Il 12 novembre 2025 si è tenuto a Roma un nuovo incontro tra la Conferenza episcopale tedesca (DBK) e la Curia, incentrato sull’attuazione del Cammino sinodale tedesco, in particolare sull’istituzione dell’organismo previsto dal Sinodo tedesco. Questo organismo includerebbe vescovi e laici per affrontare questioni dottrinali, pastorali e disciplinari.
Dalla visita ad limina dei vescovi tedeschi nel novembre 2022, le discussioni tra Roma e la DBK si sono incentrate sul «Consiglio sinodale» deciso dal Cammino sinodale il 10 settembre 2022, un concilio considerato a livello nazionale. Le discussioni si sono incentrate su questo concilio, poiché Roma aveva sottolineato l’impossibilità di affidare un ruolo magisteriale o disciplinare ai laici.
Si tratta della quarta volta che la Santa Sede e la DBK si incontrano su questo tema, dopo gli incontri del 26 luglio 2023, del 22 marzo 2024 e del 28 giugno dello stesso anno.
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Rappresentanti qualificati
In rappresentanza della Curia Romana erano presenti: il Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin e i Cardinali Víctor Manuel Fernández (Dicastero per la Dottrina della Fede), Kurt Koch (Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani) e Arthur Roche (Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti). Era presente anche mons. Filippo Iannone O’Carm, nuovo Prefetto del Dicastero per i Vescovi.
Per la parte tedesca: mons. Georg Bätzing di Limburgo, Presidente della Conferenza Episcopale Tedesca (DBK), e i vescovi Stephan Ackermann di Treviri, Bertram Meier di Augusta e Franz-Josef Overbeck di Essen. Anche mons. Stefan Oster di Passau è stato invitato, nonostante la sua posizione decisamente critica nei confronti del cammino sinodale. Infine, erano presenti anche Beate Gilles, segretaria generale della DBK, e il portavoce Matthias Kopp.
Negoziati sul Consiglio Sinodale
La dichiarazione congiunta, pubblicata mercoledì 12, ha indicato che l’incontro è stato «ancora una volta caratterizzato da un’atmosfera onesta, aperta e costruttiva». I partecipanti hanno discusso vari punti riguardanti il futuro statuto di un organismo sinodale per la Chiesa in Germania. Va notato che questo organismo ora si chiama «Conferenza Sinodale».
Questa è almeno una piccola vittoria per la Curia, che, nella riunione del giugno 2024, aveva richiesto «un cambio di nome e diverse modifiche alla bozza esistente» del Consiglio Sinodale, come previsto dal Cammino Sinodale e discusso dal Comitato Sinodale istituito per attuare le decisioni prese al Sinodo. La discussione a Roma si è concentrata sulla «sua natura, composizione e poteri».
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I temi dibattuti riguardavano la natura giuridica della futura «Conferenza sinodale», la sua precisa composizione e il grado di partecipazione e diritto di voto dei laici, nonché i suoi effettivi poteri in relazione alle conferenze episcopali diocesane e al diritto universale della Chiesa.
Il Comitato sinodale, composto in egual misura da chierici e laici, incaricato di preparare la futura «Conferenza sinodale», si riunirà a Fulda nei prossimi giorni per discutere gli statuti di questo organismo. Tuttavia, il comunicato non rivela dettagli sostanziali sugli aspetti modificati rispetto alla bozza discussa a Roma nel giugno 2024.
Il tono altamente diplomatico del comunicato suggerisce che i negoziati siano in corso, ma non offre alcun chiarimento pubblico sui limiti che Roma è disposta ad accettare. Il Vaticano sembra voler evitare uno scontro frontale, sperando senza dubbio che negoziati prolungati portino a limitare o riformulare le richieste tedesche, impedendo così uno scisma.
Su quest’ultimo punto, la posizione di Roma è comprensibile, maè troppo tardi per evitare uno scisma. Il modo in cui viene portato avanti il Cammino Sinodale, con la partecipazione attiva dei laici che non vogliono rinunciare a quanto già deciso, produrrà un’inevitabile catastrofe: o perché alla fine otterranno ciò che desiderano, o perché il loro rifiuto porterà a una frattura irreparabile.
Infatti, come è stato ripetutamente affermato su questo sito – e altrove – la Chiesa in Germania è già in uno stato di scisma.
Il vescovo Joseph Strickland, in un lungo post di venerdì su X, ha chiesto a Papa Leone XIV e a tutti i vescovi per quanto tempo ancora continueranno a servire due padroni e a «scandalizzare i piccoli» chiudendo un occhio sul peccato. Lo riporta LifeSite.
