Politica
Zelens’kyj, villa da 4 milioni di euro a Forte dei Marmi. Con tante trame dietro

Il presidente-attore ucraino, l’«eroe» celebrato dall’Occidente che lo blandisce, lo finanzia e arma i suoi battaglioni (anche quelli apertamente neonazisti, si deve pensare) ha una villa milionaria in una delle spiagge più chic d’Italia, Forte dei Marmi.
Proprio così: come un oligarca russo qualunque. La zona, infatti, è ricchissima di miliardari russi che amano la Versilia e la Toscana, per la felicità dei camerieri che ricevono talvolta mance da sogno.
La villa, costata circa 4 milioni di euro, si compone di 15 stanze, tra cui sei camere da letto, più ampio giardino con piscina.
Secondo il sito Slidstvo.Info l’ora presidente di Kiev «non avrebbe dichiarato questo immobile». Secondo altre fonti citate dal sito Primal Information «risulta che i coniugi Zelensky sarebbero proprietari di Kvartal95 Studio, Zelari fish, Aldorante Limited a Cipro, Film Heritage inc in Belize e la San Tommaso srl in Italia» riporta Libero.
Il quotidiano La Verità ricostruisce la storia intricata di una villa a Forte dei Marmi, sempre curiosamente da 15 stanze. Viene citato nell’articolo del quotidiano di Belpietro (e di Libero) il nome di un altro oligarca russo-ucraino, Dmitrij Gerasimenko, miliardario dell’acciaio di Volgograd (ex Stalingrado) già noto in Italia per aver rilevato le quote della nota squadra di pallacanestro di Cantù, dove aveva comprato anche il Palazzetto.
Leggiamo sull’enciclopedia online che nel 2016 Gerasimenko dopo essere stato arrestato all’aeroporto di Mosca perché accusato di appropriazione indebita di 5 milioni di euro in un business di gas, è arrestato nuovamente a Cipro su mandato di cattura russo, ma è poi rilasciato per decisione delle stesse autorità russe che rinunciano all’estradizione, scegliendo così di vivere a Lugano.
Il Cantù venne messo in vendita «a costo zero».
Tuttavia, a Cantù prende sede un’azienda immobiliare, la San Tommaso srl di cui sopra, che nel 2015 era «detenuta da una società cipriota, che aveva in dote come capitale sociale una lussuosa villa da 15 stanze a Forte dei Marmi» scrive La Verità.
L’amministratore della società cipriota «secondo un pool di giornalisti d’inchiesta denominato Slidstvo, altri non era che l’ucraino Ivan Bakanov, amico, socio e coordinatore della campagna elettorale di Zelens’kyj.
La società cipriota invece era «di Zelens’kyj stesso, anche se dietro a i nomi e alle schermature societarie ci sono pochi dubbi che ci fosse il miliardario Igor Kolomojskij» scrive il quotidiano milanese.
Come sa il lettore di Renovatio 21, Kolomojskij è l’oligarca ebreo ucraino (ma con tre passaporti: ucraino, israeliano, cipriota), già governatore dell’oblast’ di Dnipropetrovsk, considerato la terza fortuna del Paese.
Kolomjskij è da molti ritenuto il puparo dietro a Zelens’kij, al quale ha assicurato l’ascesa grazie al serial Sluha Narodu («Servitore del popolo»), popolare telefilm dove lo Zelens’kij interpretava il ruolo di un uomo comune che viene eletto alla presidenza per far pulizia della corruzione a Kiev lottando contro gli oligarchi. Il canale TV che trasmise la serie, decisiva per l’emersione di Zelens’kyj come attore politico, fu la 1+1, una rete di proprietà di Kolomojskij.
Kolomojskij è altresì noto per aver finanziato varie formazioni ucraine di estrazione apertamente neonazista, tra cui il noto Battaglione Azov.
Anche Kolomojskij vive in Svizzera.
Politica
Trump dice che risolvere Gaza potrebbe non bastare per andare in paradiso

