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Geopolitica

Dopo Trump: e adesso?

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Renovatio 21 pubblica questa intervista a Thierry Meyssan realizzata da Pravda e ripresa da Rete Voltaire.

 

 

La sconfitta di Trump nella corsa al rinnovo del mandato presidenziale ha riportato la politica estera americana su binari apparentemente già noti: se da un lato The Donald è stato il primo presidente americano da 30 anni a questa parte a non iniziare una guerra, dall’altro lato Joe Biden era in quella stessa amministrazione il cui presidente Obama, inutile premio Nobel per la pace, non ha esitato a distruggere la Libia di Gheddafi sotto un uragano di bombe; precipitare la Siria nel baratro di una guerra per procura che perdura da 9 lunghissimi anni; esportare la democrazia in Ucraina fomentando un colpo di Stato nazista che ha innescato in chiave difensiva l’annessione russa della Crimea e la secessione delle regioni russofone del Donbass.

 

 

 

 

I Jacksoniani sono gli eredi di un presidente pre-guerra civile, Andrew Jackson. Sono caratterizzati da una feroce difesa della loro libertà e da un’animosità nei confronti dei banchieri. Questa scuola politica non era più rappresentata a Washington dalla seconda guerra mondiale. I «Puritani senza Dio» sono gli eredi dei Padri Fondatori celebrati nella festa del «Ringraziamento». Sono calvinisti secolarizzati. Hanno inventato la cultura del «risveglio»

Sul bilancio complessivo in politica estera dell’amministrazione Trump pesano soprattutto l’attacco missilistico contro la Siria (più di facciata che altro) e l’assurdo assassinio del grande generale iraniano Soleimani, eliminazione che non è valsa a Trump la riconferma alla Casa Bianca. Il ritiro americano dal trattato sui missili intermedi INF e quello sui Cieli Aperti non è altro che la conseguenza del fatto che quei trattati riguardavano i rapporti tra due realtà geopolitiche oramai scomparse: gli Stati Uniti anni ’70 e l’Unione Sovietica. Il ritiro unilaterale dal JCPOA lascia invece alla Repubblica Islamica dell’Iran mano libera per riorganizzare la propria difesa nazionale anche se questo comporta il rovesciamento di alcune intese realizzate sotto banco tra Teheran e gli occidentali.

 

Che cosa è stata la presidenza di Donald Trump? Il capriccio di un miliardario abituato ad essere obbedito all’istante? L’ultima voluttà di un magnate uso a comprare ciò di cui si invaghisce? Oppure c’è qualcosa di più profondo dietro la pur innegabile orgia di dollari che caratterizza la politica americana?

 

Thierry Meyssan di Rete Voltaire ha proposto un’analisi dello scontro politico interno americano originale, benché diversa, nella sua alterità, rispetto a quella fornita dai media mainstream.

 

Secondo Meyssan, lo scontro tra le varie anime dello Stato Profondo americano è di tipo epocale, inguaribile e porterà al collasso dell’entità «Stati Uniti d’America».

 

Pravda.ru : Potrebbe spiegare ai nostri lettori che cosa intende quando parla di «Jacksoniani» e «Puritani senza Dio» riferendosi alla società americana?

 

Thierry Meyssan : I Jacksoniani sono gli eredi di un presidente pre-guerra civile, Andrew Jackson. Sono caratterizzati da una feroce difesa della loro libertà e da un’animosità nei confronti dei banchieri. Questa scuola politica non era più rappresentata a Washington dalla seconda guerra mondiale. I «Puritani senza Dio» sono gli eredi dei Padri Fondatori celebrati nella festa del «Ringraziamento». Sono calvinisti secolarizzati. Hanno inventato la cultura del «risveglio». Per avere accesso alla Felicità, un uomo deve prima espiare i difetti dei suoi genitori. Questi due gruppi sono impegnati in una battaglia spietata che ha le sue origini nella Storia britannica.

 

Pravda.ru : Chi appartiene ai due schieramenti e quale livello di penetrazione hanno queste fazioni nei circoli di potere a Washington?

