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Trump e quella strana profezia cattolica del 1983

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Una strana storia circola su internet dal 2017. A ritirarla fuori ora, dopo che il presidente americano ha rilanciato una lettera dell’ex Nunzio Apostolico Monsignor Viganò, contestatore della Chiesa oramai completamente omosessualizzata ora ridotto alla latitanza, è stata Lifesitenews, che ha verificato le fonti. La vicenda pare genuina.

 

Qualcuno, nei primi anni Ottanta, profetizzò che Donald Trump avrebbe riportato l’America a Dio. Si tratta di una storia italiana: la profezia sarebbe stata fatta da un eremita che stava a Loreto, un veterano di guerra americano che alcuni vecchi frati ancora ricordano.

 

Qualcuno, nei primi anni Ottanta, profetizzò che Donald Trump avrebbe riportato l’America a Dio

L’eremita americano si chiamava Tom Zimmer. Dopo aver combattuto nella II guerra mondiale, aveva deciso di passare la sua esistenza da pellegrino. Per anni è stazionava tutto il giorno intorno alla Basilica di Loreto, dove assisteva a quattro o cinque messe ogni giorno e passava il resto del suo tempo a pregare.

 

A fine anni Settanta, arrivò in Italia a studiare medicina un altro americano, Claude Curran, il quale ancora svolge il mestiere di medico psichiatra a Fall River, nel Massachusetts. Anche il dottor Curran è un devoto cattolico con cinque figli.

 

Il dottor Curran incontrò Tom Zimmer mentre era in Piazza San Pietro quando Giovanni Paolo II fu eletto papa (1978). I due americani divennero amici, e si incontravano spesso alle numerose messe pomeridiane e serali celebrate nelle varie chiese di Roma, i cui orari Curran ancora ricorda emozionato.

 

«Proprio ora, negli Stati Uniti, c’è un uomo che ha la mano di Dio su di lui. Ha il QI di un genio. E un’istruzione di prima classe. E tutto ciò a cui si avvicina lui lo attacca con efficienza accecante … il suo nome è Donald Trump»

Diversi anni dopo, nel 1983, Tom e il dottor Curran si trovarono ancora una volta a San Pietro. L’eremita disse al giovane medico qualcosa di assurdo. Zimmer disse che «proprio ora, negli Stati Uniti, c’è un uomo che ha la mano di Dio su di lui. Ha il QI. di un genio. E un’istruzione di prima classe. E tutto ciò a cui si avvicina lui lo attacca con efficienza accecante … il suo nome è Donald Trump».

 

Il dottor Curran restò interdetto. Egli ribattè che l’uomo di cui stava parlando era in realtà noto per essere un milionario che volava in alto  nel jet-set e che usciva con le modelle. Questo è quello che le cronache riportavano di lui.

 

In effetti, all’epoca, l’uomo era noto per essere una incarnazione vivente del culto del danaro tanto sentito durante la decade ’80, per il matrimonio glamour con  una bionda socialite globale, e per i progetti immobiliari magniloquenti e forse un po’ oscuri. Le prime avvisaglie della sua volontà di scendere in politica sarebbero venute anni dopo, come quando la celeberrima conduttrice afroamericana Oprah Winfrey lo intervistò per il suo show (1988), dove spiegò idee di politica estera non dissimili a quelle che ha oggi, e dove gli venne chiesto pubblicamente se si sarebbe candidato presidente.

 

Ma nel 1983 niente faceva pensare ad una corsa del giovane immobiliarista donnaiolo alla politica; ancora meno, si poteva pensare che egli fosse in qualche modo connesso a Dio.

«Ti sto dicendo, la mano di Dio è su di lui e Dio lo userà in futuro»

 

«È un playboy» disse Claude Curran.

 

«No, Claude», disse Tom Zimmer l’eremita di Loreto, «ti sto dicendo, la mano di Dio è su di lui e Dio lo userà in futuro». «Claude, sono così convinto di quello che ti sto dicendo che ho comprato un mattone commemorativo per Donald J. Trump, ci ho messo il suo nome e ora trarrà beneficio da tutte le messe e preghiere in Vaticano fino a quando quel mattone rimane nella Porta Santa».

