Politica
Sondaggio USA: metà degli elettori democratici vuole i lager per i non vaccinati
Un sondaggio americano su territorio nazionale ha rilevato che il 45% dei probabili elettori del Partito Democratico USA sarebbe d’accordo con un governo «che richiede ai cittadini di vivere temporaneamente in strutture o luoghi designati se si rifiutano di fare il vaccino COVID-19».
La cifra è stata riportata da Rasmussen Reports e dall’Heartland Institute, che hanno anche rilevato come «il 59% degli elettori democratici sarebbe favorevole a una politica del governo che richiedesse che i cittadini rimangano sempre confinati nelle loro case, tranne che in caso di emergenza, se rifiutano di fare il vaccino contro il COVID-19».
Il 45% dei probabili elettori del Partito Democratico USA sarebbe d’accordo con un governo «che richiede ai cittadini di vivere temporaneamente in strutture o luoghi designati se si rifiutano di fare il vaccino COVID-19»
Il sondaggio ha anche rilevato che il 48% degli elettori democratici «pensa che i governi federali e statali dovrebbero essere in grado di multare o incarcerare individui che mettono pubblicamente in dubbio l’efficacia dei vaccini COVID-19 esistenti sui social media, televisione, radio o in pubblicazioni online o digitali».
Which went insane first – the Democratic Party, or their base? pic.twitter.com/p2WoIY9qgl
— Will Chamberlain (@willchamberlain) January 16, 2022
Il 48% degli elettori democratici «pensa che i governi federali e statali dovrebbero essere in grado di multare o incarcerare individui che mettono pubblicamente in dubbio l’efficacia dei vaccini COVID-19
Il sondaggio ha trovato altre percentuali sorprendenti.
Rasmussen osserva che «il 47% dei democratici è favorevole a un programma di monitoraggio del governo per coloro che non faranno il vaccino COVID-19».
«Il 47% dei democratici è favorevole a un programma di monitoraggio del governo per coloro che non faranno il vaccino COVID-19»
I sondaggisti aggiungono che «il 29% degli elettori democratici sosterrebbe la rimozione temporanea della custodia dei figli da parte dei genitori se i genitori si rifiutano di fare il vaccino contro il COVID-19».
Era stato riportato quattro mesi fa che «campi di quarantena» sarebbero in preparazione negli USA. A parlarne è stato lo stesso Centro di controllo per le malattie infettive, il potente CDC.
Come oramai noto, i campi di concentramento COVID sono realtà in Australia, dove stanno continuando a costruire strutture di internamento e dove le persone posso essere trasferite dall’esercito.
«Il 29% degli elettori democratici sosterrebbe la rimozione temporanea della custodia dei figli da parte dei genitori se i genitori si rifiutano di fare il vaccino contro il COVID-19»
Un giornale scozzese il mese scorso ha chiesto ai suoi lettori se fossero d’accordo con l’idea di aver lager all’australiana anche in Iscozia.
Notizie di progetti di campi di concentramento pandemici si sono susseguite in questi mesi in vari Paesi come Canada, Germania, Nuova Zelanda.
L’Austria nella nuova legge in cui prevede il carcere per i non vaccinati che non pagano la multa ha indicato che la loro detenzione va considerata in luoghi diversi dai criminali comuni.
Con evidenza, come dimostra anche il sondaggio americano, alcune idee del totalitarismo più buio e crudele sono diventata, improvvisamente, patrimonio della sensibilità goscista
A Lucca pochi giorni fa è apparsa una misteriosa affissione legata ad una tragica memoria dei campi di sterminio: «Zyklon B ai no vax». Per chi non lo sapesse, lo Zyklon B era il gas tossico utilizzato per sterminare gli ospiti dei lager. Essendo che a tutte le latitudini hanno spiegato che i no vax sono di estrema destra, ci chiediamo: chi ha attaccato quel cartello?
