Geopolitica
Twitter elimina gli account dei prigionieri politici sauditi
Twitter viene nuovamente chiamato per la sua ipocrisia sulla libertà di parola e il suo doppio gioco quando si tratta di governi stranieri influenti e ricchi alleati a stretto contatto con Washington. In quest’ultimo caso Twitter ha cancellato gli account dei recenti prigionieri politici sauditi .
Si tratterebbe certo numero di eminenti attivisti sauditi e intellettuali pubblici che si sono scontrati con la famiglia reale hanno languito nelle carceri saudite dopo la repressione del 2017 sotto gli auspici del principe ereditario Mohammed bin Salman (MbS), che ha visto notoriamente un numero di principi e funzionari di alto profilo temporaneamente confinato all’hotel Ritz-Carlton a Riyadh.
Si tratterebbe certo numero di eminenti attivisti sauditi e intellettuali pubblici che si sono scontrati con la famiglia reale hanno languito nelle carceri saudite dopo la repressione del 2017 sotto gli auspici del principe ereditario Mohammed bin Salman
Secondo il Middle East Eye (MEE) Twitter ha rimosso i badge di verifica «blue check» di molti di questi prigionieri a causa dell’inattività del loro account, o in altri casi sospendendoli del tutto.
Si tratterebbe di vari casi:
«Tra coloro la cui etichetta di verifica è stata rimossa ci sono Ali al-Omary e Awad al-Qarni, due figure religiose di alto livello che sono state incarcerate dal 2017. Furono sequestrati durante un’epurazione che seguì l’ ascesa di Mohammed bin Salman alla carica di principe ereditario».
«Allo stesso modo, secondo l’account Twitter Prisoners of Conscience, gli account del filantropo saudita Khaled al-Mohawesh e del giornalista Khaled al-Alkami, anch’essi incarcerati nell’epurazione del 2017, hanno avuto la spunta blu. An che l’account dell’economista Essam el-Zamil, un altro prigioniero politico, è stato sospeso».
Alcuni degli attivisti sono stati presi di mira da MbS perché si erano espressi pubblicamente contro il blocco economico sul vicino Qatar
Secondo quanto riferito, alcuni degli attivisti sono stati presi di mira da MbS perché si erano espressi pubblicamente contro il blocco economico sul vicino Qatar, una crisi diplomatica che da allora è stata in gran parte risolta, con la revoca delle sanzioni saudite e degli Emirati Arabi Uniti sul Qatar.
Secondo quanto riferito, altre erano attiviste per i diritti delle donne e quelle viste come tiepide o dubbiose sulle promesse di «riforma» di MbS nel regno.
In molti casi, attivisti o manifestanti hanno ricevuto accuse relative al “terrorismo” durante i loro processi, che in Arabia Saudita sono spesso ampiamente applicate ai nemici della famiglia al potere, specialmente quando si tratta di dissidenti sciiti nell’est del paese.
Secondo quanto riferito, altre erano attiviste per i diritti delle donne e quelle viste come tiepide o dubbiose sulle promesse di «riforma» di MbS nel regno.
Twitter ha una politica attuale di rimozione o de-verifica degli account «inattivi e incompleti», anche per i defunti, ma gli osservatori regionali dei diritti umani affermano che in questo contesto è «non richiesto» e potrebbe essere visto come una ricompensa per governi oppressivi come l’Arabia Saudita.
Due di queste figure religiose di alto profilo che sono state recentemente «de-verificate » erano presenti nel l’articolo del MEE:
Abdullah Alaoudh del Gulf at Democracy for the Arab World Now (DAWN), ha spiegato: «Anche se esiste una politica per rimuovere gli account inattivi, coloro che sono scomparsi con la forza o detenuti arbitrariamente dovrebbero essere trattati come un’eccezione», ha detto al Middle East Eye.