 

«Sono così convinto di quello che ti sto dicendo che ho comprato un mattone commemorativo per Donald J. Trump, ci ho messo il suo nome e ora trarrà beneficio da tutte le messe e preghiere in Vaticano fino a quando quel mattone rimane nella Porta Santa»

Al termine di un anno Santo – Il 1983 fu il «Giubileo straordinario della redenzione» indetto da Giovanni Paolo II – la Porta Santa viene ricostruita con mattoni che possono portare una scritta commemorativa; il muro con il nome di Trump inscritto nel 1983 sarebbe stato abbattuto 17 anni più tardi per il Il Grande Giubileo del 2000, sempre indetto da Wojtyla.

 

Non abbiamo una posizione su questa profezia, ci limitiamo a segnalarla.

 

Notiamo che storie con coincidenze, miracoli ed apparizioni circolano spesso intorno ai leader nei momenti di crisi esiziale: abbiamo sentito una storia di apparizione mariana legata al presidente della Siria Bashar Assad.

 

È certo, tuttavia, che Trump ha guadagnato il favore dei cattolici americani, perfino a dispetto del Papa Bergoglio: e questo lo sappiamo dal 2016, cioè da quando Francesco lo definì «non cristiano» per via del progetto del muro con il Messico, ma i fedeli USA votarono comunque l’uomo dai capelli arancioni.

Il mattone con il nome di Trump,  infilato dall’eremita di Loreto nella Porta Santa dal 1983 al 2000,  è stato in Vaticano più a lungo di Bergoglio

 

Di fatto, il mattone con il suo nome, quello infilato dall’eremita di Loreto nella Porta Santa,  è stato in Vaticano più a lungo di Bergoglio.

 

Quel mattone ha atteso alle messe di San Pietro con più partecipazione di gran parte della gerarchia della Chiesa.

 

Quel mattone ha atteso alle messe di San Pietro con più partecipazione di gran parte della gerarchia della Chiesa.

Se ci pensate, quindi, è una profezia che non dovrebbe stupire nessuno: la Chiesa oggi invita alla perversione e alla Cultura della Morte, Trump – peccatore, imperfetto, quel che volete – no, visto che toglie i fondi a chi usa pezzi di bambino abortito per fare le ricerche.

 

Staremo a vedere quel che succederà: tuttavia l’era dell’irlandese JFK – che dragò e moltiplicò il voto cattolico – pare finita. È facile pensare che i cattolici americani non voteranno per il «cattolico» Biden, ma per il playboy miliardario da reality TV Donald Trump, l’uomo profetato da Tom Zimmer a Loreto. Egli lo sapeva benissimo: il signore può scrivere dritto anche su righe storte.

 

 

 

Immagine di Dennis Jarvis via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)

 

 

 

 

 

 

 

 

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Pensiero

«Preghiera» pagana a Zeus ed Apollo recitata durante cerimonia di accensione della torcia olimpica. Quanti sacrifici umani verranno fatti, poi, con l’aborto-doping?

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All’inizio di questo mese, il rituale dell’accensione della torcia olimpica – di fatto la prima cerimonia dei Giochi Olimpici – si è tenuta ad Olimpia, in Grecia, presso l’antico tempio di Era, la moglie di Zeus, padre degli dei greci detti, appunto, olimpici. Lo riporta LifeSite.

 

Accompagnata da uno stuolo di vestali per qualche ragione tutte bianche, l’attrice greca Mary Mina ha interpretato il ruolo di «alta sacerdotessa» che aveva funzione, tra le altre cose, di offrire una «preghiera» agli dèi olimpici.

 

«Apollo, dio del sole e dell’idea della luce, invia i tuoi raggi e accendi la sacra fiaccola per la città ospite», cioè Parigi. «E tu, Zeus, dona la pace a tutti i popoli della terra e incorona i vincitori della corsa sacra».

 

 

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Il Comitato Olimpico Ellenico organizza l’evento, che ha una durata di circa 30 minuti, ed elenca sul suo sito il resto dell’«Invocazione ad Apollo».

 

Silenzio sacro

 

Risuonino il cielo, la terra, il mare e i venti.
Le montagne tacciono.
I suoni e i cinguettii degli uccelli cessano.
Per Febo, il Re portatore di Luce ci terrà compagnia.