 

I Jacksoniani sono un movimento popolare, poco rappresentato a Washington. L’elezione di uno di loro, Donald Trump, è stata uno shock per l’intera classe politica, Repubblicani e Democratici allo stesso modo

Thierry Meyssan : I Jacksoniani sono un movimento popolare, poco rappresentato a Washington. L’elezione di uno di loro, Donald Trump, è stata uno shock per l’intera classe politica, Repubblicani e Democratici allo stesso modo. È sbagliato interpretare gli eventi negli Stati Uniti dalla crisi finanziaria del 2008 in termini di affiliazioni politiche. È soprattutto una rivolta popolare contro i salvataggi bancari a danno della gente comune; piani che sono stati ideati dai presidenti Bush (Repubblicano) e Obama (Democratico).

 

Pravda.ru : Esistono altre fazioni nella società americana che non siano, almeno per il momento, completamente marginalizzate nella gestione del potere?

 

Thierry Meyssan : La società si è radicalizzata. Le persone sono state costrette a scegliere da che parte stare. Da una parte la classe politica, banchieri e miliardari mondiali, dall’altra il Tea Party (Repubblicano) e il senatore Bernie Sanders (Democratico). Al momento non c’è spazio per altre idee.

 

Pravda.ru : Il fronte rappresentato dalla coppia Biden-Harris è il definitivo vincitore dello scontro politico americano ed ha quindi mano libera nella gestione dello Stato?

Non credo che la coppia Biden-Harris abbia vinto nulla. Il conteggio delle elezioni presidenziali è avvenuto in molti luoghi a porte chiuse, come in una dittatura. Un terzo degli americani considera questo potere illegittimo. La gente sta perdendo il rispetto per le autorità

 

Thierry Meyssan : Non credo che la coppia Biden-Harris abbia vinto nulla. Il conteggio delle elezioni presidenziali è avvenuto in molti luoghi a porte chiuse, come in una dittatura. Occupare la Casa Bianca è certamente una vittoria, ma è avvelenata. Un terzo degli americani considera questo potere illegittimo. La gente sta perdendo il rispetto per le autorità. Questo governo non potrà fare molto internamente, ma potrà agire esternamente. Il Paese diventa ogni giorno più diviso e si avvia verso una guerra civile.

 

Pravda.ru : Le sue idee sono molto originali: ci sono altri studiosi che le condividono, magari anche a livello governativo?

 

Thierry Meyssan : Il consigliere elettorale del presidente Nixon, Kevin Phillips, aveva un’analisi molto precisa di questa divisione. Nixon, d’altra parte, credeva che questo fosse il più grande pericolo dell’America. Phillips, come storico, ha studiato l’opposizione che i puritani hanno sollevato nel corso della storia. Ha dimostrato che la rivoluzione di Lord Cromwell in Inghilterra, la guerra d’indipendenza americana e la guerra civile americana sono una continuazione dello stesso conflitto.
D’altra parte, quando l’Unione Sovietica si sciolse, il professor Panarin (che ho incontrato a Mosca) predisse che presto anche gli Stati Uniti sarebbero caduti a pezzi. Ha immaginato una divisione in diversi Paesi distinti lungo linee etniche. Gli eventi dell’11 settembre decisero diversamente e permisero a Washington di tornare a diventare padrone del mondo.
Durante tutti questi anni, gli americani si sono trasferiti all’interno del proprio Paese e raggruppati per comunità culturali. Il passaggio dalla visione del professor Panarin alla situazione attuale non lascia più spazio a una zona nera. Questi sono distribuiti in diverse zone culturali che fanno riferimento all’identità dei padroni dei loro antenati; identità con la quale sono entrati nella cultura dell’altra sponda dell’Atlantico.

 

Pravda.ru : Lei ritiene che le ostilità contro la Siria riprenderanno a breve?

