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Trieste, chi mette in giro le fake news stile «mio cuggino»?

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Girano sulle chat di Telegram  – oramai divenuto il principale mezzo di informazione della protesta – messaggi catastrofici quanto improbabili, e bruttissimi da vedere. Oltre che falsi come nemmeno le TV nazionali odierne.

 

Cerchiamo di non frequentare quei gruppi, perché la vita è troppo breve per donare il proprio tempo agli ebeti che cercano di esistere parassitandovelo. Tuttavia ieri ci hanno girato due esemplificativi messaggi che stanno circuitando.

 

Uno diceva di desistere dall’andare in piazza a Trieste, perché «si trasformerà in un MASSACRO».  Maiuscolo nel testo originale. Starebbero per arrivare a Trieste, dice il messaggio, dei «gruppi Hurrican per mettere ferro a fuoco la città». Confessiamo di non sapere cosa sono i «gruppi Hurrican»; abbiamo cercato e non abbiamo trovato neanche la parola, perché in inglese se vuoi dire «uragano» devi mettere la «e» finale.

 

La domanda: chi mette in giro simili panzane?

«Le Teste di cuoio massacreranno la gente Pacifica» è scritto, con la P maiuscola per qualche motivo: forse è un modo per chiamare gli abitanti delle zone costiere dell’Oceano omonimo?

 

Insomma, «Sarà MOLTO peggio del G 8 di GENOVA , rimanete a Casa mandate via tutte le persone che vengono da fuori città .» Gli spazi messi a caso in «G8» e prima dei punti e delle virgole, le maiuscole (tra cui «casa»: parola da sottolineare oggi) sono tutti nel testo.

 

«SIAMO TUTTI IN PERICOLO».  Il maiuscolo, anche qui, aiuta a crederci. Tantissimo. Al punto che abbiamo avuto l’idea che si tratta in realtà di creazioni letterarie, opere d’intrattenimento e  non sono messaggi da prendere sul serio. Forse è così.

 

La regola dovrebbe essere, pensiamo da tempo, che se ricevete un messaggio in maiuscolo dovete cestinarlo subito, anche se sono in maiuscolo magari solo alcune parti. E chi scrive in maiuscolo va evitato. Se uno scrive in maiuscolo probabilmente ha votato Grillo nel 2013 e nel 2018, e magari, dopo una provvidenziale sfuriata su 5G e vaccini di un cinque stelle a caso, è disposto a rivotarlo nel 2023.

 

Quindi, ci fanno vedere un secondo messaggio: questo invece è tutto, tutto, in maiuscolo. Ci ha pure un titolo che fa spy-story militare, diciamo una cosa alla Tom Clancy: «Trieste: nave di armi appena scaricata».

 

Vi riassumiamo il contenuto: «sta arrivando l’eurogenfor» (senza «d»: si chiama Eurogendfor) per «fare casino» e «sabotare l’incontro tra il governo e i portuali». Almeno il misterioso autore ha la certezza che l’incontro sarà tra il «governo» (cioè il ministro agricolo grilloide Patuanelli) e i portuali, il cui leader si è dimesso con i colleghi del CLPT che emettono comunicati di presa di distanza da nuovi soggetti creatisi in piazza.

 

Ma torniamo alla nave di Tom Clancy: l’avrebbero  scaricata (proprio sotto il naso degli scaricatori di porto?)  «per scatenare l’inferno». «TUTTO VERIFICATO DA FONTI CERTE». Qui lasciamo il maiuscolo originale, per aumentare il potere di persuasione del testo. Il livello, di verifica dei fatti, avrà compreso il lettore, è quello di «mio cuggino mi ha detto», un sistema di certificazione delle fonti reso immortale da una canzone di Elio e le Storie Tese. («Mio cuggino topo-cane / mio cuggino “benenuto nell’AIDS”»)

 

 

Bizzarro: l’Eurogendfor, questione che andava di moda (forse anche per qualche buon motivo) in certo complottismo euroscettico una mezza dozzina di anni fa, ha il suo quartier generale in pieno centro a Vicenza, in una ex caserma della Guardia di Finanza sita giusto a fianco ad una bella scuola media statale nella quale Renovatio 21, decenni fa, aveva «fonti certe».

