Trapianti
L’orrore va oltre Alfie: l’ospedale Alder Hey espianta gli organi dei bambini morti senza il consenso dei genitori

Pubblichiamo un articolo di 18 anni apparso su La Repubblica, quotidiano che oggi non è particolarmente incline alla lotta a favore di Alfie. La realtà dell’Alder Hey Hospital (l’ospedale che vuole la morte di Alfie) emersa dall’articolo è semplicemente agghiacciante: organi espiantati a bambini morti senza il consenso dei genitori. Vogliono lo stesso destino anche per Alfie?
«Ho visto i suoi organi sezionati in tre contenitori bianchi: il cuore, il cervello, il fegato, i reni. Mio figlio Marcello era stato fatto a pezzi. L’ ho scoperto otto anni dopo. Aveva venti giorni quando è morto sotto i ferri all’ ospedale Alder Hey di Liverpool».
Ho visto i suoi organi sezionati in tre contenitori bianchi: il cuore, il cervello, il fegato, i reni. Mio figlio Marcello era stato fatto a pezzi. L’ ho scoperto otto anni dopo. Aveva venti giorni quando è morto sotto i ferri all’ ospedale Alder Hey di Liverpool
Tracy Lowthian ha perso Marcello nel 1992. Solo pochi mesi fa ha saputo che il suo corpo era stato svuotato di tutti gli organi. Fatto a pezzi, scopo ricerca scientifica o chissà che altro. Era una delle migliaia di mamme e papà inglesi coinvolti nello scandalo scoppiato nell’ autunno scorso in Inghilterra. Organi di bimbi prelevati senza il consenso dei genitori. Tracy racconta, fermandosi di tanto in tanto per riprendere fiato.
«Marcello era il mio terzo figlio. È nato il 21 agosto 1992. Vivevo a Modena con mio marito Franco che è italiano e ha una ditta di trasporti, ma per avere il bambino sono tornata dai miei, a Liverpool. Anche gli altri due erano nati in Inghilterra. Dieci giorni dopo la nascita respirava male e mi hanno consigliato di portarlo all’ Alder Hey. Mi avevano detto che era il migliore. A venti giorni lo hanno operato al cuore: era il 10 settembre. È morto sotto i ferri. Il coroner ha ordinato l’ autopsia, visto che era morto durante l’ operazione.
Ero preparata, non avevano bisogno di chiedere il mio consenso. Ma nel certificato post mortem – che ho visto soltanto adesso – non c’ era scritto nulla di quello che avrebbero fatto dopo. Per questo sì che c’ era bisogno del mio permesso. Marcello è stato svuotato di tutti i suoi organi. Il cuore, il cervello, il fegato, i reni, lo stomaco, l’ intestino… e forse anche la lingua sono conservati negli scantinati dell’ ospedale. I suoi organi riproduttivi non si trovano più, spariti.
Marcello è stato svuotato di tutti i suoi organi. Il cuore, il cervello, il fegato, i reni, lo stomaco, l’ intestino… e forse anche la lingua sono conservati negli scantinati dell’ ospedale. I suoi organi riproduttivi non si trovano più, spariti
È cominciato tutto a settembre 1999, quando in televisione ho sentito parlare dell’ inchiesta che aveva investito l’ ospedale pediatrico di Bristol. Ho chiamato l’ Alder Hey: volevo sapere se ero anch’ io fra i genitori di questi bambini fatti a pezzi. Mi hanno risposto “cercheremo”. Dopo due giorni mi hanno richiamata: “Signora purtroppo il cuore di suo figlio è qui, in ospedale”.
Ho chiesto di incontrare i dottori che avevano operato mio figlio. Dicevano di non sapere niente. Sono tornata a casa. Sono passati pochi giorni, mi hanno richiamata: “Abbiamo trovato anche il cervello di suo figlio, ci dispiace”. È andata avanti così per giorni, avevano tutto di Marcello: il fegato, i reni, lo stomaco, l’ intestino… Allora sono tornata in ospedale, ho chiesto di vedere gli organi di Marcello, uno per uno. Hanno fatto resistenza. Alla fine hanno dovuto cedere. Mi hanno portato tre contenitori bianchi: nessuno degli organi era intero, erano fatti a pezzetti. “Dove sono le ricerche che avete fatto su mio figlio? Voglio vederle!”. La risposta fu: “Noi non abbiamo niente”.