Questo governo non potrà fare molto internamente, ma potrà agire esternamente. Il Paese diventa ogni giorno più diviso e si avvia verso una guerra civile

 

Thierry Meyssan : Non lo so. Quello che è certo è che l’Iran farà una svolta di 180 gradi. Il presidente Rouhani vuole ristabilire l’Impero Safavide, un’entità basata sull’Islam sciita. Mentre le Guardie Rivoluzionarie aspirano a continuare l’opera dell’Ayatollah Khomeini e a liberare il Medio Oriente dall’imperialismo anglosassone. Rouhani è stato il primo contatto degli israeliani e degli Stati Uniti durante l’affare Iran-Contras, più di 30 anni fa. La sua ascesa al potere segue i negoziati tra la Guida, l’Ayatollah Khamenei e l’amministrazione Obama. I tre negoziatori statunitensi di allora ora occupano posizioni di rilievo nell’amministrazione Biden (direttore della CIA, consigliere per la sicurezza nazionale e vice segretario di Stato). Insieme cercheranno di rendere l’Iran moderno quello che era ai tempi dello Scià: il gendarme della regione. L’Iran, che ora è alleato della Siria, diventerà quindi il suo nemico.

 

Pravda.ru : Secondo lei quale sarà la posizione più probabile della Russia sulla questione siriana?

 

Thierry Meyssan : C’è la ridicola arroganza della borghesia siriana a credersi indispensabile. Ma la Russia non ha bisogno della Siria. La Russia ha salvato la Siria nella continuità della politica della zarina Caterina II, solo perché il cristianesimo nacque a Damasco. Detto questo, la Russia otterrà un ritorno sul suo investimento. La Russia si affiderà al presidente Assad per riorganizzare il Paese. Bashar al-Assad e Vladimir Putin si rispettano a vicenda.

 

Pravda.ru : E quella della Turchia di Erdogan? L’attivismo politico-militare del presidente turco è particolarmente evidente nel Medioriente allargato…

 

La Turchia è un Paese a parte che non ha ancora capito chi sia dalla sua creazione alla fine della prima guerra mondiale. A seconda del momento, vuole ristabilire l’Impero Ottomano o integrarsi nell’Unione Europea o anche rivolgersi ai Paesi di lingua turca dell’Asia centrale

Thierry Meyssan : La Turchia è un Paese a parte che non ha ancora capito chi sia dalla sua creazione alla fine della prima guerra mondiale. A seconda del momento, vuole ristabilire l’Impero Ottomano o integrarsi nell’Unione Europea o anche rivolgersi ai Paesi di lingua turca dell’Asia centrale. Lo stesso presidente Erdogan ha successivamente provato queste tre posizioni e anche due nuove: essere il punto di mezzo tra Stati Uniti e Russia o diventare il nuovo califfo dei sunniti. Ora sta pagando il prezzo di questi implacabili capovolgimenti. La Russia rinvia il momento della rottura, ma sa benissimo che la Turchia è per lei un nemico storico.

 

Pravda.ru : Come ultima domanda, vorrei chiederle quale è la situazione sanitaria in Siria: a che punto è la pandemia di COVID-19, quali decisioni ha attuato il governo per contenerla, come è il morale della popolazione?

 

Thierry Meyssan : Damasco e Aleppo sono le due città abitate più antiche del mondo. La Siria è una regione culturale oggi divisa in diversi Stati: Libano, Israele, Giordania, Cipro e parte della Turchia. Dopo un decennio di guerra, la Repubblica araba siriana è in gran parte distrutta. I suoi abitanti possono ricordare le sofferenze dei loro antenati, sono esausti. Di fronte a tali difficoltà, il COVID non è molto. Dopo alcune settimane di isteria collettiva, come in Europa, i siriani sono tornati in sé. Accettano che questa malattia sia fatale, ma uccide così poco di fronte alla guerra.

 

 

Costantino Ceoldo

 

 

 

 

Articolo ripubblicato su licenza Creative Commons CC BY-NC-ND

 

 

Fonte: «E ora cosa?» di Costantino Ceoldo, Pravda.ru (Russia), Rete Voltaire, 4 febbraio 2021

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

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Geopolitica

Macron dice che con l’Ucraina sconfitta i missili russi minacceranno la Francia. Crosetto parla di «spiralizzazione del conflitto»

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Una vittoria totale della Russia sull’Ucraina, nella quale l’intero paese venisse sconfitto, sarebbe dannosa per la sicurezza europea e della NATO, poiché potrebbe consentire a Mosca di piazzare missili alle porte dell’UE, ha affermato il presidente francese Emmanuel Macron.