Nel suo post del 14 novembre, il vescovo emerito di Tyler, Texas, si è chiesto per quanto tempo i vescovi, la curia vaticana e il Santo Padre continueranno a scandalizzare i fedeli con la loro compiacenza nella celebrazione di liturgie irriverenti e sacrileghe, accogliendo «coppie» dello stesso sesso nella Chiesa senza chiamarle alla conversione, sottolineando l’accoglienza dei migranti senza affrontare gli effetti dell’immigrazione illegale sulle popolazioni native e, in definitiva, «fermandosi tra due padroni». (1Re 18, 21) Il vescovo ha sottolineato che ci sono macine pronte per essere distribuite a Papa Leone: un «carico di camion» per la curia romana e un «carico di carico» per la stragrande maggioranza dei vescovi del mondo che spesso scandalizzano i «piccoli». (Mt18,6)
«Fino a quando zoppicherete tra due padroni? Se credete che Cristo è il Signore, allora seguiteLo! Se il mondo è il vostro padrone, allora andate da lui! Ma non profanate più il Suo santuario mentre tradite la Croce!», scrive il prelato texano.
«Vescovi, BASTA con i giochi! BASTA con le bugie. BASTA chiudere un occhio sui più piccoli! Un’enorme scorta di macine è pronta per essere distribuita tra voi», ha aggiunto. «Una per papa Leone, un camion pieno per la Curia in Vaticano e navi cargo piene per la stragrande maggioranza degli odierni successori degli Apostoli».
Dear Faithful Catholics-
These words came to me after awakening this morning. They are words I should have said to break the silence after my intervention at the USCCB meeting. I say them now to Pope Leo, to the bishops and to all who claim to be disciples of Jesus Christ.
“How… pic.twitter.com/5zyW2g9YrR
— Bishop Joseph Strickland @ Pillars of Faith (@BishStrick) November 14, 2025
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Sua Eccellenza ha osservato che, sebbene alcuni possano obiettare al fatto che egli «giudichi» questi principi della Chiesa, sono proprio questi successori degli Apostoli ad aver ripetutamente inflitto danni ai più piccoli.
«No fratelli, COME OSATE infliggere del male ai più piccoli ancora e ancora??» ha scritto il vescovo.
Approfondendo i modi specifici in cui i vescovi, compreso il vescovo di Roma, hanno scandalizzato i fedeli, Strickland ha osservato che essi deridono il Santo Sacrificio della Messa trasformandolo in poco più di una «cianfrusaglia» e spesso usano queste sacre liturgie per promuovere l’eresia.
«Voi fate del Sacro Sacrificio di Gesù Cristo, la Santa Messa, una cianfrusaglia, una merce di scambio per le tue connivenze mondane, una piattaforma per vomitare eresie e fare il piedino con il mondo», ha scritto monsignore.
In effetti, oltre alle irriverenti messe parrocchiali, negli Stati Uniti e in tutto il mondo vengono celebrate frequentemente diverse messe «dell’orgoglio» pro-LGBT e altre messe eterodosse, spesso senza un rimprovero da parte del vescovo celebrante e nel silenzio assoluto di Roma.
Strickland ha sottolineato come sacerdoti e vescovi scandalizzino spesso i fedeli accogliendo nella Chiesa «coppie» omosessuali, e come papa Leone conceda loro udienza senza invitarli al pentimento per la loro vita disordinata.
«Fate del male ai più piccoli quando accogliete coppie intrappolate nel peccato, ostentando la loro triste vita disordinata, e invece di chiamarle al pentimento in Gesù Cristo, chiacchierate di cose sciocche e venite acclamati per la vostra gentilezza», ha detto. «Li accogliete persino nel sacro santuario e stendete un velo di benedizione sullo sterco del loro peccato».
La scorsa settimana, il gesuita notoriamente pro-omotransessualista, padre James Martin, ha celebrato una messa di cresima per il corrispondente di ABC News, Gio Benitez, apertamente omosessuale, «sposato» con un altro uomo. Benitez ha persino attribuito a Martin il merito del suo ritorno alla Chiesa, sottolineando che il sacerdote dissidente lo aveva accolto nella Chiesa «esattamente come sono io». Il suo compagno, Tommy DiDario, che lui chiamava suo marito, gli ha fatto da padrino.
Durante l’assemblea autunnale dell’USCCB di questa settimana, Strickland ha messo in dubbio la cresima del conduttore televisivo apertamente gay.
«Non so quanti di noi abbiano visto sui social media», ha esordito Sua Eccellenza durante il question time. «Sacerdoti e altre persone si sono riuniti, celebrando apertamente la Cresima di un uomo che convive con un altro uomo. E la questione va affrontata».
La Conferenza Episcopale degli Stati Uniti si è rifiutata di rispondere alle preoccupazioni di Strickland. Al contrario, il presidente della sessione, il vescovo Daniel E. Flores, ha accolto la sua domanda, dicendo: «grazie, vescovo».
Flores è passato quindi rapidamente al punto successivo all’ordine del giorno, senza entrare nel merito dell’intervento né invitare il gruppo o gli altri vescovi a proseguire la discussione.