“Abbiamo trovato anche il cervello di suo figlio, ci dispiace”
Il 23 dicembre 1999 è arrivato mio marito dall’ Italia e abbiamo disseppellito Marcello. Non potendo aprire la bara abbiamo messo gli organi sopra. Franco era con me, anche se ora siamo separati e lui è in Italia, l’ aveva sempre detto che c’ era qualcosa di strano nella morte di nostro figlio.
In marzo ho chiesto all’ ospedale una lista esatta di quello che avevano preso: c’ erano anche gli organi riproduttivi che io però non avevo visto nei contenitori che avevamo seppellito. Mi hanno detto che forse erano nei “quadretti di cera”. Ho chiesto spiegazioni e mi hanno detto che prima di restituirmi gli organi ne avevano preso qualche pezzettino.
Mi hanno portato tre contenitori bianchi: nessuno degli organi era intero, erano fatti a pezzetti. “Dove sono le ricerche che avete fatto su mio figlio? Voglio vederle!”. La risposta fu: “Noi non abbiamo niente”.
Dopo due settimane sono andata a vedere i quadretti di cera: hanno rovesciato una borsa marrone su un tavolo. Dentro c’ erano ventiquattro quadretti della grandezza delle tessere del domino. Erano pezzi di cervello, di cuore… Io non capivo cos’ erano e nemmeno loro. Dicevano: “È la prassi, una parte di suo figlio deve rimanere qui”.
Nel frattempo eravamo diventati tanti a chiedere conto dei pezzi dei nostri figli: più di mille. E abbiamo scoperto che non era soltanto il patologo olandese van Velzen – andato via dall’ Alder Hey nel 1995 – a espiantare gli organi. Prima di lui ce n’ erano stati altri e la prassi continua anche ora. Ne abbiamo viste tante di quelle borse marroni, che abbiamo fatto portare via dall’ ospedale. Ora sono negli studi degli avvocati dello stesso Alder Hey, piene di pezzettini di organi sotto cera. Intanto abbiamo saputo che uno dei direttori dell’ ospedale, Frank Taylor, e la sua vice Hillary Rowlands, erano stati licenziati, che il chirurgo che aveva operato mio figlio era sotto inchiesta da tre anni per incapacità professionale. E la storia è andata avanti.
Negli scantinati dell’ ospedale c’ erano lingue e trachee I cadaveri dei bambini arrivavano anche da altri ospedali, per svuotarli di tutto. E tutto questo sempre senza chiedere nessun consenso a noi, ai genitori. Tutto illegale.
Negli scantinati dell’ ospedale c’ erano lingue e trachee. I cadaveri dei bambini arrivavano anche da altri ospedali, per svuotarli di tutto. E tutto questo sempre senza chiedere nessun consenso a noi, ai genitori. Tutto illegale. Ora io sono qui, con gli altri miei tre figli, il primo ha quasi 11 anni, il secondo 9, la terza 5. Penso che questo sia soltanto l’ inizio. All’ ospedale non parlano più per via delle inchieste in corso. Noi pensiamo a un traffico di soldi.
Credo che gli organi dei nostri figli venissero venduti. Alle industrie dei cosmetici o forse per i trapianti, anche se non nel mio caso. Stasera diamo una festa di beneficenza insieme agli altri genitori. Abbiamo fiducia nelle inchieste. Noi per ora vogliamo soltanto sapere la verità e stiamo facendo una battaglia per rendere più esplicite le norme di legge in questi casi».
Credo che gli organi dei nostri figli venissero venduti. Alle industrie dei cosmetici o forse per i trapianti
Tracy Lowthian, operatrice su Internet part-time, interrompe qui la sua confessione telefonica. Sono entrati i figli in camera, che di questa storia non sanno nulla. Pensano che il loro fratellino sia andato in cielo. Non devono sapere che Marcello è stato fatto a pezzi. (Teresa Serrao, 3 giugno 2000)

Morte cerebrale
Gli ospedali sfruttano la «morte circolatoria» per prelevare organi da persone viventi

Renovatio 21 ripubblica questo scritto della dottoressa Heidi Klessig previamente apparso su LifeSiteNews.
