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Geopolitica

Pakistan, nuovo accordo con gli islamisti radicali

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews

 

 

Il governo guidato da Imran Khan ha concluso i negoziati con il Tehreek-i-Labbaik Pakistan, il partito islamista radicale del Paese, per porre fine alle proteste delle settimane scorse. Più di 2mila membri dell’organizzazione sono stati scarcerati. Ma i commentatori criticano il governo per l’incapacità di risollevare la nazione a livello economico.

 

 

Il governo pakistano ha siglato un accordo con gli islamisti per porre fine alle proteste e alle violenze scoppiate nel Paese nelle scorse settimane.

 

I dettagli del negoziato non sono stati svelati e questo ha generato critiche da parte dell’opposizione e di diversi commentatori.

 

Nei giorni scorsi il Tehreek-i-Labbaik Pakistan (TLP), un partito islamista di estrema destra, ha marciato da Lahore a Islamabad occupando una delle autostrade principali del Paese. Le violenze scoppiate tra i manifestanti e la polizia hanno ucciso almeno sette agenti e ferito più di un centinaio di persone. I membri del TLP chiedevano la scarcerazione del loro leader, Saad Hussain Rizvi, e il ritiro delle accuse di terrorismo nei loro confronti.

 

Anche se in via ufficiale non sono state chiarite le concessioni che il governo avrebbe fatto ai radicali per porre fine agli scontri, alcune indiscrezioni sono comunque trapelate da fonti locali e i fatti le hanno sostenute. Ieri per esempio sono stati liberati più di 2mila sostenitori del TLP arrestati ad aprile, quando il partito era stato messo fuori legge e designato come un gruppo terroristico. Pare che in cambio i radicali abbiano deciso di ritirare la richiesta di espellere dal Paese l’ambasciatore francese per la pubblicazione delle vignette satiriche che ritraevano il profeta Muhammad e che il TLP considera blasfeme. Il partito islamista potrà inoltre partecipare alle prossime elezioni, che si terranno nel 2023.

 

Non è un modus operandi nuovo quello messo in atto dal governo guidato dal primo ministro Imran Khan. Tra il TLP e l’esecutivo ci sono stati almeno sei scontri importanti nella storia recente del Pakistan e i critici lamentano la debolezza dello Stato nei confronti dei gruppi radicali, che tengono la nazione in pugno con le loro richieste.

 

La volontà di mantenere gli accordi segreti e di ripristinare nella politica del Paese un partito che era stato bannato solo qualche mese fa dallo stesso governo che ora lo sta nuovamente legittimando indebolisce ancor più la posizione di Imran Khan

La volontà di mantenere gli accordi segreti e di ripristinare nella politica del Paese un partito che era stato bannato solo qualche mese fa dallo stesso governo che ora lo sta nuovamente legittimando indebolisce ancor più la posizione di Imran Khan, scrivono i commentatori.

 

Non è tuttavia solo una questione ideologica, sottolinea un editoriale del quotidiano in lingua inglese Dawn. Il TLP gode di un sostegno smisurato nei centri cittadini: «Dobbiamo chiederci perché è così facile per qualsiasi partito politico portare tanta gente in strada per diversi giorni di fila. Perché non c’è un costo economico che questi manifestanti devono pagare per scendere in piazza per un periodo indefinito?”»

 

L’economia del Pakistan si è leggermente ripresa dopo la pandemia da COVID-19, registrando un +3,5% del PIL. Ma, come sottolinea un recente rapporto della Banca mondiale, le importazioni sono cresciute molto più delle esportazioni, determinando un ampio disavanzo commerciale: «il Pakistan ha bisogno di aumentare gli investimenti privati e di esportare di più».

 

Da quando Imran Khan è salito al potere, il costo dell’elettricità è salito del 49% e quello della benzina del 57%, e i prezzi dell’olio, della farina e dello zucchero sono i più alti degli ultimi 70 anni.

 

Nei giorni scorsi il Fondo monetario internazionale (FMI), su richiesta degli Stati Uniti, ha deciso di non rilasciare una tranche da un miliardo di dollari, perché Washington vuole prima assicurarsi la cooperazione militare e strategica di Islamabad nei confronti del nuovo Emirato islamico di Kabul. Il Pakistan potrebbe concedere il proprio spazio aereo per combattere i terroristi in Afghanistan in cambio di liquidità.