Stakeholder di Twitter è il principe saudita Al-Walid bin Talal
Nessun commentatore – nemmeno Zerohedge che riporta la storia – nota la connessione più semplice: uno dei più grandi stakeholder di Twitter è il principe saudita Al-Walid bin Talal. Già socio di Berlusconi in passato, Al-Walid è un saudita sui generis: vegano, tifosissimo di calcio, particolarmente a suo agio nel mondo della finanza occidentale e americana. È memorabile lo scambio che ebbe proprio su Twitter con il candidato presidente Trump: l’arabo gli diceva di vergognarsi di infangare così il nome del Partito Repubblicano USA, il Donald lo cucinò per bene dicendo che con le sue fortune da figlio di papà non avrebbe influenzato la politica americana qualora sarebbe stato eletto.
Anche Al-Walid incappò nella repressione del cugino Mohammed bin Salman, e venne rinchiuso, con altri miliardari e membri della famiglia reale, all’hotel Ritz. A differenza di qualcuno che da quei giorni non uscì vivo, Al-Walid ce la fece, anche se non è dato di capire quale prezzo abbia dovuto pagare. Come noto, MbS ha sogni grandiosi per il suo Paese: la fine della dipendenza dall’economia petrolifera, la formazione di una gioventù più dinamica, la creazione di una avveniristica città del deserto (NEOM, di cui si è tornati a parlare di recente) dove vivono milionari e robot – e qualche artista per arredare il tutto.
Non è dato sapere se la repressione fu una questione di danaro, né quanto danaro MbS riuscì a scucire da quelli come Al Walid. Poco dopo, però, ad un’asta parigina comprò per quasi mezzo miliardo di euro il Salvator Mundi di Leonardo. Sarebbe emerso poi che potrebbe essere un acquisto ingenerato dall’incomprensione con suo cugino mandato lì all’asta. Ora il dipinto sarebbe sullo yacht del padrone de facto dell’Arabia Saudita.
Il cerchio dei Saud intorno a Twitter è insomma piuttosto consistente
MbS, di cui circola una foto mentre stringe la mano al CEO di Twitter Jack Dorsey durante un suo tour diplomatico in Silicon Valley, è considerato il mandante dello squartamento del dissidente saudita Jamal Khashoggi, avvenuto nel consolato di Istanbul. Il cerchio dei Saud intorno a Twitter è insomma piuttosto consistente.
Geopolitica
Missili Hezbollah contro basi israeliane
Hezbollah ha preso di mira diverse installazioni militari israeliane, inclusa una base critica di sorveglianza aerea sul Monte Meron, con una raffica di razzi e droni sabato, dopo che una serie di attacchi aerei israeliani avevano colpito il Libano meridionale all’inizio della giornata.
Decine di missili hanno colpito il Monte Meron, la vetta più alta del territorio israeliano al di fuori delle alture di Golan, nella tarda notte di sabato, secondo i video che circolano online. I quotidiani Times of Israel e Jerusalem Post scrivono tuttavia che le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno affermato che tutti i razzi sono stati «intercettati o caduti in aree aperte», senza che siano stati segnalati danni o vittime.
Il gruppo militante sciita libanese ha rivendicato l’attacco, affermando in una dichiarazione all’inizio di domenica che «in risposta agli attacchi del nemico israeliano contro i villaggi meridionali e le case civili» ha preso di mira «l’insediamento di Meron e gli insediamenti circostanti con dozzine di razzi Katyusha».
Il gruppo paramilitare islamico ha affermato di aver anche «lanciato un attacco complesso utilizzando droni esplosivi e missili guidati contro il quartier generale del comando militare di Al Manara e un raduno di forze del 51° battaglione della Brigata Golani», sabato scorso. L’IDF ha affermato di aver intercettato i proiettili in arrivo e di «aver colpito le fonti di fuoco» nell’area di confine libanese.
⚡️⭕️#LEBANON, Hezbollah :
The Israeli Meron air base and its surroundings are being subjected to the strongest targeting operation so far.
