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Geopolitica

Ennesimo capolavoro di Putin: nel giorno in cui gli USA dicevano avrebbe invaso l’Ucraina, smobilita tutto

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Nel giorno in cui – aveva assicurato Biden – Putin doveva invadere l’Ucraina, i tank russi lasciano il confine.

 

La disfatta della comunicazione guerrafondaia della politica e dei media di Washington è evidente sino al ridicolo.

 

Una volta di più, ecco che i guerrafondai occidentali sono stati giocati dallo scacchista di Mosca.

 

I russi hanno diffuso un video in cui i tank schierati al confine vengono rispediti altrove per via ferroviaria.

 

Si tratta di immagini incruente che, nella loro composta solennità marziale, in realtà demoliscono l’intero edificio della guerra occidentale.

 

 

Vi è, in questo video, una manovra geopolitico-militare di sottigliezza epica.

 

Chi tamburellava per la guerra, magari termonucleare, è reso impotente, è umiliato. Come aveva dichiarato l’ex deputata americana Tulsi Gabbard, l’intero Complesso Militare-Industriale americano, e i politici che ha nel taschino, speravano con ardore che la Russia invadesse l’Ucraina. Sono rimasti con nulla.

 

In attesa che crolli anche la narrazione pandemica, una narrazione fasulla è cascata – e con essa la farsa del countdown all’invasione.

 

Al conto alla rovescia prima della guerra, con tanto di data precisa, hanno poi partecipato tutti – il senile presidente USA incluso, che aveva comunicato l’imminenza dell’invasione agli alleati. A soffiare sul fuoco pubblicamente c’era, soprattutto, Jake Sullivan, il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, che aveva assicurato che l’invasione sarebbe arrivata prima della fine delle Olimpiadi (20 febbraio), e che quindi i cittadini statunitensi avrebbero dovuto lasciare l’Ucraina.

 

Il Sullivan è emerso in queste ore, sarebbe coinvolto nelle recenti accuse di spionaggio contro il candidato e il presidente Trump, che fu accusato di essere colluso con la Russia.

 

La Russia, insomma, ritorna sempre: gli angloamericani, per delle questioni mai del tutto approfondite, ne sono ossessionati – da secoli. Nel caso delle recenti tensioni ucraine, l’ex ministro degli Esteri di Vienna Karin Kneissl ha puntato il dito su Londra come fomentatrice dell’escalation. Lo stesso ha fatto il presidente croato Zoran Milanovic.

 

Nonostante l’ipotesi fosse scartata e derisa perfino dai vertici ucraini, la storia del 16 febbraio come data di invasione era stata diffusa a piene mani dagli americani, inducendo la portavoce degli Esteri di Mosca Maria Zakharova a parlare di «russofobia psichedelica».

 

Bloomberg aveva addirittura titolato «per errore» con le parole «la Russia invade l’Ucraina». Come riportato da Renovatio 21, si tratta della testata fondata da quel Michael Bloomberg è stato appena cooptato del Comitato di Innovazione del Pentagono.

 

Sta circolando in rete un brano tratto da un episodio del cartone I Griffin che descrive piuttosto bene quello che sta è accaduto.

 

 

La capacità strategica di Putin – che ricordiamo sta sfidando la più grande forza militare della storia umana, la NATO – è stata semplicemente magistrale, insuperata.

 

Ancora una volta, Putin ha dimostrato la sua superba lucidità.

 

Di più: egli ha confermato, come tante volte in questi decenni, il suo ruolo di «garante di Westphalia», ultimo difensore del sistema di relazioni tra Stati che gli americani, con i loro «interventi umanitari» e più sotto con i golpe e le «rivoluzioni colorate», paiono non comprendere.

 

Torna alla mente uno strano, incredibile omaggio che comparve su un ponte di Nuova York anni fa, negli ultimi mesi della presidenza di Barack Obama – personaggio che Putin superò pubblicamente in tattica, intelligenza e spirito, scatenandone l’odio. Si era all’altezza dell’intervento risolutore della Russia nella Siria devastata dall’ISIS (e da altre sigle terroriste fiancheggiate da CIA e Pentagono).

 

«Peacemaker» diceva lo striscione issato da anonimi sul ponte di Manhattan. «Pacificatore».

 


Proprio così. Putin uomo della Pace.

 

Nessuno può, a questo punto, avere dubbi.