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Come riportato da Renovatio 21, papa Leone ha anche tenuto un’udienza privata con Alex Capecelatro, CEO di Josh.ai , e con il suo «marito» omosessuale Brian D. Stevens, un filantropo membro dei Cavalieri di Malta nonostante il suo scandaloso stile di vita in Vaticano questa settimana.
Durante l’udienza, la «coppia» omosessuale ha condiviso con il Papa quanto l’attivismo pro-LGBT di padre Martin «significhi per loro», al che Leo avrebbe «annuito con approvazione alla menzione di quel (cosiddetto) ministero», secondo Letters from Leo, un sito web scritto da un esponente del Partito Democratico, Christopher Hale.
Hale ha inoltre sottolineato che Leo non ha chiarito l’insegnamento della Chiesa durante l’udienza, ma è sembrato accettare i due omosessuali così come sono.
Infine, Strickland ha osservato che i vescovi hanno esortato i fedeli ad accogliere i «migranti» e si sono fermamente opposti all’applicazione della legge sull’immigrazione, ma la maggior parte non ha voluto parlare delle orde di criminali che attraversano illegalmente il confine.
«Fate del male ai più piccoli quando promuovete l’illegalità e chiudete un occhio sugli stupri, gli omicidi e gli attacchi di criminali nefasti che attraversano i confini aperti», ha detto. «Alcuni dei più piccoli vengono coinvolti in queste migrazioni di massa e calpestati mentre cercano una vita migliore. Alcuni dei più piccoli vedono le loro case e le loro città invase mentre i pastori dicono ‘dobbiamo accogliere lo straniero’, e poi lasciano libero sfogo a predoni e criminali».
Da quando Trump è tornato alla Casa Bianca a gennaio, i vescovi statunitensi, Papa Francesco e poi Papa Leone hanno ripetutamente denunciato i tentativi della sua amministrazione di frenare l’immigrazione di massa. Papa Leone ha ripetutamente affermato che i fedeli saranno giudicati per come «accolgono lo straniero», e ha persino suggerito falsamente che sostenere il presunto «trattamento disumano degli immigrati negli Stati Uniti» sotto Trump equivalga a sostenere l’aborto.
Come ha osservato Strickland, la stragrande maggioranza dei prelati cattolici, pur affermando correttamente che i paesi hanno l’obbligo di trattare tutti i migranti con dignità umana, ha ampiamente omesso di menzionare la questione dei crimini efferati commessi dai membri della gang MS-13 e da altri che entrano illegalmente negli Stati Uniti, e di come questi stiano violando la dignità umana dei suoi cittadini.
Anche altri vescovi hanno criticato le politiche di apertura delle frontiere della maggior parte delle nazioni occidentali.
Come riportato da Renovatio 21, ad inizio anno il vescovo kazako Athanasius Schneider ha parlato di un’Europa «neocomunista» e «massonica» che utilizza le migrazioni usate dalle élite per distruggere l’identità cristiana.
Un famoso attivista trans ha dichiarato che domenica prossima si unirà a Papa Leone XIV per una cena in occasione dell’evento del Giubileo dei Poveri.
Secondo quanto riportato dalla stampa italiana, tale «Alessia Nobile», ha ricevuto l’invito alla cena del Giubileo dei Poveri del 16 novembre, che si è tenuta nell’Aula Paolo VI di Roma.
La cena con il papa vedrà la partecipazione di centinaia di ospiti poveri, senzatetto ed «emarginati». Nobile ha affermato che lui e altri quattro uomini che si identificano come donne sono stati invitati al pranzo dopo aver richiesto un’udienza con il papa per esprimere le sue preoccupazioni sul fatto che la Chiesa potesse «fare marcia indietro sui diritti LGBTQ» dopo la morte del Bergoglio.
Nobile ha descritto Francesco come un amico e un mentore. Ha incontrato il defunto papa per la prima volta nel giugno 2022 durante un’udienza con altre cinque donne che si identificavano come «transgender». Francesco ha incontrato Nobile più volte e lo ha invitato alle sue udienze generali pubbliche. Il defunto papa gli ha anche scritto una lettera personale in cui si rivolgeva all’attivista transgender chiamandola «cara sorella».
Secondo tutti i resoconti pubblici disponibili, Francesco non ha detto a Nobile che un uomo che vive come se fosse una donna è contro natura e che la Chiesa rifiuta l’ideologia transgender.
La Repubblica a settembre ha scritto che Nobile avrebbe partecipato al giubileo omotransessualista in Vaticano, parlando di «lettera che Bergoglio mi scrisse di suo pugno mi ha permesso di mostrare chi sono».
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Il tema della normalizzazione transessualismo è stato cavalcato in modo plateale dal predecessore di Leone, Giorgio Mario Bergoglio.
