Geopolitica
Ucraina, anche il ministro della difesa ucraino dice che la «guerra imminente» con la Russia è una balla anglofona
La cascata di menzogne di Washington sulla questione della guerra tra la Russia e l’Ucraina – cioè, tra la Russia e gli USA – non accenna a diminuire.
Uno avrebbe potuto pensare che dopo le dichiarazioni pubbliche del presidente ucraino Zelens’kyj che sconfessavano Biden e il ripetuto allarme di una «invasione imminente» (con alcuni giornalisti che, citando «fonti», hanno sostenuto che Biden al telefono con l’omologo ucraino ha parlato del vicino «sacco di Kiev» da parte delle truppe moscovite) il livello di propaganda russofoba potessi abbassarsi.
È vero il contrario.
«Il monitoraggio e l’analisi della situazione attuale intorno ai confini ucraini non registra tali attività. Ciò è dimostrato dallo scambio di informazioni tra servizi di Intelligence e partner stranieri»
Reuters ha nelle ultime ore riportato che tre funzionari statunitensi senza nome hanno detto ieri all’agenzia che la formazione militare russa lungo il confine con l’Ucraina si è «espansa» per includere emoderivati e altre forniture mediche che consentirebbero di curare le vittime, dimostrando presumibilmente la prontezza militare di Mosca.
Gli attuali ed ex funzionari statunitensi affermano che indicatori concreti, come le scorte di sangue, sono fondamentali per determinare se Mosca sarebbe pronta a effettuare un’invasione, se il presidente russo Vladimir Putin avesse deciso di farlo.
Tuttavia, ora anche il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov ha denunciato le falsità di Regno Unito e Stati Uniti sulla guerra imminente, rilasciando una dichiarazione sull’affermazione di Reuters:
«Innanzitutto, va notato che questa informazione, con riferimento a funzionari anonimi, non era confermata da qualsiasi fonte ufficiale delle agenzie competenti dei paesi partner».
«Tali “interventi” sull’informazione sono un elemento di guerra psicologica e informativa, il cui scopo è provocare paura e panico nella nostra società»
«Il monitoraggio e l’analisi della situazione attuale intorno ai confini ucraini non registra tali attività. Ciò è dimostrato dallo scambio di informazioni tra servizi di Intelligence e partner stranieri».
«Tali “interventi” sull’informazione sono un elemento di guerra psicologica e informativa, il cui scopo è provocare paura e panico nella nostra società», ha concluso il ministro della Difesa di Kiev.
Il viceministro della Difesa Hanna Malyar ha rilasciato una dichiarazione simile su Facebook.
Insomma: la guerra con la Russia pare che la voglia più Washington che l’Ucraina.
Quali sono quindi i veri interessi americani in Ucraina?
L’Ucraina, Paese nel cortile della Russia, fondamentale per la storia del Paese – Kievland Rus’: lo ricordò Putin durante la cerimonia di riannessione della Crimea nel 2014: la prima città russa è Kiev – non dovrebbe essere di alcun interesse per gli USA: nessun dato, economico o politico, rende il legame tra i due Paesi essenziale.
Eppure gli USA sono pronti a difendere con la violenza i sacri confini nazionali ucraini – mentre dal confine meridionale del Texas, in questo momento, sta entrando illegalmente chiunque.
Quali sono quindi i veri interessi americani in Ucraina?
Immagine di Ministry of Defense of Ukraine via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)
Geopolitica
Hamas deporrà le armi se uno Stato di Palestina verrà riconosciuto in una soluzione a due Stati
Il funzionario di Hamas Khalil al-Hayya ha dichiarato il 24 aprile che Hamas deporrà le armi se ci fosse uno Stato palestinese in una soluzione a due Stati al conflitto.
In un’intervista di ieri con l’agenzia Associated Press, al-Hayya ha detto che sono disposti ad accettare una tregua di cinque anni o più con Israele e che Hamas si convertirebbe in un partito politico, se si creasse uno Stato palestinese indipendente «in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza e vi fosse un ritorno dei profughi palestinesi in conformità con le risoluzioni internazionali».
Al-Hayya è considerato un funzionario di alto rango di Hamas e ha rappresentato Hamas nei negoziati per il cessate il fuoco e lo scambio di ostaggi.
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Nonostante l’importanza di una simile concessione da parte di Hamas, si ritiene improbabile che Israele prenda in considerazione uno scenario del genere, almeno sotto l’attuale governo del primo ministro Benajmin Netanyahu.
Al-Hayya ha dichiarato ad AP che Hamas vuole unirsi all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, guidata dalla fazione rivale di Fatah, per formare un governo unificato per Gaza e la Cisgiordania, spiegando che Hamas accetterebbe «uno Stato palestinese pienamente sovrano in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza e il ritorno dei profughi palestinesi in conformità con le risoluzioni internazionali», lungo i confini di Israele pre-1967.
L’ala militare del gruppo, quindi si scioglierebbe.
«Tutte le esperienze delle persone che hanno combattuto contro gli occupanti, quando sono diventate indipendenti e hanno ottenuto i loro diritti e il loro Stato, cosa hanno fatto queste forze? Si sono trasformati in partiti politici e le loro forze combattenti in difesa si sono trasformate nell’esercito nazionale».