 

Gli analisti dicono che per mantenere l’economia in piedi il Pakistan ha un disperato bisogno dei soldi del FMI. «È troppo semplicistico credere che qui sia all’opera solo l’ideologia», conclude l’editoriale di Dawn.

 

«E il Pakistan non può e non deve essere incolpato di incoraggiare semplicemente la questione religiosa – deve essere ritenuto responsabile di non offrire altro alla sua popolazione».

 

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Renovatio 21 ripubblica questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Geopolitica

Trump: Zelens’kyj deve essere «realista»

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Il presidente statunitense Donald Trump ha dichiarato che Volodymyr Zelens’kyj deve fare i conti con la realtà del conflitto contro la Russia e con l’urgenza di indire nuove elezioni.

 

Il mandato presidenziale quinquennale di Zelens’kyj è scaduto a maggio 2024, ma il leader ucraino ha sempre escluso il voto per via della legge marziale in vigore. Vladimir Putin ha più volte sostenuto che lo Zelens’kyj non può più essere considerato un interlocutore legittimo e che la sua posizione renderebbe giuridicamente problematico qualsiasi accordo di pace.

 

Mercoledì Trump ha affrontato la questione Ucraina in una telefonata con i leader di Regno Unito, Francia e Germania. «Ne abbiamo parlato in termini piuttosto netti, ora aspettiamo di vedere le loro risposte», ha riferito ai giornalisti alla Casa Bianca.

 

«Penso che Zelens’kyj debba essere realista. Mi domando quanto tempo passerà ancora prima che si tengano le elezioni. Dopotutto è una democrazia… Sono anni che non si vota», ha aggiunto Trump, sottolineando che l’Ucraina sta «perdendo moltissima gente».

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Il presidente americano ha poi sostenuto che l’opinione pubblica ucraina sia largamente favorevole a un’intesa con Mosca: «Se guardiamo i sondaggi, l’82 % degli ucraini vuole un accordo – è uscito proprio un sondaggio con questa cifra».

 

Trump ha insistito sulla necessità di chiudere rapidamente il conflitto: «Non possiamo permetterci di perdere altro tempo».

 

Secondo Axios e RBC-Ucraina, Kiev ha trasmesso agli Stati Uniti la sua ultima proposta di pace. Zelens’kyj , che fino a ieri escludeva elezioni in tempo di legge marziale, ha dichiarato mercoledì di essere disposto a indire il voto, a patto però che Stati Uniti e alleati europei forniscano solide garanzie di sicurezza.

 

Il consenso verso Zelens’kyj è precipitato al 20 % dopo uno scandalo di corruzione nel settore energetico che ha travolto suoi stretti collaboratori e provocato le dimissioni di diversi alti funzionari. Trump ha più volte invitato il leader ucraino a tornare alle urne, ribadendo che la corruzione endemica resta uno dei problemi più gravi del paese.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

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Geopolitica

Gli Stati Uniti sequestrano una petroliera al largo delle coste del Venezuela

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Il procuratore generale statunitense Pam Bondi ha annunciato il sequestro di una petroliera sospettata di trasportare greggio proveniente dal Venezuela e dall’Iran.   L’operazione, condotta al largo delle coste venezuelane, si inserisce in un’escalation delle attività militari americane nella regione, unitamente a raid contro quelle che Washington qualifica come imbarcazioni legate ai cartelli della droga.   «Oggi, l’FBI, la Homeland Security Investigations e la Guardia costiera degli Stati Uniti, con il supporto del Dipartimento della Difesa, hanno eseguito un mandato di sequestro per una petroliera utilizzata per trasportare petrolio greggio proveniente dal Venezuela e dall’Iran», ha scritto Bondi su X mercoledì.   Ha precisato che la nave era stata sanzionata «a causa del suo coinvolgimento in una rete di trasporto illecito di petrolio a sostegno di organizzazioni terroristiche straniere».   Nel video diffuso da Bondi si vedono agenti delle forze dell’ordine, pesantemente armati, calarsi dall’elicottero sulla tolda della nave. Secondo il portale di tracciamento MarineTraffic e vari media, l’imbarcazione è stata identificata come «The Skipper», che batteva bandiera della Guyana. Fonti come ABC News riportano che la petroliera, con una capacità fino a 2 milioni di barili di greggio, era diretta a Cuba.  