 

Sabato, in un’intervista al quotidiano francese La Tribune, Macron, che notoriamente ha rifiutato di escludere l’invio di truppe occidentali in Ucraina, ha ancora una volta sostenuto una politica di «ambiguità strategica» nei confronti della Russia, sostenendo che l’idea chiave alla base di tale approccio è per proiettare forza «senza fornire troppi dettagli».

 

Descrivendo la Russia come «un avversario», il presidente francese ha sottolineato che stabilire «limiti a priori» sarebbe interpretato come debolezza. «Dobbiamo togliergli ogni visibilità, perché è ciò che crea la capacità di deterrenza», ha sostenuto.

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Macron ha inoltre sottolineato che l’Ucraina è fondamentale per la sicurezza della Francia perché si trova a soli 1.500 chilometri dai suoi confini. «Se la Russia vince, un secondo dopo, non ci sarà più alcuna sicurezza in Romania, Polonia, Lituania e nemmeno nel nostro Paese. La capacità e la portata dei missili balistici russi ci espongono tutti», ha affermato.

 

I commenti del presidente arrivano dopo che, il mese scorso, aveva suggerito che le nazioni occidentali «dovrebbero legittimamente chiedersi» se dovrebbero inviare truppe in Ucraina «se i russi dovessero sfondare la linea del fronte, e se ci fosse una richiesta ucraina».

 

Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha risposto definendo la dichiarazione del Macron «molto importante e molto pericolosa», aggiungendo che è un’ulteriore testimonianza del coinvolgimento diretto di Parigi nel conflitto. Anche la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha avvertito che delle forze NATO «non rimarrà nulla» se verranno inviate in prima linea in Ucraina.

 

Alcune nazioni occidentali si sono espresse contro l’invio di truppe in Ucraina, compreso il Regno Unito, uno dei più convinti sostenitori di Kiev. Il ministro degli Esteri britannico David Cameron ha insistito venerdì sul fatto che, mentre Londra continuerà a sostenere l’Ucraina, i soldati della NATO nel Paese «potrebbero costituire una pericolosa escalation».

 

Il presidente russo Vladimir Putin, tuttavia, ha ripetutamente respinto l’ipotesi secondo cui Mosca potrebbe attaccare la NATO come «una sciocchezza», affermando che il suo Paese non aveva alcun interesse a farlo.

 

Nel frattempo, il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto ha attaccato Macron per i suoi commenti continui su possibili forze occidentali in Ucraina.

 

Crosetto ha affermato al Corriere della Sera che, se personalmente non può giudicare il presidente di un «Paese amico come la Francia», allo stesso tempo non riesce a comprendere «la finalità e l’utilità di queste dichiarazioni, che oggettivamente innalzano la tensione».

 

Il ministro ha inoltre escluso la possibilità che l’Italia invii le proprie forze per intervenire direttamente nel conflitto ucraino, perché «a differenza di altri, noi abbiamo nel nostro ordinamento il divieto esplicito di interventi militari diretti, al di fuori di quanto previsto dalle leggi e dalla Costituzione». «Possiamo prevedere interventi armati solo su mandato internazionale, ad esempio in attuazione di una risoluzione dell’ONU» ha continuato il capo del Dicastero della Difesa.

 

«Quello ipotizzato in Ucraina non solo non rientrerebbe in questo caso, ma innescherebbe una ulteriore spiralizzazione del conflitto che non gioverebbe soprattutto agli stessi ucraini. Insomma, non esistono le condizioni per un nostro coinvolgimento diretto».

 

Anche il ministro degli Esteri dell’Ungheria – che è Paese NATO – Peter Szijjarto ha condannato le osservazioni del presidente francese, spiegando che se un membro della NATO «impegna truppe di terra, ci sarà uno scontro diretto NATO-Russia e sarà allora la Terza Guerra Mondiale».