Il funzionario di Hamas ha anche detto che un’offensiva a Rafah non riuscirebbe a distruggere Hamas, sottolineando che le forze israeliane «non hanno distrutto più del 20% delle capacità [di Hamas], né umane né sul campo. Se non riescono a sconfiggere [Hamas], qual è la soluzione? La soluzione è andare al consenso».
Per il resto ha confermato che Hamas non si tirerà indietro rispetto alle sue richieste di cessate il fuoco permanente e di ritiro completo delle truppe israeliane.
«Se non abbiamo la certezza che la guerra finirà, perché dovrei consegnare i prigionieri?» ha detto il leader di Hamas riguardo ai restanti ostaggi nelle mani degli islamisti palestinesi.
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«Rifiutiamo categoricamente qualsiasi presenza non palestinese a Gaza, sia in mare che via terra, e tratteremo qualsiasi forza militare presente in questi luoghi, israeliana o meno… come una potenza occupante», ha continuato
Hamas e l’OLP hanno discusso in varie capitali, tra cui Mosca, nel tentativo di raggiungere l’unità, scrive EIRN. Non è noto quale sia lo stato di questi colloqui.
L’intervista di AP è stata registrata a Istanbul, dove Al-Hayya e altri leader di Hamas si sono uniti al leader politico di Hamas Ismail Haniyeh, che ha incontrato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan il 20 aprile. Non c’è stata alcuna reazione immediata da parte di Israele o dell’autore palestinese.
Nel mondo alcune voci filo-israeliane hanno detto che le parole del funzionario di Hamas sarebbero un bluff.
Come riportato da Renovatio 21, in molti negli ultimi mesi hanno ricordato che ai suoi inizi Hamas è stata protetta e nutrita da Israele e in particolare da Netanyahu proprio come antidoto alla prospettiva della soluzione a due Stati.
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Immagine di Al Jazeera English via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
Geopolitica
Birmania, ancora scontri al confine, il ministro degli Esteri tailandese annulla la visita al confine
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Geopolitica
L’Iran minaccia ancora una volta di spazzare via Israele
Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha minacciato Israele di annientamento se tentasse di attaccare nuovamente l’Iran.
Raisi è arrivato in Pakistan lunedì per una visita di tre giorni. Martedì ha parlato delle recenti tensioni tra Teheran e Gerusalemme Ovest in un evento nel Punjab.
«Se il regime sionista commette ancora una volta un errore e attacca la terra sacra dell’Iran, la situazione sarà diversa, e non è chiaro se rimarrà qualcosa di questo regime», ha detto Raisi all’agenzia di stampa statale IRNA.
Israele non ha mai riconosciuto ufficialmente un attacco aereo del 1° aprile sul consolato iraniano a Damasco, in Siria, che ha ucciso sette alti ufficiali della Forza Quds del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC). Teheran ha tuttavia reagito il 13 aprile, lanciando decine di droni e missili contro diversi obiettivi in Israele.
L’Iran si è scrollato di dosso una serie di esplosioni segnalate vicino alla città di Isfahan lo scorso venerdì, che si diceva fossero una risposta da parte di Israele. Lo Stato degli ebrei non ha riconosciuto l’attacco denunciato, pur criticando un ministro del governo che ne ha parlato a sproposito. Teheran ha scelto di ignorarlo piuttosto che attuare la rapida e severa rappresaglia promessa.
La Repubblica Islamica ha promesso in più occasioni di spazzare via, distruggere o annientare il «regime sionista», espressione con cui spesso chiama Israele.
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Martedì, parlando a Lahore, il Raisi ha promesso di continuare a «sostenere onorevolmente la resistenza palestinese», denunciando gli Stati Uniti e l’Occidente collettivo come «i più grandi violatori dei diritti umani», sottolineando il loro sostegno al «genocidio» israeliano a Gaza.
Nel suo viaggio diplomatico il Raisi ha promesso di incrementare il commercio iraniano con il Pakistan portandolo a 10 miliardi di dollari all’anno. Le relazioni tra i due vicini sono difficili da gennaio, quando Iran e Pakistan hanno scambiato attacchi aerei e droni mirati a “campi terroristici” nei rispettivi territori.
Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni Teheran ha dichiarato pubblicamente di sapere dove sono nascoste le atomiche israeliane. Nelle scorse settimane lo Stato Ebraico aveva dichiarato di essere pronto ad attaccare i siti nucleari iraniani.
Negli ultimi mesi l’Iran ha accusato Israele di aver fatto saltare i suoi gasdotti. Hacker legati ad Israele avrebbero rivendicato un ulteriore attacco informatico al sistema di distribuzione delle benzine in Iran.
Sei mesi fa l’Iran ha arrestato e giustiziato tre sospetti agenti del Mossad. All’ONU il ministro degli Esteri iraniano aveva dichiaato che gli USA «non saranno risparmiati» in caso di escalation.
Come riportato da Renovatio 21, anche da Israele a novembre 2023 erano partite minacce secondo le quali l’Iran potrebbe essere «cancellato dalla faccia della terra».
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Immagine di duma.gov.ru via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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