In realtà non c’era bisogno di ulteriori prove riguardo al fatto che lo scandalo della «frociaggine» altro non è stato che un espediente dialettico creato ad arte (tesi, antitesi, sintesi).
In merito alla pubblicazione di Mater Populi fidelis.
«Negare il titolo di “Corredentrice” equivale a detronizzare la Santissima Vergine. Ciò colpisce l’anima cattolica in ciò che essa ha di più caro.»
FSSPX.Attualità: Reverendo Superiore Generale, il 4 novembre scorso è stato pubblicato un documento del Dicastero per la Dottrina della Fede (di seguito «DDF») che limita l’uso di alcuni titoli tradizionalmente attribuiti alla Beata Vergine, intitolato Mater Populi fidelis. Qual è stata la sua prima reazione al riguardo?Don Davide Pagliarani: Confesso di essere rimasto scioccato. Se da un lato Papa Leone XIV aveva già manifestato la volontà di continuità con il suo predecessore, non mi aspettavo un documento di un dicastero romano volto a limitare l’uso dei titoli, così ricchi di significato, che la Chiesa attribuisce tradizionalmente alla Vergine. La mia prima reazione è stata quella di celebrare una Messa di riparazione per questo nuovo attacco alla Tradizione e, per di più, alla Santissima Vergine Maria.
Infatti, non è solo l’uso dei titoli di «Corredentrice» e «Mediatrice di tutte le grazie» ad essere messo in discussione; è il significato tradizionale di questi titoli ad essere snaturato. Ciò è ancora più grave, perché la negazione di queste verità equivale a detronizzare la Santissima Vergine, e questo colpisce l’anima cattolica in ciò che essa ha di più caro. Infatti, la Santissima Vergine rappresenta, insieme alla Santa Eucaristia, il dono più prezioso che Nostro Signore ci ha lasciato.
Cosa l’ha colpita di più?
Innanzitutto, il fatto di considerare l’uso del termine «corredentrice» come «sempre inappropriato», il che, in pratica, equivale a vietarlo. La ragione addotta è la seguente: «Quando un’espressione richiede numerose e continue spiegazioni, per evitare che si allontani dal significato corretto, non serve alla fede del Popolo di Dio e diventa sconveniente». (1)
Ora, non ci troviamo di fronte a un termine esotico suggerito da una veggente in seguito ad un’apparizione dubbia, ma piuttosto a un’espressione che la Chiesa usa da secoli e il cui significato esatto è stato chiaramente stabilito dai teologi. Inoltre, diversi papi hanno fatto uso di questa espressione. Ciò che è paradossale è che lo stesso Giovanni Paolo II ha usato questo titolo più volte. Nel suo magistero, San Pio X definisce in modo molto chiaro il fondamento e la portata della corredenzione della Madonna, anche se non usa direttamente questo termine, ma quello di «riparatrice dell’umanità decaduta».
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Cosa dice esattamente San Pio X?
Nella sua enciclica mariana Ad diem illum (2 febbraio 1904), San Pio X tratta direttamente e molto chiaramente della corredenzione e pure della mediazione universale di Maria. Lasciamo che sia lui a parlare:
«E quando venne per Gesù l’ultima ora, “Sua Madre stava presso la Croce, oppressa dal tragico spettacolo e nello stesso tempo felice perché Suo Figlio si immolava per la salvezza del genere umano e d’altronde Ella partecipava talmente ai Suoi dolori, che Le sarebbe sembrato infinitamente preferibile prendere su di sé tutti i tormenti del Figlio, se fosse stato possibile”» (2).
La conseguenza di questa comunione di sentimenti e di sofferenze fra Maria e Gesù è che Maria «divenne legittimamente degna di riparare l’umana rovina» (3) e perciò di dispensare tutti i tesori che Gesù procurò a noi con la Sua morte e il Suo sangue. Certo, solo Gesù Cristo ha il diritto proprio e particolare di dispensare quei tesori che sono il frutto esclusivo della Sua morte, essendo egli per Sua natura il mediatore fra Dio e gli uomini. Tuttavia, per quella comunione di dolori e d’angosce, già menzionata tra la Madre e il Figlio, è stato concesso all’Augusta Vergine di essere “presso il Suo unico Figlio la potentissima mediatrice e conciliatrice del mondo intiero» (4).
La fonte è dunque Gesù Cristo e «noi tutti abbiamo derivato qualcosa dalla Sua pienezza» (5); «da Lui tutto il corpo reso compatto in tutte le giunture dalla comunicazione prende gli incrementi propri del corpo ed è edificato nella carità» (6=. Ma Maria, come osserva giustamente San Bernardo, è l’«acquedotto» (7), o anche quella parte per cui il capo si congiunge col corpo e gli trasmette forza e efficacia; in una parola, il collo. Dice San Bernardino da Siena: «Ella è il collo del nostro capo, per mezzo del quale esso comunica al suo corpo mistico tutti i doni spirituali» (8).
