Economia
Separazione bancaria, il Glass-Steagall sarà discusso al Parlamento svizzero

Il Parlamento federale svizzero si riunirà in una sessione congiunta di tre giorni del Consiglio nazionale e del Consiglio degli Stati nella settimana dopo Pasqua, per discutere della debacle del Credit Suisse. Lo riporta EIRN.
Dal momento che il governo ha organizzato un piano di salvataggio in regime di emergenza, non è possibile revocare la decisione, ma il Parlamento vuole stabilire regole per future emergenze.
Thomas Minder, membro indipendente del Consiglio degli Stati, ha annunciato che lancerà una mozione per chiedere lo scioglimento di UBS e un regime di separazione bancaria. Minder aveva già sostenuto la legge sulla separazione bancaria promossa dall’UDC e dai socialdemocratici svizzeri nel 2014.
Con la fusione di CS e UBS, il governo svizzero ha creato un mostro più grande, come si usa dire, too big too fail («troppo grande per fallire»), cioè TBTF.
Le due banche dovrebbero essere ridimensionate, ha detto Minder in un’intervista al quotidiano Blick: «nella sessione straordinaria presenterà una mozione che chiede una scissione autonoma delle banche di investimento da tutte le banche TBTF, realizzando così un sistema di separazione bancaria», ha dichiarato il deputato di Sciaffusa affiliato al gruppo dell’Unione democratica di Centro.
La separazione bancaria, detta generalmente Glass-Steagl dal nome dei senatori dietro alla legge americana del 1932, fa sì che le banche che tengono i danari dei risparmiatori – le banche dette «commerciali» – non possano eseguire le speculazioni finanziarie, lasciate alle cosiddette banche di investimento. In USA, il Glass-Steagall Act fu adottato dopo il grande crack del 1929 che causò la Grande Depressione in USA.
Come riportato da Renovatio 21, il capogruppo parlamentare di Fratelli d’Italia Tommaso Foti ha depositato un disegno di legge per istituire una separazione bancaria di tipo Glass-Steagall. Il DDL è co-patrocinato da Foti e da 14 deputati di FdI, tra cui l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Tremonti aveva patrocinato disegni di legge simile in passato.
Tuttavia, Foti parrebbe aver agito indipendentemente dalla sua compagna di partito e premier del Paese Giorgia Meloni, sebbene la stessa Meloni avesse anche sponsorizzato un disegno di legge sulla separazione bancaria nel 2018.
Non ci sono troppe speranze di vedere il DDL trasformato in legge.
«Di solito presentare proposte di legge non concordate non è il modo migliore per portarle a termine, ciononostante appoggerò senz’altro la proposta, storico punto di programma della Lega che già altre volte ha presentato proposte analoghe sulla base della Glass-Steagall» ha twittato l’onorevole della Lega Nord Claudio Borghi.
È lecito chiedersi dunque se la manovra non serva ad affossare l’idea, quanto mai necessaria alla società italiana, pur fingendo di aver provato a far qualcosa.
Immagine copyright Parlament.ch di Parlamentarische Dienste via Wikimedia
Cina
La Cina impone controlli sulle esportazioni di tecnologie legate alle terre rare