 

 

 

Immagine screenshot da Twitter

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Geopolitica

Trump annuncia attacchi terrestri in Venezuela «presto»

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato che gli USA potrebbero avviare «molto presto» operazioni terrestri contro presunte reti di narcotraffico collegate al Venezuela, dopo aver quasi completamente interrotto i flussi di stupefacenti via mare. Caracas ha respinto con forza ogni accusa di legami con i cartelli della droga.

 

Parlando venerdì con i giornalisti alla Casa Bianca, Trump ha annunciato che il traffico di droga marittimo legato al Venezuela è calato del 92%, sostenendo che le forze americane stanno «eliminando la droga a livelli mai visti prima». «Abbiamo bloccato il 96% degli stupefacenti che arrivavano via mare», ha precisato, per poi aggiungere: «Presto le operazioni inizieranno anche sulla terraferma».

 

Il presidente statunitense non ha tuttavia fornito indicazioni su eventuali obiettivi o sull’estensione di tali azioni.

 

Da settembre le forze USA hanno intensificato sensibilmente la presenza militare nei Caraibi e nel Pacifico orientale, conducendo oltre 20 interventi contro imbarcazioni sospette di traffico di droga e causando la morte di decine di persone. Trump ha affermato che queste operazioni hanno salvato decine di migliaia di vite americane, impedendo l’ingresso di narcotici nel Paese.

 

Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha sempre rigettato le accuse di Trump su presunti rapporti tra Caracas e i narcocartelli, sostenendo che Washington utilizzi la campagna antidroga come pretesto per destabilizzare e rovesciare il suo governo.

 

Come riportato da Renovatio 21, Maduro, che avrebbe offerto ampie concessioni economiche agli USA per restare al potere, sarebbe stato oggetto di un tentativo di rapimento tramite il suo pilota personale.

 

Il Venezuela ha stigmatizzato il rinforzo militare come violazione della sovranità e tentativo di golpe. Il governo venezuelano starebbe cercando appoggio da Russia, Cina e Iran. Mosca ha di recente riaffermato la sua alleanza con Caracas, esprimendo pieno sostegno alla leadership del Paese nella difesa della propria integrità. Mosca ha accusato il mese scorso Washington di preparare il golpe in Venezuela.

 

Questa settimana le autorità statunitensi hanno sequestrato anche la petroliera Skipper al largo delle coste venezuelane, una nave cargo che secondo gli USA trasportava petrolio dal Venezuela e dall’Iran. Le autorità di Caracas hanno condannato l’operazione definendola «furto manifesto» e «pirateria navale criminale».

 

Come riportato da Renovatio 21, nel frattempo, la Russia – da tempo alleata stretta del Venezuela – ha rinnovato pubblicamente il suo sostegno a Maduro. Secondo il Cremlino, il presidente Vladimir Putin «ha espresso solidarietà al popolo venezuelano e ha ribadito il proprio appoggio alla ferma determinazione del governo Maduro nel difendere la sovranità nazionale e gli interessi del Paese dalle ingerenze esterne». I due leader hanno inoltre confermato l’impegno a dare piena attuazione al trattato di partenariato strategico siglato a maggio.

 

Trump nelle scorse settimane ha ammesso di aver autorizzato le operazioni CIA in Venezuela. Di piani CIA per uccidere il presidente venezuelano il ministro degli Interni del Paese aveva parlato lo scorso anno.

 

Come riportato da Renovatio 21, Maduro aveva denunciato l’anno scorso la presenza di mercenari americani e ucraini in Venezuela. «Gli UA finanziano Sodoma e Gomorra» aveva detto.

 

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

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Geopolitica

La Slovacchia «non sosterrà nulla» che contribuisca a prolungare il conflitto in Ucraina

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Il primo ministro slovacco Robert Fico ha annunciato che la Slovacchia si opporrà a qualsiasi misura che permetta di impiegare i beni russi congelati per fornire armi all’Ucraina, mettendo in guardia sul fatto che ulteriori sostegni militari non farebbero che protrarre l’«insensata uccisione quotidiana di centinaia di migliaia di russi e ucraini».   In seguito all’escalation del conflitto nel 2022, gli alleati occidentali di Kiev hanno bloccato circa 300 miliardi di dollari di asset della banca centrale russa, in gran parte depositati nell’UE. Da quel momento è divampata una disputa tra i Paesi intenzionati a usare tali fondi come collaterale per un «prestito di riparazione» a favore di Kiev e quelli che si oppongono fermamente. La decisione finale spetterà ai membri dell’UE nel voto previsto per la prossima settimana.   Fico, da sempre critico del piano, ha illustrato la propria posizione in dettaglio in una lettera inviata all’inizio della settimana al Presidente del Consiglio europeo António Costa. In un post su X pubblicato venerdì, ha riferito di aver poi avuto un colloquio telefonico con Costa, durante il quale ha ribadito il suo rifiuto all’invio di armi a Kiev. Fico ha dichiarato di aver avvertito che proseguire con i finanziamenti prolungherebbe le ostilità e accrescerebbe le vittime, mentre Costa «ha parlato solo di soldi per la guerra».   «Se per l’Europa occidentale la vita di un russo o di un ucraino non vale un cazzo, non voglio far parte di un’Europa occidentale del genere», ha affermato Fico. «Non appoggerò nulla, anche se dovessimo restare a Bruxelles fino al nuovo anno, che comporti il sostegno alle spese militari dell’Ucraina».  