Con evidenza, come dimostra anche il sondaggio americano, alcune idee del totalitarismo più buio e crudele sono diventata, improvvisamente, patrimonio della sensibilità goscista.
Politica
I detenuti minacciano Sarkozy e giurano vendetta vera per Gheddafi
Un video girato con un cellulare nella prigione parigina La Santé sembra mostrare che i detenuti hanno minacciato l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy di vendicare la morte del defunto leader libico Muammar Gheddafi.
Sarkozy, 70 anni, ha iniziato a scontare la sua condanna a cinque anni martedì, dopo che un tribunale di Parigi lo ha dichiarato colpevole di associazione a delinquere finalizzata a finanziare la sua campagna presidenziale del 2007 con denaro di Gheddafi, contro il quale in seguito guidò un’operazione di cambio di regime sostenuta dalla NATO che distrusse la Libia e portò alla morte di Gheddafi.
Martedì hanno iniziato a circolare video ripresi da La Sante, in cui presunti detenuti minacciavano e insultavano Sarkozy, che sta scontando la sua pena nell’ala di isolamento del carcere.
«Vendicheremo Gheddafi! Sappiamo tutto, Sarko! Restituisci i miliardi di dollari!», ha gridato un uomo in un video pubblicato sui social media. «È tutto solo nella sua cella. È appena arrivato… se la passerà brutta».
A viral video shows a prisoner confronting Nicolas Sarkozy, saying, “We’ll avenge Gaddafi. Give back the billions.” The former French president, jailed for conspiracy, is accused of taking Libyan money before leading NATO’s 2011 war that killed Gaddafi. pic.twitter.com/KlAISnFVSX
— comra (@comrawire) October 22, 2025
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Il ministro degli Interni francese Laurent Nunez ha sottolineato che, a causa del pericolo, due agenti di polizia della scorta di sicurezza assegnata agli ex presidenti saranno di stanza in modo permanente nelle celle adiacenti a quella di Sarkozy.
«L’ex presidente della Repubblica ha diritto alla protezione in virtù del suo status. È evidente che sussiste una minaccia nei suoi confronti, e questa protezione viene mantenuta durante la sua detenzione», ha dichiarato Nunez mercoledì alla radio Europe 1.
Sarkozy, che ha guidato la Francia tra il 2007 e il 2012, ha negato tutte le accuse a suo carico, sostenendo che siano di matrice politica. Il suo team legale ha presentato una richiesta di scarcerazione anticipata, in attesa del procedimento di appello.
L’inchiesta su Sarkozy è iniziata nel 2013, in seguito alle affermazioni del figlio di Gheddafi, Saif al-Islam, secondo cui suo padre aveva fornito alla campagna dell’ex presidente circa 50 milioni di euro.
A dicembre 2024, la Corte Suprema francese ha confermato una condanna del 2021 per corruzione e traffico di influenze, imponendo a Sarkozy un dispositivo elettronico per un anno. È stato anche condannato per finanziamento illecito della campagna per la rielezione fallita del 2012, scontando la pena agli arresti domiciliari.
Nel 2011, Sarkozy ha avuto un ruolo di primo piano nell’intervento della coalizione NATO che ha portato alla cacciata e alla morte di Gheddafi, facendo sprofondare la Libia in un caos dal quale non si è più risollevata.
Come riportato da Renovatio 21, all’inizio del 2025 gli era stata revocata la Legion d’Onore. In Italia alcuni hanno scherzato dicendo che ora «Sarkozy non ride più», un diretto riferimento a quando una sua risata fatta con sguardo complice ad Angela Merkel precedette le dimissioni del premier Silvio Berlusconi nel 2011 e l’installazione in Italia (sotto la ridicola minaccia dello «spread») dell’eurotecnocrate bocconiano Mario Monti.