È dunque evidente che noi non dobbiamo attribuire alla Madre di Dio una virtù produttrice di grazie: quella virtù che è solo di Dio. Tuttavia, poiché Maria supera tutti nella santità e nell’unione con Gesù Cristo ed è stata associata da Gesù Cristo nell’opera di redenzione, Ella ci procura de congruo, come dicono i teologi, ciò che Gesù Cristo ci ha procurato de condigno ed è la suprema dispensatrice di grazie. Gesù «siede alla destra della Maestà Divina nell’altezza dei Cieli9»; Maria siede regina alla destra di Suo Figlio, «rifugio così sicuro e ausilio così fedele in tutti i pericoli, che non si deve temere nulla né disperare sotto la sua guida, i suoi auspici, la sua protezione e la sua benevolenza10» (11).
Questa citazione è certamente lunga, ma contiene le risposte alle conclusioni formulate nella nota dottrinale del DDF. Inoltre, va notato che questa enciclica di San Pio X è semplicemente menzionata in una nota alla fine del testo, ma non è mai citata. Si coglie facilmente il motivo: non è compatibile con il nuovo orientamento teologico.
Ma qual è, secondo lei, la vera ragione per cui il DDF considera ora «sempre inappropriato» il concetto di corredenzione?
La ragione è innanzitutto ecumenica. Bisogna capire bene che il concetto di corredenzione, così come quello di mediazione universale, sono assolutamente incompatibili con la teologia e lo spirito protestanti. Questi concetti erano già stati accantonati al momento del Concilio, dopo essere stati oggetto di un acceso dibattito: infatti una parte dei padri conciliari aveva richiesto la definizione della mediazione universale come dogma di fede.
Questo accantonamento ispirato dall’ecumenismo ha avuto l’effetto disastroso di un indebolimento della fede. Infatti, se non si ricorda regolarmente l’insegnamento tradizionale sulla Santissima Vergine, si finisce per perderlo. In altre parole, coloro che hanno redatto questo documento sono realmente convinti che i termini in questione siano pericolosi per la fede. Ciò è catastrofico.
Il testo, nella sua interezza, ripete continuamente che la Santissima Vergine non deve in alcun modo offuscare l’unicità e la centralità della mediazione di Nostro Signore e del suo ruolo unico e irripetibile di Redentore. Questa preoccupazione sembra quasi patologica, una sorta di paranoia spirituale, inspiegabile in un cattolico.
Infatti, nessun fedele istruito nelle verità della fede, che ricorre alla Santissima Vergine e si lascia guidare da lei, può correre il rischio di venerarla troppo, a scapito di Nostro Signore. La devozione mariana, illuminata dalla fede, ha un solo scopo: permetterci di penetrare maggiormente il mistero di Nostro Signore e della Redenzione.
Questo era ben compreso – e praticato – fino al Concilio. Ci troviamo qui di fronte a un circolo vizioso che rasenta l’assurdo: ci si mette in guardia contro un mezzo considerato abusivo e inadeguato per raggiungere un fine, mentre quel mezzo ci è stato dato proprio per raggiungere quel fine.
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Pensa che la preoccupazione ecumenica sia l’unica ragione di questo approccio del Vaticano?
Penso che si debba prendere in considerazione un altro motivo. Le espressioni incriminate nel documento romano hanno un rapporto diretto con il mistero della Redenzione e della grazia che ne deriva. Purtroppo, però, il concetto di Redenzione oggi non è più lo stesso. Infatti, i concetti di «sacrificio espiatorio per i nostri peccati» e di «sacrificio satisfattorio della giustizia divina» vengono sempre più abbandonati. Non si accetta più l’idea di un sacrificio offerto a Dio per placare la sua giustizia. Nella prospettiva moderna, Nostro Signore non ha realmente bisogno di meritare, né di soddisfare per i nostri peccati, né di offrire un sacrificio espiatorio, poiché la misericordia di Dio non muta di fronte alla realtà del peccato degli uomini: essa è incondizionata. Dio perdona sempre, per pura liberalità.
Di conseguenza, Nostro Signore è Redentore in un senso completamente nuovo: la sua morte non è altro che la manifestazione ultima e suprema dell’amore misericordioso del Padre (12). Non c’è quindi da stupirsi se da questa distorsione della Redenzione derivi inevitabilmente un’incapacità radicale di comprendere come e perché la Vergine possa esservi stata associata con le sue sofferenze.
A questo proposito, il testo del DDF contiene un avvertimento rivelatore: «Bisogna quindi evitare titoli ed espressioni riferiti a Maria che la presentino come una specie di “parafulmine” di fronte alla giustizia del Signore, come se Maria fosse un’alternativa necessaria all’insufficiente misericordia di Dio» (13).
Torniamo al concetto di «corredenzione». Perché lo ritiene così importante?
