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Una settimana dopo, il Vaticano dirama un ridicolo comunicato sulla blasfemia alle Olimpiadi. Nessuna condanna
La Santa Sede ha rilasciato una dichiarazione in risposta alla presa in giro transgender dell’Ultima Cena durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi, dopo essere stata ampiamente condannata negli ambienti cattolici per essere rimasta in silenzio sulla questione per oltre una settimana.
Sabato sera tardi, ora di Roma, è stata rilasciata una dichiarazione senza preavviso al corpo stampa accreditato presso il Vaticano. La dichiarazione, rilasciata in lingua francese, è arrivata in risposta alla cerimonia di apertura dei Giochi olimpici di Parigi 2024 tenutasi venerdì 26 luglio.
«La Santa Sede è rimasta rattristata da alcune scene della cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Parigi e non può che unirsi alle voci che si sono levate in questi giorni per deplorare l’offesa recata a tanti cristiani e credenti di altre religioni» scrive il comunicato. «In un evento prestigioso in cui il mondo intero si riunisce attorno a valori comuni non dovrebbero esserci allusioni che ridicolizzano le convinzioni religiose di molte persone. La libertà di espressione, che ovviamente non viene messa in discussione, trova il suo limite nel rispetto degli altri».
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Le tanto attese parole giunte dal Soglio, arrivate con un ritardo che più che sospetto è decisamente ridicolo, lasciano trasparire quanto già si sapeva.
Nel breve testo, di fatto, è sinteticamente espressa una somma ragguardevole della tirannia modernista che si è impadronita del Sacro Palazzo.
Innanzitutto, il lettore può capire che non si tratta in nessun modo di una condanna. Si parla di una chiesa «rattristata» per «alcune scene». Il Vaticano si guarda bene da dire quali, perché ne sono state contate parecchie, tra il blasfemo, l’esoterico, l’apocalittico e il granguignolesco – con, abbiamo visto, come comune denominatore l’odio per la religione di Cristo e per la Francia cattolica.
La Santa Sede, prosegue la nota, «non può che unirsi alle voci» di chi è rimasto sdegnato. Quindi, fateci capire: oltre all’ammissione di essere arrivati tardi e a quella di essere in testa alla battaglia (ci vogliono gli uomini, per quello: il Vaticano ora ha più omosessuali che altro), c’è anche implicita l’idea che la voce di Roma è una voce come le altre.
Il concetto è ribadito poco più in là, quando non ce la fa proprio a parlare di attacco diretto alla Cristianità, scrivendo che l’offesa è «recata a tanti cristiani e credenti di altre religioni». Non riusciamo a capire quale altre religioni siano state colpite dallo spettacolo, tuttavia c’è da capire che, per vero dogma, in Vaticano più nessuno sa parlare del «cristianesimo» senza aggiungere «e le altre religioni». Come sopra: la chiesa di Cristo come una delle tante, che vanno sempre citate, per imperativo papale dell’inclusività.
La chiusura sulla «libertà di espressione», in pure stile democratico, è suggello di questa chiesa ridotta a ONG buonista, a ente transnazionale del «volemose bene», che copia i costrutti sociopolitico-filosofici delle democrazie ora agonizzanti sperando che non tutti scoprano che «laicismo» è in realtà il vocabolo usato per nascondere il più difficilmente spendibile «massoneria».
La quale massoneria ha, certo, non solo informato la cerimonia dei Giochi Olimpici se non i Giochi Olimpici stessi dalla loro rifondazione moderna (di qui, forse, la leccata sempre nel comunicato, che parla sbavando globalismo di evento prestigioso in cui il mondo intero si riunisce attorno a valori comuni), ma ha soprattutto infiltrato la Chiesa cattolica, come divenuto evidente con il Concilio Vaticano II.
Altro che la satanica cerimonia di apertura delle Olimpiadi: a ridicolizzare le convinzioni dei cristiani, oggi, è la Chiesa stessa!
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L’arcivescovo Gänswein esorta papa Leone a porre fine alle restrizioni sulle messe in latino
L’arcivescovo Georg Gänswein, nunzio apostolico in Lituania, Estonia e Lettonia, in un’intervista rilasciata lo scorso fine settimana ha auspicato che papa Leone XIV rimuova le restrizioni sulla Messa tradizionale e ripristini le disposizioni del motu proprio Summorum Pontificum di papa Benedetto XVI, in quanto avevano favorito l’unità nella Chiesa. Lo riporta LifeSite.
Nel corso dell’intervista trasmessa il 7 dicembre dalla rete televisiva cattolica tedesca Katholisches Fernsehen (K-TV), monsignor Gänswein ha osservato che la Messa tridentina, che per secoli ha alimentato la fede della Chiesa, non può d’un tratto essere considerata invalida o priva di valore. Si è quindi interrogato sulle ragioni che hanno portato papa Francesco a emanare Traditionis Custodes, quando la maggior parte dei vescovi si dichiarava soddisfatta del motu proprio Summorum Pontificum del suo predecessore.