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Vari Stati membri dell’UE hanno manifestato riserve sul programma di prestiti, evidenziando rischi di natura legale e finanziaria. Secondo Politico, venerdì Italia, Belgio, Bulgaria e Malta hanno sollecitato la Commissione europea a considerare opzioni alternative al sequestro degli asset, quali un meccanismo di prestito comunitario o soluzioni temporanee. Obiezioni sono arrivate anche da Ungheria, Germania e Francia.   Venerdì la Commissione Europea ha dato il via libera a una norma controversa che potrebbe prorogare indefinitamente il congelamento dei beni russi, qualificando la materia come emergenza economica e non come misura sanzionatoria. Questo passaggio è interpretato come propedeutico all’attuazione del «prestito di riparazione», in quanto permette decisioni a maggioranza qualificata invece che all’unanimità, eludendo così i veti dei Paesi dissidenti.   Mosca ha stigmatizzato come illegittimo ogni tentativo di appropriarsi dei suoi asset. La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha affermato questa settimana che, con il programma di «prestiti di riparazione», l’Europa sta adottando un comportamento «suicida». Riferendosi al voto di venerdì, ha etichettato l’UE come «truffatori».

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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
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Orban come John Snow

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Il principale negoziatore russo Kirill Dmitriev ha paragonato il primo ministro ungherese Vittorio Orban al personaggio di Jon Snow della serie Il Trono di Spade, raffigurandolo come l’unico baluardo a difesa del diritto europeo mentre l’UE procede al congelamento a tempo indeterminato degli asset sovrani russi.

 

In un post su X pubblicato venerdì, Dmitriev ha lodato lo Orban per aver «difeso il sistema legale e finanziario dell’UE dai folli burocrati guerrafondai dell’Unione», sostenendo che il leader ungherese stia lottando per «ridurre la migrazione, accrescere la competitività e ripristinare buonsenso, valori e pace».

 

Dmitriev ha allegato una sequenza tratta dalla celeberrima «Battaglia dei Bastardi», una delle scene più memorabili della fortunata serie. Il frammento mostra Jon Snow, isolato sul campo di battaglia, che estrae la spada mentre la cavalleria della Casa Bolton gli si avventa contro. Nella saga, i Boltoni sono noti per la loro crudeltà e spietatezza, mentre Snow è dipinto come un condottiero riluttante che antepone il dovere all’ambizione personale, spesso a caro prezzo.

 

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Venerdì, Orban – che in numerose occasioni ha criticato duramente le politiche conflittuali dell’UE nei confronti della Russia – ha accusato Bruxelles di «violentare il diritto europeo», riferendosi alla decisione che ha permesso all’Unione di bypassare il requisito dell’unanimità per prorogare le sanzioni sugli asset sovrani russi, valutati in circa 210 miliardi di euro. Mosca ha bollato il congelamento come «furto», minacciando azioni legali in caso di confisca da parte dell’UE.

 

In un altro post, Dmitriev ha attaccato il segretario generale della NATO Mark Rutte, paragonandolo al Re della Notte, il principale antagonista di Game of Thrones, che guida un esercito di non-morti ed è completamente privo di empatia.

 

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Il paragone è arrivato in risposta alle dichiarazioni di Rutte, che ha accusato la Russia di «riportare la guerra in Europa» e ha invitato i membri della NATO a prepararsi a un conflitto su scala paragonabile a quelli affrontati dalle generazioni passate. Il Dmitriev ha quindi affermato che Rutte «non ha famiglia né figli» e «desidera la guerra», aggiungendo però che «alla fine prevarrà la pace».

 

Dmitriev, figura chiave negli sforzi per risolvere il conflitto in Ucraina, ha fatto eco alle critiche del ministro degli Esteri ungherese Pietro Szijjarto, che aveva accusato Rutte di «alimentare le tensioni belliche».

 

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