Essa è innanzitutto l’espressione di un’evoluzione omogenea del dogma cattolico ed era considerata una conclusione teologica comune, o addirittura, per alcuni, una verità definibile come dogma di fede. Ha la sua fonte nel Vangelo stesso e manifesta l’esatta portata dell’associazione all’opera della Redenzione che Nostro Signore ha voluto per sua Madre.
Non si tratta né di una Redenzione parallela, né di qualcosa che si aggiungerebbe all’opera di Nostro Signore, come una certa caricatura vorrebbe farci credere a torto. Si tratta semplicemente di un’incorporazione assolutamente unica nell’opera di Cristo, senza alcun equivalente possibile, che riconosce a Maria Santissima il suo posto specifico e ne trae le conseguenze che si impongono.
Quali sono gli argomenti autorevoli utilizzati dal testo del DDF?
Questa nota teologica cita il parere sfavorevole del cardinale Josef Ratzinger, che riteneva che il concetto di corredenzione non fosse sufficientemente radicato nella Sacra Scrittura. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che lo stesso cardinale Ratzinger aveva teorie non tradizionali sul tema della Redenzione (14).
Ma la nota si basa soprattutto sull’autorità di Papa Francesco. Riportiamo le sue parole, così come sono citate nel testo: «Maria “non ha mai voluto prendere per sé qualcosa di suo Figlio. Non si è mai presentata come co-redentrice. No, discepola”. L’opera della Redenzione è stata perfetta e non necessita di alcuna aggiunta. Perciò, “a Madonna non ha voluto togliere a Gesù alcun titolo […]. Non ha chiesto per sé di essere una quasi-redentrice o una co-redentrice: no. Il Redentore è uno solo e questo titolo non si raddoppia”. Cristo “è l’unico Redentore: non ci sono co-redentori con Cristo”»(15).
Queste parole sono affliggenti. Sono una caricatura delle vere ragioni su cui si basa la corredenzione. Diciamo semplicemente che non si tratta di sapere cosa la Madonna avrebbe voluto essere – sarebbe ridicolo. Si tratta di riconoscere ciò che la Sapienza divina le ha concesso e le ha chiesto di essere: nell’opera unica della Redenzione, le è stato dato di offrire per noi una soddisfazione di convenienza mentre Gesù Cristo soddisfaceva per noi in stretta giustizia; grazie alla sua perfetta carità e alla sua unione del tutto particolare con Dio, le fu dato di meritare per noi ciò che Nostro Signore ha meritato in stretta giustizia.
Esiste un legame tra la corredenzione e la mediazione di tutte le grazie?
È evidente che esiste un legame tra questi due concetti: è proprio per questo motivo che anche il titolo di «mediatrice di tutte le grazie» è messo in discussione, poiché il suo uso è ormai considerato pericoloso e quindi fortemente sconsigliato, come vedremo più dettagliatamente.
A causa dell’associazione della Madonna all’opera della Redenzione, e poiché pure ella ci ha meritato – sebbene in modo diverso – tutto ciò che Nostro Signore ci ha meritato, ella è stata stabilita da Nostro Signore stesso come dispensatrice di tutte le grazie così meritate. È quanto emerge dalle indagini della teologia tradizionale, nonché dal magistero di San Pio X che abbiamo appena ricordato.
Naturalmente, la presente nota dottrinale non nega la possibilità che i santi e la Santissima Vergine possano meritare. Tuttavia, implicitamente, essa mette in discussione la mediazione universale e necessaria di Maria nella distribuzione delle grazie16: «Nella perfetta immediatezza tra un essere umano e Dio, nella comunicazione della grazia, nemmeno Maria può intervenire. Né l’amicizia con Gesù Cristo né l’inabitazione trinitaria possono essere concepite come qualcosa che ci giunge attraverso Maria o i santi. In ogni caso, ciò che possiamo dire è che Maria desidera questo bene per noi e lo chiede insieme a noi (17). (…) Solo Dio giustifica. Solo il Dio Trinità, solo Lui ci eleva per superare la sproporzione infinita che ci separa dalla vita divina; solo Lui attua in noi l’inabitazione trinitaria; solo Lui entra in noi trasformandoci e rendendoci partecipi della sua vita divina. Non si fa onore a Maria attribuendole una qualsiasi mediazione nel compimento di quest’opera esclusivamente divina18».
In realtà, per le ragioni già esposte, la Santissima Vergine ci ha già meritato non solo alcune grazie, ma tutte e ciascuna; e non solo ci ha meritato la loro applicazione, ma anche la loro acquisizione ai piedi della croce, poiché è stata unita a Cristo redentore nell’atto stesso della Redenzione quaggiù, prima di intercedere per noi in cielo.
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Perché allora c’è un avvertimento contro l’uso del termine «mediatrice di tutte le grazie» e perché questo termine è considerato incapace di garantire una corretta comprensione del ruolo della Vergine?