 

Quindi, la nave carica di armi potrebbe essere partita da Vicenza? Il tragitto da fare non è semplice, tuttavia non impossibile: giù per il fiume Bacchiglione e le sue varie chiuse combattendo orde di nutrie inferocite, poi sotto i ponti di Padova evitando i kayakisti e vogatori snob, poi giù slalom tra le briccole marce della Laguna di Venezia, e di lì rotta per la sponda triestina. Non una grinza.

 

Qualcuno  non potrebbe avere l’interesse di smobilitare la capitale della resistenza demoralizzando in tutte le altre città d’Italia la protesta, de-sindacalizzandola definitivamente, e facendola giocoforza evolvere verso una protesta radicale dove spariscono vecchiette, preti, mamme e operai lasciando in piazza solo anarchici e neofascisti?

Infine, ecco che nel messaggione si parla del «governo sionista», perché non ci facciamo mancare niente, e una spruzzatina di complottismo antisemita d’antan magari potenzia il potere psicagogico del maiuscolo. Complimenti.

 

Dunque, la domanda: chi mette in giro simili panzane?

 

La mancanza di logica e di ortografia, l’evidente domofugismo (=l’essere scappati di casa) propenderebbe per l’ipotesi che si tratti dell’opera dei classici perdigiorno, classe umana scatenatasi pericolosamente nell’era dei social – tuttavia, invece che seminare il caos (come fanno di solito questi profili psicologici), questi fantasiosi troll in CAPS-LOCK paiono invitare all’ordine: restate a casa vostra. In pratica, quel che ci hanno detto nel biennio di lockdown, e quello che oggi ci invitano a fare, repentinamente e un po’ inspiegabilmente, i vertici della protesta triestina.

 

Insomma: un pericolo immane, una catastrofe da spy-story sgrammaticata. Stiamo a casa. Dai.

 

Domandiamo: se non sono dei domofugi a caso a mettere in circolo questi messaggi atti a sgonfiare la protesta, chi altro può essere? Chi ha interesse a neutralizzare Trieste?

 

Ecco, togliere il popolo dalle piazze potrebbe dare il semaforo verde all’uso indiscriminato della «forza ondulatoria» con quanti ancora resistono alla schiavità bioinformatica del lasciapassare elettronico mRNA.

Non lo sappiamo, dovremmo a chiederlo forse a chi ha deciso, «per la vostra incolumità», di annullare manifestazioni autorizzate.

 

Ribadiamo la questione: che informazioni hanno avuto di preciso per prendere una decisione che i giornali di oggi definiscono «inedita» nella storia delle proteste?

 

Soprattutto, da chi hanno avuto questa informazione? I portuali hanno creato, tra un panino, un’intervista, un comunicato (col maiuscolo) e un «la gente come noi non molla mai», un servizio segreto di Intelligence infallibile, un KGB portuale con tentacoli informativi stesi su tutto il continente, una CIA microsindacale no-greenpass sorta istantaneamente nel dietro le quinte delle dirette Facebook di Paragone?

 

Oppure tale informazione gliela ha bisbigliata qualcun altro?

 

E questo qualcuno, magari, non potrebbe essere lo stesso ad avere l’interesse di smobilitare la capitale della resistenza demoralizzando in tutte le altre città d’Italia la protesta, de-sindacalizzandola definitivamente, e facendola giocoforza evolvere verso una protesta radicale dove spariscono vecchiette, preti, mamme e operai lasciando in piazza solo anarchici e neofascisti?

 

Riformuliamo la domanda. Cui prodest? Chi ci guadagna mettendo in circolo queste stronzate?

Pensate, a quel punto che pacchia: chi si oppone al green pass diverrebbe, incontrovertibilmente, solo un estremista violento, incasellabile nelle solite vecchie cartelle (autonomi, skinhead, etc.). Mica è il cittadino medio. È una nicchia facinorosa, la solita. Una minoranza sacrificabile. La repressione anche stavolta la si fa come l’abbiamo sempre fatta con questi gruppi: anzi, un po’ più intensa stavolta, che la posta in gioco è la salute della Nazione, perché là fuori c’è la peste del pipistrello di Wuhan.