«I nostri risultati dimostrano che gli ospedali hanno permesso che il processo di prelievo degli organi iniziasse quando i pazienti mostravano segni di vita, e questo è orribile», ha dichiarato il Segretario della Salute e dei Servizi Umani Robert F. Kennedy, Jr. in un recente comunicato stampa. «Le organizzazioni per il prelievo degli organi che coordinano l’accesso ai trapianti saranno ritenute responsabili. L’intero sistema deve essere riorganizzato per garantire che la vita di ogni potenziale donatore sia trattata con la sacralità che merita».
Questa dichiarazione segue di poco un articolo del New York Times che evidenziava diversi casi di donatori di organi non deceduti. L’articolo si concentrava su una pratica di prelievo di organi nota come «donazione dopo morte circolatoria», o DCD. I donatori DCD non sono in «morte cerebrale», ma hanno una prognosi sfavorevole e non ci si aspetta che sopravvivano o hanno deciso che la loro qualità di vita è inaccettabile. I decessi DCD sono un evento pianificato, coordinato in modo da verificarsi in un momento e in un luogo specifici per consentire il prelievo degli organi.
Ecco come funziona: prima di procedere alla donazione di organi, ai donatori DCD viene impartito un ordine di «non rianimazione» (DNR). Questo è necessario perché questi pazienti potrebbero essere rianimati, ma è stata presa la decisione di non farlo. Il loro trattamento passa da un’assistenza incentrata sul paziente a un’assistenza incentrata sugli organi, spesso includendo il posizionamento di cateteri endovenosi di grosso calibro e infusioni di farmaci a beneficio degli organi, non del paziente.
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L’ultimo giorno, i donatori DCD vengono portati in sala operatoria e staccati dal supporto vitale. Una volta che il polso è completamente assente, i medici osservano un periodo di «no-tocco» di due-cinque minuti per verificare l’eventuale ripresa spontanea della circolazione. L’espianto degli organi inizia il più rapidamente possibile, poiché gli organi caldi diventano rapidamente inadatti al trapianto in assenza di circolazione.
Ma queste persone sono davvero morte dopo soli due-cinque minuti di assenza di polso? È ampiamente documentato che le persone vengono regolarmente rianimate entro questo lasso di tempo, ma nel caso dei donatori di DCD è stata presa la decisione di non farlo.
Una revisione della letteratura medica mostra che alcune persone hanno recuperato spontaneamente il battito cardiaco dopo un arresto cardiaco durato fino a dieci minuti, e alcune di queste si sono riprese completamente. Pertanto, non è noto che i donatori DCD siano deceduti dopo soli due-cinque minuti di assenza di polso. Il motivo per cui i medici non aspettano più a lungo è che dopo dieci minuti di assenza di polso la maggior parte degli organi non sarebbe più idonea al trapianto.
Pertanto, poiché i medici si muovono più rapidamente, i pazienti si svegliano durante l’espianto degli organi.
Uno dei casi descritti nell’articolo del New York Times riguardava la donatrice di organi DCD Misty Hawkins. Dopo un soffocamento, la Hawkins ha subito una lesione cerebrale ed è entrata in coma sottoposta a ventilazione meccanica. Non era cerebralmente morta, ma i medici avevano detto ai suoi genitori che non si sarebbe mai più risvegliata. Sua madre non voleva che Misty soffrisse e, sperando che dalla loro tragedia potesse scaturire qualcosa di buono, aveva acconsentito a far diventare sua figlia una donatrice di organi DCD.
Misty fu portata in sala operatoria, dove un medico staccò il respiratore e le somministrò dei farmaci per confortarla. Il suo cuore smise di battere 103 minuti dopo. Dopo un’attesa di cinque minuti, l’intervento iniziò. Ma quando i chirurghi segarono lo sterno, scoprirono che il cuore di Misty batteva e che aveva ripreso a respirare. Il prelievo degli organi fu annullato e 12 minuti dopo Misty fu dichiarata morta per la seconda volta.
Non è chiaro se abbia ricevuto un’anestesia. A peggiorare le cose, i suoi genitori non sono mai stati informati dell’accaduto: un coordinatore del reperimento degli organi ha telefonato alla madre di Misty e le ha detto che purtroppo Misty non era riuscita a diventare donatrice di organi. Solo dopo oltre un anno, la famiglia è stata contattata dal New York Times per un commento, e ha appreso il resto della storia.
