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Andorra, la Chiesa affronta la proposta di legge sull’aborto

Nel Principato di Andorra, un microstato incastonato tra Francia e Spagna, il vescovo Josep-Lluis Serrano Pentinat, vescovo di Urgel, si trova di fronte a una questione delicata: potrebbe, in quanto co-principe di Andorra, firmare entro pochi mesi una legge per depenalizzare l’aborto mantenendone il divieto?
Andorra, con i suoi 80.000 abitanti, è un principato unico nel suo genere. È governato da due capi di stato che portano il titolo di «co-principe»: il presidente della Repubblica francese, attualmente Emmanuel Macron, e il Vescovo di Urgell, diocesi la cui sede è a La Seu d’Urgell, nella Catalogna spagnola.
Questo sistema, ereditato dal XIII secolo, conferisce al vescovo un ruolo sia spirituale che politico, rendendolo una figura chiave nel governo andorrano. Il vescovo Josep-Lluis Serrano Pentinat, nominato vescovo coadiutore di Urgell nel luglio 2024, è succeduto al vescovo Joan-Enric Vives il 31 maggio 2025. Il suo arrivo coincide con un acceso dibattito sulla riforma legislativa dell’aborto.
Il disegno di legge, che dovrebbe essere presentato al Parlamento andorrano nell’autunno del 2025, mira a modificare il codice penale del Paese. Intende eliminare le sanzioni penali per le donne che abortiscono, nonché le sanzioni professionali per i medici e gli operatori sanitari coinvolti.
Tuttavia, questa riforma non legalizzerebbe l’aborto sul suolo andorrano, che rimarrebbe proibito. Il governo sta progettando una legge complementare per mantenere il divieto di aborto in Andorra, consentendo al contempo il finanziamento dei viaggi all’estero – in Francia o Spagna – per le donne che desiderano sottoporsi all’interruzione volontaria di gravidanza (VTP).
Secondo il sito web di informazione religiosa The Pillar, questo compromesso è il risultato di mesi di discrete trattative tra le autorità andorrane e la Santa Sede, durante gli ultimi due anni di regno di papa Francesco. La domanda ora è se il vescovo Serrano, in qualità di co-principe di Andorra, firmerà questa legge, qualora ricevesse, come molto probabilmente, la maggioranza dei voti.
Secondo la Costituzione andorrana, una sola firma di entrambi i coprincipi è sufficiente per l’entrata in vigore di una legge e, tradizionalmente, le questioni controverse sono lasciate alla firma del presidente francese. Pertanto, leggi come quella che autorizza le unioni civili tra persone dello stesso sesso nel 2005 o quella sulla procreazione medicalmente assistita nel 2019 sono state firmate solo dai presidenti francesi dell’epoca, rispettivamente Jacques Chirac ed Emmanuel Macron.
Tuttavia, il coinvolgimento diretto della Santa Sede nei negoziati potrebbe cambiare la situazione. Il cardinale Parolin, durante una visita ad Andorra nel settembre 2023, ha descritto la questione dell’aborto come un «argomento molto delicato e complesso», invocando un approccio improntato a «discrezione e saggezza».
Il Principato è diventato profondamente secolarizzato, in particolare negli anni Novanta: nel 1993, la Chiesa ha ratificato un emendamento costituzionale che definisce Andorra come uno stato «laico». Il culto domenicale è in declino – circa il 20-30% dei fedeli, una percentuale ancora molto invidiabile rispetto al 5% dei praticanti nella Francia continentale – e sono state attuate le consuete riforme sociali, il divorzio nel 1995 e le unioni civili tra persone dello stesso sesso nel 2005.
In questo contesto, è nell’interesse della Chiesa mantenere lo status quo per quanto la riguarda ad Andorra, a rischio di dover accettare compromessi che potrebbero apparire come altrettanti compromessi? Tanto più che lo stesso attuale pontefice sovrano ha ricordato ai politici francesi della diocesi di Créteil, ricevuti in udienza il 28 agosto, la necessità di dire «no, non posso» quando è in gioco la verità, sottolineando una posizione intransigente di fronte ai compromessi morali.
La domanda merita di essere posta, soprattutto perché nel 2023-2024 è stata lanciata una ipotesi di ipotesi sulla possibile creazione di una diocesi indipendente di Andorra, prontamente smentita dalla Segreteria di Stato della Santa Sede. A quanto pare, il Vaticano, cercando un compromesso, sembra voler evitare una crisi costituzionale che potrebbe indebolire l’immagine della Chiesa e aprire la strada alla totale liberalizzazione dell’aborto.
Ma un simile compromesso rimane – radicalmente – impossibile per due ragioni. La prima è che l’evoluzione della depenalizzazione porta alla fine a un «diritto», come è avvenuto in Francia e in molti altri paesi. Consentire la prima sarebbe l’inizio di una lunga discesa che porterà alla liberalizzazione completa, che crediamo di poter evitare giocando d’astuzia con il principe di questo mondo.
La seconda è che è contraddittorio decidere da un lato l’assenza di sanzioni penali e dall’altro la scomunica che colpisce donne e medici colpevoli del reato di aborto. Poiché si tratterebbe della stessa persona, il vescovo Serrano Pentinat, che sarebbe obbligata a ricoprire entrambe le cariche, il discredito della Chiesa sarebbe totale.
E il vescovo dovrebbe essere rinchiuso per schizofrenia.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Mons. Viganò: «chi aderisce al Concilio si rende responsabile della demolizione della Chiesa»