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Il primo ministro della Slovacchia – pure nazione NATO – Robert Fico ha anche sottolineato che la NATO non ha alcuna giustificazione per inviare truppe in Ucraina perché il paese non è uno Stato membro e ha promesso che «nessun soldato slovacco metterà piede oltre il confine slovacco-ucraino».

 

Come riportato da Renovatio 21, le minacce francesi hanno invece trovato terreno fertile in Finlandia, Paese appena divenuto membro della NATO.

 

Il presidente francese si è spinto fino al punto di immaginare un ritorno della Crimea all’Ucraina. Putin ha sostenuto che truppe di Stati NATO già stanno operando sul fronte ucraino, e che l’Occidente sta flirtando con la guerra nucleare e la distruzione della civiltà.

 

Gli stessi francesi, secondo un sondaggio, sono contrari all’idea di soldati schierati su territorio ucraino proposta da Macron, il quale, bizzarramente, ha poi chiesto un cessate il fuoco per le Olimpiadi di Parigi della prossima estate.

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Geopolitica

Mosca inserisce Zelens’kyj nella lista dei ricercati

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Ieri il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj è apparso sulla lista dei ricercati del ministero degli Interni russo. Lo riporta il sito governativo russo RT. Il reato esatto di cui è accusato non è ancora chiaro.   Il sito web del ministero russo afferma che il presidente ucraino è ricercato ai sensi di un articolo del codice penale russo e contiene il suo nome completo e la sua fotografia, nonché la sua data e luogo di nascita. Non sono stati rilasciati dati sui procedimenti penali contro di lui.   Lo sviluppo arriva il giorno dopo che anche il capo del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale ucraino, Aleksandr Litvinenko, è stato inserito nella lista dei ricercati della Russia. A marzo ha preso il posto del suo predecessore Oleksyj Danilov. Anche in questo caso non è stato specificato il dettaglio delle accuse.   Ad aprile, Litvinenko affermò che era necessario lanciare attacchi con droni all’interno del territorio russo, per esercitare «pressione» su Mosca, descrivendo questa tattica come un elemento chiave della strategia di Kiev.   Mosca ha ripetutamente accusato Kiev di utilizzare metodi terroristici durante il conflitto in corso tra i due vicini. Il mese scorso, il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov ha affermato che le minacce dello Zelens’kyj di distruggere le infrastrutture civili russe erano la prova delle intenzioni terroristiche del suo governo.

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Il Peskov ha risposto alle dichiarazioni del presidente riguardo al ponte di Crimea, che è già stato preso di mira da due importanti attentati, ciascuno dei quali ha causato la morte di diversi civili.   Sabato anche l’ex presidente ucraino Petro Poroshenko è stato inserito nella lista dei ricercati. Finora, anche qui, non sono stati resi pubblici i dettagli di un caso contro di lui.   Il Poroshenko è entrato in carica nel giugno 2014, mentre il governo ucraino post-Maidan stava usando la forza militare nel tentativo di reprimere una ribellione nelle regioni di Donetsk e Lugansk. Il presidente, già industriale cioccolataio, firmò gli Accordi di Minsk, volti a riconciliare Kiev con le due repubbliche del Donbass che si erano rifiutate di riconoscere il governo post-colpo di stato.   Nel 2023, Poroshenko ha affermato in un’intervista al Corriere della Sera che gli accordi erano stati utilizzati per guadagnare tempo extra per armare l’Ucraina. L’ex presidente ha affermato di essersi rivolto alla NATO per preparare un conflitto invece di seguire la tabella di marcia di pace degli accordi di Minsk.   Venerdì, pure l’ex ministro delle finanze ucraino, Aleksandr Shlapak, e l’ex capo della banca centrale nazionale, Stepan Kubiv, sono stati inseriti nella lista delle persone ricercate dalla Russia. Anche se i dettagli sui loro casi penali rimangono poco chiari, il comitato investigativo russo aveva già accusato entrambi gli ex funzionari di aver finanziato la repressione militare di Kiev sul Donbass nel 2014, l’operazione ha segnato l’inizio del bombardamento da parte delle forze armate ucraine delle aree popolate delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk.   Come riportato da Renovatio 21, il vice capo dell’Intelligence ucraina un anno fa dichiarò l’esistenza una un elenco di funzionari russi da assassinare, affermando che «Putin è in cima alla lista. Stiamo cercando di ucciderlo».