Durante una recente audizione della sottocommissione per l’energia e il commercio della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, la deputata della Florida Kat Cammack ha citato il caso di una donatrice di DCD dell’Illinois che si è auto-resuscitata sul tavolo operatorio. Questa sfortunata giovane donna stava subendo l’asportazione dei reni quando i chirurghi hanno notato che i polsi avevano ripreso a funzionare nell’aorta e nelle arterie renali e che ansimava. Le sono state somministrate forti dosi di lorazepam e fentanyl, dopodiché è morta. Il medico legale della contea ha stabilito che la causa della morte è stata un omicidio.
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Nel 2019, Larry Black Jr. era stato dichiarato donatore DCD e portato in sala operatoria solo una settimana dopo il trauma cranico. La sua famiglia aveva dichiarato di aver acconsentito alla donazione degli organi perché si sentiva pressata dal team addetto al prelievo. Durante il tragitto, Black ha cercato di sbattere le palpebre e di fare un segno per indicare di essere sveglio e cosciente, ma i suoi sforzi sono stati liquidati come «riflessi». Per fortuna il suo neurochirurgo è riuscito a interrompere il prelievo e Black si è ripreso: ora è un musicista e padre di tre figli.
Da un punto di vista legale, il protocollo DCD non rispetta la lettera della legge ai sensi dell’Uniform Determination of Death Act (UDDA). L’UDDA richiede la «cessazione irreversibile delle funzioni circolatorie e respiratorie» per una diagnosi legale di morte. Poiché i donatori DCD potevano essere rianimati (sebbene sia stata presa la decisione di non farlo), il loro cuore non ha quindi cessato di funzionare in modo irreversibile. I medici aggirano questo problema affermando che le funzioni circolatorie e respiratorie del donatore DCD sono cessate definitivamente. Nel linguaggio comune, i termini «irreversibile» e «permanente» sono spesso usati in modo intercambiabile, ma in questa applicazione sono definiti in modo diverso.
Nell’ambito della determinazione della morte, «irreversibile» significa «non reversibile». Ma il termine «permanente» è definito nel senso che non ci si aspetta che la funzione riprenda spontaneamente e non verrà ripristinata tramite intervento. Quindi, poiché i medici non tenteranno di correggere il problema del paziente, ora si parla di «permanente». Il dottor Ari Joffe spiega che «permanente» è una prognosi, non una diagnosi di morte: «un uomo che sta annegando è morto perché nessuno nuota per salvarlo? O sta semplicemente per morire?»
La sociologa Renee C. Fox ha criticato duramente il protocollo DCD, definendolo «una forma ignobile di cannibalismo razionalizzato in ambito medico» che «rasenta il macabro». Ha deplorato il morire lontano dalla famiglia in una sala operatoria, una «morte desolata, profanamente “high-tech” in cui il paziente muore sotto le luci della sala operatoria, in mezzo a sconosciuti con mascherina, camice e guanti». In tutto il mondo, molti Paesi concordano: la pratica del DCD è vietata in Finlandia, Germania, Bosnia-Erzegovina, Ungheria, Lituania e Turchia.
Esistono varianti della DCD ancora più problematiche. Il recupero degli organi mediante perfusione regionale normotermica (NRP) inizia consentendo al cuore del paziente di fermarsi secondo il protocollo DCD. Tuttavia, poiché i chirurghi intendono riavviare il cuore, il primo passo è quello di clampare i vasi sanguigni che irrorano il cervello del paziente. Successivamente, viene eseguita una rianimazione completa degli organi rimanenti in modo che il cuore riprenda a battere nel torace del paziente. Il protocollo NRP dell’Università del Nebraska afferma: «il primo passo per la legatura dei vasi sanguigni alla testa è necessario per garantire che non si verifichi un afflusso di sangue al cervello».
Naturalmente, questo dimostra che la definizione legale di morte secondo lo standard circolatorio-respiratorio dell’UDDA (che richiede la cessazione irreversibile della funzione circolatoria) non è mai stata rispettata, poiché il cuore del paziente ha ripreso a battere. Ma ora i medici sono «coperti» perché hanno deliberatamente provocato la morte cerebrale del paziente, bloccando la circolazione cerebrale. Ora la morte del paziente viene definita dalla clausola di morte cerebrale dell’UDDA: la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’intero cervello, incluso il tronco encefalico. Dichiarando la morte secondo lo standard circolatorio, per poi passare a metà procedura a quello neurologico, la tecnica NRP gioca a sproposito con le definizioni legali di morte secondo l’UDDA.