 

Ecco, togliere il popolo dalle piazze potrebbe dare il semaforo verde all’uso indiscriminato della «forza ondulatoria» con quanti ancora resistono alla schiavità bioinformatica del lasciapassare elettronico mRNA.

 

Quindi, riformuliamo la domanda. Cui prodest? Chi ci guadagna mettendo in circolo queste stronzate?

 

Chiediamo per un amico. Anzi, per mio cuggino.

 

 

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Protesta

Violenza e caos mortale in Nepal. In fiamme il palazzo del governo

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Il Primo Ministro nepalese KP Sharma Oli si è dimesso martedì, mentre le furiose proteste contro il governo si intensificavano nella capitale della nazione himalayana, Kathmandu.

 

L’esercito nepalese ha confermato che Oli e sei ministri del governo sono stati trasferiti in una località segreta dopo che i manifestanti hanno appiccato il fuoco alle residenze del Primo Ministro e del Vicepresidente.

 

Le proteste antigovernative e anti-corruzione sono diventate violente dopo che diverse importanti piattaforme di social media, tra cui Facebook, YouTube e X, sono state vietate lunedì. Questi siti sono tra i 26 che sono stati bloccati per non essersi registrati in base alle nuove normative, che secondo i media locali censurano la libertà di parola. Il divieto è stato revocato martedì.

 

Immagini da Kathmandu mostrano il fumo che si alza dal parlamento del Paese, incendiato dai manifestanti. I media locali hanno anche riferito che le case dei ministri sono state saccheggiate da gruppi numerosi.

 

Su internet circolano video non verificati in cui politici nepalesi sarebbero cacciati, picchiati e denudati.

 

 

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Le proteste, guidate per lo più da persone tra la fine dell’adolescenza e i primi vent’anni, sono scoppiate lunedì, innescate dal divieto dei social media. Le autorità hanno confermato 19 morti nella sola Kathmandu, con circa 400 feriti, tra cui oltre 100 agenti di polizia.

 

«Mi sono unito a una protesta pacifica, ma il governo ha risposto con la violenza», ha dichiarato un ventenne, citato dall’agenzia di stampa AFP.

 

I disordini di questa settimana sono i peggiori degli ultimi decenni nella nazione himalayana, che ha dovuto affrontare periodicamente instabilità politica e difficoltà economiche da quando la monarchia indù è stata abolita nel 2008.

 

L’ente del turismo e la polizia nepalese hanno attivato tre servizi navetta per gli stranieri con autobus diretti all’aeroporto. Voli da destinazioni internazionali sono stati visti librarsi su Kathmandu da quando l’aeroporto è stato chiuso martedì mattina.

 

Dopo la sommossa, il governo nepalese ha revocato la decisione di vietare i siti di social media, in seguito alle violente proteste che hanno provocato 19 morti e oltre 400 feriti.

 

Secondo un articolo dell‘Hindustan Times, gli scontri si sono intensificati quando i dimostranti hanno sfondato le barriere di filo spinato e hanno tentato di entrare in una zona riservata vicino al parlamento, spingendo la polizia a sparare proiettili veri e gas lacrimogeni, nonché a utilizzare idranti e manganelli.

 

 

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«Come amici e vicini di casa, speriamo che tutti gli interessati esercitino moderazione e affrontino qualsiasi problema con mezzi pacifici e attraverso il dialogo», ha affermato martedì il ministero degli Esteri indiano in una nota. Il ministero ha aggiunto che sta monitorando attentamente gli sviluppi in Nepal ed è «profondamente rattristato» per la «perdita di molte giovani vite».

 

Dopo le proteste, il ministro degli Interni nepalese si è dimesso durante una riunione di gabinetto lunedì sera. Secondo quanto riportato da fonti locali, i manifestanti hanno dato fuoco alla residenza privata del ministro dell’Informazione e della Comunicazione.