«Si definì “secondo” per far credere che si ponesse in continuità con il perenne Magistero Cattolico, così da poterlo adulterare usurpando l’Autorità della Chiesa e del Romano Pontefice» continua monsignore. «Pose le basi pseudo-dottrinali della odierna “chiesa sinodale” che intende sovvertire la costituzione gerarchica della Chiesa e il Papato». «Chi aderisce consapevolmente a questo “concilio” si rende responsabile della demolizione della Chiesa Cattolica e ratifica con la propria complicità il golpe conciliare e sinodale».Sessantatre anni fa, in questo giorno, venne solennemente aperto il Concilio Ecumenico Vaticano II, il primo “concilio” della chiesa che da esso prende il nome – la “chiesa conciliare” appunto. – Esso fu “concilio” perché volle “conciliare” Dio e mondo, Cristo e Belial, vero e… pic.twitter.com/c87pPRz84a
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) October 11, 2025
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Scontri tra Pakistan e Afghanistan

Sabato si sono verificati intensi scontri lungo il confine tra Afghanistan e Pakistan, confermati da entrambe le parti, a seguito di accuse reciproche di violazioni dello spazio aereo e attacchi.
Il ministero della Difesa afghano ha dichiarato che le sue forze hanno condotto «operazioni di ritorsione efficaci» contro postazioni di sicurezza pakistane lungo la Linea Durand, in risposta a quelli che ha definito ripetuti attacchi aerei pakistani. La dichiarazione, condivisa su X dal portavoce Enayat Khowarazm, ha precisato che l’operazione si è conclusa intorno a mezzanotte.
Un funzionario provinciale pakistano, Jan Achakzai, ha confermato gli scontri, scrivendo su X che le forze pakistane hanno risposto con decisione all’«aggressione afghana», affermando che le forze afghane hanno compiuto attacchi non provocati in cinque o sei località lungo il confine, colpendo avamposti pakistani.
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La risposta dell’esercito pakistano è stata così intensa da costringere gli aggressori afghani a ritirarsi, lasciando vittime sul campo. Achakzai ha aggiunto che «i confini del Pakistan sono sicuri» e che il governo afghano non dovrebbe scambiare il desiderio di pace del Pakistan per debolezza.
Nessuna delle due parti ha fornito dettagli sulle vittime, e le affermazioni non possono essere verificate indipendentemente al momento.
L’episodio segue le esplosioni di giovedì a Kabul, che le autorità afghane hanno attribuito ad attacchi aerei pakistani, non confermati da Islamabad.
L’aumento delle tensioni tra i due Paesi è legato a questioni di sicurezza dei confini e alle attività dei militanti. Islamabad accusa Kabul di offrire rifugio ai combattenti del Tehreek-e-Taliban Pakistan (TTP), accuse respinte dall’amministrazione talebana.
Gli scontri avvengono mentre il Ministro degli Esteri afghano Amir Khan Muttaqi è in visita in India per colloqui volti a rafforzare le relazioni diplomatiche ed economiche con Nuova Delhi. I funzionari afghani hanno dichiarato che il viaggio rientra negli sforzi per ampliare la cooperazione regionale.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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