Su questo punto, possiamo rispondere che gli autori del testo hanno un pregiudizio: non accettano che Dio abbia deciso – e che la Tradizione abbia spiegato – in modo diverso dall’idea preconcetta che si sono fatti.
È corretto affermare che Nostro Signore è l’unico mediatore e che esiste un’unica Redenzione, la sua, sovrabbondante. Ma, così come Nostro Signore sceglie liberamente i mezzi per realizzare la Redenzione, in particolare morendo sulla croce quando avrebbe potuto scegliere un altro mezzo, allo stesso modo sceglie liberamente di associare sua Madre alla sua opera come Egli vuole. Nessuno, nemmeno il prefetto del DDF, può togliere a Nostro Signore il potere di agire secondo la sua divina Sapienza e di rendere sua Madre corredentrice e mediatrice universale delle grazie.
Nostro Signore è consapevole che agendo in questo modo non toglie nulla alla sua dignità di Redentore. Ma la conseguenza di questa scelta di Nostro Signore è chiara: così come è necessario ricorrere a Lui per salvarsi, allo stesso modo è necessario ricorrere a Sua Madre, anche se in veste diversa. Non riconoscere questa necessità significa rifiutare i decreti di Nostro Signore, la Tradizione della Chiesa e i mezzi che sono dati ai cristiani per la loro salvezza.
Questa idea preconcetta, e persino questa ostinazione, ricorre molto spesso nel testo. Limitiamoci ad alcuni passaggi: «Se si tiene conto che l’inabitazione trinitaria (grazia increata) e la partecipazione alla vita divina (grazia creata) sono inseparabili, non possiamo pensare che questo mistero possa essere condizionato da un “passaggio” attraverso le mani di Maria» (19); «Nessuna persona umana, nemmeno gli Apostoli o la Santissima Vergine, può agire come dispensatore universale della grazia20»; «il titolo [mediatrice di tutte le grazie] corre il rischio di presentare la grazia divina come se Maria si convertisse in un distributore di beni o di energie spirituali, senza un legame con la nostra relazione personale con Gesù Cristo» (21).
Da un punto di vista pastorale, come giudica l’impatto di queste decisioni del DDF?
Credo di poter dire che le ripercussioni negative saranno molteplici e catastrofiche.
Innanzitutto, non dobbiamo dimenticare che Maria è il modello perfetto della vita cristiana. Minimizzando l’associazione di Maria Santissima all’opera della Redenzione, il testo minimizza l’invito rivolto a ogni anima a entrare attraverso la croce nell’opera della Redenzione, della riparazione e della santificazione personale. Ciò corrisponde esattamente a una visione protestante della vita cristiana, in cui non c’è più spazio per una cooperazione all’opera di Cristo che ci santifica e ci salva.
È per questo motivo che Lutero ha distrutto la vita religiosa e considerava ogni opera buona, compresa la Santa Messa, come un’offesa alla grandezza dell’opera di Cristo che, essendo perfetta, non necessita di alcuna aggiunta. Qualsiasi aggiunta corrisponderebbe a una mancata comprensione della sua perfezione. Come cattolici, professiamo esattamente il contrario: poiché l’opera di Cristo è eminentemente perfetta, è in grado di integrare la cooperazione delle creature senza perdere nulla della propria perfezione.
Inoltre, queste decisioni del DDF mi sembrano catastrofiche nel contesto attuale, soprattutto per la fede e la vita spirituale delle anime più semplici e più bisognose. Penso alle periferie sociali e morali, per usare un termine in voga durante il pontificato precedente. Alle persone più abbandonate, spesso non resta altro rifugio che la Santissima Vergine, nell’attuale deserto. Ho constatato con i miei occhi come una semplice e sincera devozione alla Santissima Vergine sia in grado di assicurare la salvezza ad anime che non hanno nemmeno la possibilità di vedere regolarmente un sacerdote. Per questo motivo, un testo del DDF che ha lo scopo di mettere in guardia le anime dai concetti mariani tradizionali mi sembra inqualificabile e pastoralmente irresponsabile.
Infine, mai come oggi la Chiesa stessa avrebbe bisogno di riscoprire le grandezze della Santissima Vergine: di fronte alla pressione del mondo che immerge sempre più le anime nell’apostasia e nell’impurità, queste grandezze rappresentano il mezzo privilegiato per resistere a questa pressione e rimanere fedeli.
Ha qualche consiglio pastorale da dare agli autori del testo?
L’idea di ricordare che Nostro Signore è l’unico mediatore tra Dio e gli uomini, e che esiste una sola vera Redenzione, la sua, è di per sé lodevole e, soprattutto oggi, è necessario ricordarla.