Iron dome seems to be absent, rockets are landing and there are reports of precise targeting on the base (probably ATGMS). pic.twitter.com/EvnavJ6BZP
— Middle East Observer (@ME_Observer_) April 27, 2024
⚡️ #Hezbollah statement :
In response to the #Israeli enemy’s attacks on the steadfast southern villages and civilian homes, especially the towns of Al-Qozah, Markaba, and Serbin, the Mujahideen of the Islamic Resistance bombed the Meron settlement and the surrounding… pic.twitter.com/om5HpMkXPQ
— Middle East Observer (@ME_Observer_) April 27, 2024
🔴 And then Hezbollah rockets hit Israel pic.twitter.com/bm0Fsrna6A
— S p r i n t e r F a c t o r y (@Sprinterfactory) April 27, 2024
Ieri l’aeronautica israeliana ha condotto una serie di attacchi aerei nei villaggi di Al-Quzah, Markaba e Sarbin, nel Libano meridionale, presumibilmente prendendo di mira le «infrastrutture terroristiche e militari» di Hezbollah. Venerdì l’IDF ha colpito anche diverse strutture a Kfarkela e Kfarchouba.
Secondo quanto riferito, gli attacchi israeliani hanno ucciso almeno tre persone, tra cui due combattenti di Hezbollah. I media libanesi hanno riferito che altre 11 persone, tra cui cittadini siriani, sono rimaste ferite negli attacchi.
Il gruppo armato sciita ha ripetutamente bombardato il suo vicino meridionale da quando è scoppiato il conflitto militare tra Israele e Hamas lo scorso ottobre. Anche la fondamentale base israeliana di sorveglianza aerea sul Monte Meron è stata attaccata in diverse occasioni. Hezbollah aveva precedentemente descritto la base come «l’unico centro amministrativo, di monitoraggio e di controllo aereo nel nord dell’entità usurpatrice [Israele]», senza il quale Israele non ha «alcuna alternativa praticabile».
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Hamas deporrà le armi se uno Stato di Palestina verrà riconosciuto in una soluzione a due Stati
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Birmania, ancora scontri al confine, il ministro degli Esteri tailandese annulla la visita al confine
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il primo ministro Sretta Thavisin ha rinunciato alla visita, ma ha annunciato la creazione di un comitato ad hoc per gestire la situazione. Nel fine settimana, infatti, si sono verificati ulteriori combattimenti lungo la frontiera tra Myanmar e Thailandia e migliaia di rifugiati continuano a spostarsi da una parte all’altra del confine. Per evitare una nuova umiliazione l’esercito birmano ha intensificato i bombardamenti.
Il primo ministro della Thailandia Sretta Thavisin questa mattina ha cancellato la visita che aveva in programma a Mae Sot, città al confine con il Myanmar, e ha invece mandato al suo posto il ministro degli Esteri e vicepremier Parnpree Bahidda Nukara.
Nei giorni scorsi era stata annunciata la creazione di «un comitato ad hoc per gestire la situazione derivante dai disordini in Myanmar», ha aggiunto il premier. «Sarà un meccanismo di monitoraggio e valutazione» che avrà come scopo quello di «analizzare la situazione complessiva» e «dare pareri e suggerimenti per gestire in modo efficace la situazione».
La Thailandia, dopo i ripetuti fallimenti da parte dell’ASEAN (Associazione delle nazioni del sud-est asiatico) di far rispettare l’accordo di pace in Myanmar, sta cercando di evitare che un esodo di rifugiati in fuga dalla guerra civile si riversi sui propri confini proponendosi come mediatore. «Il ruolo della Thailandia è quello di fare tutto il possibile per aiutare a risolvere il conflitto nel Paese vicino, e un ruolo simile è atteso anche dalla comunità internazionale», ha dichiarato ieri il segretario generale del primo ministro Prommin Lertsuridej.