 

Apollo Dio del sole e dell’idea della luce
manda i tuoi raggi e accendi la sacra fiaccola
per l’ospitale città di…
E tu Zeus dona la pace a tutti i popoli della terra e
incorona i vincitori
della Razza Sacra

 

Il gruppo spiega che la prima cerimonia di accensione della torcia ebbe luogo nel 1936 con «l’alta sacerdotessa Koula Pratsika, considerata una pioniera della danza classica in Grecia e fu la prima coreografa della cerimonia di accensione». La Pratsika nell’ambito dei celeberrimi Giochi di Berlino – quelli dello Hitler e di Jesse Owens, e di Leni Riefenstahl – e che da allora si è svolta più o meno prima di ogni Olimpiade.

 

La coreografa Artemis Ignatiou dirige lo spettacolo dal 2008. Originaria della Grecia, ha precedentemente interpretato il ruolo di «alta sacerdotessa» ed è stata coinvolta nella produzione dagli anni Novanta.

 

È, ammetterà anche il lettore, molto molto curioso: la preghiera ai dei dell’Ellade rispunta per lo Sport, quando invece, l’invocazione che nei secoli si è pronunziata per la medicina – il giuramento di Ippocrate – è oramai quasi del tutto sparito in tutto il mondo – e mica lo vediamo solo in Israele, lo abbiamo visto anche sotto casa durante il COVID. I motivi, li sapete: quelle frasi sul fatto che il medico non darà sostanze abortive, né cagionerà la morte del paziente… Siamo lontani anni luce da ciò che oggi deve fare il dottore, e cioè servire la Necrocultura, estendendo la morte ovunque si possa.

 

È bene ricordare anche che il mondo moderno ora esige un altro culto pagano greco, quello alla dèa preolimpica (cioè, ctonia) Gaia, che tramite le elucubrazioni dell’ambientalismo è divenuta la Terra stessa, intesa come unico essere vivente minacciato dalla presenza umana. Del resto, Gaia apparteneva alla stirpe dei titani, come Crono, il dio che divorava i suoi figli…

 

Ma torniamo al fuoco pagano dei Giuochi. Il sito olimpico ricorda che i giochi iniziarono nel 776 a.C. e continuarono fino al 393 d.C. quando l’imperatore cristiano Teodosio I li abolì. «Le sue cerimonie di apertura sembrano quasi sempre incorporare temi massonici o globalisti» scrive LifeSite. «I giochi di quest’anno sono stati annunciati come le prime Olimpiadi “della parità di genere”. Ciò significa che uomini e donne avranno una rappresentanza 50-50 nella competizione. Detto in altro modo, ci saranno tanti atleti maschi quante sono le atlete. Questo è stato presentato come un importante segno di “progresso”».

 

Alla cerimonia di accensione della torcia, il presidente del Comitato Olimpico Internazionale Thomas Bach ha sottolineato che i giochi di quest’anno saranno «più giovani, più inclusivi, più urbani, più sostenibili». Si riferiva al fatto che sarà allestita una «Pride House» pro-LGBT per «sostenitori, atleti e alleati LGBTI+».

 

«I Giochi sono una celebrazione della diversità», afferma il sito ufficiale delle Olimpiadi. «In occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia, Parigi 2024 ribadisce il suo impegno nella lotta contro ogni forma di discriminazione», riferendosi eufemisticamente a qualsiasi opposizione all’omosessualità o al transgenderismo e aggiungendo che la «Pride House» ha lo scopo di «celebrare» le «minoranze» LGBT e il loro «orgoglio».

 

LifeSiteNews ci tiene a ricordare che «come i precedenti Giochi Olimpici, Parigi 2024 sarà probabilmente una cloaca di impurità. (…) la fornicazione è dilagante e nel Villaggio Olimpico dove soggiornano gli atleti vengono distribuiti contraccettivi gratuiti».

 

Riguardo al sesso al villaggio olimpico, chi ha partecipato da atleta ad un’Olimpiade in genere torna con racconti impressionanti – dionisiaci, erotici, del resto sempre di dèi greci si tratta, Dioniso, Eros, e mettiamoci pure dentro pure la poetessa greca Saffo, che dea non è, ma popolare di certo lo deve essere presso certe giocatrici di basket, ad esempio, e neanche solo quelle.

 

Del resto, metti quantità di giovani sani (in teoria: da Tokyo sappiamo quanti ne ha rovinati, financo sportivamente, l’mRNA) tutti insieme nello stesso luogo, e cosa vuoi che succeda? Sappiamo che la cosa capita anche alla Giornate Mondiale della Gioventù organizzate dai papati moderni, al termine delle quali trovano a terra tra la spazzatura, oltre che le ostie consacrate, anche preservativi usati da giovani e previdenti papaboys.