 

Nonostante il governo abbia revocato il divieto sui social media, martedì a Kathmandu sono continuate le manifestazioni, dove la gente si è radunata fuori dal parlamento chiedendo la rimozione o lo scioglimento del governo. Alcuni manifestanti hanno dichiarato ai giornalisti che le loro preoccupazioni principali sono la disoccupazione e la corruzione.

 

Un enorme incendio ha devastato il palazzo Singha Durbar del Nepal, nel centro di Kathmandu, il principale complesso amministrativo del Paese, dopo che violente proteste hanno travolto la capitale della nazione himalayana.

 

Le immagini che circolano online mostrano l’edificio divorato dalle fiamme. Il palazzo, costruito nel 1908, è la sede del governo nepalese e ospita diversi ministeri e altre istituzioni chiave.

 


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Martedì, i manifestanti avrebbero sfondato i cancelli occidentali del Singha Durbar, facendosi strada nell’area riservata e incendiando alcune parti dell’ingresso. Testimoni hanno riferito di pesanti scontri con le forze di sicurezza mentre la folla avanzava all’interno, secondo diversi organi di stampa.

 

Altri filmati condivisi online mostrano anche l’edificio del Parlamento nepalese in fiamme, con muri carbonizzati, fumo che si levava verso il cielo e incendi ancora accesi, mentre all’esterno si radunava una grande folla.

 

Nel settembre 2025, il governo del Nepal era guidato dal premier KP Sharma Oli, leader del Partito Comunista del Nepal (UML), in carica dal 15 luglio 2024 fino alla sua dimissione il 9 settembre 2025, a seguito delle violente proteste popolari. Ilministro degli Interni Ramesh Lekhak si è dimesso il 8 settembre 2025, assumendo la responsabilità morale per la violenta repressione delle proteste, che ha causato almeno 19 morti e centinaia di feriti. Dopo la dimissione di Oli, il Presidente Ram Chandra Paudel ha accettato la rinuncia e ha avviato il processo per nominare un nuovo primo ministro.

 

In Nepal dal 1996 al 2006 si è vissuta una guerra civile portata avanti soprattutto dal Partito Comunista del Nepal di fede maoista, noto anche come CPN o successivamente come CPN Maoist Centre.

 

La fine della monarchia in Nepal è un evento storico strettamente legato alla strage reale del 1° giugno 2001 e agli sviluppi politici successivi, culminati nell’abolizione della monarchia nel 2008. La notte del 1° giugno 2001, al palazzo reale di Narayanhiti a Kathmandu, avvenne una strage che sconvolse il paese. Secondo la versione ufficiale, il principe ereditario Dipendra Bir Bikram Shah aprì il fuoco durante una riunione familiare, uccidendo il re Birendra, la regina Aishwarya, altri membri della famiglia reale e infine se stesso. In totale, 10 persone persero la vita, tra cui il re, la regina, i loro figli e altri parenti stretti.

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Protesta

I manifestanti a Parigi chiedono le dimissioni di Macron

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Sabato migliaia di persone hanno marciato per le vie di Parigi, chiedendo le dimissioni del presidente Emmanuel Macron e l’uscita della Francia dall’UE.   Il tasso di approvazione di Macron è sceso al livello più basso da quando ha assunto l’incarico nel 2017, in un contesto di deficit di bilancio in rapida crescita e di crescente malcontento nei confronti delle politiche finanziarie del suo governo.   Secondo un sondaggio condotto per Le Figaro e pubblicato mercoledì, circa l’80% dei francesi afferma di non fidarsi di Macron.   Anche la fiducia nel premier François Bayrou, il quinto a ricoprire l’incarico in meno di due anni, è scesa a minimi storici.   I manifestanti portavano cartelli con la scritta «Fermiamo Macron, fermiamo la guerra» e «Frexit».