Il ministero del Commercio cinese, ha annunciato il 9 ottobre che imporrà controlli sulle esportazioni di tecnologie legate alle terre rare per proteggere la sicurezza e gli interessi nazionali. Lo riporta il quotidiano del Partito Comunista Cinese in lingua inglese Global Times.
Questi controlli riguardano «l’estrazione, la fusione e la separazione delle terre rare, la produzione di materiali magnetici e il riciclaggio delle risorse secondarie delle terre rare». Le aziende potranno richiedere esenzioni per casi specifici. In assenza di esenzioni, il ministero della Repubblica Popolare obbligherà gli esportatori a ottenere licenze per prodotti a duplice uso non inclusi in queste categorie, qualora sappiano che i loro prodotti saranno utilizzati in attività connesse alle categorie elencate.
Il precedente tentativo del presidente statunitense Donald Trump di avviare una guerra tariffaria con la Cina si è rivelato un fallimento, principalmente a causa del dominio preponderante della Cina nell’estrazione e nella lavorazione dei minerali delle terre rare. Delle 390.000 tonnellate di ossidi di terre rare estratti nel 2024, la Cina ne ha prodotte circa 270.000, rispetto alle 45.000 tonnellate degli Stati Uniti, e detiene circa l’85% della capacità di raffinazione globale.
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La decisione odierna della Cina avrà certamente un impatto a Washington, soprattutto in vista dell’incontro tra i presidenti Donald Trump e Xi Jinping previsto per fine mese. Oggi si è registrata una corsa all’acquisto delle azioni di MP Materials, il principale concorrente statunitense della Cina nella produzione di terre rare.
All’inizio dell’anno, il dipartimento della Difesa statunitense aveva investito in MP Materials, dopo che Trump aveva evidenziato il divario tra Stati Uniti e Cina. Tuttavia, tale investimento è stato considerato insufficiente e tardivo.
Come riportato da Renovatio 21, nel 2024 i dati mostravano che i profitti sulla vendita delle terre rare cinesi erano calati. È noto che Pechino sostiene l’estrazione anche illegale delle sostanze anche in Birmania.
Secondo alcune testate, tre anni fa vi erano sospetti sul fatto che il Partito Comunista Cinese stesse utilizzando attacchi informatici contro società di terre rare per mantenere la sua influenza nel settore.
Le terre rare, considerabili come sempre più necessarie nella corsa all’Intelligenza Artificiale, sono la centro anche del turbolento accordo tra l’amministrazione Trump e il regime di Kiev.
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Immagine di pubblico dominio CCo via Wikimedia
Economia
Ritrovato morto a Kiev un trafficante di criptovalute

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Cina
Trump: gli USA imporranno dazi del 100% alla Cina

Il presidente Donald Trump ha dichiarato che, a partire dal 1° novembre 2025, gli Stati Uniti applicheranno dazi del 100% sui prodotti cinesi, in reazione a quelle che ha definito restrizioni commerciali «straordinariamente aggressive» introdotte da Pechino.
Giovedì, la Cina ha reso noti nuovi controlli sulle esportazioni di minerali strategici con applicazioni militari, giustificando la misura come necessaria per tutelare la sicurezza nazionale e adempiere agli obblighi internazionali, inclusi quelli legati alla non proliferazione.
In un messaggio pubblicato venerdì su Truth Social, Trump ha accusato la Cina di aver assunto «una posizione estremamente ostile in materia di commercio», annunciando l’intenzione di imporre «controlli su larga scala sulle esportazioni di quasi tutti i prodotti che producono, inclusi alcuni non realizzati da loro», secondo una comunicazione inviata a livello globale. Tali misure, ha sottolineato il presidente, avrebbero impatto su tutti i paesi «senza eccezioni».
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«In risposta a questa posizione senza precedenti della Cina, gli Stati Uniti imporranno un dazio del 100% sui prodotti cinesi, in aggiunta a qualsiasi tariffa attualmente in vigore», ha scritto Trump, specificando che, dalla stessa data, saranno introdotti controlli sulle esportazioni di «qualsiasi software critico».
Ad agosto, Stati Uniti e Cina avevano concordato una tregua tariffaria di 90 giorni, che ha ridotto i dazi americani sui prodotti cinesi dal 145% al 30% e quelli cinesi sui prodotti americani dal 125% al 10%. Questa tregua scadrà a novembre. Trump ha definito la mossa di Pechino «assolutamente inaudita nel commercio internazionale» e «una vergogna morale nei rapporti con altre nazioni», precisando di parlare esclusivamente a nome degli Stati Uniti, non di altre nazioni similmente minacciate.
L’annuncio ha provocato un forte impatto sui mercati globali, con un crollo delle borse statunitensi nella giornata di venerdì. Come visibile nella finance card sopra, l’indice S&P 500 ha registrato un calo del 2,7%, segnando la peggiore perdita giornaliera da aprile, mentre il Dow Jones Industrial Average è sceso di circa 900 punti, pari all’1,9%.
Il NASDAQ, fortemente legato al settore tecnologico, ha subito un ribasso del 3,6%, con gli investitori che hanno venduto titoli ad alta crescita, particolarmente vulnerabili alle interruzioni nelle catene di approvvigionamento cinesi.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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