Nell’affaire Gheddafi finì accusata di «falsificazione di testimonianze» e «associazione a delinquere allo scopo di preparare una frode processuale e corruzione del personale giudiziario» anche la moglie del Sarkozy, l’algida ex modella torinese Carla Bruni, la quale, presentatole il presidente dall’amico comune Jacques Séguela (pubblicitario autore delle campagne di Mitterand e Eltsin) secondo la leggenda avrebbe confidato «voglio un uomo dotato della bomba atomica».
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Politica
Il Giappone elegge una donna conservatrice come primo ministro
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Politica
Elezioni in Bolivia, il Paese si sposta a destra
Domenica si è svolto in Bolivia il ballottaggio per le elezioni presidenziali, che ha visto contrapporsi due candidati di destra: il senatore centrista Rodrigo Paz Pereira e l’ex presidente conservatore Jorge Quiroga.
I risultati preliminari indicano che Paz ha ottenuto il 54,6% dei voti, mentre Quiroga si è fermato al 45,4%. Sebbene sia prevista un’analisi manuale delle schede, è improbabile che il risultato definitivo differisca significativamente dal conteggio iniziale, basato sul 97% delle schede scrutinate.
Le elezioni segnano la fine del ventennale dominio del partito di sinistra Movimiento al Socialismo (MAS), che ha subito una pesante sconfitta nelle elezioni di fine agosto. Il presidente uscente Luis Arce – che ha recentemente accusato gli USA di controllare l’America latina sotto la maschera della «guerra alla droga» – non si è ricandidato, e il candidato del MAS, il ministro degli Interni Eduardo del Castillo, ha raccolto solo il 3,16% dei voti, superando di poco la soglia necessaria per mantenere lo status legale del partito.
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Nel primo turno, la destra ha dominato: Paz ha ottenuto il 32,1% dei voti e Quiroga il 26,8%. Il magnate di centro-destra Samuel Doria Medina, a lungo favorito nei sondaggi, si è classificato terzo con il 19,9% e ha subito appoggiato Paz per il ballottaggio.
Entrambi i candidati hanno basato la loro campagna sullo smantellamento dell’eredità del MAS, differendo però nei metodi. Paz ha promesso riforme graduali, mentre Quiroga ha sostenuto cambiamenti rapidi, proponendo severe misure di austerità per affrontare la crisi.
Il MAS non si è mai ripreso dai disordini del 2019, quando l’ex presidente Evo Morales fu deposto da un colpo di Stato subito dopo aver ottenuto un controverso quarto mandato. In precedenza, Morales aveva perso di misura un referendum per modificare la norma costituzionale che limita a due i mandati presidenziali e vicepresidenziali. Più di recente, Morales ha accusato tentativi di assassinarlo ed è entrato in sciopero della fame, mentre i suoi sostenitori hanno dato vita ad una ribellione. Il Morales, recentemente accusato anche di stupro (accuse che lui definisce «politiche»), in una lunga intervista aveva detto che dietro il suo rovesciamento nel 2019 vi erano «la politica dell’impero, la cultura della morte» degli angloamericani.
Il colpo di Stato portò al potere la politica di destra Jeanine Áñez, seconda vicepresidente del Senato. Tuttavia, il MAS riconquistò terreno nelle elezioni anticipate dell’ottobre 2020, mentre Áñez fu incarcerata per i crimini commessi durante la repressione delle proteste seguite al golpe.
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Il passaggio storico è stato definito da alcuni come la prima «guerra del litio», essendo il Paese ricco, come gli altri Stati limitrofi, della sostanza che rende possibile la tecnologia di computer, telefonini ed auto elettriche.
Come riportato da Renovatio 21, un tentato colpo di Stato vi fu anche l’anno scorso quando la polizia militare e veicoli blindati hanno circondato il palazzo del governo nella capitale La Paz.
Sotto il presidente Arce la Bolivia si era avvicinata ai BRICS e aveva iniziato a commerciare in yuan allontanandosi dal dollaro.
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