Il problema è che non è ai cattolici che bisogna ricordarla, con il pernicioso scopo di metterli in guardia contro le interferenze o una presunta concorrenza della Santissima Vergine. Bisognerebbe piuttosto predicare e ricordare questa verità agli ebrei, ai buddisti, ai musulmani e a tutti coloro che non conoscono Nostro Signore, credenti non cristiani o atei.
Eppure, lo scorso 28 ottobre, in Vaticano è stato celebrato il sessantesimo anniversario della promulgazione della Nostra Aetate, ovvero del documento conciliare che è alla base del dialogo con le religioni non cristiane. Ciò è a dir poco paradossale, poiché questo dialogo – che negli ultimi sessant’anni ha inspirato le più pietose riunioni interreligiose – è la chiara ed esplicita negazione del fatto che Nostro Signore è l’unico mediatore tra Dio e gli uomini, e del fatto che la Chiesa cattolica è stata istituita per predicare questa verità al mondo.
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Secondo lei, c’è un altro concetto mariano tradizionale che meriterebbe di essere conosciuto meglio?
Nell’Ufficio divino della Santissima Vergine, la liturgia la definisce come «colei che ha schiacciato tutte le eresie». Penso che questo concetto meriterebbe di essere approfondito maggiormente dalla ricerca teologica. È molto interessante notare come la Chiesa consideri la Madonna come custode della verità cattolica. Ciò è direttamente collegato al suo ruolo di Madre. Ella non potrebbe generare in ciascuno di noi Nostro Signore senza comunicarci la verità e l’amore per la verità, poiché Nostro Signore è la Verità stessa, incarnata, manifestata agli uomini. È attraverso la fede, e nella purezza della fede, che le anime vengono rigenerate e hanno la possibilità di crescere a immagine di Nostro Signore.
Credo che non comprendiamo sufficientemente questo necessario legame tra la purezza della fede e l’autenticità della vita cristiana. Nostra Signora, che distrugge tutti gli errori, è la chiave per comprendere questa verità.
Per concludere questa intervista, quale preghiera in onore della Madonna sceglierebbe?
Sceglierei senza esitazione la seguente preghiera, tratta anch’essa dall’uso liturgico:
«Dignare me laudare te, Virgo sacrata. Da mihi virtutem contra hostes tuos.
Permettete che io vi possa laudare, Vergine sacra. Datemi forza contro i vostri nemici».
Intervista realizzata a Menzingen, il 9 novembre 2025, nel giorno della festa della dedicazione della Basilica del Santissimo Salvatore
NOTE
1) Mater Populi fidelis, n. 22.
2) San Bonaventura, I Sent., d. 48, ad Litt., dub. 4.
3) Eadmeri, De Excellentia Virg. Mariæ, c. IX.
4) Pio IX, Ineffabilis.
5) Gv I, 16.
6) Ef IV, 16.
7) De Aquæductu, n. 4.
8) Quadrag. de Evangelio æterno, Serm. X, a. III, c. 3.
9) He I, 3.
10) Pio IX, Ineffabilis.
11) Pio X, Ad diem illum.
12) Si tratta qui della nuova dottrina del Mistero pasquale, che costituisce in particolare la base della riforma liturgica postconciliare.
13) Mater Populi fidelis, n. 37, b.
14) In particolare nella sua opera La fede cristiana ieri e oggi, 1968 (riedito nel 2000 con una prefazione dell’autore).
15) Mater Populi fidelis, n. 21.
16) Il grande errore del testo è quello di non fare la classica distinzione tra mediazione fisica e mediazione morale. Per mediazione fisica si intende che Maria trasmette la grazia come un vero e proprio strumento, ad esempio un’arpa che, suonata dall’artista, produce suoni armoniosi.ì Teologi riconosciuti (Lépicier, Hugon, Bernard) attribuiscono alla Vergine un tale influsso, subordinato all’umanità di Cristo, insistendo sul fatto che, secondo la Tradizione, Maria è veramente nel corpo mistico come il collo che, unendo la testa alle membra, trasmette loro l’impulso vitale. Per mediazionesolomorale di Maria sulla grazia, si intende che, almeno attraverso la soddisfazione, i meriti passati e la sua intercessione sempre attuale, Maria trasmette alle anime, universalmente, tutte le grazie che derivano dalla croce di suo Figlio. Questa tesi è accettata da tutti i teologi tradizionali. In entrambi i casi, la mediazione di Maria è voluta liberamente da Dio come universale e necessaria.
Negando la mediazione fisica strumentale di Maria e omettendo la sua classica distinzione dalla mediazione almeno morale, il testo conclude indebitamente con una negazione generale di ogni mediazione universale e necessaria di Maria nella dispensazione delle grazie. In altre parole: si può discutere sulla modalità della mediazione della Vergine, ma non sulla sua universalità né sulla sua necessità di fatto.
17) Ibid. n. 54.
18) Ibid. n. 55.
19) Ibid. n. 45.
20) Ibid. n. 53.
21) Ibid. n. 68.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News.
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