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Gli Stati Uniti avevano sanzionato la The Skipper già nel 2022, accusandola di aver contrabbandato petrolio a beneficio del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica iraniana e del gruppo militante libanese Hezbollah.   Un gruppo di parlamentari statunitensi ha di recente sollecitato un’inchiesta sugli attacchi condotti su oltre 20 imbarcazioni da settembre, ipotizzando che possano configurare crimini di guerra.   Il senatore democratico Chris Coons, intervistato martedì su MSNBC, ha accusato Trump di «trascinarci come sonnambuli verso una guerra con il Venezuela». Ha argomentato che l’obiettivo reale del presidente sia l’accesso alle risorse petrolifere e minerarie del paese sudamericano.   Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha rigettato le affermazioni di Trump sul presunto ruolo del suo governo nel narcotraffico, ammonendo Washington contro l’avvio di «una guerra folle».   Il Venezuela ha denunciato gli Stati Uniti per pirateria di Stato dopo che la Guardia costiera americana, coadiuvata da altre forze federali, ha abbordato e sequestrato una petroliera sanzionata nel Mar dei Caraibi.   Caracas ha reagito con durezza, definendo l’intervento «un furto manifesto e un atto di pirateria internazionale» finalizzato a sottrarre le risorse energetiche del Paese.   «L’obiettivo di Washington è sempre stato quello di mettere le mani sul nostro petrolio, nell’ambito di un piano deliberato di saccheggio delle nostre ricchezze», ha dichiarato il ministro degli Esteri Yvan Gil.   Il governo venezuelano ha condannato gli «arroganti abusi imperiali» degli Stati Uniti e ha giurato di difendere «con assoluta determinazione la sovranità, le risorse naturali e la dignità nazionale».   Da anni Caracas considera le sanzioni americane illegittime e contrarie al diritto internazionale. Il presidente Nicolas Maduro le ha definite parte del tentativo di Donald Trump di rovesciarlo e ha respinto come infondate le accuse di legami con i narcos, avvertendo che qualsiasi escalation militare condurrebbe a «una guerra folle».  

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Immagine screenshot da Twitter

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Geopolitica

Putin: la Russia raggiungerà tutti i suoi obiettivi nel conflitto ucraino

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La Russia porterà a compimento tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale in Ucraina, ha dichiarato il presidente Vladimir Putin.

 

Tra gli scopi principali enunciati da Putin nel 2022 vi sono la protezione degli abitanti delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk dall’aggressione delle forze di Kiev, nonché la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina.

 

«Naturalmente porteremo a termine questa operazione fino alla sua logica conclusione, fino al raggiungimento di tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale», ha affermato Putin in videocollegamento durante la riunione del Consiglio presidenziale per i diritti umani di martedì.

 

Il presidente russo quindi ricordato che il conflitto è scoppiato quando l’esercito ucraino è stato inviato nel Donbass, regione storicamente russa che nel 2014 aveva respinto il colpo di Stato di Maidan sostenuto dall’Occidente. Questo, secondo il presidente, ha reso inevitabile l’intervento delle forze armate russe per porre fine alle ostilità.

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«Si tratta delle persone. Persone che non hanno accettato il colpo di Stato in Ucraina nel 2014 e contro le quali è stata scatenata una guerra: con artiglieria, armi pesanti, carri armati e aviazione. È lì che è iniziata la guerra. Noi stiamo cercando di mettervi fine e siamo costretti a farlo con le armi in pugno».

 

Putin ha ribadito che per otto anni la Russia ha cercato di risolvere la crisi per via diplomatica e «ha firmato gli accordi di Minsk nella speranza di una soluzione pacifica». Tuttavia, ha aggiunto la settimana scorsa in un’intervista a India Today, «i leader occidentali hanno poi ammesso apertamente di non aver mai avuto intenzione di rispettarli», avendoli sottoscritti unicamente per guadagnare tempo e permettere all’Ucraina di riarmarsi.

 

Mosca ha accolto positivamente il nuovo slancio diplomatico impresso dal presidente statunitense Donald Trump, che ha proposto il suo piano di pace in 28 punti come base per un’intesa.

 

Lunedì Trump ha pubblicamente invitato Volodymyr Zelens’kyj ad accettare le proposte di pace, lasciando intendere che il leader ucraino non abbia nemmeno preso in esame l’ultima offerta americana.

 

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0) 

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