 

La questione, semmai, è capire che l’abominio pagano dello sport olimpico potrebbe essere andato molto oltre le semplici fornicazioni degli atleti: da anni si parla sommessamente del fenomeno dell’aborto-doping. Funziona così: per giovarsi della biochimica ormonale fantastica offerta dalla gravidanza e migliorare quindi le proprie prestazioni sportive, le atlete si fanno ingravidare per poi uccidere il figlio e godere del beneficio organico e muscolare della gravidanza.

 

Praticamente: vero e proprio doping, senza alcuno steroide sintetico – quindi perfettamente legale. Specie, immaginiamo, nelle Olimpiadi delle «pari opportunità».

 

«Ora che i test antidroga sono di routine, la gravidanza sta diventando il modo preferito per ottenere un vantaggio sulla concorrenza» avvertiva ancora nel 2013 Mona Passiganno, direttrice di un gruppo pro-life texano. In quell’anno emerse anche la storia di un atleta russo che avrebbe raccontato a un giornalista che già negli anni Settanta, alle ginnaste di appena 14 anni veniva ordinato di dormire con i loro allenatori per rimanere incinte e poi abortire. La procedura sarebbe così conosciuta da arrivare persino anche sui libri di testo: un libro di testo online di fisiologia del dipartimento di Fisiologia Medica dell’Università di Copenaghen sembra averne ancora traccia.

 

«Le atlete di punta – proprio dopo il momento in cui hanno dato alla luce il loro primo figlio – hanno stabilito diversi record mondiali» scrive il testo danese di fisiologia sportiva. «Naturalmente, questo è accettabile come evento naturale e non intenzionale. Tuttavia, in alcuni Paesi le atlete rimangono incinte per 2-3 mesi, al fine di migliorare le loro prestazioni subito dopo l’aborto».

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Altro che preghiera ad Apollo: questo è un sacrificio umano, un atto propiziatorio tramite l’uccisione della propria prole al dio pagano della prestanza fisica, della vittoria sportiva, della ricca sponsorizzazione, dell’ego incoronato etc.

 

E quindi: quanti sacrifici umani agli dèi antichi e moderni verranno consumati per i Giochi parigini?

 

Va ricordato l’aborto nel mondo sportivo non è una novità, una importante multinazionale di vestiario, negli anni, è stata accusata di aver fatto pressioni affinché le proprie atlete sponsorizzate abortissero, anche se non è chiaro se semplicemente per continuare a sfruttarne le prestazioni o per ottenerne anche i benefici corporei del doping feticida.

 

Diciamo pure che la strage olimpica occulta dei bambini delle atlete non potrebbe essere l’unico accento di morte da aspettarsi a Giochi di Parigi. Come noto, Macron ha fatto capire di temere per l’incolumità della sua Olimpiade, arrivando a chiedere, anche grottescamente, una «tregua» dei conflitti in corso – lui che, contro l’opinione degli omologhi europei e dello stesso popolo francese, paventa truppe NATO in Ucraina, e che secondo alcuno già sarebbero state spedite ad Odessa.

 

Abbiamo visto, nel frattempo, come qualcuno degli organizzatori olimpici si stia lamentando del fatto che per il nuoto la Senna sembra non andare bene: è stata rilevato troppo Escherichia Coli, cioè troppa materia fecale. Parigi è baciata da un fiume escrementizio, e vuole che gli atleti di tutto il globo vi si tuffino.

 

Questa immagine, del fiume di cacca in cui obbligano la gente ad immergersi, racconta bene il senso occulto dell’Olimpiade.

 

Tuffatevi anche voi nell’acqua marrone: dietro l’Olimpiade non c’è solo l’afflato neopagano e massonico (con le logge che da sempre rivendicano la consonanza con i principi olimpici), potrebbe esserci un’ondata di morte vera e propria.

 

Giochi di morte: lo Stato moderno pare volerceli infliggere a tutti i costi.