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La manifestazione è stata organizzata dall’ex politico del Raggruppamento Nazionale Florian Philippot e dal suo partito euroscettico, i Patrioti, che si oppone alle forniture di armi all’Ucraina e mette in guardia contro un’ulteriore escalation con la Russia.     Mercoledì attivisti di sinistra e sindacati stanno pianificando scioperi e proteste separati, con lo slogan «Blocchiamo tutto».   Lunedì Bayrou dovrà affrontare un voto di sfiducia mentre cerca sostegno per la sua proposta di bilancio, con la Francia alle prese con un deficit fiscale del 5,8% del PIL, quasi il doppio del limite UE del 3%.   Il suo piano include tagli al lavoro nel settore pubblico, ai programmi di welfare e alle pensioni, misure che l’opposizione ha denunciato come misure che privilegiano la spesa militare rispetto al sostegno sociale.   Come riportato da Renovatio 21, la Francia nei prossimi giorni potrebbe attraversare un collasso finanziario che ne travolgerebbe il governo.

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La polizia tedesca contro la protesta per la ri-militarizzazione

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Una marcia pacifista inizialmente pacifica a Colonia è sfociata in violenza sabato dopo gli scontri tra attivisti e polizia. I manifestanti protestavano contro i piani di Berlino di aumentare la spesa militare e gli aiuti a Ucraina e Israele.

 

La manifestazione, che secondo quanto riferito ha attirato quasi 3.000 persone, è stata organizzata dal gruppo pacifista «Disarma Rheinmetall». Rheinmetall principale produttore tedesco di armi.

 

Il gruppo ha organizzato diverse manifestazioni questa settimana, tra cui il blocco dell’accesso a un edificio della Bundeswehr mercoledì e una protesta davanti all’abitazione del CEO di Rheinmetall, Armin Papperger, a Meerbusch, vicino a Düsseldorf.

 

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Gli attivisti hanno affermato di opporsi ai piani del governo di aumentare la spesa per la difesa, di espandere l’esercito attraverso la coscrizione obbligatoria e di fornire supporto militare all’Ucraina e a Israele.

 

Le immagini della protesta di sabato mostravano striscioni con la scritta «deponete le armi» e «Non moriremo nelle vostre guerre».

 

Secondo quanto riportato dalle autorità locali, il corteo è stato ripetutamente interrotto dopo che la polizia ha segnalato di aver visto manifestanti mascherarsi e far esplodere fumogeni.

 

La Polizei ha anche affermato di aver intercettato un veicolo di scorta che trasportava pirotecnici, alcol denaturato e bombole di gas, affermando di essere stata infine costretta a disperdere la folla dopo che alcuni manifestanti hanno attaccato gli agenti.

 

 

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I video pubblicati online mostrano la polizia usare pugni, manganelli e gas lacrimogeni, con diversi attivisti visibilmente feriti. Diversi manifestanti sarebbero stati arrestati, anche se non è stato fornito alcun dato.

 

Un portavoce dei dimostranti ha accusato la polizia di aver attaccato gli attivisti, sostenendo che tra le 40 e le 60 persone sono rimaste ferite.

 

Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha sospeso i limiti all’indebitamento per incrementare la spesa per la difesa, impegnandosi ad aumentarla al 3,5% del PIL entro il 2029, annunciando l’intenzione di espandere la Bundeswehr da circa 182.000 a 240.000 soldati attivi entro il 2031 e ha introdotto la registrazione obbligatoria per i diciottenni in preparazione di un potenziale ritorno alla coscrizione obbligatoria.

 

Il Merz ha inoltre suggerito che le truppe tedesche potrebbero essere dispiegate in Ucraina come parte di una forza di pace europea, nonostante il rifiuto della Russia di qualsiasi presenza di truppe occidentali in Ucraina sotto qualsiasi forma.

 

Su internet circolano immagini riguardanti anche le manifestazioni pro-Palestina svoltesi in questi giorni in Germania. Colpisce il video della signora in protesta centrata in pieno volto da un pugno da un agente della Polizei.

 

 

Come riportato ripetutamente negli anni pandemici da Renovatio 21, chi protestava in Germania subì una repressione brutale e disumanizzante da parte della Polizei e degli apparati di sicurezza dello Stato tedesco, che calpestò impunemente la Grundgesetz, la Costituzione tedesca, che dichiara al primo articolo la dignità umana come fondamento della Repubblica.

 

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