. «Non può cambiare rotta perché ha trasformato la Polonia in un vassallo di Bruxelles».

 

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All’inizio della settimana, Tusk si è scagliato contro Orban durante un’intervista televisiva, sostenendo che per il primo ministro ungherese «Bruxelles, la democrazia e uno stato di diritto trasparente sono un problema».

 

Secondo un sondaggio pubblicato lunedì dall’emittente pubblica TVP, oltre la metà dei polacchi disapprovava l’operato di Tusk come primo ministro. Con la sua popolarità in calo, la sua coalizione ha perso le elezioni presidenziali di inizio anno contro il conservatore Karol Nawrocki, sostenuto dal partito di opposizione PiS.

 

Nonostante il crescente sentimento anti-ucraino in patria, Tusk ha esortato i membri dell’UE a continuare a finanziare Kiev con tutti i mezzi necessari. «Dobbiamo riconoscere che questa è la nostra guerra», ha dichiarato a un forum sulla sicurezza a Varsavia a settembre.

 

Orban ha a lungo sfidato l’UE sul suo sostegno militare all’Ucraina, rifiutandosi di inviare armi e sostenendo che i «burocrati guerrafondai di Bruxelles» stanno trascinando Budapest in un conflitto totale con la Russia.

 

All’inizio di quest’anno, il blocco ha accelerato il suo rafforzamento militare, investendo massicciamente nella produzione congiunta di armi con l’Ucraina, citando la presunta minaccia della Russia, accuse che Mosca ha respinto.

 

Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni il ministro degli Esteri di Budapest Pietro Szijjarto aveva accusato Tusk di «difendere i terroristi» in seguito alla sua richiesta di sospendere le indagini tedesche sul sabotaggio del gasdotto Nord Stream.

 

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