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha suggerito, con tono scherzoso, che probabilmente non finirà in paradiso, nonostante i suoi sforzi per negoziare la pace tra Israele e Hamas.
Domenica, durante un volo sull’Air Force One diretto in Israele, Peter Doocy di Fox News ha chiesto a Trump se la fine della guerra a Gaza potesse aiutarlo a «guadagnarsi il paradiso».
«Sto cercando di fare il bravo», ha risposto Trump con un sorriso. «Non credo che qualcosa mi porterà in paradiso. Non penso di essere destinato a quel posto. Forse sono già in paradiso ora, volando sull’Air Force One. Non so se ci arriverò, ma ho migliorato la vita di molte persone», ha aggiunto.
Trump ha poi elogiato le sue doti di negoziatore, sostenendo che il conflitto tra Israele e Hamas sarebbe stata «l’ottava guerra che ho risolto».
Lunedì, Hamas ha rilasciato i 20 ostaggi israeliani ancora in vita in cambio di circa 2.000 prigionieri palestinesi. L’esercito israeliano aveva precedentemente sospeso le operazioni offensive e si era ritirato da alcune aree della Striscia di Gaza.
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Nello stesso giorno, Trump e i leader di Egitto, Qatar e Turchia hanno firmato una dichiarazione a Sharm el-Sheikh, nella penisola egiziana del Sinai, approvando il cessate il fuoco e un percorso verso «accordi di pace globali e duraturi».
Il piano di pace in 20 punti di Trump prevede che Gaza diventi una «zona libera dal terrorismo e deradicalizzata». Sebbene Hamas abbia accettato lo scambio di prigionieri previsto dal piano, ha rifiutato di disarmarsi o cedere il controllo dell’enclave palestinese. Israele, da parte sua, non si è ancora impegnato per un ritiro completo dalla Striscia.
Trump, cresciuto nella fede presbiteriana, ha goduto di un forte sostegno tra i cristiani evangelici e dei cattolicidurante la sua carriera politica.
Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa Trump aveva affermato di voler «provare ad andare in paradiso, se possibile» mentre discuteva dei suoi sforzi per porre fine alla guerra in corso in Ucraina.
«Se riesco a salvare 7.000 persone a settimana dall’essere uccise, penso che sia questo il motivo per cui voglio provare ad andare in paradiso, se possibile», ha detto all trasmissione della TV via cavo americana Fox and Friends. «Sento dire che non sto andando bene, che sono davvero in fondo alla scala sociale. Ma se posso andare in paradiso, questo sarà uno dei motivi».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Politica
Essere euroscettici oggi. Renovatio 21 intervista l’onorevole Antonio Maria Rinaldi

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Politica
Zelens’kyj priva della cittadinanza i suoi oppositori

Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha revocato la cittadinanza a diverse figure pubbliche di rilievo, tra cui il sindaco di Odessa Gennady Trukhanov, il celebre ballerino Sergei Polunin e l’ex parlamentare Oleg Tsarev, secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa UNIAN. Tutti loro avevano in precedenza criticato le politiche di Kiev.
Martedì, lo Zelens’kyj ha annunciato su Telegram di aver firmato un decreto che priva «alcuni individui» della cittadinanza ucraina, accusandoli di possedere passaporti russi. Secondo i media, Trukhanov, Polunin e Tsarev erano inclusi nell’elenco.
Gennady Trukhanov, sindaco di Odessa, è noto per la sua opposizione alla rimozione dei monumenti considerati legati alla Russia. Ha sempre negato di possedere la cittadinanza russa e ha dichiarato di voler ricorrere in tribunale contro le notizie che riportano la revoca della sua cittadinanza.
Sergei Polunin, nato in Ucraina, è cittadino russo e serbo e ha trascorso l’adolescenza presso l’accademia del British Royal Ballet a Londra. Si è trasferito in Russia nei primi anni 2010, interrompendo in gran parte i legami con il suo Paese d’origine. Dopo la sua esibizione in Crimea nel 2018, è stato inserito nel controverso sito web Mirotvorets, che elenca persone considerate «nemiche» dell’Ucraina.
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Oleg Tsarev, deputato della Verkhovna Rada dal 2002 al 2014, ha sostenuto le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk dopo il colpo di Stato di Euromaidan del 2014, appoggiato dall’Occidente. Successivamente si è ritirato dalla politica e si è stabilito in Crimea. Nel 2023, è sopravvissuto a un tentativo di assassinio, che secondo la BBC sarebbe stato orchestrato dai Servizi di Sicurezza dell’Ucraina (SBU).
Zelens’kyj ha utilizzato le accuse di possesso di cittadinanza russa per colpire i critici di Kiev. Sebbene la legge ucraina non riconosca la doppia cittadinanza, non la vieta esplicitamente. È noto il caso dell’oligarca ebreo Igor Kolomojskij – l’uomo che ha lanciato Zelens’kyj nelle sue TV favorendone l’ascesa politica – che possedeva, oltre al passaporto ucraino, anche quello cipriota ed ovviamente israeliano. L’uomo, tuttavia, ora è oggetto di raid da parte della giustizia e dei servizi del suo ex protegé.
Diversi ex funzionari ucraini e rivali politici di Zelens’kyj sono stati presi di mira con questa strategia, tra cui Viktor Medvedchuk, ex leader del principale partito di opposizione del Paese, ora in esilio in Russia dopo essere stato liberato dalle prigioni ucraine.
Come riportato da Renovatio 21, a luglio, anche il metropolita Onofrio, il vescovo più anziano della Chiesa ortodossa ucraina (UOC), la confessione cristiana più diffusa nel Paese, è stato privato della cittadinanza ucraina, a seguito di accuse di possedere anche la cittadinanza russa.
La politica della revoca della cittadinanza ai sacerdoti della UOC, ritenuti non allineati dal regime di Kiev, era iniziata ancora tre anni fa.
Immagine di Le Commissaire via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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