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L’American College of Physicians, la più grande organizzazione medica specialistica al mondo, ha chiesto una sospensione della pratica della NRP nel 2021, poiché «l’onere della prova relativo alla correttezza etica e legale di questa pratica non è stato rispettato». La loro richiesta di sospensione è stata ignorata.
Fortunatamente, l’indagine dell’HHS sta portando all’attenzione del pubblico i problemi del prelievo di organi da DCD, ma questa informazione non è nuova. I dottori Joseph Verheijde, Mohamed Rady e Joan McGregor hanno scritto nel 2009 : «il prelievo di organi a cuore battente o non battente da pazienti con compromissione della coscienza è di fatto una pratica occulta di morte assistita e, pertanto, viola sia il diritto penale sia il principio fondamentale della medicina, ovvero non arrecare danno ai pazienti».
Nel loro libro del 2012, Death, Dying, and Organ Transplantation: Reconstructing Medical Ethics at the End of Life, i dottori Franklin Miller e Robert Truog hanno scritto: «i donatori in “morte cerebrale” rimangono vivi e i donatori dichiarati morti secondo criteri circolatori-respiratori non risultano morti al momento del prelievo degli organi».
È tempo di una totale trasparenza sulle pratiche di prelievo degli organi e di rendere obbligatorio il consenso informato quando le persone si registrano per diventare donatori di organi. Per i donatori DCD, poiché è ampiamente documentato che alcune persone si sono auto-resuscitate (senza alcun intervento medico) nonostante un arresto cardiaco durato fino a dieci minuti, l’attuale pratica di donazione DCD dopo soli due-cinque minuti di assenza di polso deve cessare.
Heidi Klessig
La dottoressa Heidi Klessig è un’anestesista in pensione e specialista nella gestione del dolore. Scrive e parla di etica nella donazione e nel trapianto di organi. È autrice di The Brain Death Fallacy e i suoi lavori sono disponibili su respectforhumanlife.com.
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Bioetica
Morte cerebrale, trapianti, predazione degli organi, eutanasia: dai criteri di Harvard alla nostra carta d’identità

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Morte cerebrale
Persone «cerebralmente morte» vengono utilizzate come topi da laboratorio per trapianti di organi animali geneticamente modificati

Renovatio 21 traduce e ripubblica questo articolo della dottoressa Heidi Klessig apparso su LifeSiteNews.
In una preoccupante violazione dei diritti umani, gli scienziati cinesi hanno recentemente utilizzato un uomo di 39 anni «in morte cerebrale» come ospite per lo xenotrapianto, impiantandogli un polmone di un maiale geneticamente modificato.
I ricercatori cinesi hanno riferito sulla rivista Nature Medicine che l’uomo è rimasto emodinamicamente stabile per tutta la durata dell’esperimento: «durante tutto il periodo postoperatorio, i parametri fisiologici ed emodinamici dinamici sono rimasti stabili, indicando la stabilità fisiologica e l’omeostasi del ricevente per un periodo di osservazione di 216 ore».
Secondo un servizio giornalistico, l’uomo «morto» ha vissuto per nove giorni producendo anticorpi contro l’organo estraneo prima di morire:
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«Tuttavia, 24 ore dopo il trapianto, il polmone mostrava segni di accumulo di liquidi e danni, probabilmente dovuti inizialmente a un’infiammazione correlata al trapianto. E nonostante al ricevente fossero stati somministrati potenti farmaci immunosoppressori, l’organo trapiantato è stato progressivamente attaccato dagli anticorpi, con conseguenti danni significativi nel tempo».
La quantità di doppi sensi orwelliani in questo resoconto è sconcertante. Come si può mantenere in vita un uomo morto? Come si può mantenere un uomo morto sufficientemente stabile da poter essere utilizzato come cavia per l’impianto di un organo animale? Come si può produrre anticorpi in un uomo morto? Come si può morire di nuovo dopo nove giorni?
La risposta, ovviamente, è che le persone «cerebralmente morte» non sono morte. Hanno un cuore pulsante, assorbono ossigeno e rilasciano anidride carbonica attraverso i polmoni, metabolizzano i nutrienti, eliminano le scorie, combattono le infezioni e rigettano organi estranei. Si comportano esattamente come ci si aspetterebbe che si comportassero le persone con lesioni cerebrali, e non c’è assolutamente alcuna prova che le loro anime se ne siano andate.