Durante il fine settimana si sono verificati ulteriori scontri a Myawaddy (la città birmana dirimpettaia di Mae Sot), nello Stato Karen, tra le truppe dell’esercito golpista e le forze della resistenza, che hanno strappato il controllo della città ai soldati, grazie anche al cambio di bandiera della Border Guard Force, che, trasformatasi nell’Esercito di liberazione Karen (KLA), è passata a sostenere la resistenza e sta combattendo per la creazione di uno Stato Karen autonomo.
Giovedì scorso, l’Esercito di Liberazione Nazionale Karen (KNLA, una milizia etnica da non confondere con il KNA) aveva annunciato di aver intercettato l’ultimo gruppo di militari rimasto, il battaglione di fanteria 275. Alla notizia, l’esercito ha risposto con pesanti bombardamenti, lanciando l’Operazione Aung Zeya (dal nome del fondatore della dinastia Konbaung che regnò in Birmania nel XVIII secolo), nel tentativo di riconquistare Myawaddy ed evitare così un’altra umiliante sconfitta.
The Irrawaddy scrive che l’aviazione birmana ha sganciato nei pressi del Secondo ponte dell’amicizia (uno dei collegamenti tra Mae Sot e Myawaddy) circa 150 bombe, di cui almeno sette sono cadute vicino al confine thailandese dove sono di stanza le guardie di frontiera. Si tratta di una tattica a cui l’esercito birmano sta facendo ricorso sempre più frequentemente a causa delle sconfitte registrate sul campo a partire da ottobre, quando le milizie etniche e le Forze di Difesa del Popolo (PDF, che fanno capo al Governo di unità nazionale in esilio, composto dai deputati che appartenevano al precedente esecutivo, spodestato con il colpo di Stato militare) hanno lanciato un’offensiva congiunta. Una tattica realizzabile, però, solo grazie al continuo sostegno da parte della Russia. Fonti locali hanno infatti dichiarato che gli aerei e gli elicotteri «utilizzati per bombardare i villaggi e per consegnare rifornimenti e munizioni» a «circa 10 chilometri dal confine tra Thailandia e Myanmar» erano «tutti russi».
Bangkok è stata presa alla sprovvista dalla situazione. Sabato un proiettile vagante ha colpito il retro di una casa sulla parte thailandese del confine, senza ferire nessuno, ma l’episodio ha costretto il Paese a rafforzare le proprie difese di confine, aumentando i controlli su coloro che attraversano i due ponti che collegano Myawaddy e Mae Sot, al momento ancora aperti.
La polizia thai ha anche arrestato 15 birmani e due thailandesi che stavano cercando di fuggire in Malaysia in cerca di migliori opportunità di lavoro. Il gruppo ha raccontato di aver valicato il confine a Mae Sot grazie all’aiuto di intermediari. Viaggi di questo tipo rischiano di diventare sempre più frequenti con l’esacerbarsi della violenza in Myanmar, sostengono gli esperti, i quali si aspettano un prosieguo dei combattimenti, almeno finché non comincerà la stagione delle piogge, che ogni anno pone un freno agli scontri.
Ma la Thailandia ha anche inviato aiuti in Myanmar (sebbene tramite enti gestiti dai generali) e attivato una risposta umanitaria a Mae Sot. Il Governo di unità nazionale in esilio ha ringraziato Bangkok per aver fornito riparo e assistenza ai rifugiati, prevedendo tuttavia ulteriori sfollamenti. Almeno 3mila persone – perlopiù anziani e bambini – hanno varcato il confine solo nel fine settimana, ha dichiarato due giorni fa il ministro degli Esteri Parnpree Bahidda Nukara, ma circa 2mila sono tornati a Myawaddy lunedì.
Il mese scorso Parnpree aveva annunciato che il Paese avrebbe potuto ospitare fino a 10mila rifugiati birmani a Mae Sot e dintorni.
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