L’ex segretario personale di papa Benedetto XVI ha poi ribadito che Summorum Pontificum rappresentava la via corretta per promuovere la pace liturgica nel rito romano e ha espresso la speranza che papa Leone ne ripristini l’applicazione.
Gänswein è l’ultimo tra i prelati a manifestare l’auspicio che il motu proprio di papa Francesco del 2021 venga revocato, in favore di un ritorno al Summorum Pontificum.
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È proprio la Messa tradizionale che «ha permesso alla Chiesa non solo di vivere, ma di vivere bene per secoli, e il sacro da essa e da essa nutrito», ha affermato il prelato tedesco. «Non può essere che fosse valido e prezioso ieri e poi non lo sia più domani. Quindi questa è una situazione innaturale».
Monsignor Gänswein, che sembra citare il rapporto della giornalista vaticana Diane Montagna, pubblicato durante l’estate, sui risultati complessivi del sondaggio del 2020 sui vescovi condotto dall’allora Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF), che si ritiene abbia spinto Papa Francesco a promulgare la Traditionis Custodes, ha sottolineato che la stragrande maggioranza dei vescovi era in definitiva soddisfatta dell’attuazione della Summorum Pontificum.
«I risultati non sono mai stati pubblicati ufficialmente, ma, naturalmente, la gente ne è a conoscenza, e il risultato finale è stato che è stata raggiunta la soddisfazione», ha detto il nunzio. Il Summorum Pontificum è stato visto come «una via verso la pace, soprattutto nella liturgia, il luogo importante della vita religiosa, e non dovrebbero esserci cambiamenti».
«Il motivo per cui papa Francesco (abbia imposto queste restrizioni) è e rimane per me un mistero», ha aggiunto.
Alla domanda su cosa vorrebbe vedere nel futuro della Messa tridentina, monsignor Gänswein ha risposto che papa Leone dovrebbe ripristinare il Summorum Pontificum, che consentirà l’unità nel rito romano.
«Considero la saggia disposizione di papa Benedetto» del Summorum Pontificum «la strada giusta, e lo è ormai da oltre 10 anni, e dovremmo continuare su questa strada senza lamentele, senza restrizioni», ha affermato. «Posso solo sperare che anche papa Leone si muova in questa direzione e continui semplicemente la pacificazione, così che possiamo poi semplicemente guardare avanti alla collaborazione».
Infatti, dall’elezione di Papa Leone a maggio, diversi prelati hanno esortato il nuovo pontefice a porre fine alle ampie restrizioni alla celebrazione della Messa vetus ordo e a tornare alle norme stabilite dal Summorum Pontificum.
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A giugno, il cardinale Raimondo Leone Burke, che pochi mesi dopo celebrò una messa in latino nella Basilica di San Pietro per il pellegrinaggio annuale Summorum Pontificum, affermò di aver già parlato con papa Leone della persecuzione dei fedeli che partecipano alla messa in latino:
«Spero che Leone XIV ponga fine all’attuale persecuzione contro i fedeli nella Chiesa che desiderano adorare Dio secondo l’uso più antico del Rito Romano, questa persecuzione dall’interno della Chiesa».
«Ho già avuto occasione di esprimerlo al Santo Padre. Spero che egli – appena possibile – riprenda lo studio di questa questione e cerchi di ripristinare la situazione esistente dopo il Summorum Pontificum e persino di sviluppare ciò che Papa Benedetto XVI aveva così saggiamente e amorevolmente legiferato per la Chiesa».
Il cardinale Robert Sarah, durante un’intervista di ottobre, ha rivelato di aver avuto anche lui l’opportunità di parlare con papa Leone riguardo alla fine delle restrizioni imposte alla Messa in latino durante un’udienza privata di settembre. Il cardinale Kurt Koch, recentemente nominato presidente di Aiuto alla Chiesa che Soffre da Papa Leone, ha dichiarato ad agosto che è «auspicabile» che il 267° pontefice ponga fine alle restrizioni alla Messa in latino e torni al Summorum Pontificum.
«Personalmente, apprezzerei molto se potessimo trovare una buona soluzione», ha detto il prelato svizzero. «Papa Benedetto XVI ha mostrato un modo utile di procedere, credendo che qualcosa che è stato praticato per secoli non possa essere semplicemente proibito. Questo mi ha convinto».
«Papa Francesco ha scelto una strada molto restrittiva in questo senso. Sarebbe certamente auspicabile che la porta ora chiusa tornasse ad aprirsi di più», ha aggiunto il cardinale Koch.
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Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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