Ma queste persone con lesioni neurologiche sono state ridefinite come morte per ottenere legalmente i loro preziosi organi vitali per il trapianto. E proprio perché le persone «cerebralmente morte» sono ancora vive e stabili (ma sono state private dei loro diritti umani), i medici le usano da anni come ospiti di prova per xenotrapianti.
Storicamente, lo xenotrapianto, ovvero il trapianto di organi da altre specie nell’uomo, ha sempre fallito a causa di incompatibilità e rigetto. Nel 2022, un paziente americano è stato il primo a ricevere un trapianto di cuore di maiale geneticamente modificato. Il maiale donatore era stato sottoposto all’eliminazione di alcuni geni suini e all’aggiunta di geni umani per rendere il suo cuore meno probabile da riconoscere come estraneo dal ricevente umano. David Bennett sr. è sopravvissuto 45 giorni prima di morire apparentemente a causa di un virus suino che si è insinuato nel suo nuovo cuore.
Nell’agosto del 2023, due uomini in «morte cerebrale» sono stati utilizzati come cavie per i test, quando i ricercatori dell’Università dell’Alabama e del Langone Transplant Institute della New York University impiantarono chirurgicamente reni di maiale geneticamente modificati nei loro addominali. «Con il consenso informato dei familiari, il defunto ha ricevuto supporto cardiopolmonare in un ambiente di terapia intensiva per tutta la durata dello studio».
Uno di questi uomini indifesi in «morte cerebrale» è stato tenuto in vita come una cavia da laboratorio per oltre un mese, mentre i medici studiavano per quanto tempo avrebbe funzionato il rene xenotrapiantato. Al termine di questi esperimenti, entrambi gli uomini furono sacrificati per l’esame istologico.
L’esperto di etica medica Joel Zivot MD non è rimasto impressionato: «in generale, la correttezza o meno di questo tipo di procedura sono le conseguenze di una serie di scelte morali, finora non segnalate e non esaminate, e includono i problemi della morte cerebrale, della sperimentazione umana, del consenso, del razionamento e dei diritti degli animali». Egli sottolinea che il concetto di «morte cerebrale» ha trasformato le persone in risorse, merci da utilizzare per i preziosi organi vitali che possiedono.
È difficile immaginare che un esperimento di questa natura riceva il consenso non solo della famiglia, ma anche dei comitati di revisione istituzionale e dei comitati etici di questi rispettivi ospedali. Quando il Consiglio Presidenziale di Bioetica ha scritto il suo libro bianco sulla determinazione della morte nel 2008, giustificò moralmente la dichiarazione di morte secondo criteri neurologici («morte cerebrale»), sostenendo che continuare a ventilare e assistere queste persone violava il rispetto dovuto ai defunti. Chiaramente, quel rispetto ora è andato a farsi benedire.
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E la sperimentazione continua. Nel marzo 2024, scienziati cinesi hanno trapiantato il fegato di un maiale geneticamente modificato in un essere umano in «morte cerebrale». I ricercatori dell’azienda Clonorgan Biotechnology di Chengdu hanno rimosso tre antigeni di maiale dall’animale donatore utilizzando la tecnologia di editing genetico e li hanno sostituiti con tre proteine umane.
Il responsabile del team, Dou Kefeng, ha affermato che, poiché le funzioni epatiche sono complesse, i fegati di maiale geneticamente modificati non possono attualmente sostituire completamente i fegati umani. L’esperimento «fornisce una base teorica e dati a supporto dell’applicazione clinica dello xenotrapianto», ha aggiunto. Dopo 10 giorni, l’esperimento è stato interrotto e il paziente è stato sacrificato in modo che il fegato potesse essere studiato.
Siamo pronti a dire basta? Oppure i nostri desideri superano la nostra moralità quando consideriamo i potenziali benefici che tale sperimentazione potrebbe portare?
La «morte cerebrale» non è la morte, ma un costrutto sociale utilitaristico e una finzione giuridica. Le persone «cerebralmente morte» sono ancora vive e meritano di essere trattate come persone, non usate come cavie da laboratorio.
Heidi Klessig
La dottoressa Heidi Klessig è un’anestesista in pensione e specialista nella gestione del dolore. Scrive e parla di etica nella donazione e nel trapianto di organi. È autrice di The Brain Death Fallacy e i suoi lavori sono disponibili su respectforhumanlife.com.
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