 

Roberto Dal Bosco

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I funerali di mons. Huonder

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Secondo il suo desiderio, espresso più volte, mons. Vitus Huonder è stato sepolto nel seminario di Ecône, «vicino al vescovo che ha tanto sofferto per la Chiesa», ha detto. La messa funebre pontificia è stata celebrata nella chiesa del seminario da mons. Bernard Fellay. Successivamente nella cripta del seminario furono deposte le spoglie del vescovo emerito di Coira.   Un lungo corteo ha accompagnato il feretro del vescovo Huonder dalla cripta alla chiesa dove è stato celebrato il pontificale, dove è stata vegliata tutta la notte dopo il canto dell’Ufficio dei Morti. Il corteo lo accompagnerà poi alla tomba dove furono resi gli ultimi onori al vescovo Huonder e dove troverà la sua ultima dimora.   Erano presenti, infatti, 150 sacerdoti e seminaristi, una trentina di suore e circa 900 fedeli tra cui i 150 studenti della scuola Wangs, dove mons. Huonder ha concluso santamente e felicemente i suoi giorni.       Articolo previamente apparso su FSSPX.news.   Immagini da FSSPX.news
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Malesia, condanna a punizioni corporali per una donna applicando la sharia

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Una mamma single è stata ritenuta recidiva nel peccato di «khalwat» (vicinanza) in uno Stato governato dal partito islamista. La sentenza – che rappresenta una prima volta – dovrebbe essere eseguita nella prigione di Marang il 6 maggio. Una vicenda destinata a offrire un termometro dei rapporti di forza con i fondamentalisti nella Malaysia di Anwar Ibrahim

 

In Malaysia nello Stato nord-orientale di Terengganu, governato dagli islamisti del Partito Islamico della Malesia (PAS), una donna è stata condannata alle percosse per rapporti inappropriati con un uomo, applicando la sharia, la legge islamica. Se eseguita si tratterebbe del primo caso di questo tipo nello Stato.

 

N. A. N., che ha 37 anni ed è madre di un figlio, è stata accusata ai sensi della sezione 31 (b) del Syariah Criminal Offences (Takbir) (Terengganu) (Amendment) Enactment 2022, per essere stata da sola con un uomo di 40 anni che non era suo marito in una casa nel distretto di Kemaman, il 31 gennaio scorso.

 

N. A. si è dichiarata colpevole del reato. Il giudice Rosli Harun l’ha quindi condannata a sei colpi di bastone e a una multa di 4.000 ringgit (785 euro), oltre a otto mesi di carcere.

 

L’imputata era già stata condannata per un reato simile nel 2018 ed era stata multata. Il giudice ha anche consigliato a N. A. di sposarsi immediatamente per evitare di commettere nuovamente un reato simile. «In precedenza hai detto che ti saresti sposata, ma non è successo. Non c’è rimorso in te», ha detto il giudice alla donna raccomandandole anche di non sposarsi nella città di confine di Golok, in Thailandia, dove le coppie musulmane contraggono matrimoni clandestini.

 

Il PAS governa gli Stati nord-orientali di Terengganu e Kelantan dal 2018. Ideologicamente incentrato sul fondamentalismo islamico, la sua base elettorale è in gran parte concentrata sulle quattro coste rurali e orientali della Malesia peninsulare, compreso il nord conservatore, in particolare nel Kelantan, Terengganu, Perlis e Kedah.

 

Con queste vittorie, il PAS ha spinto per inasprire le punizioni ai sensi della legge islamica attraverso il codice penale della Sharia di ogni Stato. Il partito deve però fare i conti con nuovi attori ora dopo il governo di Najib Razak, che sosteneva l’agenda del PAS, ha perso il suo mandato elettorale.

 

In passato, l’ex primo ministro Mahathir Mohamed aveva bloccato i tentativi del PAS di approvare le leggi islamiche nel Kelantan e nel Terengganu.

 

Il National Trust Party (Amanah), un partito scissionista del PAS che ora fa parte della coalizione di governo sotto il «governo di unità» del primo ministro Anwar Ibrahim, dovrebbe bloccare i tentativi del PAS di spingere per l’attuazione della sharia. Tuttavia, il PAS e la coalizione di cui fa parte oggi – Perikatan Nasional – hanno ottenuto buoni risultati nelle ultime elezioni.

 

Il partito islamista ha ottenuto il maggior numero di seggi e il patto Perikatan Nasional ha riaffermato il suo controllo su quattro governi statali dall’agosto 2023. Questo ha portato molti osservatori a suggerire che un’ondata «verde» o «islamista» sta trasformando il panorama politico della Malaysia.

 

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