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Economia

La Turchia sospende ogni commercio con Israele

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Il governo turco ha sospeso tutti gli scambi con Israele in risposta alla guerra di Gaza, ha dichiarato il Ministero del Commercio di Ankara in una dichiarazione pubblicata giovedì sui social media.

 

La Turchia è stato uno dei critici più feroci di Israele da quando è scoppiato il conflitto con Hamas in ottobre. La sospensione di tutte le operazioni di esportazione e importazione è stata introdotta in risposta all’«aggressione dello Stato ebraico contro la Palestina in violazione del diritto internazionale e dei diritti umani», si legge nella dichiarazione.

 

Ankara attuerà rigorosamente le nuove misure finché Israele non consentirà un flusso ininterrotto e sufficiente di aiuti umanitari a Gaza, aggiunge il documento.

 

Israele è stato accusato dalle Nazioni Unite e dai gruppi per i diritti umani di ostacolare la consegna degli aiuti nell’enclave. I funzionari turchi si coordineranno con l’Autorità Palestinese per garantire che i palestinesi non siano colpiti dalla sospensione del commercio, ha affermato il ministero.

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La sospensione totale fa seguito alle restrizioni imposte il mese scorso da Ankara sulle esportazioni verso Israele di 54 categorie di prodotti tra cui materiali da costruzione, macchinari e vari prodotti chimici. La Turchia aveva precedentemente smesso di inviare a Israele qualsiasi merce che potesse essere utilizzata per scopi militari.

 

Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso il governo turco ha imposto restrizioni alle esportazioni verso Israele per 54 categorie di prodotti.

 

In risposta alle ultime restrizioni, il ministero degli Esteri israeliano ha accusato la leadership turca di «ignorare gli accordi commerciali internazionali». Giovedì il ministro degli Esteri Israel Katz ha scritto su X che «bloccando i porti per le importazioni e le esportazioni israeliane», il presidente turco Recep Tayyip Erdogan si stava comportando come un «dittatore». Israele cercherà di «creare alternative» per il commercio con la Turchia, concentrandosi sulla «produzione locale e sulle importazioni da altri Paesi», ha aggiunto il Katz.

 

 

Come riportato da Renovatio 21 il leader turco ha effettuato in questi mesi molteplici attacchi con «reductio ad Hitlerum» dei vertici israeliani, paragonando più volte il primo ministro Beniamino Netanyahu ad Adolfo Hitler e ha condannato l’operazione militare a Gaza, arrivando a dichiarare che Israele è uno «Stato terrorista» che sta commettendo un «genocidio» a Gaza, apostrofando il Netanyahu come «il macellaio di Gaza».

 

Il presidente lo scorso novembre aveva accusato lo Stato Ebraico di «crimini di guerra» per poi attaccare l’intero mondo Occidentale (di cui Erdogan sarebbe di fatto parte, essendo la Turchia aderente alla NATO e aspirante alla UEa Gaza «ha fallito ancora una volta la prova dell’umanità».

 

Un ulteriore nodo arrivato al pettine di Erdogan è quello relativo alle bombe atomiche dello Stato Ebraico. Parlando ai giornalisti durante il suo volo di ritorno dalla Germania, il vertice dello Stato turco ha osservato che Israele è tra i pochi Paesi che non hanno aderito al Trattato di non proliferazione delle armi nucleari del 1968.

 

Il mese scorso Erdogan ha accusato lo Stato Ebraico di aver superato il leader nazista uccidendo 14.000 bambini a Gaza.

 

Israele, nel frattempo, ha affermato che il presidente turco è tra i peggiori antisemiti della storia, a causa della sua posizione sul conflitto e del suo sostegno a Hamas.

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Immagine di Haim Zach / Government Press Office of Israel via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported 

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